Il fu Mattia Pascal / Покойный Маттиа Паскаль. Книга для чтения на итальянском языке - Луиджи Пиранделло 3 стр.


Doveva essere infatti, entro di sé, tremendamente afflitto da una di quelle mogli che si fanno rispettare.

Aveva commesso lerrore di scegliersi la moglie dun paraggio superiore al suo, chera molto basso. Or questa donna, sposata a un uomo di condizione pari alla sua, non sarebbe stata forse così fastidiosa comera con lui, a cui naturalmente doveva dimostrare, a ogni minima occasione, chella nasceva bene e che a casa sua si faceva così e così. Ed ecco il Malagna, obbediente, far così e così, come diceva lei per parere un signore anche lui. Ma gli costava tanto! Sudava sempre, sudava.

Per giunta, la signora Guendalina, poco dopo il matrimonio, si ammalò dun male di cui non poté più guarire, giacché, per guarirne, avrebbe dovuto fare un sacrifizio superiore alle sue forze: privarsi nientemeno di certi pasticcini coi tartufi, che le piacevano tanto, e di simili altre golerìe, e anche, anzi soprattutto, del vino. Non che ne bevesse molto; sfido! nasceva bene: ma non avrebbe dovuto berne neppure un dito, ecco.

Io e Berto, giovinetti, eravamo qualche volta invitati a pranzo dal Malagna. Era uno spasso sentirgli fare, coi dovuti riguardi, una predica alla moglie su la continenza, mentre lui mangiava, divorava con tanta voluttà i cibi più succulenti:

 Non ammetto, diceva, che per il momentaneo piacere che prova la gola al passaggio dun boccone, per esempio, come questo (e giù il boccone) si debba poi star male unintera giornata. Che sugo cè? Io son certo che me ne sentirei, dopo, profondamente avvilito. Rosina! (chiamava la serva) Dammene ancora un po. Buona, questa salsa majonese!

 Majalese! scattava allora la moglie inviperita. Basta così! Guarda, il Signore dovrebbe farti provare che cosa vuol dire star male di stomaco. Impareresti ad aver considerazione per tua moglie.

 Come, Guendalina! Non ne ho? esclamava Malagna, mentre si versava un po di vino.

La moglie, per tutta risposta, si levava da sedere, gli toglieva dalle mani il bicchiere e andava a buttare il vino dalla finestra.

 E perché? gemeva quello, restando.

E la moglie:

 Perché per me è veleno! Me ne vedi versare un dito nel bicchiere? Toglimelo, e va a buttarlo dalla finestra, come ho fatto io, capisci?

Malagna guardava, mortificato, sorridente, un po Berto, un po me, un po la finestra, un po il bicchiere; poi diceva:

 Oh Dio, e che sei forse una bambina? Io, con la violenza? Ma no, cara: tu, da te, con la ragione dovresti importelo il freno

 E come? gridava la moglie. Con la tentazione sotto gli occhi? vedendo te che ne bevi tanto e te lassapori e te lo guardi controlume, per farmi dispetto? Va là, ti dico! Se fossi un altro marito, per non farmi soffrire

Ebbene, Malagna arrivò fino a questo: non bevve più vino, per dare esempio di continenza alla moglie, e per non farla soffrire.

Poi rubava Eh sfido! Qualche cosa bisognava pur che facesse.

Se non che, poco dopo, venne a sapere che la signora Guendalina se lo beveva di nascosto, lei, il vino. Come se, per non farle male, potesse bastare che il marito non se ne accorgesse. E allora anche lui, Malagna, riprese a bere, ma fuor di casa, per non mortificare la moglie.

Seguitò tuttavia a rubare, è vero. Ma io so chegli desiderava con tutto il cuore dalla moglie un certo compenso alle afflizioni senza fine che gli procurava; desiderava cioè che ella un bel giorno si fosse risoluta a mettergli al mondo un figliuolo. Ecco! Il furto allora avrebbe avuto uno scopo, una scusa. Che non si fa per il bene dei figliuoli?

La moglie però deperiva di giorno in giorno, e Malagna non osava neppure di esprimerle questo suo ardentissimo desiderio. Forse ella era anche sterile, di natura. Bisognava aver tanti riguardi per quel suo male. Che se poi fosse morta di parto, Dio liberi?.. E poi cera anche il rischio che non portasse a compimento il figliuolo.

Così si rassegnava.

Era sincero? Non lo dimostrò abbastanza alla morte della signora Guendalina. La pianse, oh la pianse molto, e sempre la ricordò con una devozione così rispettosa che, al posto di lei, non volle più mettere unaltra signora che! che! e lo avrebbe potuto bene, ricco come già sera fatto; ma prese la figlia dun fattore di campagna, sana, florida, robusta e allegra; e così unicamente perché non potesse esser dubbio che ne avrebbe avuto la prole desiderata. Se si affrettò un po troppo, via bisogna pur considerare che non era più un giovanotto e tempo da perdere non ne aveva.

Oliva, figlia di Pietro Salvoni, nostro fattore a Due Riviere, io la conoscevo bene, da ragazza.

Per cagion sua, quante speranze non feci concepire alla mamma: chio stessi cioè per metter senno e prender gusto alla campagna. Non capiva più nei panni, dalla consolazione, poveretta! Ma un giorno la terribile zia Scolastica le aprì gli occhi:

 E non vedi, sciocca, che va sempre a Due Riviere?

 Sì, per il raccolto delle olive.

 Dunoliva, dunoliva, dunoliva sola, bietolona!

La mamma allora mi fece una ramanzina coi fiocchi: che mi guardassi bene dal commettere il peccato mortale dindurre in tentazione e di perdere per sempre una povera ragazza, ecc., ecc.

Ma non cera pericolo. Oliva era onesta, di una onestà incrollabile, perché radicata nella coscienza del male che si sarebbe fatto, cedendo. Questa coscienza appunto le toglieva tutte quelle insulse timidezze de finti pudori, e la rendeva ardita e sciolta.

Come rideva! Due ciriege, le labbra. E che denti!

Ma, da quelle labbra, neppure un bacio; dai denti, sì, qualche morso, per castigo, quandio la afferravo per le braccia e non volevo lasciarla se prima non le allungavo un bacio almeno su i capelli.

Nientaltro.

Ora, così bella, così giovane e fresca, moglie di Batta Malagna Mah! Chi ha il coraggio di voltar le spalle a certe fortune? Eppure Oliva sapeva bene come il Malagna fosse diventato ricco! Me ne diceva tanto male, un giorno; poi, per questa ricchezza appunto, lo sposò.

Passa intanto un anno dalle nozze; ne passano due; e niente figliuoli.

Malagna, entrato da tanto tempo nella convinzione che non ne aveva avuti dalla prima moglie solo per la sterilità o per la infermità continua di questa, non concepiva ora neppur lontanamente il sospetto che potesse dipender da lui. E cominciò a mostrare il broncio a Oliva.

 Niente?

 Niente.

Aspettò ancora un anno, il terzo: invano. Allora prese a rimbrottarla apertamente; e in fine, dopo un altro anno, ormai disperando per sempre, al colmo dellesasperazione, si mise a malmenarla senza alcun ritegno; gridandole in faccia che con quella apparente floridezza ella lo aveva ingannato, ingannato, ingannato; che soltanto per aver da lei un figliuolo egli laveva innalzata fino a quel posto, già tenuto da una signora, da una vera signora, alla cui memoria, se non fosse stato per questo, non avrebbe fatto mai un tale affronto.

La povera Oliva non rispondeva, non sapeva che dire; veniva spesso a casa nostra per sfogarsi con mia madre, che la confortava con buone parole a sperare ancora, poiché infine era giovane, tanto giovane:

 Ventanni?

 Ventidue

E dunque, via! Sera dato più dun caso daver figliuoli anche dopo dieci, anche dopo quindici anni dal giorno delle nozze.

 Quindici? Ma, e lui? Lui era già vecchio; e se

A Oliva era nato fin dal primo anno il sospetto, che, via, tra lui e lei come dire? la mancanza potesse più esser di lui che sua, non ostante che egli si ostinasse a dir di no. Ma se ne poteva far la prova? Oliva, sposando, aveva giurato a se stessa di mantenersi onesta, e non voleva, neanche per riacquistar la pace, venir meno al giuramento.

Come le so io queste cose? Oh bella, come le so!.. Ho pur detto che ella veniva a sfogarsi a casa nostra; ho detto che la conoscevo da ragazza; ora la vedevo piangere per lindegno modo dagire e la stupida e provocante presunzione di quel laido vecchiaccio, e debbo proprio dir tutto? Del resto, fu no; e dunque basta.

Me ne consolai presto. Avevo allora, o credevo davere (chè lo stesso) tante cose per il capo. Avevo anche quattrini, che oltre al resto forniscono pure certe idee, le quali senza di essi non si avrebbero. Mi ajutava però maledettamente a spenderli Gerolamo II Pomino, che non ne era mai provvisto abbastanza, per la saggia parsimonia paterna.

Mino era come lombra nostra; a turno, mia e di Berto; e cangiava con meravigliosa facoltà scimmiesca, secondo che praticava con Berto o con me. Quando sappiccicava a Berto, diventava subito un damerino; e il padre allora, che aveva anche lui velleità deleganza, apriva un po la bocca al sacchetto. Ma con Berto ci durava poco. Nel vedersi imitato finanche nel modo di camminare, mio fratello perdeva subito la pazienza, forse per paura del ridicolo, e lo bistrattava fino a cavarselo di torno. Mino allora tornava ad appiccicarsi a me; e il padre a stringer la bocca al sacchetto.

Io avevo con lui più pazienza, perché volentieri pigliavo a godermelo. Poi me ne pentivo. Riconoscevo daver ecceduto per causa sua in qualche impresa, o sforzato la mia natura o esagerato la dimostrazione de miei sentimenti per il gusto di stordirlo o di cacciarlo in qualche impiccio, di cui naturalmente soffrivo anchio le conseguenze.

Ora Mino, un giorno, a caccia, a proposito del Malagna, di cui gli avevo raccontato le prodezze con la moglie, mi disse che aveva adocchiato una ragazza, figlia duna cugina del Malagna appunto, per la quale avrebbe commesso volentieri qualche grossa bestialità. Ne era capace; tanto più che la ragazza non pareva restìa; ma egli non aveva avuto modo finora neppur di parlarle.

 Non ne avrai avuto il coraggio, va là! dissi io ridendo.

Mino negò; ma arrossì troppo, negando.

 Ho parlato però con la serva, saffrettò a soggiungermi. E nho saputo di belle, sai? Mha detto che il tuo Malanno lo han lì sempre per casa, e che, così allaria, le sembra che mediti qualche brutto tiro, daccordo con la cugina, che è una vecchia strega.

 Che tiro?

 Mah, dice che va lì a piangere la sua sciagura, di non aver figliuoli. La vecchia, dura, arcigna, gli risponde che gli sta bene. Pare che essa, alla morte della prima moglie del Malagna, si fosse messo in capo di fargli sposare la propria figliuola e si fosse adoperata in tutti i modi per riuscirvi; che poi, disillusa, nabbia detto di tutti i colori allindirizzo di quel bestione, nemico dei parenti, traditore del proprio sangue, ecc., ecc., e che se la sia presa anche con la figliuola che non aveva saputo attirare a sé lo zio. Ora, infine, che il vecchio si dimostra tanto pentito di non aver fatto lieta la nipote, chi sa qualaltra perfida idea quella strega può aver concepito.

Mi turai gli orecchi con le mani, gridando a Mino:

 Sta zitto!

Apparentemente, no; ma in fondo ero pur tanto ingenuo, in quel tempo. Tuttavia avendo notizia delle scene cherano avvenute e avvenivano in casa Malagna pensai che il sospetto di quella serva potesse in qualche modo esser fondato; e volli tentare, per il bene dOliva, se mi fosse riuscito dappurare qualche cosa. Mi feci dare da Mino il recapito di quella strega. Mino mi si raccomandò per la ragazza.

 Non dubitare, gli risposi. La lascio a te, che diamine! E il giorno dopo, con la scusa duna cambiale, di cui per combinazione quella mattina stessa avevo saputo dalla mamma la scadenza in giornata, andai a scovar Malagna in casa della vedova Pescatore.

Avevo corso apposta, e mi precipitai dentro tutto accaldato e in sudore.

 Malagna, la cambiale!

Se già non avessi saputo chegli non aveva la coscienza pulita, me ne sarei accorto senza dubbio quel giorno vedendolo balzare in piedi pallido, scontraffatto, balbettando:

 Che che cam, che cambiale?

 La cambiale così e così, che scade oggi Mi manda la mamma, che nè tanto impensierita!

Batta Malagna cadde a sedere, esalando in un ah interminabile tutto lo spavento che per un istante lo aveva oppresso.

 Ma fatto!.. tutto fatto!.. Perbacco, che soprassalto Lho rinnovata, eh? a tre mesi, pagando i frutti, sintende. Ti sei davvero fatta codesta corsa per così poco?

E rise, rise, facendo sobbalzare il pancione; minvitò a sedere; mi presentò alle donne.

 Mattia Pascal. Marianna Dondi, vedova Pescatore, mia cugina. Romilda, mia nipote. Volle che, per rassettarmi dalla corsa, bevessi qualcosa.

 Romilda, se non ti dispiace

Come se fosse a casa sua.

Romilda si alzò, guardando la madre, per consigliarsi con gli occhi di lei, e poco dopo, non ostanti le mie proteste, tornò con un piccolo vassojo su cui era un bicchiere e una bottiglia di vermouth. Subito, a quella vista, la madre si alzò indispettita, dicendo alla figlia:

 Ma no! ma no! Da qua!

Le tolse il vassojo dalle mani e uscì per rientrare poco dopo con un altro vassojo di lacca, nuovo fiammante, che reggeva una magnifica rosoliera: un elefante inargentato, con una botte di vetro sul groppone, e tanti bicchierini appesi tuttintorno, che tintinnivano.

Avrei preferito il vermouth. Bevvi il rosolio. Ne bevvero anche il Malagna e la madre. Romilda, no.

Mi trattenni poco, quella prima volta, per avere una scusa a tornare: dissi che mi premeva di rassicurar la mamma intorno a quella cambiale, e che sarei venuto di lì a qualche giorno a goder con più agio della compagnia delle signore.

Non mi parve, dallaria con cui mi salutò, che Marianna Dondi, vedova Pescatore, accogliesse con molto piacere lannunzio duna mia seconda visita: mi porse appena la mano: gelida mano, secca, nodosa, gialliccia; e abbassò gli occhi e strinse le labbra. Mi compensò la figlia con un simpatico sorriso che prometteva cordiale accoglienza, e con uno sguardo, dolce e mesto a un tempo, di quegli occhi che mi fecero fin dal primo vederla una così forte impressione: occhi duno strano color verde, cupi, intensi, ombreggiati da lunghissime ciglia; occhi notturni, tra due bande di capelli neri come lebano, ondulati, che le scendevano su la fronte e su le tempie, quasi a far meglio risaltare la viva bianchezza de la pelle.

La casa era modesta; ma già tra i vecchi mobili si notavano parecchi nuovi venuti, pretensiosi e goffi nellostentazione della loro novità troppo appariscente: due grandi lumi di majolica, per esempio, ancora intatti, dai globi di vetro smerigliato, di strana foggia, su unumilissima mensola dal piano di marmo ingiallito, che reggeva uno specchio tetro in una cornice tonda, qua e là scrostata, la quale pareva si aprisse nella stanza come uno sbadiglio daffamato. Cera poi, davanti al divanuccio sgangherato, un tavolinetto con le quattro zampe dorate e il piano di porcellana dipinto di vivacissimi colori; poi uno stipetto a muro, di lacca giapponese, ecc., ecc., e su questi oggetti nuovi gli occhi di Malagna si fermavano con evidente compiacenza, come già su la rosoliera recata in trionfo dalla cugina vedova Pescatore.

Le pareti della stanza eran quasi tutte tappezzate di vecchie e non brutte stampe, di cui il Malagna volle farmi ammirare qualcuna, dicendomi cherano opera di Francesco Antonio Pescatore, suo cugino, valentissimo incisore (morto pazzo, a Torino, aggiunse piano), del quale volle anche mostrarmi il ritratto.

 Eseguito con le proprie mani, da sé, davanti allo specchio. Ora io, guardando Romilda e poi la madre, avevo pocanzi pensato: «Somiglierà al padre!». Adesso, di fronte al ritratto di questo, non sapevo più che pensare.

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