Non avevano idea di chi avesse costruito quella città, quando, o perché. Sapevano soltanto che si era ingoiata sedici persone, ancora vive, eppure apparentemente incapaci di sfuggire, nonostante disponessero delle migliori armi che la Terra potesse fornire. La città generava un campo di energia sconosciuta che si irradiava in forma sferica dal centro verso lesterno per una certa distanza e mai oltre. Per un po alcuni degli uomini che erano entrati in quel campo di energia avevano mantenuto il contatto radio con la navetta: ma le informazioni inviate dagli esploratori erano state quasi inutili perché presto gli uomini avevano iniziato a scivolare in un crescente stato di delirio, per perdere poi completamente contatto con la realtà e interrompere le comunicazioni.
La curiosità della Terra, la necessità di tecnologia che invece questa metropoli rappresentava, erano forti. E per questo motivo sedici persone erano entrate in quella città ed erano impazzite.
Forse sarebbero salite a diciassette.
Espirando rumorosamente, Ryan attraversò il confine.
***
Non accadde nulla. Ryan rimase in attesa, con i muscoli tesi e la mascella serrata, ma non cera differenza tra le sensazioni di un momento e quelle dellistante precedente. Tirò ancora fuori dalla tasca il comunicatore, affidandosi al senso di benessere che gli elargiva. Ho appena passato la demarcazione e sono entrato. Finora non avverto alcun effetto.
Bene, rispose la nave. Procedi verso il centro città. Muoviti con lentezza e non correre rischi.
Ricevuto disse Ryan, riagganciando.
Le prime costruzioni distavano ancora un centinaio di metri. Ryan si avvicinò con gran decisione. Aveva tutti i sensi in allerta, alla ricerca di un qualche segnale di pericolo, sia pur lieve. Ma nulla si muoveva e gli unici rumori erano quelli provocati dal bisbigliare del vento. La città non aveva alcun odore e ciò era più avvertibile di qualsiasi puzzo. Ryan ebbe come la vaga impressione di entrare in un castello di cristallo: una sensazione che svanì rapidamente.
Arrivò al primo edificio e allungò la mano per toccarlo. Era liscio, duro, come vetro, però opaco; ne caldo ne freddo sotto le sue dita curiose, ma gli fece formicolare i polpastrelli e lui ritirò la mano. Il punto sfiorato dalle dita mostrava piccoli segni scuri contro la parete altrimenti lattea. Mentre guardava le macchie, queste svanirono e alla fine il muro tornò uniforme.
La parete non presentava aperture ne fratture. Ryan ci camminò rasente, in parallelo, ma senza toccarla di nuovo. Cercava un varco, una qualche apertura da cui entrare nella costruzione. Il muro appariva liscio, duro e continuo, apparentemente senza entrate; finché improvvisamente ecco che una sezione mandò un bagliore e scomparve, lasciando a disposizione di Ryan uno spazioso portale dingresso. Ryan sobbalzò per la sorpresa; poi tirò fuori il comunicatore e descrisse questultimo avvenimento alla navetta orbitante sopra di lui.
E accaduto qualcosaltro di potenzialmente pericoloso? fu la risposta.
Non ancora. Non cè alcun segno di vita, a parte lapparizione di questa porta.
Allora dovrai rischiare, entrare ed esplorare disse freddamente Java-10.
Certo, pensò Ryan, a che che ti frega? Non sei mica tu a giocarti la pelle. Ricevuto.
Aveva con sé una torcia, ma bastò unocchiata allinterno per chiarirgli che non avrebbe dovuto usarla. La costruzione era vivacemente illuminata; il bagliore sembrava diffondersi dalle pareti. Ryan si guardò attorno con curiosità e si addentrò.
Ledificio era assolutamente privo di mobilio. Lunico dettaglio era una larga scala a spirale che si ergeva scalando le pareti cilindriche. Lesploratore torse il collo per seguire il percorso ascendente, che però sembrava proseguire allinfinito. Ogni venticinque scalini cera uno spazioso pianerottolo con una finestrella al muro da cui si poteva osservare la città sottostante. Sul bordo interno della scala cera un corrimano in plastica chiara.
Ryan proseguì con lentezza, ancora teso per qualsiasi possibile evenienza. Leco degli stivali che grattavano il duro pavimento in pietra era quasi assordante in confronto al silenzio totale che copriva il resto della città. Si avvicinò allinizio delle scale e si appoggiò al corrimano. La plastica risultò fredda ma stranamente confortevole era come imbattersi in un vecchio amico in mezzo a tutta quellestraneità. Iniziò a salire con cautela gli scalini, un piede dopo laltro, con le mani ben ferme sulla ringhiera. Gli occhi scrutavano dappertutto, alla ricerca di qualsiasi concepibile pericolo. Ma non appariva nulla. Poi fu preso dallimpazienza e iniziò a salire le scale correndo.
Si fermò finalmente a riprendere fiato al quarto pianerottolo, forse a sedici metri da terra. La porta era ancora lì, ad attendere pazientemente il suo ritorno, ma da quellaltezza sembrava assai più piccola. Si avvicinò alla finestra, guardò fuori e vide
la città di New York a mezzogiorno e i suoi marciapiedi gremiti di uomini daffari che staccavano per il pranzo e clienti che transitavano tra un negozio e laltro con pacchetti sotto alle braccia
sbatté gli occhi e guardò giù di nuovo. Cera soltanto la città aliena, accovacciata e silenziosa, in attesa. Silenzio. Nessun movimento, nessun suono, nessunombra.
Con le mani tremanti, Ryan praticamente strappò il comunicatore dalla tasca. Lasciò che le dita scosse carezzassero per un attimo la forma, poi chiamò nuovamente lastronave. Qui Ryan, chiamo Java-10. Ho appena avuto unallucinazione. Continuò brevemente descrivendo ciò che gli era apparso per un secondo fuori dalla finestra.
Interessante scherzò il computer. Questo coincide con i racconti delle allucinazioni sperimentate dai tuoi predecessori. Ti sta cominciando ad accadere ciò che è successo a loro. Devi raddoppiare le cautele, dora in poi.
Ryan si sedette su un gradino per ricomporsi. Avrebbe tanto voluto che per quella missione gli fosse stata concessa la compagnia del suo collega, Bill Tremain. Lui e Bill lavoravano in coppia dai tempi dei corsi daddestramento: insieme avevano esplorato più di trenta mondi, confrontandosi con lignoto fianco a fianco. Se Bill fosse stato con lui in quel momento, sicuramente non si sarebbe sentito tanto solo. Ma il computer non voleva mettere in gioco più personale di quanto non fosse assolutamente necessario. Inoltre tutte le esplorazioni precedenti erano formate da squadre di due o più persone e avevano fallito; forse un uomo solo aveva maggiori possibilità di riuscita.
Con la coda dellocchio Ryan fu attratto da un movimento; scattò rapidamente con la testa e vide una parvenza di figura umana che correva per le scale sotto di lui, per poi svanire. Un tipo con i capelli rossi. Limmagine di Bill Tremain. Palesemente ridicolo perché Bill Tremain era a bordo della navetta.
Eppure Ryan riscese lentamente i gradini per controllare. Naturalmente non cera nessuno; la parete dietro le scale era liscia e dura e non presentava nascondigli per una persona in fuga. No, ledificio era deserto, eccezion fatta per lui. Lo dimostrava il silenzio.
Jeff, cerchi qualcosa? udì da una voce sopra di lui.
***
Luomo in piedi sul terzo pianerottolo non era il collega di Ryan. Era invece Richard Bael, una vecchia conoscenza dei giorni dellAccademia. Oh, non ti preoccupare sorrise Bael. Sono alquanto reale.
Era logico. Bael era stato uno dei primi sedici a entrare nella città. Come sei arrivato qui? balbettò Ryan.
Oh, disse noncurante Bael, ci sono dei modi. Iniziò a salire le scale con agilità. Imparerai in una settimana o due.
Non intendo restare tanto a lungo, rispose Ryan sulla difensiva. Cercò di estrarre lentamente il comunicatore che aveva in tasca ma Bael si accorse del gesto.
Ah, vuoi chiamare la nave? Posso dir loro due parole?
Ci terrebbero a sentirti, disse Ryan. Dove è finito il tuo comunicatore?
Devo averlo poggiato da qualche parte e poi me ne sono dimenticato disse Bael con un gesto della mano. Non penso che fosse poi così tanto importante. Si avvicinò al fianco di Ryan e tese la mano. Ryan gli porse il suo comunicatore.
Salve lassù, è Richard Bael che chiama. Mi sentite?
Sì, rispose la voce senza emozioni di Java-10.
Ho un rapporto da presentare, con ritardo, relativamente alla mia esplorazione di questa città. Suppongo che abbiate tutti i nastri attivati e pronti per registrare ogni mia parola.
Esatto.
Bene, allora, ecco qui: andate a farvi fottere. Spense lapparecchio e lo restituì a Ryan. Ho sempre desiderato farlo, ma finora non avevo mai avuto il coraggio disse con una smorfia sorridente.
Ryan gli strappò il comunicatore dalle mani, lievemente inorridito per ciò che Bael aveva fatto. Qui Ryan che chiama Java-10. Mi ricevete?
Affermativo. Ma davvero cè Bael lì con te? La domanda era più indifferente che incredula.
Così pare.
Veramente sono Peter Pan, interferì Bael per fare i capricci.
Zittati! gridò Ryan.
E inutile che fai tanto il permaloso, Jess. Cercavo solo di rendermi utile.
Chiedigli perché non lascia la città, insistette Java-10.
Oh, non rispondere Jeff. Sono stanco di affrontare questi deliri di onnipotenza del computer. Fece per avvicinarsi alla porta. Metti via quello stupido apparecchio. E una giornata troppo bella per passarla a parlare con una scatola.
Ryan esitò.
Senti, sei venuto per esplorare la città, giusto? continuò Bael. Beh, io sono pronto per un tour guidato. Che ti aspetti, un invito decorato a mano? Daccordo, eccotelo qui.
Tirò fuori di tasca un bigliettino e lo gettò ai piedi di Ryan. Ryan si piegò per raccoglierlo. Cera inciso a lettere dorate: IL SIGNOR RICHARD BAEL SAREBBE ONORATO DI POTER OFFRIRE AL SIGNOR JEFFREY RYAN UNA VISITA GUIDATA PERSONALE IN GIRO PER LA CITTA.
Ti basta? chiese Bael in tono colloquiale.
Ryan ripose con cura il bigliettino nella sacca portacampioni, per poterlo analizzare in seguito. Daccordo, Bael, facciamo come vuoi tu. Il comunicatore tornò in tasca. Fammi strada.
Con un gesto fiorito, Bael si diresse verso la porta; Ryan lo seguiva due passi dietro; appena fu passato, lapertura svanì e la parete si ricompattò. Ryan non si preoccupò di un dettaglio tanto piccolo. Senza dubbio la città avrebbe avuto in serbo molte altre sorprese e più eclatanti per lui, di lì a poco.
Aveva ragione.
***
I due uomini passeggiavano per la città. Bael con unandatura svagata, Ryan sfregando i piedi per limpazienza di doversi adattare al passo esasperatamente lento del compagno. Non cerano delle vere e proprie strade da seguire e non sembrava che la metropoli fosse stata costruita con un piano regolatore comprensibile. Mancavano lunghi tratti di terreno sufficientemente spaziosi per permettere il passaggio di un veicolo qualsiasi; cerano solo costruzioni di ogni tipo e forma e colore che risaltavano dappertutto; qui un cilindro, lì un cono, poco più avanti un emisfero due edifici cambiarono forma sotto gli occhi di Ryan.
Chi ha costruito questa città? chiese a Bael. Perché lhanno fatto? E dove sono andati?
E un bel posto, vero? Bael ignorò le domande e fece un gesto verso gli edifici che li circondavano.
Questa non è una risposta.
Certo che no. Non ho risposta. Qui le domande sono irrilevanti e le risposte sono ugualmente irrilevanti.
Ma nemmeno per idea. Io devo sapere.
Correzione: Java-10 deve sapere. Tu non devi far altro che divertirti. Bael ridacchiò per solidarietà. Povero stupido bastardo, ti hanno fatto tanti di quei lavaggi del cervello che non riconosci neppure la libertà quando ti bacia in fronte. Sediamoci e parliamo un po.
Dietro di loro apparvero due comode sedie. Bael ne afferrò una e fece cenno a Ryan di prendere laltra. Lesploratore prima la saggiò con disagio, poi ci poggiò sopra il proprio peso. Di cosa vuoi parlare? domandò quando si fu sistemato.
Iniziamo dal motivo per cui sei qui.
Come il tuo: per scoprire qualcosa della città.
Perché?
Più che altro per la tecnologia. Chiunque costruisca un posto come questo deve essere talmente più progredito di noi che si potrebbe imparare qualcosa anche semplicemente studiando ciò che produce. Dobbiamo scoprire
Dobbiamo? lo interruppe Bael. Ma veramente ti ci consideri dentro?
Linterruzione fece perdere a Ryan il filo dei suoi pensieri; riuscì soltanto a sbattere gli occhi, senza comprendere.
Sii onesto. Tu, personalmente, non sei mai stato curioso di sapere cosa cè di tanto particolare in questa città che per venirci si rischia addirittura la salute mentale? Gli occhi di Bael luccicavano di vitalità mentre mentre arrivava concitatamente al punto. Ti sei offerto tu come volontario per questa missione, oppure è stato Java-10 a importela? Ah, guarda come si agita. Non è stata unidea tua, giusto?
Questo non ha niente a che fare
Ha tutto a che fare. Jeff, sei una marionetta, uno schiavo di quella navetta lassù. Fai un bel lavoro, compi bene la tua missione e ti daranno una pacca sulla spalla, un encomio, forse pure una medaglia. E solo questo che vale la tua vita secondo te?
Ho una responsabilità nei confronti del Corpo, verso la Terra.
Mandali a quel paese! E le tue responsabilità nei confronti del numero Uno? Perché non impari a divertirti?
La Terra ha bisogno di me
Sì certo proprio come il Presidente Ferguson ha bisogno di un altro buco di... Bael si guardò attorno. Ehi, coraggio amico mio, unisciti a noi.
Verso lo spazio aperto dove erano seduti sopraggiunsero, con lo stesso passo agile di Bael, altri quindici uomini, provenienti un po da tutte le direzioni. Erano gli altri esploratori sbarcati con le spedizioni precedenti. Ryan ne conosceva la maggior parte, se non personalmente, almeno per la reputazione. Prima di arrivare in quella città erano stati uomini duri, desperienza. Ora sembravano docili, rilassati ed estremamente soddisfatti. Salutarono tutti Bael e sorrisero con calore a Ryan.
Sicuramente, disse Bael, adesso tiri fuori il comunicatore e dai a Java-10 la buona notizia che siamo tutti vivi e tutti insieme in un certo posto.
In realtà era proprio ciò che Ryan voleva fare. Nonostante le espressioni amichevoli sui volti degli uomini, si sentiva assolutamente a disagio, perché era circondato da sedici disertori. Ciò che voleva in quel momento più di ogni altra cosa era percepire in mano quella scatoletta fredda, metallica, per avere la calda assicurazione che lassù qualcuno si interessava del suo benessere. Ma la conversazione sembrava essere diventata un duello personale tra Bael e lui, e non voleva dare al suo avversario la soddisfazione di aver ragione. Invece disse: Farò relazione più tardi.