Castel Gavone: Storia del secolo XV - Anton Barrili 6 стр.


Tommaso!esclamò egli.Sei tu?

Io, non altri, perdiana! E tu probabilmente sei Giacomo Pico, marchese di Bardineto, e d'altre castella nel paese dei sogni?

Sì, canzonami, lingua tabana! Così foss'io marchese, o conte, da senno:

Eh, eh!soggiunse l'altro ridendo.Sulla strada ci sei. Co' marchesi e coi conti ci bazzichi la tua parte, e saprai che chi va col lupo. A proposito di lupi, io ti facevo ancora di là dai monti.

Son tornato stamane.

Con che aria lo dici! e con che sospirone di rincalzo!esclamò Tommaso, tirandosi indietro in atto di meraviglia.

Il Bardineto, che già s'era padroneggiato oltre le forze, si lasciò cadere sulla sporgenza d'un masso che ingombrava mezza la strada, e si nascose il volto tra le palme, tentando di soffocare un singhiozzo.

Tommaso mio,gridò egli,così non fossi tornato!

L'amico stette immobile un tratto a guardarlo; quindi posò l'archibugio e andò a sederglisi gravemente da lato.

Ah, ah! c'è del grosso in aria!.diss'egli.Giacomo, vuoi tu dirmi che hai? ma chetati, perdiana! Non sei più un bambino da latte. Lascia pianger le donne, che piangono spesso, perchè piangono bene.

Tu ridi!notò amaramente il Bardineto crollando il capo e traendo un altro sospiro dal profondo del petto.

Ma sì, rido;rispose quell'altro, scaldandosi;rido, come ha sempre riso Tommaso Sangonetto, e come riderà fino all'ultimo, perchè niente c'è al mondo che meriti d'esser pigliato sul sodo. E riderò di te, fino a tanto non m'avrai dimostrato. Ma già, che potresti tu dirmi di nuovo! Io t'ho capito e da un pezzo; ella non t'ama.

Il Bardineto trasaltò.

Chi, ella? E come sai tu?

Sicuro, non ho da saper nulla, io, quando tutti ne sanno e ne parlano! O dimmi, per chi ci hai pigliati? che un marito, od un padre, sia l'ultimo ad avvedersi, ed anco non si avveda mai più, concedo; ma gli altri eh, via! dovrebbero esser ciechi dalla nascita. Come se, alla tua età, il non cercar donna alcuna tra le tue pari, il fuggire ogni occasione di sollazzo, lo starti poi sempre ristretto ai fianchi di quella gente lassù (c'intendiamo!), non fossero già segni bastanti! Ah, vedi? chini la fronte; capisci anche tu che tutto il paese ha fumo delle tue ambizioni?

Tutto il paese!ripetè Giacomo Pico sgomentito.E adesso.

E adesso lo so anch'io; siamo in un ronco, e la è dura di dover dare indietro, al cospetto di tutti. Ma infine, non sarai tu il primo a cui è capitato il somigliante. Papi e imperatori, principi e capitani ti offre la storia in buon dato, che hanno dovuto, un giorno della lor vita, appender la voglia all'arpione. E non si son mica guastati il sangue per così poco; hanno aspettato la volta loro, ed hanno messa a più certo segno la mira. Impara anche tu; lascia di trarre in arcata e lontano; mira da vicino e traggi di punto in bianco; è buon colpo. Fa a modo mio, Giacomo, e non avrai sopraccapi. Sai donde vengo? Da caccia, ti dirà l'archibugio; ma, in fede mia, non ho tirato nemmanco a uno scricciolo. Vengo dalla Nena di Verezzi. Ma già, tu non la conosci, ed hai torto. Una forosetta, un bel tocco di donna, che non ha la compagna in tutto il marchesato, e cui non piace la sputi. Ruvida di modi, non nego, e manesca anzi che no; gli è il suo diletto. Le ho fatto una carezza e m'ha reso un urtone; son caduto ad arte, ella su me e siamo ruzzolati ambidue. Ah! ah! se per fortuna non ci tratteneva un letto di timo, si tombolava giù giù fino alle Arene candide.

E fatto questo discorso, Tommaso Sangonetto si cacciò a ridere sgangheratamente. Aveva ragione, poichè doveva ridere per due.

Tommaso!esclamò il Bardineto, con accento di rimprovero.E tu puoi mettere il capo in questi amorazzi volgari?

Ma sì! ma sì!rispose l'altro con impeto.Del resto, che intendi tu per amorazzi volgari? Volgo è quantità; e nel numero, lo capisco, ci si trova del buono e del gramo. Ma sappi, chi la guarda in ogni penna non farà mai nido, come chi guarda ad ogni nuvolo non farà mai viaggio. Così dicono i vecchi. A che si tende, poi? che si vuole? Io vado senz'altro alla meta e per la strada più corta; magàri ci fosse un tragetto! A fartela breve, non vo' moccicose, nè superbiose, nè schizzinose, nè altrimenti noiose, le quali mi diano pastocchie, speranze ed erba trastulla.

Ma quali donne son dunque le tue!

Eh via, quali donne! Son tutte compagne. Lisciate, contigiate, razzimate, il più delle volte t'ingannano; le hai per fior di farina, e gran mercè se alla seconda stacciata riescono a darti cruschello. Quali donne! dirò io delle tue. Bada a me, Giacobino; le mie non hanno tante trappolerie; rustiche sono e male ad arnese; ma egli c'è questo di buono, che il vino non mente all'insegna e tu non resti gabbato nella bontà della merce.

Sarà;disse il Bardineto, per metter fine al discorso.

Ma il Sangonetto era in vena, e proseguiva.

Eh, già, capisco; a te quella superba ha fatto dar volta al cervello.

Giacomo Pico scosse il capo in atto d'impazienza.

E non la perdi di vista, a quel che pare!incalzò il Sangonetto.Tu guardi sempre lassù.

Tommaso!proruppe scorrucciato quell'altro,Per l'anima di.

Orbene!ripiccò Tommaso, alzando la voce a sua volta.Chiama i morti dallo inferno e i santi del paradiso, fin che ti piace. Io ti amo, non so perchè; vedo che soffri; sono il tuo medico e ti curo a modo mio. Sapevo il tuo segreto; e metti pure che io non dovessi saperlo, nè altri; tu stesso me lo hai sciorinato poc'anzi. Ed ora, io non ti ho domandato che cosa tu sperassi per lo addietro da lei: ti domando in quella vece che cosa speri adesso, poi che ella ti ha richiamato alla tua condizione di vassallo.

Non ella,gridò il Bardineto,non ella, il destino. Vedi, Sangonetto, tu ti sei giudicato da te. V'hanno cose che tu non intendi, nè verresti a capo d'intendere. Sì, io l'ho amata; ma potevo io forse operare diverso? Fanciullo mi han tratto al castello; è cresciuta sotto i miei occhi; la vedevo ogni giorno suo padre mi è debitor della vita; ella mi ha abbracciato

E baciato; storia antica!interruppe Tommaso.E tu, povero amico, hai pigliato i bisantini per oro di coppella. Bacio di bocca cuore non tocca, o non dovrebbe toccare. Comunque sia,aggiunse il Sangonetto a mo' di correzione,pensa che la era una bambina, o giù di lì. Ma più tardi, ti ha ella mai incuorato a sperare?

Che ne so io? Si può egli mai dir d'una donna, anche alla vigilia di farla tua, o di perderla per sempre, ch'ella t'abbia incuorato ad amarla?

Eh, per un pazzo, non ragioni poi male! A me, per esempio, la Nena di Verezzi, che non è una Luccrezia romana, non ha forse data la più rustica gomitata, proprio un momento prima di andar ruzzoloni? Ah, ah! Ma, torniamo al caso: tu se' in male acque, mio povero Giacomo! Ma che diamine, dico io, t'è saltato in mente di andar così in alto coi desiderii? Meglio sarebbe stato per te d'inerpicarti sull'ultima balza della Caprazoppa, là dalla parte del mare, per cogliervi i falchi nel nido. Vedi, siamo vassalli. Il notaio David, lo sputasentenze, nel cui studio ho passato i begli anni della mia giovinezza, te le dirà lui per filo e per segno, le nostre delizie. Censuarii, aldioni, coloni, servi della gleba, soggetti a taglia e soggetti a prestazione, la è tutta una beva, e non c'è altra differenza che del più o del meno.

Io sono libero uomo!ripiccò alteramente il Bardineto.

Uhm!disse Tommaso.Libero! e chi lo è? Tu appartieni alla classe dei commendati. I tuoi vecchi erano boni homines, i quali, per custodire da ogni insidia di potenti il tranquillo possesso del loro lembo di terra, lo proffersero in podestà del signore, ne riconobbero da lui l'investitura e diventarono censuarii, come il primo quidam che da lui avesse ottenuto un poveretto a livello. La terra è serva, e chi v'ha stanza, del pari. Non c'è modo di uscirne; qui l'aria rende servi coloro che la respirano. Commendati, ligii, o censuarii (chiamali con quel nome che vorrai) e' son tutti soggetti a prestazioni e a tributi, e non hanno un'ora di bene. Una volta e' sono richiesti di riparare le fortificazioni del castello; un'altra volta di battere il grano e di trasportare il vino del padrone; un'altra sono chiamati per la guardia notturna; un'altra ancora per ferrare i cavalli. Un dì si paga censo di grani, di farina, di miele, di vino; un altro di capponi, un altro di pane, carni e prosciutti. Ottieni un'esenzione? Paghi. Un diritto di pascolo? Paghi. Un diritto di pesca? Paghi. Dimori in una borgata e ci capita il marchese colla sua masnada? Devi dargli l'alloggio e fargli la spesa, uno o più giorni dell'anno, o pagarne in moneta il riscatto. Il marchese marita sua figlia? C'è taglia sopra i vassalli. È preso in guerra? C'è taglia. Arma cavaliere il figliuolo, o cavalca fuori del marchesato? Taglia, sempre taglia. A te muore il padre? Paghi, per potergli succedere. Ti ammogli? Devi dare al marchese un presente, perchè consenta alle nozze, e riscattarti con una somma non lieve da un certo diritto fastidioso, ch'egli ha, di levar le primizie.

Qui il Sangonetto si fermò per pigliar fiato e per vedere che senso facevano le sue argomentazioni sul suo malinconico sozio. Ma Giacomo Pico, o non gli desse retta, o non credesse di doverlo contraddire, taceva. E allora Tommaso, con quell'aria di trionfo che già s'è notata, proseguì l'invettiva.

Questo è il caso nostro; eccoti la sorte serbata a noi, boni homines, uomini liberi, sotto la signoria dei nobili discendenti di Aleramo. Non entro in tutte le miserie, a gran pezza più gravi, dei servi della gleba a delle mani morte, taglieggiabili a misericordia, cioè, a dire, fin dove piace ai nostri magnifici signori di aggravare il summum jus del loro talento. E servi, come siamo, tenteremmo di pareggiarci ai nostri padroni, di entrare, puta caso, in parentado con essi? Alla men trista, se siamo giovani, di bell'aspetto e di buona voglia, possiamo riuscire donzelli, o scudieri, meritarci le grazie segrete d'una annoiata castellana e le segrete prigioni e i trabocchetti d'un castellano rabbioso. Ora, io non son bello, nè giovane, e non ho voglia di mettermi in questi ginepreti. Il mio esempio t'insegni; la mia filosofia ti persuada, o Giacomo Pico, e ti basti l'essere meglio accetto di me, ma sempre come soggetto, ai signori del luogo. A noi tocca di obbedire, e gran mercè se si può farlo men che si può. I nostri diritti di signori esercitiamoli sui casolari; non c'impuntiamo a voler l'impossibile. Di belle ragazze, e meglio in apparenza che non sia la giovine castellana, è pieno il Finaro. Vedi, a me piace due cotanti di più la Gilda, la nipote di mastro Bernardo; e se non fossa che le buone grazie di madonna Bannina e della sua smancerosa figliuola l'hanno fatta montare in superbia.

Anche su quella avevi posto gli occhi?dimandò Giacomo Pico, meravigliato di tanta facilità amatoria del suo faceto compagno.

Sicuro; e perchè no?disse a lui di rimando il Sangonetto.Sono uomo libero in ciò, e dove mi vien fatto darla ad intendere, pianto a dirittura le insegne.

Sta bene; notò Giacomo Pico, stringendosi nella spalle;ma se madonna Bannina avesse mai fumo de' tuoi disegniche certo non saranno fior d'innocenza.

Oh, potresti giurarlo, nol sono;interruppe Tommaso, ridendo sgangheratamente.E perciò, vedi, mi tengo alla larga. Il castello mi dà noia, e i begli occhi della Gilda non mi faranno mai perdere la tramontana; la selvaggina mi piace, e se la mi capita a tiro d'archibugio, povera a lei, le scatto un colpo; se no, no, Che diamine! Non amo le frustate, io; e quei di lassù sarebbero capaci di farmi pigliar la misura delle spalle. Questo, io lo intendo, ti parrà un ragionar da filosofo; ma, mio caro, per un'ora di sollazzo non è da comperarsi un monte di guai. Si ha una vita sola, a questo mondo; perchè farla arrangolata e tapina? Io non vo' grattacapi. Pur troppo ne avremo, e non cercati da noi. Che te ne pare di questa burrasca che è in aria? Non è forse ella il colpo di grazia? Ed anche questa ci bisognerà parare; ma alla croce di Dio, non vo' pigliarmi fastidi oltre il bisogno.

Che dici tu mai?esclamò il Bardineto, con un accento da cui trasparivano lo stupore e lo sdegno.Si combatte per casa nostra.

Ah sì, casa nostra!replicò sogghignando quell'altro.Casa dei Carretti, vuoi dire! Bada a me, Giacomo Pico; noi siamo quei leoni aggiogati che ci ha sulla insegna il marchese. Si rode il freno d'acciaio, e, spinte o sponte, si tira il carro simbolico, lo scudo e l'elmo coronato dei nostri amati signori. Questa è la nostra sorte, e non vedo che possa farsi migliore. Da un pezzo io la vengo rimuginando, questa bellissima sorte, e la paragono a quella di Noli e di Savona, città vicine, città marinare, che un tempo rodevano il freno come noi, tiravano il carro simbolico come noi, e più avvedute, più audaci e per conseguenza più fortunate di noi, hanno rotto il freno, e piantato il carro in mezzo alla strada. Son liberi, i nostri compagni di servitù; fanno essi le leggi loro, provvedono di per sè ai loro bisogni; soli noi la duriamo con questo ignobil giogo sul collo. E sia pure, dacchè non si ardisce di scuoterlo; ma perchè ci scalderemmo il sangue? perchè ci metteremmo noi ad ogni sbaraglio, per chi ci vuol servi? perchè faremmo nostri i suoi litigi con questo quello de' suoi particolari nemici?

Il Bardineto era stato ad udirlo con molta attenzione. E come Tommaso ebbe finito, così prese a rispondergli:

Sai che t'ho a dire?

Di' su!

Che quando si pensa come tu pensi, e' bisogna far altro da quel che tu fai. La si rompe col suo signore e si muove a tumulto il popolo contro di lui; ma non si aspetta che egli abbia guerra con altri, per venir meno al debito di vassalli verso di lui, di cittadini verso la patria.

Gli è questo un sentire nobilmente,replicò il Sangonetto con piglio sarcastico,e il tuo signore e nimico te ne ricambia a misura di carbone, facendoti trar calci all'aria, penzoloni dai merli della torre più alta del suo castello, che tu non hai potuto pigliare d'assalto. La non m'entra, sai, la non m'entra, questa tua nobilissima temerità, e preferisco il mio prudente consiglio. Di nulla io mi tengo debitore ai nostri padroni; taglia e prestazione, tributo di borsa e tributo di persona, tutto io pago per forza, e il meno che mi vien fatto. Anch'io, vedi, sono stato al pari di te alle impresa di guerra; ma in quella che tu, cavaliere audacissimo, facevi prodezze e menavi strage entro le file di Baldazzo, io, bandieraio della salmeria, serbavo la pancia pe' fichi. Brutta cosa, dirai. Ma tu, che ci hai guadagnato a fare il paladino, e correre il rischio d'un verrettone nel cuore, o d'una mazzata sul capo?

Oh, fosse venuta allora!sclamò il Bardineto chinando gli occhi a terra e mettendo un sospiro.

Affediddio, non ci mancherebbe altro che aver dato la vita a chi te la stima sì poco! E invero, perchè dici tu questo? Perchè ti hanno pagato di quella buona moneta che sai. La fiducia del marchese! Grazie infinite; che è dessa? Leviamo la buccia, e consideriamola ignuda. T'hanno sperimentato di buona pasta, ti adoprano, ti spendono in ogni loro bisogno, come si spende un castaldo, un procuratore, un ser faccenda, un ceccosuda. Tu se' un arnese del castello. Giovi? ti si leva dal dimenticatoio. Non giovi più? ti si mette in disparte. È questo il tuo stato; non sperare di più. Ma tu sei uomo, hai occhi per vedere, cuore per desiderare, servigi da metter fuori, a fondamento delle tue ambizioni. Orbene, la è finita per te. Ami la figlia del tuo signore; chi non se n'era avveduto? e chi, guardando alla sostanza, non t'avrebbe riputato un buon partito? Tu fedel servitore della casa, tu valoroso cavaliere, tu messaggiero accorto e sicuro, tu anima d'ogni più malagevole impresa, che non dovevi riprometterti, in ricompensa dell'opere tue? Ma no; tu eri e resti un vassallo e la donna che desideri, che credi di aver meritato, te la ruba il primo venuto, perchè gli è nobile e signor di castella.

Ah, tu sai?.

Certamente; un Cascherano, conte di Osasco, che è un borgo di là da Torino. Questo matrimonio è una sorta di rifugio, e il marchese Galeotto, alla disperata, l'ha scelto. Poteva dare la figliuola ad uno di questi Adorni, che, cacciati da Genova, sono venuti ad appoggiar la labarda da noi e a congiurare contro la patria loro. Ma questo era il peggio dei peggi. L'ha negata a un Fregoso, che è doge, ma che potrebbe essere rovesciato da oggi a domani; non poteva pensare a un Adorno, che, anco tornando in alto posdimani, potrebbe dar la capata a sua volta. Quella è gente instabile e non c'è da far conto sovr'essa; meglio un nobile di là dai monti, che ha meno grandezza di nome e più sicurezza di stato. E ad un di costoro, che niuno sapeva chi fosse, si sacrifica il valore, la divozione, l'amore infinito di Giacomo Pico. Donde tu devi vedere che sorte di virtù siano queste tue, e come ben collocate!

Назад Дальше