Le Mura Di Tarnek - Goran Segedinac 4 стр.


Ascoltami bene. Questo spazio appartiene ai sani, ficcatelo bene nella tua santissima zucca. Me ne sbatto dellasta e della legge e dellOrdine e della Chiesa intera se serve. Vogliamo che spariate, e se ti trovo unaltra volta qui, farò in modo che la punta del mio bastone ti finisca in un occhio. Senza attendere la risposta, Herek si voltò e se ne andò.

Sarius attese un paio distanti, quindi tentò di aprire la porta. Per fortuna, era ancora integra. Poi tornò indietro e si chinò accanto a Kalon. Linfelice lo guardava con un triste sorriso e Sarius sentì dolore e impotenza come un colpo allo stomaco.

Stai bene?, gli domandò, e la mano si mosse da sola per spalmare i pochi rimasugli di balsamo che gli erano gocciolati sul volto e sul collo.

Sì. E come potrei stare dopo un simile trattamento?.

Erano già venuti?.

No, rispose Kalon. È la prima volta che vedo uno di loro.

Non vi erano parole con cui avrebbe potuto esprimere tutto ciò che provava in quel momento. Avrebbe quasi desiderato ammalarsi e giacere accanto ai sofferenti rimasti.

Ascoltami, Kalon, ascolta bene. Chiederò allOrdine di mandare già stasera qualcuno a proteggervi.

Lasciate perdere, predicatore. Hanno lavori più importanti che occuparsi dei cadaveri. Come avete detto anche voi, questa regione è abitata da molti kasi, e un gruppetto di morti viventi è solo un granello di sabbia nellinfinito:

Non pensavo che suonasse così, pensò Sarius, messo in trappola dalle sue stesse parole. Ognuno aveva il diritto alla pace. Persino la follia avrebbe dovuto riconoscere dei limiti.

Manderanno qualcuno, è sicuro, fu tutto quel che riuscì a rispondere.

Come se volesse confortarlo, Kalon con fatica gli toccò la mano. Come ho potuto credere che avesse veramente le forze per strisciare?

Mentre tornava con passo affrettato in chiesa, Sarius si sentiva più malato di lui.

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Il torrione della Chiesa della Speranza si stagliava altero contro il cielo serale. Le teste in pietra dei Quattro guardavano la città da ciascun lato dellantico campanile, rappresentando le emanazioni basilari dellEternorisorto il Sarto, il Pensatore, il Creatore e il Messaggero. Proprio di fronte allarco del portone, Sarius levò lo sguardo su di essi. Lassenza di reazioni fu reciproca.

Nel cortile sedeva una ventina di predicatori. Il tempo del servizio si avvicinava alla fine e si erano lentamente raccolti prima di andare a meditare nelle celle comuni. Parlavano in gruppetti e alcuni di loro chinarono la testa in segno di saluto. Non volendo unirsi a loro, procedette oltre. Gli eventi a cui aveva assistito lo avevano scosso profondamente, e doveva adempiere alla promessa data prima di ritirarsi per raccogliere le proprie idee e prepararsi a una nuova alba.

Una sorpresa lo attendeva giusto di fronte allingresso. Non aveva ancora messo piede nel cortile quando sentì la voce del sovrintendente Rel.

Sarius! Che bene che sei tornato!. Gli si avvicinò a piè sospinto, senza rispondere allinchino formale che il predicatore gli aveva rivolto.

Il Sacerdote desidera parlare con te!.

Preso in contropiede dallinvito, di primo acchito non sapeva che cosa rispondere. La Chiesa della Speranza contava circa duecento fratelli, cosa che la rendeva la terza per dimensione a Tarnek. Non era raro incontrare il Sacerdote Tios nelledificio e neppure scambiare qualche parola con lui sul servizio. Tuttavia, gli incontri privati erano tutta unaltra cosa, e un predicatore qualsiasi che si fosse ritrovato in simili circostanze avrebbe difficilmente potuto sperare in bene.

Quando?, domandò sconcertato Sarius. Forse in qualche modo è venuto a sapere degli eventi odierni, pensò. Se si trattava di quello, non aveva motivo di preoccuparsi. Ho agito correttamente.

Subito!. Negli occhi del sovrintendente si leggeva un rimprovero. Poi, come se volesse stemperare la tensione, aggiunse in fretta: So soltanto che è urgente.

Volete annunciarmi?.

Va da solo, gli rispose. Ho da fare, e non vi servirà la mia presenza. Senza attendere altre domande, il sovrintendente gli diede una pacca sulle spalle e si avviò verso luscita. Il discorso era chiuso.

Che altro devo aspettarmi da questa giornata?, si domandò Sarius, e si affrettò verso il tempio per adempiere al proprio dovere. Non cera nessuno, i servizi si svolgevano soltanto allalba. Per la prima volta nel suo ciclo mise piede al di là dellaltare e socchiuse la porta finemente intagliata di legno rosso. Un corridoio piuttosto lungo terminava in una scalinata. Dunque da qui si accede al Torrione Orientale, pensò. I cardini cigolarono, e il passaggio si richiuse alle sue spalle.

Le scale in pietra erano strette, ma per tutta la loro lunghezza sporgevano dalle pareti dei corrimani in ferro. Anche se la luce delle torce era sufficiente, pensò che ci andava particolare attenzione, soprattutto durante la discesa. Tutto traspirava unestrema ordinarietà. Non cerano rilievi o altro che indicasse la peculiarità del posto verso cui si era incamminato. Terminata lascesa, si ritrovò di fronte a una porta solitaria, quasi identica a quella che si era lasciato alle spalle, con un battente eccezionalmente pesante a forma di quadruplice occhio. Lo stesso simbolo gli pendeva sul petto, lo portavano tutti coloro che avevano subordinato la propria esistenza a Dio. La superficie metallica era piacevole al tatto e lui bussò.

Entra, riconobbe la voce del Sacerdote.

Lambiente era tanto grande quanto il diametro della torre, ma le pareti non erano abbastanza per accogliere tutti i tomi rilegati in pelle che quella tesoreria ospitava. Leccedenza era disposta ordinatamente in pile che senza un criterio visibile spuntavano in diversi punti, in particolare intorno a un massiccio tavolo la cui parte anteriore era decorata con dettagli che non riusciva a riconoscere. Quando fece un passo sul sontuoso tappeto che ricopriva il pavimento, la morbidezza sotto i suoi stivali fu tale che per un attimo pensò di togliersi le scarpe. Stregato dal calore, si accorse della presenza del Sacerdote solo quando quegli gli rivolse nuovamente la parola.

Ti piace quel che vedi?. Era stato tutto il tempo accanto al tavolo, ma Sarius non lo aveva neppure notato. Devo sembrare uno stupido.

È stupendo vostra santità. Per la forte agitazione per poco non si era dimenticato a chi si rivolgeva.

Il Sacerdote sorrise. Condivido la tua osservazione. Ogni kas sapiente prova venerazione di fronte alla conoscenza che ci suggeriscono i libri. Un grande occhio di giada pendeva sopra di lui, quasi vivo alla luce delle candele che bruciavano su quattro candelabri di acciaio nero. Avvicinati, Sarius, avvicinati senza timori.

Obbedì, ma non osò parlare.

Immagino che tinteressi sapere perché ti ho chiamato?.

Il predicatore chinò la testa in un cenno dassenso. Vostra santità, spero che siate soddisfatto del mio servizio.

Più che soddisfatto. Sai, anche se non sembra, seguo con attenzione il lavoro di ognuno.

Non ne ho mai dubitato.

Il Sacerdote sorrise. Tu no, ma altri probabilmente sì.

È una domanda o unaffermazione? Sarius di solito non si faceva problemi a esprimere il proprio pensiero. Tuttavia, la situazione in cui si trovava non era ordinaria. Come se avesse percepito quel dilemma, il suo interlocutore continuò.

Non ne ho mai dubitato.

Il Sacerdote sorrise. Tu no, ma altri probabilmente sì.

È una domanda o unaffermazione? Sarius di solito non si faceva problemi a esprimere il proprio pensiero. Tuttavia, la situazione in cui si trovava non era ordinaria. Come se avesse percepito quel dilemma, il suo interlocutore continuò.

Non preoccuparti, il dubbio è cosa buona. Ci rende attenti, e se siamo attenti vuol dire che peccheremo di meno. Al giorno doggi lattenzione non basta mai, concordi?.

Concordo, vostra santità.

Questo è bene.

Tios si mosse gentilmente di lato, senza distogliere lo sguardo da Sarius, e mosse la mano in direzione di un simbolo che si trovava sul muro. Predicatore, dimmi, cosa vedi qui?.

Un occhio vedo il quadruplice occhio.

Locchio dellEternorisorto, simbolo del nostro Dio e della nostra fede. Si toccò distinto il medaglione sul petto, come se cercasse una conferma della correttezza della risposta.

Esatto. Non molto fantasioso, ma esatto. Evidentemente soddisfatto di quanto aveva sentito, si avvicinò nuovamente al suo interlocutore, allargando le braccia. E cosa vedi qui?.

Sarius era confuso. Il miscuglio di tensione e di enigmi lo rendeva nervoso. Lesito di tutto ciò dipende da me?

Non capisco, vostra santità.

Sembrava che tutto ciò divertisse il kas davanti a lui. Hai capito, predicatore. Non lasciarti tormentare dalle paure, ma rispondi così come hai risposto alla mia domanda precedente. Che cosa vedi qui, attorno a noi?.

Vedo vedo una stanza, santità. Il vostro alloggio.

E poi? Che altro?.

Vedo un tavolo, vedo dei libri dei libri sugli scaffali sul pavimento vedo delle pergamene sul vostro tavolo.

Altro?.

Sarius si guardò più liberamente attorno. Vedo delle matite sul tavolo, due tre, una è caduta a terra la vostra collana cerimoniale è appesa allo schienale della sedia laggiù accanto alla porta una pila è inclinata come se stesse per cadere.

Non è un esempio di ordine? Questa mia stanza?, domandò il Sacerdote aggrottando la fronte.

Lho offeso, Sarius fu preso dallinquietudine. Anche se avrebbe voluto esserne capace, non aveva intenzione di mentire. Andrà come deve andare, ma se è tutto un suo gioco, giocherò onestamente.

Non lo è, vostra santità.

Quel che seguì fu una risata calda e rumorosa.

La tua sincerità è una gioia per le mie orecchie. Penso che gli altri fratelli avrebbero accettato di farsi strappare gli arti prima di ammettere che negli alloggi personali del loro Sacerdote regna il caos. Neppure il mio sovrintendente avrebbe avuto il coraggio di farlo. Esatto, Sarius, qui attorno a noi si può vedere solo un gran disordine, ma ciò che ora vorrei che millustrassi, e prometto che non ti tormenterò più, è che cosa secondo te può esserne la causa.

Questa volta rispose senza indugi.

I vostri impegni. Sembra che siate sempre di fretta. Forse la mancanza di tempo per riportare le cose al proprio posto?.

Senza smettere di guardarsi attorno, notava sempre più dettagli. Praticamente non cera spazio in cima al tavolo che non fosse uniformemente ricoperto di polvere, e i pochi mucchietti di questultima erano ulteriormente smossi dalle cose che venivano portate e rimesse a posto. Anche le pile di libri, a differenza di quelli sulle pareti, non erano disposte in ordine per colore o dimensione. Se fossero messe lì per mancanza di spazio, probabilmente avrebbero un qualche ordine. Ma mentre stava ancora formulando questipotesi, si accorse del numero considerevole di fessure scure sugli scaffali. Non sono a terra perché non cè spazio per loro, sono qui perché li sta leggendo. Era mai possibile? Ce nera almeno qualche centinaio.

Mantenendo la promessa, il Sacerdote corroborò la sua affermazione.

Il lavoro, predicatore, hai detto bene. Attorno a noi puoi vedere il lavoro.

Il lavoro, ripeté Sarius.

Proprio così. Qui ci sono dei simboli che ci ricordano chi serviamo. Eppure, il semplice simbolo o la divisa che indossiamo non ci rende suoi degni strumenti. Un Sacerdote incapace di comprenderlo non è più messaggero di Dio di un qualsiasi ignorante a cui li abbiamo dati perché li indossi. Solo il lavoro, un lavoro difficile e solerte, una completa dedizione e unassidua ricerca della verità ci rendono ciò che siamo stati destinati a essere nel risveglio. Dalla Torre di Cristallo escono solo le ombre di ciò che deve diventare unimmagine dellEternorisorto. Lombra di nulla deve diventare ombra delle sue idee, solo così siamo realizzati, solo così possiamo ottenere la perfezione. Ciò vale per noi come per tutti gli altri kasi.

Così è, vostra santità.

Purtroppo, continuò Tios, oggi siamo più persi di quanto non siamo mai stati. Lascio di rado lo spazio della chiesa e ne sono grato. Questo nulla che ha messo radici tra noi è è difficile trovare la parola giusta.

Rovinoso. Sarius si era quasi liberato.

Inammissibile!, gli occhi del Sacerdote silluminarono. Dobbiamo lavorare più che mai. Se vogliamo diventare almeno un pallido ricordo di quanto eravamo un tempo.

Il predicatore chinò la testa. Concordo perfettamente con vostra santità.

Allora siamo in due, caro mio. E per una stanza come questa è uno stato delle cose più che buono. Come se aspettasse di trovarvi dei capelli, passò la mano sulla nuda pelle della testa, poi rassettò gli orli del mantello che oltre a lui in tutta Tarnek solo in quattro avevano lonore di indossare. Dimmi, comè andata la tua attività odierna?.

Lo sa, pensò Sarius, e ne fu grato. La situazione inattesa in cui si era ritrovato aveva quasi completamente scacciato il pensiero di quanto accaduto al rifugio. Riferì al Sacerdote ogni dettaglio, proprio come, inconsapevole di cosa lo attendeva al suo ritorno, aveva pianificato di fare di fronte al sovrintendente Kal. Laltro ascoltò il rapporto con grande attenzione.

Hai agito bene, predicatore. Tenendo conto delle circostanze oserei dire con gran coraggio. Già stasera informerò lOrdine.

Vi ringrazio, sinchinò Sarius. Voleva sentire il rapporto, voleva assicurarsi che avessi agito correttamente. A Tarnek tutti i muri hanno occhi e orecchie, ma voleva sentire cosa avevo da dire prima di credere alle voci di corridoio. Gli faceva piacere lonore che gli era stato dimostrato ricevendolo personalmente. Per la prima volta da quando era tornato alla chiesa, provò un sincero sollievo. Durò appena un istante, finché il Sacerdote non prese nuovamente la parola.

Passiamo ora al dunque. Non ti ho chiamato senza motivo. Tios si avvicinò al tavolo e iniziò a frugare tra le pergamene sparpagliate qua e là.

Pensavo che desiderasse sentire il mio rapporto. Che stupido che sono.

Stamane è arrivata una lettera. Gli porse un involto mezzo arrotolato. Il timbro che lo proteggeva da occhi indiscreti era stato spezzato, ma Sarius lo riconobbe allistante. Tre occhi disposti a piramide, il simbolo della Santa Fratellanza. Il simbolo dei Tre.

Non dovrei guardarlo.

Leggila. Non morde. Il Sacerdote sprofondò nella sedia. Tinviterei volentieri a sedere, ma come vedi lo spazio scarseggia.

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