Guido Pagliarino
Diavolo e Demòni
(un approccio storico)
saggio
Copyright © 2018 Guido Pagliarino
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Book published by Tektime
Guido Pagliarino
Diavolo e Demòni
(un approccio storico)
saggio
Distribuzione Editrice Tektime
2a Edizione in formato e-book, riveduta e integrata rispetto alla prima, 2018
© Guido Pagliarino per tutte le edizioni
Altre edizioni:
1a Edizione in formato fisico cartaceo, conforme alla seconda in e-book, Tektime, 2018
1a Edizione nel solo formato e-book, a cura dell'autore, 2015
Immagine di copertina: William Blake, Satana, il peccato, la morte, 1808 (particolare)
INDICE
Premessa: I simboli e i segni nella Bibbia come tramiti fra Dio e lâuomo
Cenno allâinfluenza del Mazdeismo sul Giudaismo - Nascita nel popolo dâIsraele, sotto la soggezione persiana, dell'idea dâun ispettore e accusatore dei peccatori davanti al tribunale di Dio (satan)
Il Diavolo è Satana, ma non è il Demonio
Nell'Antico Testamento i demòni non sono sotto-diavoli
Lâinquietante figura sulfurea dellâangelo sterminatore
Diavoli e A ngeli
Il Diavolo, Lucifero e i demòni nella Chiesa odierna
a 1 ) Il Diavolo
a 2 ) Lucifero
b) I_demòni
Ossessioni, possessioni...
Appendice - Abbreviazioni dei nomi dei libri biblici
Premessa: I simboli e i segni nella Bibbia come tramiti fra Dio e lâuomo
Nella Bibbia possono intervenire simboli e segni.
Ciò anche a proposito di Satana e dei suoi diavoli. Nell'Apocalisse, ad esempio, con dragone rosso s'intende lo stesso Satana.
Può essere ben utile, prima d'entrare nel vivo dell'argomento "Diavolo e demòni", precisare che cosa sâintenda in tali casi, per evitare che si pensi a qualcosa d'astratto e astorico.
I simboli che troviamo nella Bibbia1 non devono essere visti come rappresentazioni immaginarie avulse dalla storia, come qualcosa dâincorporeo frutto di fantasia senzâalcun riferimento alla realtà e, in questo reale, alla Rivelazione che, diciamolo subito, si è realizzata nel corso del tempo secondo lâinterpretazione teologica di avvenimenti storici. Non è bene che lâerrore compiuto nel XX secolo dalla scuola mitica protestante2 sia ripetuto oggi, anche se alcuni epigoni continuano a contrapporre simbolo e realtà intendendo i fatti della Bibbia solo in senso mitico-simbolico e non storico, compresa addirittura la Risurrezione di Cristo, che è invece essenziale per il Cristianesimo: non accettarla in senso reale vanifica la fede, come lo stesso Nuovo Testamento, tramite san Paolo, afferma nella prima lettera ai Corinzi: â[â¦] allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fedeâ3 .
Diciamo qualcosa in più della scuola Mitica: Nella prima metà del XX secolo la stessa e, in particolare, il suo esponente più famoso, il cristiano luterano Rudolf Karl Bultmann, aveva tentato di consegnare la risurrezione di Cristo alle categorie del mito e della leggenda. Il Bultmann, nato nel 1884 e morto nel 1976, era un professore tedesco di teologia divenuto celebre, soprattutto, proprio per il suo progetto di demitizzazione del messaggio evangelico, idea che aveva influenzato suoi allievi quali i noti Herbert Braun, Günther Bornkamm, Hans Jonas, Uta Ranke-Heinemann, Heinrich Schlier, Ernst Fuchs, Ernst Käsemann. Rudolf Bultmann mirava a far accettare come mitico-simbolico tutto il linguaggio del Nuovo Testamento. A suo giudizio, il Gesú storico doveva tenersi separato dal Cristo del kerigma (cioè della predicazione). Per lui la fede non poteva assumere per vera tutta una serie di fatti miracolosi biblici ch'egli considerava mitici, si doveva invece denudare il messaggio evangelico dal linguaggio mitologico. Egli sosteneva inoltre la teoria dell'ellenizzazione precoce del giudeo-cristianesimo originario, quello dei primissimi anni della Chiesa, realizzata, a suo mero parere, da san Paolo sotto l'influenza di religioni misteriche e dello gnosticismo: per lui Paolo aveva nascosto la reale figura di Gesú di Nazareth sotto la figura del redentore divino che è tipica delle religioni misteriche. Dietro il Bultmann, l'intera scuola mitica andava affermando che della vita e della predicazione di Gesú non si poteva sapere nulla se non châegli era stato uno dei tanti ebrei crocifissi da Ponzio Pilato; riteneva storica la sola predicazione degli apostoli che non sarebbe stata altro che una spiegazione del significato teologico della Croce. Così quegli studiosi scambiavano per causa lâeffetto. Scriveva in particolare il Bultmann nell'opera "Il kerigma della comunità primitiva": âLa comunità doveva superare lo scandalo della croce, e lo ha fatto con la fede pasquale. In che modo sia maturato, nei particolari, questo atto decisionale, in che modo sia nata nei singoli discepoli la fede pasquale, è un processo che la tradizione ha oscurato colorandola leggendariamente, ma che non ha alcuna rilevanza sostanzialeâ4 .
Per quel teologo la Risurrezione di Cristo era solo un mito esprimente il manifestarsi del reindirizzo dell'umanità operato dalla predicazione sulla figura di Cristo. La fine del mondo e il Giudizio universale erano solamente miti sottolineanti la gravità angosciante della situazione umana mortale e del continuo spettacolo della morte altrui.
Tanto il Bultmann quanto gli altri esponenti della scuola mitica avevano resa vana lâaffermazione basilare neotestamentaria che Dio Padre ha risuscitato Gesú dai morti, châera divenuta per loro lâasserzione che Dio aveva risuscitato nei cuori la fede facendola diventare cristiana. Avevano voluto rendere essenziale solo questa fede in Dio eliminando la storicità dei dati neotestamentari; ma con ciò avevano creato problemi, ad esempio sul perché, in mancanza dâuna reale risurrezione di Gesú, gli atterriti apostoli avessero di colpo immaginato e predicato Cristo risorto, a rischio della propria vita (a meno dâimmaginare - ma a forza dâinventare dove si finisce?! - che pure quel terrore fosse una fantasia degli evangelisti).
I membri della scuola mitica che erano credenti, proprio come tali avevano avuto per obiettivo l'abbattere le conclusioni anticristiane dei razionalisti atei del XIX secolo; ma non c'erano riusciti, non sarebbe stato sufficiente il limitarsi a porre il Cristianesimo su di un diverso piano da quello del reale.
I risultati della scuola razionalista sarebbero stati sì vanificati, ma solo negli ultimi decenni del XX secolo e dalla realista scuola cattolica storico-critica, la quale avrebbe usato vari criteri, tra cui i più importanti sarebbero stati quelli di continuità e di discontinuità , criteri di cui non è possibile qui trattare, essendo argomento troppo ampio, peraltro solo parallelo5 .
La risurrezione di Cristo è da intendersi alla lettera, è unâopera concreta di Dio nella quale agiscono lâamore e la potenza del Padre, è lo storico risultato di unâazione diretta di Dio su Gesú e non sui suoi apostoli e discepoli: lâoperazione dei mitici sui Vangeli non era scientificamente corretta, a uno studioso che si occupasse seriamente di scritti di autori parimenti antichi, Tacito, Giuseppe Flavio, Cesareâ¦, non âverrebbe mai in mente di attribuire loro una siffatta libertà nel trasformare i referenti e nellâesprimere un significato nascosto diverso dal senso convenzionale delle parole usateâ6 . Per prima cosa, âsi dovrà lasciar parlare il testo in discussione in ciò che esso ha da dire di per se stessoâ7 . Ad esempio, nella lettera di Paolo ai Romani8 è scritto, con attendibile significato letterale: âMa se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato9 una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dioâ; e nella sua seconda lettera ai Corinzi troviamo: âAnimati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesú, risusciterà anche noi con Gesú e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giornoâ.10
Tuttavia, anche se la Risurrezione, come lâincarnazione, la vita e la morte di Gesú, è da intendere alla lettera pena il crollo del Cristianesimo, noi troviamo utile parlare di Dio eterno e infinito e della sua azione, indirettamente, col ricorso alla simbologia, tramite analogie e metafore afferrabili perché basate sulla nostra finita esperienza filtrata dalla nostra limitata psiche. Però, attenzione! se è vero che il linguaggio biblico ricorre al simbolo, questâultimo è da intendersi secondo il suo etimo, non nel significato corrente più generico. Simbolo deriva dal verbo greco syn-bállein = mettere assieme11 e nellâoriginario significato si riferisce allâuso nellâantica Grecia di spezzare irregolarmente un oggetto in due parti così che il possessore dâuna di esse, vale a dire del simbolo, potesse in seguito farsi riconoscere dalla controparte col farla combaciare con lâaltra. Nella Bibbia questo congiungere il significante simbolico e il concetto divino che sâintende significare e che riguarda una realtà (realtà non oggettivamente comprensibile dalla mente umana perché è infinita), consente, per comâè strutturata la psicologia dellâuomo, di capire di Dio quanto basta. Leggendo nel Vangelo secondo Giovanni della luce [di Cristo], si comprende non solo che non si tratta dâunâastrazione non partecipe della figura del Salvatore e che non si sta alludendo a una fonte materiale di luce, ma pure che si sta parlando di qualcosa di spiritualmente splendido, per via di similitudine trattandosi dâuna realtà ineffabile per noi, creature dalle menti magnifiche ma pur sempre limitate.
A titolo d'esempio, andiamo allâAntico Testamento, precisamente al Salmo 36:
âà in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la tua luceâ12 .
In questo versetto ricorrono due simboli biblici della Divinità , simboli che torneranno nel Vangelo di Giovanni: la sorgente dâacqua viva e la luce. Qui la fonte luminosa non ha fisicità , è astratta e indipendente da qualunque astro ed è presente ovunque come pura illuminazione spirituale. à lo splendore divino, è la luce del volto di Dio, come nel Vangelo sarà quella del volto di Cristo il Figlio, luce fatta dâunâessenza che non è materia, però non disgiunta dal creato ma presente spiritualmente in ogni suo aspetto. La proposizione, nella Genesi, âDio disse: âSia la luceâ. E la luce fuâ13 è la prima proferita dal Creatore, ed è per quella luce che il cosmo prende a esistere, vivo, compresi gli astri creati successivamente, ovviamente al di là della scienza che non è qui coinvolta al contrario della poesia: la luce spirituale viene solo da Dio, anzi è Dio stesso, e continua a mantenere lâesistente. Il Creatore esprime la sua essenza nel creato e immediatamente giudica buono quanto fa, già nel versetto successivo: âDio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebreâ14 ; vide, in altri termini, che lâespressione di sé nel creato era splendida cosa divina, luce del suo Essere proiettata nellâesistente. Poi la luce si fa fisica, Dio la divide dalle tenebre e fa il giorno e fa la notte; tuttavia la notte è metafora del peccato e dunque il simbolo è a sua volta presente: come poco dopo si saprà quando Adamo sarà tentato e peccherà , Dio intende concedere la libertà allâuomo che sta per creare, permettendogli di scegliere di fare la volontà divina, nella luce, o di porsi nelle tenebre tentando di sostituirsi a lui quale centro del mondo ed eliminandolo così dalla propria vita. Alla luce incorruttibile generata da sé che sâesprime nel primo giorno della Creazione, la Bibbia non farà più riferimento fino al Nuovo Testamento dove, nel richiamo a quei primi versetti della Genesi, la luce sarà uno dei simboli di Cristo. Leggiamo nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 1 versetto 4:
âIn Lui era la vita
e la vita era la luce degli uominiâ15 .
Cristo è visto come la luce in quanto Salvatore dal peccato e dalla morte; è il Logos, cioè lâIdea, cioè il Progetto di Dio di Slavezza per lâessere umano fin dapprima della Creazione.
Si può notare per inciso che il termine Lògos viene normalmente tradotto in italiano con le parole Verbo oppure Parola, perdendo una parte essenziale del significato; infatti con parola sâintende già l'espressione e non si richiama il precedente Progetto, l'Idea divina di Salvezza dell'umanità .
La stessa figura d'Adamo ha valenza simbolica, il suo nome Ha-adam significa L'uomo nel senso di l'essere umano (homo) maschio (vir) e femmina (mulier) d'ogni tempo (nella Genesi è scritto: âDio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò16 ) e il peccato adamitico è l'archetipo del peccato di ciascuna donna e di ciascun uomo d'ogni tempo: ogni peccato è sempre frutto di cattivo orgoglio, così come quello originale, è scelta arbitraria contro la legge morale divina, è volersi far miseramente dio onnipotente al posto del vero Dio onnipotente.