Sta Scherzando, Commissario? - Marco Fogliani 2 стр.


Stai pescando?. Aldo era lì da un po' quando si sentì rivolgere questa domanda.

Non si vede?, rispose secco lì per lì, senza guardare. Ma poi, vedendo chi gli aveva rivolto la parola, sorrise e cercò di essere più gentile.

O almeno ci sto provando. Se invece vuoi sapere se finora ho preso qualcosa la risposta è no, non ancora.

I due non si conoscevano. Lei aveva capelli chiari molto lunghi - fin quasi alla vita - ma soprattutto lucenti, che quasi sembravan seta. Così al chiarore della luna era difficile dire di che colore fossero; ma gli occhi sì, tra il celeste e l'acquamarina, e brillavano come due pietre preziose. Sembrava una visione. Magari sto sognando, pensò Aldo tra sé.

Pescare in quel modo non mi sembra che richieda grande abilità o coraggio, disse lei. Però se lo fai per necessità, perché sei affamato come o più di loro Perché loro abboccano perché sono affamati, dovresti saperlo: stanno solo cercando di procurarsi la cena di oggi, poverini.

No, non lo faccio per necessità, ma per svago. Pescare mi rilassa, rispose lui.

Strani modi che hai per rilassarti. Io per rilassarmi canto, o magari mi faccio un bel bagno e una bella nuotata. Meglio se con una meravigliosa luna piena come questa, e magari in compagnia di un bel ragazzo coi capelli rossi: a me i ragazzi coi capelli rossi piacciono da morire!

Si mise a cantare, mentre iniziava ad entrare in acqua. Aveva una voce dolce e armoniosa, bellissima. Aldo si persuase ancora di più di stare sognando.

Vuoi provare se per caso lo trovi rilassante anche tu?, fece lei. E comunque, ti prego, tira fuori dall'acqua quell'amo, che non abbia ad impigliarsi alle mie gambe.

Aldo all'inizio era rimasto immobile, quasi in trance. Ma poi il canto e le parole della ragazza l'avevano indotto a lasciare la canna, restare in costume e seguirla in mare. Non sentiva freddo, e gli sembrava di muoversi lentamente, quasi come in un sogno. Lei continuava a cantare, e si muoveva nell'acqua come se fosse il suo elemento naturale.

Come ti chiami? E dove abiti?, le chiese.

Mi chiamo Serena. Sono di qui, ci sono nata e cresciuta, per questo nuoto così bene. Tu invece sei in vacanza, vero? Non mi sembra di averti mai visto prima.

Sì. Vivo in città. Ma non mi dispiacerebbe trasferirmi in una località di mare, se mi capitasse la possibilità. Il mare mi piace molto.

Adesso ti faccio vedere come dovrebbe essere la pesca secondo me.

Serena si immerse in acqua lì dove si trovava e vi rimase a lungo, forse più di un minuto. In quell'intervallo Aldo vide prima la superficie del mare incresparsi, e poi ombre scure guizzare veloci sul fondale. Alla fine Serena riemerse in superficie, tenendo in ciascuna delle due mani un pesce, uno più piccolo, l'altro più grande.

Visto?, disse. E poi lasciò cadere di nuovo i pesci in acqua. Abilità e coraggio. Ma è solo un gioco. Perché adesso loro devono andare a mangiare, ed io invece non ho fame.

Sei davvero brava!, esclamò Aldo allibito.

Così mi sembra una gara ad armi pari, equa e divertente. Tu ti divertiresti se dal mare uscisse una corda che ti trascinasse sott'acqua, solo perché qualche pesce vuole rilassarsi?

Aldo non raccolse la provocazione, e Serena riprese a cantare.

Trascorsero così in acqua un po' di tempo. Un denso nuvolone aveva iniziato a frapporsi ai raggi lunari e a far calare il buio, ma non tanto da non consentire di distinguere in lontananza, puntuale come ogni sera, il passaggio della grossa nave traghetto diretta alle isole.

Si è fatto tardi, devo rientrare a casa.

Dove abiti? Ti posso riaccompagnare? Ci rivediamo domani?, le chiese Aldo.

Forse. Dipende ... anche dalle nuvole Serena non disse altro prima di ributtarsi in acqua. E lei era troppo veloce a nuotare sott'acqua, ed era troppo buio, perché Aldo riuscisse, come era sua intenzione, a seguirla con lo sguardo e a capire da che parte si dirigesse.

La sera seguente, allo stesso orario, Aldo si recò sul medesimo scoglio, sperando di incontrare nuovamente Serena. Portò con sé l'attrezzatura da pesca, ma non la usò. Guardava di qua e di là, sperando che lei arrivasse; e voleva anche capire da che parte venisse, per cercarla durante il giorno. Ma larrivo di lei lo colse nuovamente di sorpresa.

Alle sue spalle, ad un tratto, ecco il suo dolce canto, come se si fosse materializzata dal nulla.

Peschi anche stasera?, gli chiese Serena.

No, rispose lui. E' solo per tenere occupato il nostro scoglio, e allontanare gli altri pescatori.

Si sedettero a guardare la luna. Lui contemplava Serena, che era ancora più bella della luna, ed ascoltava il canto di lei, un po' malinconico ed in una lingua straniera e misteriosa.

Che lingua è?, le chiese.

E' la lingua dei pesci, rispose sorridendo. Li avviso che ci sono dei pescatori. Dicono che questo canto tenga lontani i pesci ma attiri i ragazzi!

Era vero, pensò Aldo, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso quanto la trovava bella.

Chissà quanto rimasero così. Finché, in lontananza, ecco passare la nave traghetto. Aldo immaginava cosa sarebbe successo, e le prese la mano. Ma lei:

E' ora che vada. Ma se vuoi ci rivediamo.

Sì, rispose lui.

Quando lei si alzò per andarsene, volle alzarsi anche lui; ma Serena glielo impedì, mettendogli le mani sulle spalle.

Ti prego, non mi seguire. Non oggi. Neanche con lo sguardo, come hai fatto ieri. Me lo prometti?

Ma

Se vuoi uno di questi giorni ti porterò a casa mia. Ti andrebbe?

Lui fece cenno di sì col capo.

Allora ti ci porterò. Ma questo vuol dire che dovrai conoscere i miei genitori. Te la senti?

Quanto corri, esagerata, avrebbe sicuramente risposto Aldo in altre circostanze e ad un'altra ragazza. Ed invece rispose con naturalezza:

Certamente. Perché non dovrei? Sappi che non ho paura di nulla e di nessuno.

Va bene, allora aspettami domani. E così dicendo sparì alle sue spalle.

L'indomani sera Aldo tornò al suo solito scoglio. Si portò come sempre loccorrente per pescare, ma non lo fece, aspettando l'arrivo di Serena.

Il tempo era brutto, piovigginoso, e fece anche un paio di rapidi sgrulloni. Il cielo ed il mare, a tratti irrequieti, erano di un grigio oscuro, e non si vedeva quasi nulla. Ma ad un certo punto, dopo molto tempo, Aldo riuscì a scorgere in lontananza il traghetto che passava. L'ora del rientro, pensò Aldo sconsolato; per quella sera lei non sarebbe venuta. Per non pensarci si sedette e, nonostante la pioggia, cominciò a pescare con la sua canna.

Ed invece fu proprio allora che Serena lo venne a prendere. Una strana onda anomala, forse causata dal passaggio del traghetto ma non giustificata dalle buone condizioni del mare, si abbattè proprio e solo in quella piccola zona di scogli dove il ragazzo si trovava a pescare, e se lo portò via. Un fatto meteorologico e naturale raro ed inconsueto, breve ed improvviso, durante il quale, dichiararono concordemente i pochi pescatori che assistettero a questo accadimento strano ed incredibile, il vento si mise a fischiare, anzi ad urlare, in un modo strano, come se recitasse una specie di canto misterioso.

E qualcuno, fra i testimoni, affermò anche che il ragazzo non fosse il solo ad essere stato trascinato via dal mare, ma che con lui ci fosse anche una ragazza, dai lunghi capelli chiari e lucenti.

Fin qui la leggenda. Poi ci sono i fatti, signor commissario, tutti riportati dettagliatamente in questo faldone. E i fatti sono che, in oltre quindici anni, questo è il quarto ragazzo inghiottito dal mare nella stessa zona di scogli, e allincirca nello stesso modo, a quanto pare. Tutti, guarda caso, con i capelli rossi. E anche stavolta le ricerche del corpo nelle acque circostanti non hanno restituito assolutamente nulla.

UNA BRAVA PERSONA

Interpreti:

C.: Commissario Sgamon

F.: Cavalier Favilli

A.: Appuntato

VVV Prima voce al telefono

VVV Seconda voce al telefono

Facoltativi:

Guardia carceraria

SCENA 1. Alla stazione di polizia.

L'uomo seduto accenna ad alzarsi in segno di rispetto mentre il commissario entra, esaminando una cartellina che ha tra le mani.

C: Stia pure comodo.

Il commissario chiude la porta, lascia allaltro poliziotto la cartellina e inizia a squadrare il sospettato.

C: Fossero tutti come lei, il nostro lavoro sarebbe molto più semplice. Penso che persino io sarei riuscito a catturarla, benché non sia certo un operativo e lavori quasi sempre in ufficio.

F: Il fatto è che con quell'affare addosso sudavo e mi sentivo impacciatissimo nei movimenti. Non c'ero proprio abituato. Lei non ha idea di come mi sentissi. Anzi, forse sì. Magari le sarà capitato di indossarlo.

C: Un giubbotto antiproiettile? Sì, qualche volta. Ma con una pistola giocattolo in mano no, non mi è mai successo.

F: Il fatto è che la mia era una pistola finta. Non avrebbe mai sparato, perché proprio io non avrei mai voluto sparare. Ma gli altri non lo sapevano. E se a qualcuno, credendola vera, fosse venuto in mente di spararmi? Meglio essere prudenti, non si sa mai. E con tutto che indossavo il giubbotto avevo comunque una paura tremenda di poter essere colpito alla testa, o alle gambe. Capisce, qualcuno avrebbe potuto sparare allimpazzata o semplicemente sbagliare mira. E poi alle volte succede che il personale della sicurezza perda la testa e vada un po' oltre il dovuto.

C: Perda la testa? Proprio lei mi viene a parlare di perdere la testa? Ha davvero un bel coraggio. Lei, Cavalier Favilli, proprietario di una delle più grandi catene di negozi di abbigliamento italiani; e in più, a quanto leggo, è anche nel consiglio di amministrazione di diverse importanti aziende, tra cui una banca. Guarda caso proprio quella che stamattina le è saltato in mente di rapinare o di far finta di rapinare. Ma mi vuole spiegare perché lha fatto?

F: Nella scelta della banca è sempre meglio preferire quella di cui ci si fida. La fiducia è tutto, in fatto di banche, se lo ricordi. Insomma, in un certo senso mi sentivo tra amici, giocavo in casa.

C: No, io vorrei capire non perché ha scelto quella banca, ma perché ha scelto di rapinarne una. A quanto vedo le finanze, sue e delle sue aziende, sono in ottima salute, e direi che per lei dal punto di vista economico non sarebbe cambiato poi tanto se pure la rapina fosse andata a buon fine. Mi faccia capire. Non erano i soldi che le interessavano? Mirava a qualche documento? Oppure lha fatto per scommessa?

F: In un certo senso una scommessa con me stesso. In realtà, signor commissario, lho fatto per amore, solo per amore.

C: Per amore? Beh, temevo qualcosa del genere. Mi dica, si spieghi meglio.

F: Si tratta di Rossana, una commessa nel nostro negozio di abbigliamento più importante, quello sul Corso. Assunta da poco, tra laltro. Mi è sùbito piaciuta ed ha attirato la mia attenzione. Beh, vede, non è che fosse la prima commessa che mi piaceva o la prima donna della mia vita. Ma il fatto è che non sono abituato ad essere respinto. Non mi faccio illusioni, so che se in genere mi assecondano e mi vengono dietro è sicuramente per la posizione che occupo, o per i miei soldi. Invece con lei Quando una volta le ho parlato a tu per tu e le ho proposto di essere la mia compagna, lei ha detto di no, che non avrebbe mai funzionato. Perché io, secondo lei, sarei troppo una brava persona, a differenza di lei. E stato allora che mi ha confessato di aver rubato più volte degli articoli dal mio negozio: camicie, maglioni, borsette Prendeva quello che più le piaceva. Praticamente tutto quello che aveva addosso era rubato. Mi ha detto: io sono una piccola delinquente, mi piaccio così e così mi piacciono gli uomini che frequento, un po mascalzoni, non importa quanti soldi abbiano. Mentre io invece, secondo Rossana, sarei stato troppo un bravo ragazzo.

C: E allora?

F: Le ho spiegato che anche nel nostro ambiente apparentemente per bene cè modo di essere disonesti e commettere mascalzonate in guanti bianchi, rubando con astuzia in contabilità molto di più che qualche capo di abbigliamento, e addirittura continuando a mantenere il rispetto e lammirazione della gente. Ma lei è una ragazza semplice, non è in grado di capire queste faccende. Forse invece lei, commissario, intende cosa voglio dire.

C: Faccio finta di non aver sentito. Per adesso non mi interessano le sue altre mascalzonate, ma solo quella di stamattina.

F: Avrei potuto licenziarla, per ripicca e per farle capire il mio potere, o per i furti che mi aveva confessato. E invece ho accettato la sfida di mettermi al suo livello. Siccome lei non era in grado di comprendere altre tipologie di crimini, ho dovuto cimentarmi in qualcosa che potesse capire anche lei. Certo non era il mio campo, ero inesperto, e lo sono tuttora, nonostante mi sia fatto dare qualche consulenza di un certo livello pagandola profumatamente; ma più che altro teoria, niente di pratica.

C: E il risultato qual è stato? Eccola qui in manette; e qualche anno dietro le sbarre non glielo leverà nessuno, neanche i suoi soldi ed un buon avvocato. A meno, forse, che non punti sulla sua semi-infermità mentale, su cui a questo punto persino io potrei lasciarmi convincere.

F: No, no. Il risultato lo saprò solo quando Rossana verrà a trovarmi e farò in modo che lo faccia. Mi dirà se secondo lei ho passato lesame, se mi crede ancora una brava persona o se ritiene che io sia degno di lei, e lei di me. Solo allora saprò se ne è valsa la pena.

SCENASCENA. Nel parlatorio della prigione.

C: Salve. Le dispiace se sono venuto a trovarla?

F: Niente affatto. Qui dentro tutte le visite mi sono gradite. E non vorrei assolutamente che pensasse che ce labbia con lei per qualche motivo. Lo so benissimo che ha fatto solo il suo lavoro.

C: Ad essere sincero, avevo chiesto che mi avvisassero quando la sua Rossana fosse venuta a trovarla. E mi hanno detto che è venuta ieri, dopo oltre sei mesi dalla sua condanna. Insomma, se posso chiederglielo: come è andata? Aveva detto che avrebbe valutato dal giudizio di quella donna il risultato delle sue azioni, se ben ricordo.

F: E solo per curiosità personale che lo vuole sapere, o cè qualche altra motivazione diciamo professionale

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