Riccardo non aveva certo questo tipo di aspirazioni. "Ma non hai intenzione di tornare in Brasile quando avrai finito come calciatore?"
"Non lo so. Bisogna vedere. Se sposo una ragazza italiana è probabile che mi fermo. E poi dicono che non è facile riadattarsi a tornare indietro quando ci si è abituati ad un certo tenore di vita. Ma vedrai che finirò per fare come tanti calciatori: l'allenatore o il commentatore o giornalista sportivo."
"Per scrivere degli altri calciatori come adesso scrivono di te?"
"Ti riferisci a quegli articoli che mi hai fatto leggere? No, quello è gossip, non giornalismo sportivo."
E Raul tornò a ballare lasciando Riccardo sulla sua poltrona, intorpidito e appesantito dal sonno. Più tardi Raul venne verso di lui in compagnia di due belle ragazze. Riccardo non capiva quello che si stessero dicendo: pensava che parlassero tra di loro in portoghese. Ma poi fu evidente che si stavano rivolgendo a lui, domandandogli qualcosa che lui non riusciva a capire.
"Mi dispiace, non parlo portoghese", si scusò Riccardo.
"Dai su, Riccardo, svegliati. Diciamo a te. Vuoi starci a sentire?"
Solo allora si destò e capì di essersi appisolato e di aver sognato, anche se non gli fu chiaro da quanto. "Noi stiamo per andare in un'altra discoteca che apre tra poco. Ti proporrei di venire, siamo in buona compagnia; ma vedo che sei molto stanco. Forse è meglio che ti riaccompagni a casa."
"Si, si, hai ragione", fu d'accordo Riccardo, anche se proprio in quel momento si rese conto che le due ragazze da sogno vicino a lui erano vere.
Il giorno dopo era quasi mezzogiorno quando la mamma lo venne a svegliare dicendogli che c'era una telefonata per lui. Era Raul.
"Ho preso il primo volo questa mattina, direttamente dalla discoteca, e sono già arrivato. Sono venuto subito al campo a fare due palleggi. E' tutto a posto. Voglio dire: io sono io, tu sei rimasto lì. Insomma il mondo è impazzito una volta sola, a quanto pare. Volevo ringraziarti per la compagnia, e sapere della tua caviglia."
"La mia caviglia? Ah, si. Ora che mi ci fai pensare: se non la muovo non mi da fastidio, e neanche a camminarci." La mosse un po', per sentire in che stato era. "Solo se la sforzo. Ma starò attento a non correrci e saltarci per un po'. Non è difficile, per me".
Così è terminata, o quasi, questa incredibile storia. Devo solo aggiungere che Raul fu davvero carino con Riccardo e, proprio come a ognuno dei suoi fratelli, alla fine del mese gli mandò una piccola somma di denaro. E questo regalo mensile divenne una bella consuetudine che, nonostante il trasferimento di Raul ad una grande squadra spagnola all'inizio della stagione successiva, andò avanti fino alla laurea di Riccardo.
L'allontanamento di Raul dall'Italia, pur molto positivo per la carriera del giocatore brasiliano, rese davvero complicato realizzare il loro progetto di incontrarsi nuovamente. Nonostante tutto ci riuscirono, in occasione della laurea di Riccardo che ci teneva moltissimo a che Raul fosse presente alla sua festa. Lo avvisò con molto anticipo, concordarono la data e Raul non solo prese parte alla festa, ma gliela offrì mettendogli a disposizione quel locale di cui nel frattempo era diventato socio. Fu una festa bellissima, come nessun amico o collega di Riccardo poteva immaginare, a cui parteciparono anche personaggi famosi del mondo del calcio e dello spettacolo; una di quelle feste di cui si parla nelle cronache mondane. Riccardo ne fu felicissimo. E continuarono a vivere come cugini.
TOMMASO ASPIRANTE CUOCO
Tommaso era un ragazzone come tanti. Buono danimo, ma molto pigro e con pochi interessi. Non poteva certamente essere definito brillante né eccelleva in nulla.
Lunica attività in cui non era certamente pigro era il mangiare: un po per goloseria, un po perché si ritrovava sempre con un appetito quasi insaziabile, che poi divenne quasi unabitudine.
La sua passione per il cibo finì per influenzare in maniera determinante la sua adolescenza: il suo aspetto fisico, dato che divenne un ragazzone grosso ed anche eccessivamente corpulento; e la scelta di cosa fare nella vita. Gli era stato consigliato di imparare a cucinare, e lui, che non aveva altri grandi interessi, lo aveva trovato un consiglio ragionevole e lo aveva seguito.
Fresco di diploma, conseguito allalberghiero con poco più del minimo dei voti, aveva cercato un lavoro nel mondo della ristorazione, e dopo lunghe ricerche era stato assunto come inserviente in una mensa aziendale. Non era un gran lavoro, e nonostante ciò, non essendoci abituato, almeno le prime volte si stancava molto. E poi più o meno sempre le stesse cose, riempire i piatti di persone estranee che al di là del banco parlavano tra loro con interesse di cose a lui del tutto sconosciute e incomprensibili.
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Tommaso era in fila col suo vassoio davanti al bancone delle vivande. Quel giorno doveva essere unoccasione particolare, o il cuoco doveva essersi sbizzarrito, dato che cera una varietà di cibi preparati mai vista prima. Tommaso cominciò a riempirsi il vassoio con un primo; ma poi, vedendo che cerano anche le lasagne ed i cannelloni, aggiunse un secondo piatto.
Vuole anche un supplì e dei fritti misti?, gli chiese gentilmente linserviente. Lo guardò, ed il suo aspetto gli sembrò familiare. Un suo sosia, avrebbe detto. Sembrava proprio lui, Tommaso. Anzi, forse era lui, dato che anche la sua voce risuonava identica.
Grazie, volentieri.
Scorrendo con la fila davanti alle vivande, il vassoio si era rapidamente riempito, eppure riusciva a farci stare sempre qualcosina in più. Doveva essere un vassoio più grande del normale, a pensarci bene.
Queste le ho fatte con tanto amore e con tanto formaggio, come piacciono a te: prendine un piatto abbondante!. Dallaltra parte del bancone Tommaso riconobbe diverse altre facce a lui conosciute, oltre a sua madre in camice bianco che gli stava porgendo una porzione maestosa di melanzane alla parmigiana. Ad esempio c'era Francesco, suo ex compagno di banco a scuola; il pasticcere sotto casa; ed in cucina gli parve addirittura di intravvedere, per quanto non fosse possibile, la sua cara vecchia nonna. Ecco il perché di tutta quella scelta di portate, pensò Tommaso.
Il bancone gli era sembrato più lungo del solito (ma in fondo lui era abituato a stare dallaltra parte), ma alla fine arrivò alla cassa.
Va bene se prendo tutta questa roba, o è troppa?, chiese timidamente indicando al cassiere, che somigliava molto a quel signore che lo aveva assunto, i suoi due vassoi pieni.
No, no, prendi pure. Però dovrai pagare un piccolo supplemento.
Batté lo scontrino e glielo porse.
Tommaso lo lesse e sbiancò. Ma io non ho tutti questi soldi!
Stai tranquillo, nessun problema. Te li possiamo trattenere dai prossimi stipendi.
Tommaso si risvegliò tutto sudato e col cuore che gli batteva forte forte. Era domenica mattina, ed era soltanto da una settimana che aveva iniziato a lavorare!
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La seconda settimana di lavoro, Tommaso cominciò a conoscere un pochino meglio i suoi colleghi e a prenderci un poco di dimestichezza, Adesso perlomeno non confondeva più i loro nomi: il cuoco si chiamava Gianni, la cassiera Fernanda, e poi cerano Alberto, la signora Luisa, Vittorio e Maria.
Gianni, ti vogliono con urgenza al telefono. Una persona elegante era scesa apposta dal piano di sopra per far avere al cuoco questo messaggio.
Sono nel clou della cottura. Devono aspettare un po.
Mi hanno detto che è molto urgente. Si tratta di tua sorella. Trova qualcuno che ti sostituisca.
Gianni, sentendo nominare la sorella, era uscito di fretta dimenticandosi di indicare espressamente un suo provvisorio sostituto.
Ma non va nessuno al suo posto ai fornelli?, chiese Tommaso ad Alberto. Io certamente no, non è il mio compito, gli rispose Alberto, e rischierei di combinare un disastro. Se vuoi andare tu, se te la senti, ti copro io finché non apriamo e cè poca gente.
Tommaso, fresco di pratica scolastica ed un po anche desideroso di vedere e provare qualcosa di nuovo, non se lo fece ripetere. Entrò in cucina, controllò la cottura della pasta e del sugo. Ma dopo aver assaggiato il condimento pensò che ci sarebbe stato bene anche un pizzico di quella spezia orientale che andava tanto di moda, la curcuma, chissà se riusciva a trovarne. Aprì tutti gli sportelli esplorandone il contenuto. Non tante cose ma in grandi quantità, a dire il vero, ma niente curcuma. Ma unaltra spezia che poteva andarci bene la trovò, e la utilizzò. E al momento giusto fece senza problemi tutto quel che andava fatto: spegnere i fornelli, scolare, mescolare . Poi fece suonare il campanello e la collega venne a prendere il pentolone pronto.
Appena in tempo: fra due minuti dobbiamo aprire. E con laltro primo siamo indietro, immagino , gli disse la collega.
Già. Su un altro fuoco cera il riso. Cosa è scritto sul menu? Riso fatto come?
Riso ai funghi, le rispose lei prima di uscire.
Sul riso Tommaso fece tutto da solo, e si divertì. E nel frattempo doveva controllare i contorni, appena abbozzati, e riscaldare i secondi.
Quando chiamò perché il riso era pronto, si affacciò Gianni, che era tornato a riprendere il suo posto e volle assaggiarlo.
Troppo buono, Tommaso, questo riso. Non abituarli troppo bene i nostri commensali, altrimenti poi rimarranno scontenti quando cucino io.
Mi ero reso conto di aver sognato tutto ciò, un'altra domenica mattina; eppure un giorno al lavoro chissà perché me ne uscii quasi sovrappensiero chiedendo a Gianni come stesse sua sorella.
Mia sorella? Ma io non ho sorelle, mai avute, mi rispose lui sorpreso.
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Ero in cucina che mi cimentavo in alcune nuove ricette di mia invenzione insieme a Gianni, che mi stava dando una mano nelle cose più semplici, quando si affacciò il solito signore elegante del piano di sopra.
Scusatemi, lo so che per voi non cambierà nulla, ma volevo avvisarvi che oggi verranno a pranzo anche il braccio destro dellAmministratore Delegato insieme ad un membro dellOrgano Ispettivo di controllo. E vedo che al banco manca qualcuno.
Stai tranquillo, vado io, mi anticipò Gianni dandomi una pacca sulla spalla.
Io proseguii in cucina. Il tempo sembrava non passare mai tra quegli effluvi ed il calore dei fornelli, e in grossi tegami affidavo in continuazione a Maria i cibi da me cucinati come per sfamare un esercito, quasi che i fornelli fossero magici e così pure la dispensa, in cui trovavo in sufficiente quantità tutti gli ingredienti, anche i più strani, che mi veniva in mente di utilizzare.
A un certo punto guardai in sala mensa e mi presi una piccola pausa vedendo che,pur essendoci in fila ancora un consistente numero di persone da servire,, la situazione delle vivande era tranquilla ed abbondante anche più del necessario. Là in un tavolo vidi alcuni signori che stavano chiacchierando e, vedendomi, mi parve che dicessero qualcosa su di me. Non so da cosa avessi intuito che tra di loro cerano il braccio destro dellAmministratore Delegato ed un membro dellOrgano Ispettivo, ma ad un tratto uno di quel gruppo si alzò da tavola e si diresse verso di me.
Fui preso dal panico. Da un lato volevo tornare in cucina per non farmi vedere inattivo; dallaltro era sempre più evidente che quelluomo veniva da me, e sarebbe sembrato scortese allontanarmi.
Mi scusi, è lei il cuoco, vero?
Se intende dire chi ha cucinato oggi tutto questo allora sì, sono io.
Quel signore là in fondo desidererebbe parlare un attimo con lei.
Mi pulii meglio le mani e mi sistemai il grembiule, dovendo presentarmi a gente vestita in modo davvero elegante; ma continuai a rimanere nel panico, nel timore di quello che avrebbero potuto dirmi.
Ed invece si presentarono con cordialità, alzandosi in piedi e stringendomi la mano.
Ci tenevamo a farle i nostri complimenti. Perché, almeno a me, in tutta la mia carriera lavorativa non mi era mai capitato di mangiare così bene in una mensa aziendale. Anzi, se proprio devo essere sincero, in vita mia ricordo di aver mangiato così squisitamente ben poche volte, da contarsi forse sulle dita di una mano, e solo in qualche ristorante di altissimo livello.
Tommaso si risvegliò di buon umore ed un po eccitato, e con un certo languorino allo stomaco.
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Col passare del tempo, sebbene non fosse una persona di carattere particolarmente espansivo né portato a confidarsi con gli sconosciuti, Tommaso cominciò dapprima ad assuefarsi ai volti ed alle voci di molti dei commensali abituali, e poi anche a scambiare con alcuni di loro battute di scarso interesse e significato, ed a volte anche qualche sorriso. E imparò anche qualche metodo efficace per tenere e mosche lontano dai piatti.
Come una mosca fastidiosa, una persona con una telecamerina tra le mani si aggirava senza sosta attorno a lui, osservandone con impertinenza dettagli anche insignificanti ed a volte soffermandosi più a lungo, senza nessuna ragione apparente, su alcuni di essi.
Nel suo grembiule bianco, in compagnia del suo aiutante Gianni, Tommaso si trovava nello studio televisivo per la registrazione di una puntata di Ricette dItalia. Erano la squadra della melanzana, e si apprestavano a sfidare la squadra della carota, composta da un noto chef di fama internazionale in compagnia di unavvenente brunetta tutto pepe. Al centro, la bellissima presentatrice Donna Hally, che parlava di fronte ad una grande e strana macchina da presa posizionata al centro dellampio locale. Lei iniziò con la sua voce dolce e suadente:
Conoscete le regole: avete a disposizione esattamente gli stessi ingredienti, che stamattina ho comprato io stessa al supermercato del nostro sponsor Superspesa. Avete due ore di tempo a disposizione per le vostre magie. Ci rivedremo qui allora di pranzo con i nostri ospiti e giudici, con cui ci intratterremo in queste due ore su diversi importanti argomenti di attualità. Pranzeremo, e mi ci metto anchio, coi piatti da voi cucinati. Ogni giudice assaggerà sei portate, tre di una squadra e tre di unaltra, ignorando completamente chi le abbia preparate e dando a ciascuna un voto. E adesso via, e che vinca il migliore!