Ora come ora però, ero sdraiato sul divano, lasciato a bivaccare come un trovatello disperato e senza un centesimo da investire. Fare il criminale non faceva parte del mio Dna, ma ladrenalina si. Quindi tutto sommato credevo che le cose combaciassero. Un detto mi dava confortogli sbirri sono peggio dei criminalinon dovevo far altro che testarlo.
Con le braccia conserte dietro la testa e le gambe incrociate, mi godevo il venticello fresco che entrava dalla finestra di fronte a me e pensavo a come diavolo avrei fatto a tirar su un po di soldi. Potevo andare a far volantinaggio, o il pizzaiolo, o il cameriere, ma tutto questo sarebbe stata una sconfitta, non perché questi lavori erano umili e indegni di me, ma perché il tempo di fare lo sciacquino lavevo lasciato alle spalle quandero stato costretto a lasciare la polizia, quindi, niente più capi e soprattutto non avrei più dovuto pensare se riuscivo ad arrivare a fine mese o meno. Un settore che mi aveva sempre attratto era quello dei bancomat, o meglio, non clonare le tessere o aspettare le persone che effettuavano i prelievi per derubarli. No. Maffascinava farli saltare, e portare via la cassa con i soldi contenuti allinterno. Era un lavoro ingegnoso, che non danneggiava nessuno. Le banche per questo tipo dincidenti erano assicurate, e i danni che subivano gli venivano rimborsati interamente. E dal mio punto di vista, anche se avessero dovuto pagare loro direttamente, la cosa non avrebbe cambiato molto la linea di marketing che avevano, visto che sin dallinizio della loro creazione avevano sempre cercato e ottenuto il favore dei governi per fregare i poveri cittadini in qualsiasi loro operazione, e se questo non fosse vero, come si spiegherebbero tutte le fantastiche sedi ove operano, tutti quei bei palazzi pagati con i soldi e i sacrifici della gente comune, perché i grandi sono grandi, grazie ai soldi dei piccoli. Lunico inconveniente che potevo riscontrare in questo settore, era la poca conoscenza delle miscele esplosive, e tutto ciò che ci poteva andare dietro. Lunica cosa che sarei riuscito a sfruttare, era la mia guida sportiva, utile per dileguarci prima dellarrivo della polizia. Questultima a dire il vero non era un gran problema, perché tutti questi colpi si effettuavano avendo a disposizione automobili dai 300 cavalli in su, e gli sbirri non avevano unauto con questa potenza, fatta eccezione della Lamborghini. Lunica pecca di questo settore però era riuscire a entrarci. Avevo una carta da giocare a mio favore, conoscevo la palestra dove andava un personaggio della banda più preparata della città in questa specialità e a dire il vero, conoscevo anche il suo volto, e cosa fondamentale, lui non mi conosceva affatto.
Sarei potuto partire da lui. La mia mente già viaggiava libera nellautostrada dei sogni e delle speranze. Già mi vedevo a bordo di unauto potente, con i lampeggianti nello specchietto retrovisore intento a scappare agli sbirri, e subito dopo a contare i soldi e a dividerli equamente coi miei compagni. Sarebbe stato un po come vivere Fast and Furios in prima persona, ed io sarei stato lO Connor della situazione. Anche se a ripensarci bene, loro non facevano esplodere i bancomat, ma non faceva nulla, perché smontare una fantasia?!?
CAPITOLO TRE Prime prove
Dovevo cercare i soldi per iscrivermi in palestra e un furtarello non sarebbe guastato. Mi misi in sesto e scesi di casa. Un centro commerciale sarebbe stato perfetto, ovviamente senza telecamere allesterno. Ci impiegai poco più di mezzora ad arrivare. Ero comodamente seduto sullautobus quando ecco salire il controllore. Ero tranquillo, mi alzai cercando di raggiungere lapertura opposta alla quale lui era salito, ma proprio mentre stavo per scendere, poco prima che le porte si chiudessero, eccoti mettersi di fronte a me un altro controllore, cercando di sbarrami la strada per non farmi scendere.
Favorisca il titolo di viaggio per cortesia, e poi può scendere.
Il biglietto non ce lavevo e certo se cominciavo già così il primo giorno della mia vita criminale apposto ero. Mi sarei ritrovato in galera la sera stessa. Un lampo di genio però illuminò la mia mente, estrassi dalla tasca dei pantaloni il mio sottile taccuino, e aprendolo a ventaglio esibii il mio titolo di viaggio.
Prego. Fu la risposta dellincaricato del pubblico servizio lasciandomi sfilare alla sua destra. E lì capii che il tesserino della polizia, sebbene illecitamente detenuto e leggermente contraffatto, mavrebbe potuto salvare da molte situazione complicate. Certo avrebbe avuto anche i suoi lati negativi, sempre che qualcuno avesse scoperto la sua natura, ma questo sarebbe stato un problema che avrei affrontato una volta che si fosse presentato. Avrei aggiunto guai ad altre beghe che già avevo; e poi persino io avrei creduto nella sua autenticità, considerato che aveva tutte le sue cose in ordine, fatta eccezione di alcuni piccoli particolari.
Eccomi arrivato nel parcheggio del centro commerciale, ora dovevo solo attendere la vittima prescelta. Doveva essere esclusivamente una e se la cosa fosse andata male, mi sarei dovuto dileguare, spostando la mia attenzione in unaltra zona.
Mi dovevo ingegnare in qualche modo, e utilizzare uno stratagemma con un margine derrore molto ridotto. Innanzitutto non dovevo far notare la mia presenza nel parcheggio, rimanendo nellindifferenza più totale. Mi misi seduto su di una panchina, e approfittando della bella giornata ostentavo il mio interesse per i raggi solari, guardando di sottocchio le macchine che arrivavano e i loro conducenti, aumentando ancor di più la mia attenzione quando mi passavano accanto se li ritenevo interessanti.
Passarono qualche decina di minuti senza che mi decidessi a mettere in atto il mio pseudo piano. Non riuscivo a calcolare il momento propizio, ma quando mi sembrava che stesse per arrivare ecco sorgere qualcuno che lo avrebbe potuto rovinare, tipo personale della vigilanza che usciva a farsi un giro e fumarsi la sigaretta, oppure qualche ragazzo dallaria sveglia e atletica. Insomma, cercavo il momento ideale, anche perché se avessi affrettato la cosa, sicuramente sarebbe stato peggio per me e non sarei riuscito ad ottenere il risultato sperato.
Forse dovevo desistere e cercare unaltra soluzione ma più mi scervellavo e maggiormente non riuscivo a trovare alternative. Mi alzai in piedi giusto per stemperare un po la tensione e cercare qualche mozzicone di sigaretta da finire, non fumavo gran che, ma quandero nervoso mi serviva a stendere i nervi. Praticamente trovai una sigaretta completamente intera, gettata a terra esclusivamente perché era leggermente spezzata. Con cura la raccolsi e con altrettanta attenzione la ricomposi. Mentre terminavo loperazione e la incastonavo tra le labbra assaporandone il sapore, capii che il momento era arrivato. Nel parcheggio aveva appena fatto il suo ingresso un grosso SUV e dallo stesso ne era scesa una scintillante creatura, non tanto per la bellezza, ma per ciò che indossava. Nulla togliere a quella splendida donna, ma di certo non era il momento per accondiscendere alle debolezze della carne. Già dal personaggio avevo compreso che non si sarebbe intrattenuta molto tempo allinterno del centro commerciale, considerato che la spesa per la famiglia di certo non la faceva lei, al massimo sarebbe entrata per provare qualche capo dabbigliamento o salutare qualche amica, altre spiegazioni non ne trovavo. Mi passò accanto con estrema disinvoltura, consapevole che la stavo guardando, e come potevo evitarlo, malgrado le rughe accentuate sul collo, conservava un viso ed un corpo tonico, e il sentirsi osservata era il risultato cercato nelle sedute dal chirurgo plastico e come potevo non privargliene. Le gambe snelle sinnalzavano su un paio di scarpe nere con il tacco alto sei sette centimetri, sino a delimitarsi allinterno di una gonna attillata anchessa scura. Indossava una camicetta bianca lasciata aperta dei primi bottoni, dalla quale emergevano prepotentemente le morbide colline che custodiva allinterno. Era inebriata da un aroma invitante e allo stesso tempo delicato, che i miei sensi istintivamente seguirono cercando di non perderlo. Era come se fosse passato un camion di rose trasportate con il telo scoperte e al suo passaggio seminasse petali rosei lungo la via. Scorsi il suo sorriso di soddisfazione sul riflesso della porta a vetri scorrevole del centro commerciale, dove venne inghiottita dopo pochi secondi.
Ora dovevo solamente attendere il suo ritorno allauto. Dovevo essere preciso e veloce. Lattesi nella parte laterale del mezzo, lei non mi doveva vedere. Mi accovacciai quasi a terra lato passeggero e approfittando dellaltezza del mezzo controllai quandera salita. Appena avviata la macchina, percorse solamente pochi centimetri dopo aver innescato la retromarcia; manovra che interruppe subito. Appena era entrata in macchina, per far uscire il caldo accumulato durante la sua assenza, aveva fatto scendere i finestrini dellauto, dai quali si poteva udire una musica giovanile e allegra, dovuta probabilmente da qualche file dei figli lasciato nellauto o semplicemente da una stazione radio decente.
Porca miseria, ma cosha questauto che non va, e sta spia?!
Le sue parole uscivano deboli accompagnate dalla melodia che le faceva da sottofondo nellabitacolo.
Pronto Amore, mi sa che ho un problema con la macchina.
Pausa.
Si sono con la mia, mi si è accesa una spia di colore giallo, ma ha una forma strana, non te la so spiegare, è tipo
Pausa.
Si dai sembrano due parentesi collegate con una riga zigrinata sotto, e ha un punto esclamativo allinterno, se non sbaglio, ti viene in mente qualche cosa?
Pausa.
Cosa? La pressione delle gomme?
E proprio mentre proferiva quelle parole, distinto aprì la porta e scese dal veicolo andando a controllare le gomme.
Amore, ma qui le gomme sono appostono no, aspetta, forse quella davanti è bassa, mi sa che hai ragione.
Pausa.
Dai ti aspetto, sono qui al centro commerciale a Casalecchio, sono al piano terra, vicino allentrata, dai dove parcheggio io di solito, ma come
Queste furono le ultime parole che riuscii a udire della signora, la quale era talmente presa dal problema dellauto che non si era accorta che mi ero appropriato del suo portafoglio che fuoriusciva dalla borsa lasciata aperta sopra al seggiolino lato passeggero. Il piano aveva funzionato alla perfezione. Con il pneumatico anteriore bucato, dopo aver preso istruzioni da qualcuno al telefono, la signora era scesa a verificare il problema ed io in quel frangente, ero riuscito ad affacciarmi dal finestrino anteriore e dopo aver verificato la posizione della borsa, mi ero appropriato di ciò che mi interessava.
E ora che dovevo fare? Avevo tra le mani ciò che minteressava, ma non sapevo come comportarmi. Le scelte erano due: verificare subito il contenuto e sbarazzarmi delle prove, oppure trovare un luogo appartato ed esaminarlo con calma? Optai per la seconda, salii sul primo autobus che passava e mi feci portare in centro. Mi misi a camminare, sempre comunque con il cuore in gola, con la paura di essere fermato e scoperto. Dovevo sbrigarmi a fare ciò che dovevo fare. Dopo essere sceso, imboccai la prima stradina poco trafficata, e aspettando il momento propizio, mi misi a setacciare il contenuto del portafoglio. La giornata direi che lavevo ampiamente guadagnata. I miei bei 370 euro li avevo racimolati. Intascato il malloppo, non feci altro che lasciar scivolare il portafoglio a terra dietro un muretto, e mi rimisi su via Indipendenza confondendomi con le centinaia di persone che vivevano la loro vita. Non riuscivo a spiegarmelo ma mi sentivo diverso. Forse oggi avevo cominciato a vivere o forse ero tornato bambino, al tempo in cui mintrufolavo allinterno dei supermercati e dei tabaccai uscendone con delle caramelle. Oggi come allora avevo il cuore che pulsava come una locomotiva lanciata a tutta velocità e i dogmi impostimi dai miei genitori si scioglievano come ghiaccio al sole. Tutte quelle regole e limiti fissati dal lavoro e da una vita regolare e onesta non facevano per me. Erano sempre stati un freno che non riuscivo a togliere, un passo che non riuscivo a compiere, ma ora ero libero. Non avevo un lavoro e uno stipendio fisso, ma certo non sottostavo al volere di nessuno e questo per me era gratificante. La mia vera vita cominciava ora, quella di prima era solamente un sogno dal quale potevo conservare ricordi preziosi per vivere al meglio questa nuova esistenza. Ora come non mai esistevo io, solo ed esclusivamente io e non avrei dovuto rendere conto a nessuno se non a me stesso. Ero galvanizzato. Avevo limpulso di sferrare un pugno in faccia a chiunque mi guardasse male, ma forse era meglio non esagerare.
Il primo passo sarebbe stato quello di iscrivermi in palestra, ma questo lavrei fatto lindomani. Ora era tempo di festeggiare il colpo andato a segno. Ritornai a casa dal mio samaritano, al quale regalai dieci euro, mentendogli sulla loro provenienza. Non volle accettare i miei denari, bensì mi disse che la sera avrebbe invitato a casa degli amici a cena, sempre che a me avesse fatto piacere.
Scesi al negozio di pakistani che stava sotto al palazzo e presi qualche bottiglia di vino, e una di vodka, sapevo che non sarebbero andate sciupate.
CAPITOLO QUATTRO Una poesia spontanea
Eravamo tutti intorno al tavolo. La cena era stata preparata minuziosamente da Fatima, una vicina di Khan, la quale sedeva accanto a lui in atteggiamenti tuttaltro che indifferenti. Nove persone animavano il banchetto e si rifocillavano sontuosamente. Guardavo quelle nuove persone con estremo interesse. Mi trattavano come fossi sempre stato loro amico, come se ci conoscessimo da anni e questo mi faceva stare bene. Per la prima volta nella mia vita mi sentivo a casa, le persone che sedevano accanto a me facevano di tutto per farmi sentire partecipe della loro compagnia e dei loro discorsi. A esser sincero, lunico interesse che stavo maturando però era per unamica di Fatima. Il nome con il quale i suoi genitori lavevano benedetta era Sophia, nome a me sconosciuto ma dal suono incantevole. Come lo erano i suoi occhi neri, egual colore dei capelli, e la carnagione caffelatte. Quello che mi colpì di lei fu non tanto laspetto fisico, ma il suo sguardo. Era per me come la mela per Newton e il pericolo sarebbe stato quello di toccare terra. Per tutta la cena, ci scambiammo sorrisi e sguardi complici, sebbene non riuscissi a capire che rapporto avesse con Abdlak, il quale laveva stuzzicata diverse molte. In queste occasioni lei lo aveva snobbato, volgendo lattenzione su di me, e puntualmente lui si agitava, diventando scontroso e irascibile con gli altri ospiti. Non era il mio genere di ragazza, ma la sua carnagione dorata mi faceva risvegliare passioni lontane, il suo sguardo scuro e inteso sembrava assorbire ogni mia emozione senza che questo la tormentasse, anzi, la sentivo leggere dentro la mia anima con estrema facilità. I suoi lunghi capelli neri, dal profumato candore, portavano dentro di me una serenità sconosciuta ma ricercata nel tempo, forse segno di poche notti passate a riposare. Avevo voglia di lei e del significato che rappresentava. Avrei voluto prenderla per mano e portarla fuori, lontano da tutto e da tutti e rimanere seduti a parlare per ore, per poi abbracciarsi così, luno stretto allaltra, senza aver più nulla a cui chiedere al mondo, perché mi bastava ciò che avevo tra le braccia e tutto il resto sarebbe stato inutile e superficiale.