F: E solo per curiosità personale che lo vuole sapere, o cè qualche altra motivazione diciamo professionale
C: Beh, in effetti Ho pensato che se lei dopo aver parlato con Rossana avesse valutato negativamente la sua esperienza criminale, forse sarebbe stato più propenso a rivelarmi qualche particolare in più sulla rapina - in cambio di uno sconto sulla pena, è ovvio - visto che a suo tempo ha omesso molti importanti dettagli. Informazioni sui complici e sullorganizzazione del colpo, essenzialmente. In fondo se Rossana lha bocciata, quello che le resta sarebbe solo qualche altro anno di carcere. Questo carcere, poi, che non è proprio dei migliori. A proposito, ho saputo che ha conosciuto di persona Achille il Sanguinario, come lo chiamano per i suoi trascorsi. Mi dia retta: gli stia alla larga, cerchi di non fraternizzare troppo con quel tipo. Per lui uno in più o uno in meno sulla coscienza - che non ha - non cambierebbe nulla.
F: Credo che lei si sbagli sul conto di quelluomo. E solo che il sangue non gli fa la minima impressione, e per lui trucidare un essere umano è allincirca come schiacciare una mosca. Anzi, in fondo si può dire che sia una brava persona: è affidabile, uno che mantiene le promesse, e se prende un impegno lo porta a termine scrupolosamente.
C: E sulla rapina, e sui suoi complici, non ha nulla da dirmi?
F: No. Tutto sommato anche i miei collaboratori sono stati corretti, hanno svolto esattamente e professionalmente quello che avevo loro chiesto ed avevamo pattuito. Non vedo perché dovrei danneggiarli inutilmente, e mettermeli contro. Non certo per il puro gusto di far loro uno sgarbo. Gli errori sono stati tutti e solo miei, me ne assumo e me ne sono assunto completamente tutta la responsabilità.
C: E Rossana? E riuscito a convincerla di non essere una brava persona? E sarà disposta ad aspettarla fino a quando non uscirà di prigione? In tal caso, signor Favilli, sarebbe meglio accorciare un po i tempi, e la collaborazione sarebbe il modo migliore. Lunico altro modo che vedo sarebbe la buona condotta, che però è troppo da bravo ragazzo. Oppure in questi sei mesi ha cambiato idea su qualcosa, su Rossana, sullamore, e magari su come portare avanti il resto della sua vita?
F: Rossana ha apprezzato molto il mio coraggio e la mia buona volontà. Mi ha detto che adesso convive con uno che gli piace, un vero duro tutto dun pezzo. Ma quando uscirò, se lei non sarà legata a nessuno, ha detto che mi prenderà in considerazione.
C: Bene, mi fa piacere. E lei è rimasto soddisfatto di questa risposta?
F: Ni. E come se fossi stato promosso con una sufficienza stentata. E io non sono il tipo che si accontenta della sufficienza. Io voglio essere brillante, il migliore, non una mediocrità.
C: E quindi, cosa pensa di fare?
F: Non lo so ancora bene. Vedremo, vedremo. Ci penserò. In fondo ho davanti molto tempo per pensarci.
SCENASCENA. Alla stazione di polizia. Il commissario è al telefono.
V1V1 Per quellevasione dal carcere, commissario, pensiamo che sarebbe utile che anche voi ci diate un supporto operativo.
C: Levasione di Achille il Sanguinario? Naturalmente, daremo volentieri una mano come potremo, come tutti e come sempre, daltronde.
V1V1 Dopo aver fatto una strage per scappare di prigione, sembrano proprio essere svaniti nel nulla.
C: Ma perché parla al plurale? E stata una fuga di gruppo?
V1V1 La novità è questa: che, dopo aver fatto la conta dei cadaveri, sembra che allappello oltre ad Achille il Sanguinario manchi anche il cavalier Favilli. Può essere che troveremo il suo cadavere altrove; ma magari lha preso come lasciapassare, perché era forse la persona più ricca e importante che aveva sottomano. E non riuscendo a trovare Achille, pensiamo che potrebbe essere utile cercare anche il Favilli.
C: Sì, buona idea. Quello per amore potrebbe fare qualunque follìa, e il fatto che in prigione abbia frequentato Achille il Sanguinario Anche se davvero il crimine non sembrava essere nel suo DNA. Faccio cercare la sua fiamma, Rossana, e ci mando una pattuglia a controllare. Non si sa mai. E possibile che se troviamo lei, troviamo anche lui, o loro.
SCENASCENA. Come la scena 3. In più cè lappuntato.
V2V2 Capo, siamo dentro allappartamento di quella Rossana. Non abbiamo trovato nessuno, ma per me è sicuro che siano passati di qui. Cè sangue dappertutto, una cosa impressionante. Non ho mai visto una cosa simile. Però nessun corpo, nessun cadavere, nessun ferito. Niente oltre al sangue.
C: Fatelo analizzare dalla scientifica. E mi raccomando con attenzione, potrebbe trattarsi di diverse persone.
Il commissario riattacca.
AA Certo che il Sanguinario è sanguinario. Se gli hanno affibbiato un soprannome simile un motivo ci sarà stato.
C: Tu ti sei già fatto unidea sul sangue che hanno trovato. Ma io se fossi in te non scommetterei troppo su chi abbia fatto la strage e chi sia la vittima, o le vittime. Anzi: perché invece non ce la facciamo proprio una bella scommessa? Facciamo così: se alla fine delle indagini risulterà che è davvero stato il Sanguinario, ti offrirò un pranzo; altrimenti me lo offri tu. Perché nonostante le apparenze cè chi dice che Achille il Sanguinario sia una brava persona, obbediente e preciso nei suoi lavori su commissione; mentre il Favilli, a quanto mi è sembrato, è meno ingenuo e più criminale di quanto si possa pensare. Allora appuntato, che dici: la vogliamo fare questa scommessa?
GIU' LE MANI DA LUANA, PLEASE
[1]
Il Papotti lo considero uno dei miei collaboratori più validi e, sotto alcuni aspetti, forse anche tra i più interessanti. Ha sempre dimostrato un intuito ed un acume straordinario, degni - secondo me - più di un investigatore che di un giornalista.
Lo chiamavamo tutti "Mister perché", per via del fatto che ogni tanto sparava su qualche collega una raffica di domande su qualche vicenda di cronaca, a cui regolarmente non sapevamo dare una risposta precisa; e regolarmente concludeva con una affermazione del tipo: "Vedi, mi sembra ovvio che in questa faccenda c'è qualche cosa che non torna." Ed era capace di approfondire una singola questione per giorni e giorni, con ricerche, interviste e magari anche pedinamenti, finché non tirava fuori la sua verità, quella che finalmente gli quadrava.
Querele poche, segno che nella maggior parte dei casi ci azzeccava; e molti scoop. L'unico suo limite, forse, stava nel ristretto orizzonte del suo campo di azione: in genere gossip; o al massimo ambiti locali, perciò di interesse necessariamente limitato a pochi. Forse perché veniva da un giornalino di quartiere e, come diceva lui, gli piaceva mantenere il contatto con la gente e la realtà quotidiana. Peccato. Avesse trovato qualcosa di strano nel presidente del Consiglio, sarebbe stato capace di far cadere il governo, e sarebbe sicuramente diventato più famoso.
Credo che il Papotti fino all'anno scorso non avesse neanche idea di chi fosse Luana Mozzi. A ben guardare, erano di due generazioni diverse. Il Papotti doveva essere un bambino quando lei, prima come cantante e testimonial in pubblicità e poi come pornodiva, approdò alla notorietà. Una rapida ascesa, una enorme fama: gran bella donna devo dire. E quando, saranno ormai quindici anni orsono, Luana Mozzi scomparve in circostanze ancora misteriose, il Papotti sarà stato al massimo un ragazzino.
Poi, mi pare l'anno scorso, un quotidiano pubblicò la notizia di un giudice che indagava non so a quale scopo sulla effettiva morte della Mozzi.
Il giorno dopo - e potrei scommettere che si era un minimo documentato prima di affrontare con noi l'argomento - il Papotti ci fece alcune delle sue domande provocatorie.
"Vi pare possibile che un padre e una madre possano dimenticarsi dove hanno sparso le ceneri della loro figlia? O che una clinica di fama internazionale possa smarrire la scheda clinica di un personaggio famoso che viene da migliaia di chilometri di distanza per curarsi, e morire, da loro?"
No, secondo noi non era possibile.
"E perché secondo voi, dopo quasi quindici anni, qualcuno avrebbe interesse a riaprire il caso della sua morte? A chi potrebbe interessare?"
Su questo ci fu qualche contributo da parte nostra: forse gli interessi dell'industria pornografica? E non era forse vero che già all'epoca nessuno di noi aveva veramente creduto alla versione ufficiale dei fatti?
Il Papotti si buttò anima e corpo sull'argomento, e si assentò dalla redazione per almeno due settimane. Non è poi una cosa così inconsueta da noi. L'importante è che almeno una volta a settimana il direttore del giornale venga tenuto aggiornato su ogni sviluppo.
Dopo di che inviò una videocassetta ai genitori della Mozzi, con cui si presentava e in cui chiedeva di essere ricevuto e di poter fare loro un'intervista, asserendo inoltre di essere in possesso di importante e inedita documentazione sulla morte della loro figlia. Una copia del nastro c'è sicuramente da qualche parte anche qui al giornale, se può servire.
Non ci sperava proprio, e invece la sua richiesta fu subito accettata. Si recò a casa loro, se non sbaglio nelle campagne piemontesi. Era armato non solo di penna e blocco notes, ma anche di un telefonino truccato che fungeva da registratore e micro-telecamera. È uno degli ultimi ritrovati della tecnica, molto in voga tra i giornalisti rampanti; lo usano in molti, grazie anche a questa moda degli ultimi tempi di portarsi il cellulare attorno al collo appeso a un collare di stoffa.
Da qualche parte abbiamo anche questo filmato, ma preferirei che non uscisse fuori: meglio non divulgare certi strumenti di indagine. Però il Papotti ha tirato giù un rendiconto di quell'incontro. Deve essere ancora qui sulla sua scrivania: un attimo solo Eccolo. Ci dia un'occhiata lei stesso, commissario.
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La casa dei Mozzi è sobria, accogliente ed ospitale, circondata da un modesto giardino. Dopo che ebbi suonato al cancello, si affacciò una signora un po' anziana.
"Cosa desidera?", mi chiese.
"Sono il signor Papotti. Cerco "
"Ah, sì. Il signor Papotti. Venga, entri pure, la stavamo aspettando."
Oltre a lei, nel salone all'americana mi attendevano, seduti uno sul divano e l'altro su una poltrona, due persone che se fossero state statue sarebbe stato circa lo stesso. Uno era un signore anziano, vestito elegante ma all'apparenza sciatto, sguardo perso nel vuoto forse per qualche malanno di troppo. Accennò un leggero sorriso e un segno di partecipazione solo quando la signora ci presentò: "Lui è mio marito."
L'altro era un tipo un po' losco: vestito scuro, occhiali da sole e, guarda guarda, al collo portava un cellulare quasi come il mio.
"Gradisce un po' di tè?", mi chiese la signora.
"Sì, grazie." Poi, siccome l'altro individuo non mi veniva presentato, domandai io: "E quest'altro simpatico signore, è possibile sapere chi sia?"
"E' il nostro maggiordomo tuttofare", rispose la signora sorridendo.E aggiunse:
"Beh, in fondo lei è un giornalista, qualcosa dovrà pur scoprirla da solo: o vuole che le diciamo proprio tutto noi?"
Sì, in effetti speravo che mi dicessero tutto loro. Ma di sicuro quell'uomo non era un maggiordomo, visto che la signora si occupò personalmente di servire il tè.
"Mi dica, signor"
"Papotti", l'aiutai io.
"Giusto. Mi dica, lei per caso ha figli?"
"No. Non sono neanche sposato."
"Peccato. Peccato, perché i figli portano grandi soddisfazioni. E anche perché le sarà più difficile comprendere la nostra situazione. Intendo dire: immaginare anche lontanamente come può sentirsi una coppia che ha perso un figlio. Vede, noi abbiamo volentieri acconsentito a riceverla non tanto perché avessimo qualcosa in particolare da dirle. La nostra verità è semplice. Brutta e triste, ma è la verità: la stessa che è stata scritta su tutti i giornali, sbandierata al mondo intero. Che poi non è stato bello neanche questo: che tutti parlassero di questo dolore, che se ne appropriassero, o meglio facessero finta di appropriarsene; di questo dolore che in realtà doveva essere solo nostro, e di quei pochi che veramente le hanno voluto bene."
Fece una pausa, mentre gustava un altro sorso di tè.
"Deve cercare di capire che non solo nostra figlia è morta, ma è morta più di una volta."
Ecco, pensai, ancora un po' e mi dice tutto.
"La prima volta, che ancora non era maggiorenne, è come se ci fosse stata uccisa. Ingoiata da quel mondo perverso dove non conta che hai un'anima: sei solo un corpo. Fatta prostituire neanche con un uomo alla volta, ma con centinaia e migliaia insieme. Intrappolata nel suo personaggio da carta stampata e da filmacci per soli uomini. Tolta per sempre dalla sua famiglia, dal nostro affetto, dalla bellezza di una vita sana e normale. E convinta a credere che fosse una vita ben vissuta, quasi una missione.
E' stato allora che per noi è morta."
Non riuscì a continuare. Poggiò la sua tazza e chiuse gli occhi, come per raccogliere da dentro di sé le forze per proseguire, o forse per cercare di rivedere il volto sorridente di sua figlia ragazza.
"Ma poi è morta di nuovo, in quella clinica. Perché, - e questo non potrà capirlo se non ha figli - una figlia resta sempre una figlia anche se non ti può vedere, o non la puoi vedere; se non riesci a comunicare con lei; se è scappata di casa, o se ti ha riempito la vita solo di dispiaceri. E' sempre una figlia, e quando muore ti manca da morire, e ti accorgi che era comunque meglio averla viva, con tutti i difetti che poteva avere o i problemi che poteva darti. Un figlio è un pezzo di cuore, come dicono a Napoli."
Fece una nuova pausa, sospirando e chiudendo nuovamente gli occhi per un attimo.