Non Resta Che Ricominciare - Emmanuel Bodin 3 стр.


Nel mio letto, per quanto piccolo, mi mancava una cosa: la calda presenza di un uomo che mi stringesse teneramente tra le sue braccia. Non tanto per i piaceri carnali, anche se sono importanti, ma solo per sentirmi bene, al sicuro. Sapere di essere importanti per qualcuno e che questo si rallegra della nostra presenza; è un dono inestimabile! Qualcuno con cui parlare senza problemi, senza la paura di essere giudicati. Nessun amante di passaggio può colmare questo vuoto. Solo un legame invisibile, derivante da una sincera e seria costruzione dellamore, può offrire questo lusso. Sì, lamore sincero è un lusso.

Una mattina mentre camminavo lungo il corridoio della metropolitana che conduceva allesterno, fui colta da un violento dolore allocchio sinistro, simile alla sensazione di una freccetta che lo trafigge per lacerarne le membrane. La sofferenza che ho sentito mi ha travolto dun colpo. Ho quasi perso lequilibrio mentre la mia vista si oscurava con punti neri. La scossa mi ha fatto urlare. Non riuscivo più a tenere le palpebre aperte. Non avevo sbattutto contro nulla; un vaso sanguigno era appena esploso. Il dolore persisteva. Barcollavo avanti e indietro, come una canna scossa da una gigantesca raffica di vento. Tra unoscillazione e laltra, il mio occhio destro riusciva a distinguere molti passanti che si defilavano senza fermarsi, come se fossero stati tutti alla guida di unauto da corsa. Sarei potuta morire sul posto, così tutti avrebbero potuto calpestarmi, invece di dover evitare la pazza colpita da un attacco di demenza. Ho scoperto, con stupore, il comportamento freddo e indifferente della inquietante orda parigina.

Ho cercato di trovare un appoggio lungo il muro per sostenermi. Ho armeggiato con la mia mano sinistra, come una cieca senza punti di riferimento. Senza rendermene conto, il mio portafoglio è caduto a terra. A un certo punto, ho sfiorato una sporgenza sulla quale mi sarei potuta appoggiare. Il dolore persisteva. Per colmo di sfortuna, locchio che mi faceva male era quello che funzionava correttamente mentre il destro risentiva di una forte miopia. Dovrei necessariamente indossare gli occhiali per correggere questo squilibrio, tranne che nel mio caso la mezza coppia non sarebbe abbastanza. Piuttosto che optare per questa costrizione, preferivo accontentarmi di una certa forma di compensazione oculare, generata dalla sottrazione della mia doppia visione asincrona. Aperti allo stesso tempo, i miei due occhi mi offrivano una vista più che soddisfacente. Senza il mio valido occhio sinistro, non osavo neanche immaginare lo stato del mio futuro campo visivo.

Il dolore svanì allimprovviso, con la stessa rapidità con cui era apparso. Riuscivo a vedere correttamente quello che stava succedendo intorno a me. Ricuperando lequilibrio, mi sono girata verso le mie cose sparse per terra. Un giovane le stava raccogliendo e sistemando ordinatamente nella mia borsa. Lui mi guardò e me la porse chiedendomi come stessi. Che domanda stupida

Lo ringraziai e gli raccontai velocemente come era apparso quel dolore passeggero.

«Avrei voluto afferrarla quando barcollava. Non ci sono riuscito. Si muoveva così tanto. Non sapevo cosa fare, vedendola agitarsi in quel modo.»

Una persona si era fermata. Non due, una soltanto! Tuttavia, ci sono persone a Parigi che si preoccupano davvero degli altri. Nel mio cuore, mi chiedevo: «avrebbe agito allo stesso modo se fossi stato un uomo»

«Ecco il mio biglietto da visita con il numero di telefono. Adesso, non ho tempo, ma se stasera o un altro giorno della settimana mi vuole parlare di lei davanti a un drink... In quel caso, non esiti a farmi una telefonata.»

Ho preso il biglietto da visita, sorridendogli in modo sdolcinato. Avevo appena ricevuto la risposta alla mia domanda. Al giorno doggi, tutto è fatto per un qualsiasi interesse, in ogni circostanza, in ogni situazione. Daltro canto, perché no? Gli incontri si fanno in questo modo. Un gesto, unazione, una parola fuori dallordinario, in un momento in cui sinterrompe il nostro isolamento. Inoltre, anche Franck lho incontrato nella metropolitana. Sebbene fossi stata io a parlare per prima con lui, fu lui a chiedere il mio numero. Eravamo smarriti, entrambi alla ricerca della nostra strada, e la vita ci ha regalato un incontro indimenticabile.

Poi, luomo si è eclissato come se avesse appena mancato il suo autobus e dovesse inseguirlo. Ho guardato il suo biglietto da visita: dirigeva unagenzia di assicurazione. Non ho fortuna, odio questi tipi! Lho strappato a metà e lho buttato nella spazzatura. Poi, ho salito i gradini che portano in superficie. Intorno a me, una folla come tante formiche in cui io sono affogata. Pensiamo di essere utili, eppure... con uno schiocco delle dita potrebbero sostituirci. Ma siamo davvero unici? Se sì, unici in cosa? Per cosa? Siamo unici per il nostro savoir-faire, le nostre conoscenze personali, il nostro talento. Se siamo in grado di creare, dare vita, modellare con la nostra sensibilità. Siamo unici, se scopriamo il nostro potenziale. Tuttavia, sono pochi i lavori che ci permettono di avere coscienza della nostra unicità. Lessere umano è assimilato troppo spesso ad un semplice pezzo di ricambio, nellingranaggio globalista della concatenazione in cui anche la scuola ci forma. Ogni uomo diventa una valvola finanziaria di cui il meccanismo capitalista ha solo bisogno di trarre vantaggio. Ogni individuo può liberamente scegliere quali truffatori sodomiti verranno a derubarlo!

Nei fine settimana, di solito uscivo a fare una passeggiata. Stavo approfittando un po di questo fine stagione. Il bel tempo sarebbe stato sempre più raro e la pioggia avrebbe preso il sopravvento. Volevo quindi prima che arrivasse il maltempo, scoprire i monumenti che non avevo ancora visto e rinfrescare la memoria di quelli che non erano più limpidi nei miei ricordi.

Una sorta di rituale che avevo istituito per le mie prime settimane a Parigi. Le giornate erano piacevoli, tra lavoro e gite. Poi, pian piano, arrivò il giorno del mio compleanno.

3.

Alle tre di mattina, il mio telefono si è messo a vibrare, come una sirena stridente che lacera il silenzio della notte. Ci sono balzata sopra per farlo smettere. Dovevo prendere la chiamata o no? Se rispondessi con la voce ancora assonnata, Frank si renderebbe conto che mi sono appena svegliata. E se ignorassi la chiamata, mi richiamerebbe? Tra Parigi e Irkutsk ci sono sette ore di fuso orario perciò Franck pensava che la mia giornata fosse iniziata e che per me fossero le dieci del mattino. Mi sono fiondata. Da settimane aspettavo questo momento. Con lindice ho sfiorato il touch screen del telefono per prendere la chiamata.

«Pronto»

Dallaltro lato, un rumore di cornetta riattaccata lasciò posto al silenzio. Nessuna eco rispose al suono della mia voce. Avevo riflettuto a lungo, esitato, prima di decidermi. Avevo perso la chiamata che aspettavo. Sbuffai, stufa, poi inspirai profondamente prima di riporre con calma il telefono sulla scrivania e tornare a distendermi sul lettino. Mi ero appena messa comoda, che un nuovo rumore si diffuse come il ronzio di un insetto. Saltai immediatamente dal letto e afferrai il telefono che avevo appena posato per leggervi il messaggio.

«Buongiorno Sveta, tanti auguri per i tuoi venticinque anni. Spero che tutto vada bene nella tua vita. A fine giornata proverò a richiamarti. Buona giornata e buon compleanno!»

Ho riletto il messaggio più volte. Contenuto schematico, niente di eccezionale. Ero cosi felice! Ho iniziato a digitare una risposta: «Grazie, Franck. Sono a Parigi. Mi piacerebbe vederti.»

Ho riletto il messaggio più volte. Contenuto schematico, niente di eccezionale. Ero cosi felice! Ho iniziato a digitare una risposta: «Grazie, Franck. Sono a Parigi. Mi piacerebbe vederti.»

Ho riflettuto alcuni secondi. Quale genere di messaggio ero sul punto di mandargli? Lho cancellato e ho riposto il telefono. Non ero convinta che annunciargli per SMS che ero a Parigi fosse la scelta giusta. Era anche possibile che non mi contattasse più. Sarebbe stato più intelligente dirglielo a voce.

Cominciai a fantasticare. Immaginavo una serata romantica tête-à-tête, dopo una cena al ristorante. Come poteva turbarmi ancora, anche adesso che non lo vedevo da anni? Da dove veniva questa alchimia ammaliatrice che mi attirava ancora verso di lui? Lattrazione damore rimane per me un grande mistero. Era questo daltronde vero amore? Questa attrazione, anche inconsciamente, potrebbe dipendere da una mancanza daffetto. Ci sono talmente tanti uomini sulla terra, perché non andare dal primo sconosciuto? Forse a causa delle molteplici delusioni degli ultimi anni. Lui, lo conoscevo già. Sapevo come si comporta. Mi aveva amato sinceramente; mi aveva rispettato.

A furia di pensare tanto, non riuscivo più a prendere sonno. In cambio una notte in bianco mi tendeva le braccia. Fortunatamente, avevo potuto dormire alcune ore prima di essere svegliata da questa chiamata intempestiva. Anche se il mio sonno era stato disturbato, ero contenta, beata. Mi sono alzata dal letto di buon umore.

A lavoro, pensavo che nessuno conoscesse la data del mio compleanno. Con mia grande sorpresa, non appena sono arrivata nella stanza principale, i miei colleghi e il mio capo erano già lì. In mezzo al tavolo mi aspettava una grande torta al cioccolato.

«Buon compleanno, Svetlana!» Gridarono in coro tutti i presenti».

Mi sentivo cosi a disagio, imbarazzata da questa particolare attenzione.

Tutti si sono avvicinati per baciarmi. Ho ricevuto diversi mazzi di fiori e scatole di cioccolatini. Il mio capo mi ha regalato dei buoni acquisto per prodotti cosmetici.

Una collega mi ha chiesto cosa preferissi bere. Prima che avessi il tempo di rispondere, il mio capo iniziò a scherzare, avvertendomi che non cera vodka. Risi, anche se questa osservazione, al giorno doggi, riflette solo un cliché sui paesi dellEst. Dissi che mi stavo abituando benissimo a farne a meno, le mie traduzioni avrebbero rischiato di essere scritte in una lingua incomprensibile. Presi un semplice succo di arancia con una fetta di torta.

Lintero gruppo mi poneva delle domande. La loro curiosità li spinse a chiedermi se mi fossi ambientata bene a Parigi. Un gruppetto di tre uomini si interrogava sulla mia vita privata. Volevano chiaramente sapere se stessi con qualcuno. Non osavo raccontare loro ciò che mi preoccupava. Non erano i miei confidenti e non volevo mettere in piazza la mia vita privata. Dissi loro che non ritenevo lamore una priorità in quel momento. Aggiunsi che preferivo innanzitutto affermarmi professionalmente. Cercai di essere il più convincente possibile, assumendo un tono molto risoluto. Mascheravo la verità, perché volevo risparmiarmi linterrogatorio sulla mia vita sentimentale. Erano tutti gentili con me. Il minimo che si possa dire è che questo capo sa come far legare bene le persone nella sua società. Mi resi conto di quanto fossi fortunata ad essere stata assunta in unimpresa dal volto così umano. In quante altre società avrebbero festeggiato il mio compleanno in questo modo? Ringraziai tutti calorosamente. Questa sorpresa fece si che la mia giornata iniziasse nel modo più bello.

Non dimenticando che eravamo sul posto di lavoro, dopo unora trascorsa a chiacchierare e fare conoscenza, il capo ci chiese di tornare ai nostri posti, ci siamo quindi avviati ai nostri rispettivi computer. Sulla mia scrivania, un file per tradurre le istruzioni di un vibromassaggiatore elettronico mi stava aspettando. Non soltanto ignoravo che un oggetto del genere avesse bisogno di un manuale duso, ma per giunta era collocato accanto a me, sul mio piano di lavoro! Lho afferrato per esaminarlo. Era pesante ed enorme! Mi chiedevo che tipo di donna usasse un tale arnese! Intorno a me, tutti scoppiarono a ridere, vedendo quelloggetto scivolare tra le mie dita. Le lacrime mimperlavano i bordi degli occhi; questa atmosfera festosa mincantava. Oh sì, mi piaceva molto quel lavoro. Facevo progressi in seno ad una famiglia. Non mancava che una cosa nella mia vita per sentirmi totalmente realizzata

A fine giornata, i tre colleghi che mi avevano sottoposta a un vero interrogatorio, mi proposero di andare a bere qualcosa con loro, in un bar. Secondo uno di loro, volevano festeggiare il mio compleanno più degnamente. Anche se la loro proposta sembrava sincera, preferii declinarla; pensavo che avrebbero cominciato a flirtare, dopo avermi fatto ubriacare. Non volevo ripetere lerrore di mescolare lavoro e sentimenti. In Russia, avevo fatto questo errore e non ne conservo ricordi felici. Aspettavo una chiamata in particolare. Prevedevo una serata diversa, così augurai loro una buona serata e viceversa. Poi, tornai a casa, come ogni sera. Avevo contratto questo virus parigino chiamato «metro, lavoro, sonno». Era diventata la mia vita quotidiana già da tre settimane. Tuttavia, il mio lavoro non mi rendeva infelice.

La mia giornata dura dalle sedici alle diciassette ore. Tutto dipende dai giorni e dai progressi nelle traduzioni. Evito così il momento di massiccio afflusso nei trasporti urbani e cioè quando i viaggiatori sono ammassati come nelle scatole di sardine, sebbene le sardine non siano pressate come noi. Le persone si spingono, per non parlare di quelli le cui natiche sono appiccicate ai sedili pieghevoli, mentre, in piedi, i loro vicini non possono muovere neppure il dito mignolo. Lo spazio assegnatogli consente, a malapena, di mantenersi in equilibrio. La metropolitana nelle ore di punta è un casino senza nome, tanto da farti pentire di uscire dalla tua tana.

Appena varcai la porta del vagone della metropolitana davanti a me il mio telefono cominciò a squillare. Riconobbi immediatamente la melodia poiché era quella che avevo scelto per Franck. Rivoltai linterno della mia borsa, non volevo perdere la chiamata una seconda volta.

Presi la chiamata e avvicina i il telefono allorecchio.

«Pronto?» Ho detto rapidamente.

Ho sentito gli sguardi delle persone soffermarsi su di me, fuori dalle loro fantasticherie; ho rotto il silenzio dei cittadini. Il campanello di chiusura della porta suonò e il treno si mise in marcia per la prossima fermata. Allaltro capo del filo, Franck sembrava incuriosito. Mi ha chiesto subito dove mi trovassi. Il segnale sonoro che aveva appena sentito non gli era sconosciuto, lo conosceva anche troppo bene. Ho notato un posto libero in cui sono andata a sedermi. Ho appoggiato la testa contro il finestrino e gli ho detto che vivevo a Parigi da metà settembre. Improvvisamente, il silenzio.

«Franck, sei ancora là?» gli chiesi innocentemente.

Franck uscì dal suo mutismo, per chiedermi come mai non lavessi informato prima del mio arrivo. Gli ho spiegato che non avevo osato, che non volevo disturbarlo nella sua vita attuale. Non volevo dargli limpressione che stavo cercando di intromettermi nella sua vita. Rispose che ero stata sciocca a pensare questa cosa e che gli avrebbe fatto piacere prendere un caffè con me o anche fare una passeggiata. Ha finito per augurarmi un felice compleanno. Dopo, approfittando della sua risposta, gli ho chiesto se mi avrebbe concesso un po del suo tempo per cenare insieme. Franck improvvisamente sembrò infastidito, contraddicendo allo stesso tempo ciò che mi aveva appena detto. Gli mancavano le parole; tutto sembrava mescolarsi nella sua testa. Lho sentito esitare. Balbettava. Dopodiché, rimase in silenzio. Insistetti, precisai che sarebbe stato mio ospite. Volevo semplicemente rivederlo. Desiderava anche lui incontrarmi e stringermi di nuovo tra le sue braccia. Solamente, mi spiegò che la sua compagna Sylwia si sarebbe insospettita per questo suo impegno sopraggiunto allultimo momento. Non voleva mettere a repentaglio la sua relazione, solo per vedermi. Lho pregato di nuovo, quasi implorandolo, ridicolizzandomi senza rendermene conto. Argomentai che questa serata avrebbe simboleggiato il mio regalo di compleanno. Franck sospirò, alla fine mi disse che ci avrebbe pensato e che mi avrebbe richiamato più tardi per informarmi se poteva liberarsi.

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