First Italian Readings - Various 4 стр.


A questo punto però l'ilarità prese il sopravvento e i due cugini si guardarono in viso ridendo a più non posso.68

Fu una bella capata.

Eh, lo credo io. Debbo aver un bernoccolo sulla fronte.

E anch'io qui....

Povera cuginetta!esclamò Ferruccio.

Non rider così forte,disse Cecilia fingendo un comico sgomento.Se scuoti troppo l'ombrello, esso ne fa ancora una delle sue69 e torna a chiudersi.

La gran disgrazia! Non si stava punto male lì sotto.

Anche questa volta Ferruccio credette d'essersi lasciata sfuggire una frase arrischiata anzichenò, e divenne rosso.

Cecilia gli lanciò un'occhiatina in cui c'era un fondo d'inconscia civetteria; poi, atteggiandosi a donna di proposito:Orsù,disse,facciamo da gente soda il resto del cammino.

Ella passò di nuovo il braccio sotto a quello del suo cavaliere e gli si strinse addosso quanto più era possibile.Così sarò al coperto con tutta la persona,ella disse.

Ferruccio si sentiva intorno una specie d'inquietudine, un malessere non provato ancora; un malessere però così delizioso che in quel momento egli non l'avrebbe cambiato con nessuna cosa al mondo.

E Cecilia intanto, chinando verso di lui la leggiadra testina, gli parlava come non gli aveva parlato mai sino a quel giorno, come si parla, non già a un fanciullo che si prende per compagno di chiassi, ma a un giovinetto che può essere il confidente, l'amico.

A vedersi finalmente trattato da pari a pari da una ragazza che aveva quasi quindici anni e mezzo e ch'era bellina davvero, Ferruccio non capiva in sè dalla contentezza. Sulle prime era confuso, si impappinava, ma a poco a poco gli si sciolse lo scilinguagnolo e cominciò anch'egli a discorrere con un calore, con un'enfasi insolita.

Quante cose si dissero i due cugini sotto a quell'ombrello! Ricorsero i tempi dell'infanzia allorchè vivevano nella stessa città e passavano insieme molte ore della giornata, bisticciandosi spesso, tirandosi anche di tanto in tanto per i capelli, ma non potendo mai star divisi. Più tardi le famiglie erano andate ad abitar paesi diversi, e Cecilia e Ferruccio si rammentavano d'aver pianto dirottamente il giorno della separazione. Sì, certo, avevano pianto, avevano giurato di scriversi, ma poichè sapevano fare appena le aste, non c'era stato caso di mantener la promessa. Però Ferruccio era venuto sin da quell'autunno a passar le vacanze presso gli zii, e così negli autunni successivi. Era quella anche per Cecilia la più lieta stagione dell'anno. È vero, c'era stato un po' di raffreddamento quando Cecilia pareva voler diventare un campanile e Ferruccio invece non si decideva mai a crescere. Allora ella lo guardava proprio dall'alto al basso.70 Basta; ormai questa umiliazione era finita, e Cecilia riconosceva lealmente che Ferruccio non faceva punto una cattiva figura al suo fianco. Ma! Che peccato di non poter andar a braccetto tutto l'anno! Che peccato di non poter sempre confidarsi i pensieri intimi, i desiderii segreti, le piccole contrarietà della vita!

I due cugini sdrucciolavano nel patetico. Chi sa che cosa riserbava loro l'avvenire? Una serie di disinganni, una morte precoce forse brr l'idea sola faceva gelare il sangue.

Non dirlo nemmeno, Cecilia,esclamò Ferruccio.

Ti dispiacerebbe davvero se io morissi?

Oh che discorsi!egli replicò fissandola con occhi umidi.

Ella, per risposta, gli premette dolcemente il braccio.

Questo dialogo sentimentale fu interrotto da una voce.

Ehi, ragazzi, volete spicciarvi?

Era la signora Susanna la quale aspettava la figliuola presso la cancellata della villa ov' essi erano giunti senz'accorgersene.

E adesso,continuò la signora Susanna,mi farete la grazia di spiegarmi perchè tenevate l'ombrello aperto? Son più di venti minuti che ha smesso di piovere.

Ha smesso di piovere!gridarono Cecilia e Ferruccio pieni di maraviglia.

Ma sì.... Eravate nelle nuvole? Di Cecilia non mi stupisco; ella non sa mai dov' abbia la testa; ma tu, Ferruccio, vergogna! E in che stato siete! Col fango fin sopra i capelli! Su, presto, andate a mutarvi vestito, e poi subito a tavola. Tu, Ferruccio, consegna l'ombrello a Menico che lo riporti alla vecchia Marta. Già per quello che vi ha servito, si poteva fare a meno di prenderlo.71

No, mamma, credilo, sotto quell'ombrello si stava benissimo,disse Cecilia avviandosi a casa.

Birichina!le susurrò all'orecchio Ferruccio mettendosele al fianco.

ENRICO CASTELNUOVO.

VI.

IL GIURATO

L'ISTITUZIONE dei giurati è un mistero come un altro. Più si studia e72 meno si arriva a capirlo.

Difatti, a che serve fare un corso intero di giurisprudenza, subire esami, addottorarsi, avvocatarsi e, cominciando dal primo gradino del pretore, salire su su fino a giudice o presidente della Corte, quando un bottegaio, un farmacista, un negoziante d' olio, un venditore di fiammiferi all'ingrosso, vengono in Tribunale a pigliare il posto del vero giudice, e il loro verdetto, quale e' si sia,73 decide sommariamente della sorte dell'imputato?

Mistero!

Perchè si crede e si deve credere che dodici o quindici persone, sprovviste per il solito d' ogni studio legale e d' ogni pratica forense, debbano essere più competenti, in un dibattimento grave e spesso complicatissimo, a emettere un giudizio retto e spassionato, di quello che potrebbero esserlo gli stessi magistrati, largamente forniti di studi, di criteri e d' esperienza?

Mistero!

E perchè, per la medesima ragione, dovendo giudicare della gravità di un caso chirurgico, invece di chiamare un professore dello Spedale o un altro valente operatore, non si chiama il lattaio, il calzolaio o il tappezziere di casa?

Mistero!

Perchè ostinarsi a cantare tutti i giorni la coscienza, la rettitudine e l'incorruttibilità della nostra magistratura, mentre poi, all'atto pratico,74 questa medesima magistratura così coscienziosa, così retta, così incorruttibile la facciamo controllare (il verbo è francese, ma il significato è italiano) da un' altra magistratura, apocrifa, posticcia, improvvisata?

Mistero!

Perchè deve esser lecito strappare dalle sue consuetudini giornaliere un povero diavolo, il quale per venti o trent' anni non ha fatto altro che fabbricare o sapone, o camiciole di lana, o versi endecasillabi, per costringerlo a mascherarsi lì per lì da giudice di Tribunale, col pericolo che egli assolva innocentemente qualche arnese galerabile,75 e mandi all'ergastolo qualche malcapitato galantuomo?

Mistero, mistero, e sempre mistero! vale a dire76 tutte cose che si vedono fare, senza poterne capire la ragione ragionevole per cui si fanno.

Che cos' è il giurato?

Il giurato è un libero cittadino, condannato dalle libere istituzioni a far da urna, rigirandosi in bocca due pallottole, sopr'una delle quali è scritta la condanna, e sull'altra l'assoluzione dell' imputato. La prima pallottola che il giurato sputa, è quella che il vero giudice è tenuto a fare eseguire.

Qual'è, per un giurato, la più grande afflizione di spirito?

Quella di non saper mai a che ora potrà pranzare.

Che fa il giurato, durante il dibattimento?

Quando va a prendere il suo posto è rassegnato: dopo un' ora, è uggioso: dopo un' ora e mezzo, è impaziente: dopo un' ora e tre quarti, diventa atrabiliare: dopo due ore, finisce col credersi più infelice dello stesso imputato, perchè egli si sente già condannato, mentre l'altro ha sempre qualche speranza.

Come si chiama la deliberazione del giurì?

Verdetto.

Questa parola significa forse l'obbligo nei giurati di colpire nel vero?

Nossignore. Questa parola significa semplicemente "è vero che i giurati hanno detto quel che hanno detto!"

Che cos'è dunque il verdetto?

È la cosa meno seria, fra le cose serie di questo mondo.

C. COLLODI.

VII.

A UN FIORE SECCO

ECCOTI qui, tra le mie mani, sotto i miei occhi.

Nulla è più in te di ciò che era meraviglioso in te. Non hai nè colore, nè rilievo, nè profumo. Il vento non ti culla più, gli insetti non ti cercano, le farfalle ti hanno dimenticato. Appena appena al vederti si può credere che tu sia stato un fiore, e che tu sia stato bello nessuno lo crederebbe se io non lo affermassi.

Ebbene: in cotesto tuo aspetto freddo e rassegnato tu vali per me più di tutti i fiori che abbelliscono e abbelliranno i giardini della terra. Non perchè dal delicato ramo che ti diede la vita sia venuta a staccarti trepidante la mano d'una donna, chè tale felice sorte non ti toccò. Non perchè tu sappia la voluttà del riposo sopra il seno di lei che amo, o conosca il divino contatto delle sue labbra. No: in una notte buia, quando tutto attorno a te era silenzioso e vuoto e tu dormivi sognando forse il lieto sole del domani, io venni a coglierti.

Perchè ti colsi, quella notte, allorchè tutto taceva ed era vuoto attorno a te? Perchè approfittai di quell'istante in cui tu eri rimasto solo, e perchè ora sei mio e ti tengo celato e caro come il più prezioso di tutti i tesori?

Perchè tu, un giorno, vivo, scarlatto, profumato, spiccando in mezzo al verde tenero delle foglie, fosti il testimone.

Perchè tu fosti presente quando i miei occhi per la prima volta si incontrarono nei suoi, e ammirasti il sorriso che illuminò la sua faccia allorchè essa rispose leggiadramente al mio saluto.

Perchè tu assistesti al nostro primo incontro e contasti, uno ad uno, i minuti di quell'ora che non ritornerà giammai.

Perchè mi vedesti felice al suo fianco, udisti il suono della sua voce e la mirasti ascoltare benevolmente le mie parole.

Perchè contemplasti la mia sommissione e vedesti i miei occhi inalzarsi a lei supplici.

Perchè udisti il suo riso e ammirasti la gentilezza della sua persona.

Perchè tu puoi far fede77 che ella un istante mi amò, affinchè io mai non ne dubiti; perchè tu sentisti il dolore che velava la mia voce allorchè le indirizzai l'ultima parola, e vedesti il subitaneo smarrimento che passò in quell'istante dentro i suoi occhi.

Per questo io corsi a te, solo, di notte, e ti tolsi al tuo ramo senza pietà, e mi impadronii di te come cosa che a buon diritto dovesse appartenermi. Per questo ti tengo ora qui, mio prigioniero, e voglio che tu mi risponda, e ti invito a raccontare lungamente. Descrivi in tutti i suoi più minuti particolari la storia di quell'ora e falla78 divenire la storia di cento secoli. Dimmi79 la sua bellezza, rivelami tutte le grazie della sua persona, ricordami il colore dei suoi occhi come se io già lo avessi dimenticato. Parlami della soavità del suo sguardo e pensa insieme a me alla voluttà di un suo bacio. Parlami di lei, di lei sempre, e quando credi di aver terminato, ricomincia ancora!

ENRICO GUIDOTTI.

VIII.

LA DOTE D'ORSOLINA

SE in un giardino si trovano dei pomi maturi, una bella ragazza di diciott'anni, e un bel giovinetto di venti, e non si rinnova la storia di Adamo ed Eva, è proprio un miracolo. Non occorre nemmeno il serpente.

Nei dintorni di Milano c'è uno stabilimento industriale circondato da un parco, ove il signor Carlo Y, figlio del proprietario, s'incontrava sovente con l'Orsolina, figlia del capo-fabbrica.

Egli è un bel giovane che ha appena finiti i suoi studi, e la ragazza è un tipo milanese perfetto; svelta, brunetta, graziosa. Si vedevano ogni giorno, si piacquero, e dichiararono di amarsi sul serio, coll'intervento del Sindaco e la registrazione nello "stato civile."80 Per disgrazia, invece del serpente che incoraggiasse i loro progetti clandestini, li vide il cassiere della casa, che si credette in obbligo di avvertirne il padrone, il quale appunto in quel giorno aveva ricevuto una lusinghiera proposta di matrimonio pel figlio. Si trattava d'una ricchissima signora di Como,81 che portava in dote case, campagne e capitali, con un quarto di nobiltà per giunta, e le solite speranze.

Il babbo del signor Carlo, uomo di lunga esperienza, capì subito che non bisognava attaccare il giovinotto di fronte; nell'amore, l'opposizione è un incentivo, e gli ostacoli sono sproni.

Sarà un amoretto giovanile,egli pensava,bisogna farlo cessare con prudenza, e si fece chiamare il capo-fabbrica.

Il sor Fabrizio era un ambrosiano all'antica,82 la probità in persona, calmo e operoso ad un tempo, e fino come una volpe, sotto un'apparente bonomia.

Dite un po', Fabrizio, vi siete accorto che mio figlio va ronzando intorno alla vostra figliuola?83

Non me ne sono proprio mica accorto.

Ebbene, ve lo dico io per vostra norma a scanso di pericoli. 10

Pericoli non ve ne possono essere, la mia Orsolina è una perla!

Lo so benissimo, ma la gioventù m'intendete....

Anzi non intendo niente! io vado superbo e mi chiamo altamente onorato della predilezione del signor Carlo.

Va bene fino ad un certo punto, ma sapete i giovinotti non bisogna troppo fidarsi....

Mi meraviglio! sono discorsi questi che mi sorprendono e, se non fosse lei che parla, farei subito tacere chi osasse di calunniare i miei signori padroni. Sono quarantadue anni e quattro mesi che li servo, e non ho avuto che a lodarmi di tutti loro. Primo il signor Giacomo di venerata memoria, poi il signor Gaspare di pari probità, adesso lei che seguita le onorate tradizioni della casa, poi verrà il signor Carlo a continuare l'inalterabile sistema.... A Milano li conoscono, neh? e anche fuori! Sono case vecchie e bisogna andar superbi di servirle!

Vi ringrazio, vi ringrazio, ma non bisogna confondere le cose; gli amoretti non hanno a che fare cogli affari. Insomma, capite bene che i giovani si scaldano presto la testa, e allora....

Allora tocca a lei, se non è contento, di allontanare il signor Carlo. Da parte mia, se i giovani si amassero, do il mio pieno consenso, ed anzi mi reputo ben fortunato di diventare il suocero del mio futuro padrone!

Oh, là là come andate avanti! non si tratta già di matrimonio!

Ma allora, di che si tratta?

Infatti vi parlerò chiaro. Mi vien fatta una proposta di matrimonio, che potrebbe convenire a mio figlio, e che a me conviene perfettamente. Si tratta d'una ricchissima signora! capite bene....

Capisco benissimo se colla ricchezza ci entra anche l'amore, niente di meglio! ma se l'amore mancasse ci sarebbe il superfluo senza il necessario.

Ma neanche il solo amore basta per maritarsi ci vuole la dote!

Sicuro! è giustissima, ci vuole la dote, anzi, ci vogliono delle doti e il denaro è la cosa meno necessaria alla felicità, specialmente per chi ne ha più del bisogno.

Converrete, caro Fabrizio, che un padre ha pieno diritto di scegliere per suo figlio un partito conveniente.

Verissimo! Qualora al figlio convenga il principale, che è la donna, il padre ha diritto di occuparsi dell'accessorio che è la dote.

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