Le Mura Di Tarnek - Goran Segedinac 3 стр.


perché il loro risveglio può essere il tuo

Dal Libro della Grazia

Sarius si ricordava bene il suo primo giorno sulla strada. Aveva subito prestato giuramento allEternorisorto per entrare nella Chiesa, e non dovette passare molto tempo prima che gli assegnassero una circoscrizione. Da allora erano trascorsi ventanni, ma i cambiamenti erano così palpabili che gli sembrava che si trattasse almeno del doppio.

Un tempo aspettavo lindomani con impazienza.

Dallalba al tramonto i predicatori trascorrevano il loro tempo con i kasi, tempravano la loro forza di volontà e le loro virtù, si godevano i momenti trascorsi insieme e fugavano preoccupazioni e paure. Non molto tempo fa, i cittadini erano soliti andare loro incontro con un sorriso, discutere con loro di Dio e giungere a conclusioni tali da riempire il corpo di gioia. Un tempo avrebbe riconosciuto i loro volti, e si sarebbe fermato a parlare con loro e a benedirli. Oggi era diverso. Passo a passo era andato tutto in malora, non si sa bene come. Semplicemente, era successo.

Non ci sono più volti familiari.

La cosa lo angustiava. Le esistenze minacciate, i kasi avevano continuato a migrare da una zona della città allaltra, le loro attività erano sparite e il bisogno li aveva spinti a trovarne di nuove, buona parte delle quali non faceva loro onore. Se anche di tanto in tanto avesse incontrato nella massa un volto conosciuto, non lo avrebbe stupito lassenza di cordialità. Quando il domani diviene incerto, una parola santa non può offrire una consolazione sufficiente.

È la stessa cosa dentro di noi.

Era un segreto di pulcinella. Anche se la Chiesa era una delle parti della società meno minacciate, nonostante la continua ricerca di quello o quellaltro balsamo fosse ormai roba ordinaria, molti fratelli avevano perso le forze e abbandonato il servizio divino. Sarius non lasciava che le voci di corridoio alimentassero i suoi timori, ma sempre più spesso nel suo ordine religioso si potevano sentire racconti che gli facevano venire i brividi.

Se i più devoti si allontanano tanto dalla retta via, cosa può mai succedere agli altri?

Qualche giorno prima, fratello Pion era rientrato dal servizio prima del previsto. Sarius non era riuscito a vederlo, ma secondo quanto aveva sentito aveva una brutta ferita nella zona delle spalle. Per qualche ragione si era rifiutato di parlare, e la cosa, unita al foro delle dimensioni di una mano che gli aveva quasi trapassato il corpo, aveva causato unulteriore inquietudine. Che cosa può terrorizzare tanto un servitore del Sarto dei sogni, del Dio Eternorisorto che senza fallo elargisce i destini? Quali forze oscure si erano moltiplicate tra le mura, e quando qualcuno si sarebbe messo sulla loro strada?

Anche lOrdine, certo, ha i suoi problemi.

Sarius riteneva di possedere una buona capacità di giudizio. Non aveva mai dubitato della propria fede, forse proprio in virtù di questo dono. Una cosa però è credere, unaltra è agire. A che cosa servono le preghiere se non ti sforzi in prima persona di combattere per ciò a cui mirano i tuoi pensieri? Non vi era ragione di negare che erano ormai a un passo dal collasso, e non vi era più motivo di negare che la situazione era fuori controllo. Perché dunque nessuno reagiva? Anche se un piano fosse esistito, il tempo per metterlo in moto era agli sgoccioli. Almeno una parte, solo un piccolo segnale di unità di cui tutti avevano un gran bisogno, al di là del loro status sociale.

Certo, non si tratta di un unico problema.

Soltanto un kas stupido lo avrebbe presupposto. Se tutto era diventato evidente con la carenza di balsamo, ciò non significava necessariamente che fosse quello lunico focolaio. Che cosa mai aveva portato al crollo definitivo della produzione? Per quale motivo le elargizioni dallAnello Esterno si stavano praticamente estinguendo? Come mai quel suolo per secoli fertile era dimprovviso diventato sterile? E perché in nome di tutto il Consiglio Cittadino non si esprimeva a riguardo? Possibile che il Reggente non contattasse la Gilda dei Veggenti? Sarius era presente quando alla riunione annuale Tenej il Gioioso aveva chiesto al Santo Fratello Kalej la posizione ufficiale della Chiesa su tale questione. Sconsiderato nellaffrontare largomento, aveva gettato lombra del dubbio sul Sommo Sacerdote e sul suo impegno nella più alta struttura del potere. Fu ammonito allistante. Sarius lo compativa, profondamente convinto che le sue intenzioni non fossero cattive. Un predicatore tanto rispettato, abbastanza da essere condannato alla rovina. Tuttavia, la decisione doveva essere rispettata, e in un certo senso poteva capirne i retroscena. I tempi erano tali da non permettere dubbi sulla forza e la correttezza dellautorità, soprattutto negli ordini ufficiali.

Eternorisorto, dacci la forza per superare tutta questa follia.

Camminava a rilento attraverso un fiume di kasi. Li guardava in volto, e sembrava che fosse lunico a farlo. Si spingevano e cadevano, strillavano e sinsultavano. Gli sembrò che a qualche metro da lui fosse scoppiata una lite ma non poteva esserne sicuro per il gran chiasso.

Un tempo non vi erano risse.

Strinse forte linvolto sul petto pensando al proprio compito. Quelli che oggi avevano bisogno di lui non si trovavano tra la folla. Si diresse verso il monumento alle stelle ed entrò nel Viale della Luna. La spazzatura non incenerita era ammucchiata attorno a una fontana inaridita. Una filigranetta ricoperta di polvere ne beccava inutilmente larida sommità. Gli uccelli sono creature fragili e hanno bisogno di acqua. In tempi più felici le fontane cittadine lavoravano solo per loro, e loro mostravano la propria gratitudine col canto. Da tempo non li vedeva più in stormi.

Sei rimasto solo, piccolo. Qui non placherai la tua sete.

Prese a destra allincrocio successivo, e si fermò davanti a una baracca mezza crollata. Era solo una tra le tante in città che offrivano rifugio agli emarginati. Come se volesse assicurarsi di essere nel posto giusto, fissò attentamente la porta cadente prima di imboccarla e procedere allinterno.

Che lEternorisorto vi porti la pace, annunciò la propria presenza. In tutta risposta, qualcuno gemette. Rimase fermo sul posto per qualche istante, finché i suoi occhi non si abituarono alloscurità. Poi, con un movimento che mostrava la sicurezza di quanto cercava, smosse il mucchio di stracci che si trovava vicino ai suoi piedi.

Era messa peggio del giorno prima, la cancrena si era diffusa più in fretta di quanto potesse immaginare. Era partita dal petto, ma come un fiore si era diffusa nellintero torace e aveva preso tutti gli arti e parte del viso. Solo gli occhi potevano ancora muoversi, e lasciavano trapelare una tristezza infinita. Sta per morire, pensò, se la sposto andrà in pezzi. Coprì la poveretta, consapevole che ungerla sarebbe stato solo uno spreco della preziosa risorsa. Per lei non poteva più fare niente. Le chiuse gli occhi.

Sarto dei sogni, accorcia la pena della tua serva fedele e guidala verso il riposo eterno.

I due malati successivi non erano messi tanto meglio, e Sarius prese la difficile decisione di non ungerli col balsamo. La misericordia era una cosa, ma un inutile spreco di quel prezioso unguento su corpi immobili in cui si stava irrimediabilmente spegnendo la vita era tuttaltra cosa. Sperava che anche la loro coscienza fosse ormai andata, che gli infelici non fossero coscienti di cosa li aveva colpiti. Il corpo era la cosa più sacra per ogni kas, e la sua conservazione il primo dei propri doveri. Essere negligente nei confronti del proprio corpo o annientare quelli altrui erano peccati al di sopra di ogni peccato. Qualcosa per cui non vi era perdono.

Solo che loro non sono responsabili della propria rovina.

La morte cancrenosa, unepidemia che devastava i tessuti, era diventata realtà. Il balsamo, un bene dato per scontato di cui la Gilda riforniva la città, e la ghiera che teneva insieme la società, era diventato un lusso. La sua scomparsa definitiva era ancora ben lontana, ma persino quei fortunati che continuavano a ricevere la razione regolare erano preoccupati per la sua efficacia. Le conseguenze di tale situazione giacevano di fronte a Sarius. Lunico kas ancora capace di muoversi, accanto a cui si era accovacciato, alzò con gran pena la testa e si appoggiò al muro.

Come stai oggi, Kalon?, domandò Sarius con dolcezza.

Meglio, predicatore. Ero convinto di poter fare una bella corsetta, ma le gambe mi hanno stranamente tradito. La gola di Kalon emise un suono stridente, un misero tentativo di risata. Sarius era stupito dalla combattività del suo spirito.

Fammi vedere. Sollevò la coperta sporca temendo ciò che avrebbe trovato. La situazione era tuttaltro che buona. La gamba destra sembrava quasi non appartenergli più, giusto un paio di strisce di pelle secca la teneva attaccata al resto del corpo. Delle bolle di un azzurro sbiadito non lasciavano spazio alla speranza che laltra potesse sfuggire al destino della sua vicina.

Sembra un po meglio, mentì senza pensarci troppo su.

Sembra, niente più, rispose il malato. Se si potesse ancora curare la cancrena, le probabilità di guarigione sarebbero ben più alte.

Sarius avvampò per la vergogna. Volevo dire che labbiamo un po rallentata.

Lo so, predicatore. Voi siete un buon kas, le vostre intenzioni sono pure. Una rarità, al giorno doggi.

Sono solo un servitore dellEternorisorto, il merito è suo, rispose, slacciando il telo cerato che copriva linvolto. Lunguento diluito iniziò a gocciolare, e lui lo carpì velocemente con le dita e iniziò a sfregarlo sul punto dolente.

LEternorisorto avete ancora le forze per credere in lui?.

Stupito dalla domanda, Sarius lo fissò. Prima che riuscisse a formulare una risposta, Kalon continuò.

Stanotte ho pensato di strisciare fino a quei poveretti e di porre fine alle loro sofferenze. Sarebbe bastato tuffare le mani nella carne incancrenita e li avrei fatti a pezzi.

Perché dovresti voler fare una cosa del genere? Non ti hanno fatto nulla di male, ribatté Sarius.

Farmi del male?, sorrise Kalon. Oh, non mi hanno fatto nulla. Né a me, né a Dio. Eppure, lui li ha premiati con una morte lenta. Penso che avrebbero di gran lunga preferito il mio dono.

Uccidere un corpo è il più grave dei delitti.

Ma lui li uccide comunque. Perché?.

Abbiamo tutti un destino, ci svegliamo con esso, lo viviamo e alla fine ci avviamo verso il riposo. Al di là del destino, però, esistono circostanze che in esso si possono manifestare in modo diverso. La morte cancrenosa è solo una di esse. Quando ci sono favorevoli, le chiamiamo fortune. Quando non lo sono, ci arrabbiamo con Dio e diciamo che è ingiusto.

Le circostanze giustificano le mie intenzioni. Non sarebbe forse sensato abbreviare la loro sofferenza? I corpi non sentiranno linvito nella Torre di Cristallo. Kalon non si arrendeva.

Anche se era perfettamente consapevole di parlare con un morente, Sarius decise di essere sincero.

Forse sembra sensato a te e a quelli che ti somigliano, iniziò. Al momento, non per tua colpa, la portata di ciò che ti turba si trova tra le mura questa stanza. Non è neanche più una malattia, perché è diventata parte di voi. Questa è la morte, Kalon, e tu per questo pensi che il culto del corpo non abbia senso. Quel che mi preoccupa, al di là dello spazio che al momento condividiamo, è quanto succede agli altri kasi che si trovano nella mia circoscrizione, e al di fuori di essa. Sono queste le mie mura. Tra di esse risiedono le mie speranze per un domani migliore, e per questo mimportano. Ora immagina una coscienza i cui confini non esistono, una cui singola scelta sbagliata possa sconvolgere lordine perfetto in cui anche noi siamo stati creati, immagina le sue mura e le sue speranze, poi dimmi abbiamo il diritto di innalzarci al suo stesso livello?.

Kalon taceva. Lho offeso, pensò Sarius, ma proprio allora arrivò la risposta.

Parli con saggezza per essere un predicatore. Posso parlare apertamente?.

Certo.

Puoi immaginare perché non ho portato le mie intenzioni fino alla fine?.

Hai onorato la regola? Alla fine hai riconosciuto di peccare?.

No, idiota! Temevo che mi si staccasse la gamba!. Kalon scoppiò in un altro impeto di riso spezzato, e questa volta anche Sarius si unì a lui. Qualcosa in quel kas era degno di ammirazione.

Un colpo deciso alla porta raggelò il riso sulle loro bocche. Unonda di luce abbagliante lo colpì negli occhi e Sarius scorse il contorno di un kas imponente. La sagoma fece qualche passo in avanti. Era straordinariamente corpulento e indossava la scadente imitazione di ununiforme, rattoppata usando pezzi di diverse divise. I pantaloni sembravano fatti con la fodera delle uniformi dellOrdine, sbiadite e probabilmente raccolte dalla spazzatura. I lunghi capelli neri erano raccolti in un codino unto che pendeva moscio sul petto. Aveva unaria tanto sgraziata nella sua altezza che pareva si tenesse in equilibro bilanciandosi mentre teneva con entrambe le mani un bastone a due bracci con delle lame al posto delle estremità. Sarius non aveva il minimo dubbio sulla sua professione ancora prima che iniziasse a parlare.

Mi scuso con vostra santità per aver interrotto così la festa!. La risata di Kalon era musica in confronto al rumore che veniva dalla sua gola. Vi prego di benedirmi, io sono Herek!, fece una brutta imitazione di un inchino e senza attendere risposta strappò via il mucchio di stracci sotto a cui giaceva il malato.

Sarius si alzò, conscio che il balsamo vitale che era rimasto sul pavimento avrebbe presto iniziato a riversarsi al di là dellorlo dellinvolto che avrebbe dovuto contenerlo.

Vattene di qui. Non abbiamo niente per te, qui ci sono solo malati.

Il bruto si accigliò, poi fece qualche passo avanti.

Ti sbagli, santità. Qui non cè più nulla per i cadaveri di cui ti prendi cura. Lo allontanò con sgarbatezza e il predicatore si tenne a fatica in piedi. Il bandito si chinò, quindi afferrò e annusò il balsamo. Pensate di curarli con questa risciacquatura?. Il suo sguardo si abbassò su Kalon, che in silenzio osservava la scena. Con una mano enorme avvicinò lo stracciò al suo volto e gli premette la testa contro il muro, finché la crema biancastra lì rimasta grondò per la pressione. Eccolo qui, ti senti meglio, cadavere?. Rise sguaiatamente, evidentemente soddisfatto del suo sadico gioco. Il malato non emetteva più alcun suono.

Smettila immediatamente o ne pagherai le conseguenze!, gridò Sarius.

Pagare le conseguenze a chi, verme? A chi? Alla Chiesa? A Dio? AllOrdine?, urlò il bandito puntandogli la punta del bastone nel petto. A chi?.

Di questi malati mi occupo io e loro sono il mio dovere. Ogni impedimento intenzionale alladempimento del mio dovere sullo spazio pubblico è considerato insubordinazione civica e come tale è trattato in accordo con la legge. Neppure lui sapeva da dove gli fosse venuta lidea di citare le dichiarazioni del compendio per le situazioni critiche, ma per qualche strano caso questo aveva placato un briciolo il bruto. Tuttavia, le parole che seguirono non erano meno sinistre.

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