La ragazza vestiva un bellabito verde a rifiniture gialle e blu di forma tipica delle genti del Nordafrica, e si teneva stretta al volto un lembo del velo al fine di nascondere le sue fattezze. Laspetto fisico dal carattere esotico, così differente da quello degli indigeni dellIsola, costituiva la base per lopera incommensurabile dei suoi occhi, i quali risaltavano atipicamente. Un ricciolo ribelle sfuggiva dalla costrizione del velo rosso rivelando la tonalità bruna dei capelli.
Quando il prigioniero la vide, tornò a riabbassare lo sguardo, e quindi, ritornando a guardarla poco dopo, recitò lentamente:
«Conosci tu, oh mio Signore, il cielo di Nadira, i confini dei suoi occhi?»
Lei lo guardò smarrita e chiese:
«Come conosci queste parole?»
«Da che il Qā'id ha visitato questi luoghi, i versi di questa poesia si sono diffusi per tutto il villaggio e oltre.»
Perciò, fissandola con lo sguardo turbato, la supplicò:
«Slegami, Nadira, mia Signora, te ne prego!»
Ma lei sembrava impassibile, persa in quella richiesta che non riusciva ad accogliere.
«Non conosco i confini dei tuoi occhi, Nadira ma posso spiegartene le origini se lo desideri Dammi almeno un po dacqua però...»
A ciò Nadira rientrò in casa senza voltarsi e senza dare peso a quella richiesta; il tintinnio delle cavigliere echeggiò per tutto il cortile mentre correva verso lingresso, tutta infreddolita a causa dell'abbigliamento troppo leggero e inadatto per stare fuori.
Lacqua non arrivò mai al condannato, ma appena Nadira mise piede dentro casa e vide Umar, suo fratello, starsene a contare denaro ad un tavolo, domandò:
«Che cosa ha fatto il cristiano perché tu gli riservi questo trattamento?»
Adesso non si copriva più il volto ed era chiaro come le sue labbra carnose e il suo naso perfetto contornassero armoniosamente i suoi occhi.
«Chi?»
«Luomo legato al palo lì fuori.»
«La sua famiglia si è rifiutata di pagare la jizya5.»
Dunque Umar ritornò a contare il denaro al solito tavolo, credendo di averla liquidata con una sola frase.
«Si congelerà! Sono già due giorni che se ne sta legato a quel palo.»
«Da quando in qua ti sta a cuore la sorte degli infedeli?»
«Stamattina ho visto i tuoi figli giocare attorno a quelluomo. Dovevi vedere come lo guardava la piccola!»
«Lo slegherò, sta tranquilla ma unaltra notte al fresco non gli farà male.»
«Suvvia, Umar, stanotte si potrebbe gelare più di ieri.»
«Gli porteranno unaltra coperta. Non hai visto come non ho impedito che sua sorella gli prestasse aiuto?»
«Umar il magnanimo! Che ne pensi di questo nome?» fece sarcastica lei.
Al che lui sbuffò e con un gesto di stizza diede un colpo di braccio ad una pila di dirham6 d'argento guadagnati tra tasse e commercio.
«Ma io dovrei farmi insultare da quella gente?» domandò lui, alzando lievemente la voce.
«Hai detto che si sono rifiutati di pagare; che ne sai se non hanno potuto? Quella famiglia è la più povera dellintero Raba. Ricordo come nostro padre spesso lasciasse perdere una tassa o un tributo pur di non opprimere la povera gente.»
«I dhimmi7 avevano sempre pagato, anche con nostro padre.»
«Tanto meglio! Se i protetti hanno sempre pagato, che cosa sarà una sola volta?»
«Quel tale Corrado, quel rosso, quando suo padre si è presentato senza avere con sé la tassa per la protezione degli infedeli credenti in Dio, si è fatto avanti e, guardandomi con aria di sfida, mi ha detto:
«Lavoriamo per la vostra famiglia da ventanni la jizya, quando ci sarà, te la daremo, altrimenti accontentati del semplice fatto che lavoriamo per te.»
Poi se nè andato per i suoi orti come se nulla fosse. Come avrei dovuto trattarlo?»
«Ma questo dopo che hai colpito suo padre sulla guancia!» sintromise Jala, loro madre, la quale, avendo udito i toni dallaltra stanza, si era preoccupata che la discussione tra fratello e sorella degenerasse.
Nadira somigliava molto a Jala, eccezion fatta per gli inconsueti occhi azzurri e per la pelle di una sfumatura più chiara. Inoltre Nadira era ben più alta di Jala, la quale amava dire con orgoglio che sua figlia fosse una palma di donna, per via della statura e del fisico longilineo.
Quindi Umar si mise in piedi e, sentendosi accusare, rispose:
«Tali questioni non puoi capirle, madre! Come si fa a determinare se chicchessia non può o non vuole pagare? La punizione serve a far desistere i bugiardi.»
«La nostra è sempre stata una comunità unita, lontana dagli intrighi, dalle gelosie tra razze e religioni diverse... e perfino dalle guerre. La casa dei cristiani in fondo alla strada, lunica del Raba, è stata sempre trattata con dignità. Tuo padre lo sapeva cosera giusto al riguardo. Forse avrai ragione tu ma non al Raba di Qasr Yanna; qui ci siamo sempre aiutati tra noi. La gente ieri guardava esterrefatta per come hai trattato quel ragazzo. Il nostro è un mestiere di per sé già odiato ed è giusto che ti rispettino, e non che ti temano.»
«Il Qā'id chiederà conto al suo āmil8 se le casse sono vuote. E poi, da quando in qua colpire un infedele è diventato un reato? Abbiamo permesso loro di restare seduti in presenza di un fratello, abbiamo permesso loro di sellare il mulo, abbiamo permesso alle loro donne di usare i bagni al contempo delle nostre quando altrove tutto questo non succede e potrebbero perfino chiedercene conto.»
«Ma quel cristiano che tu hai schiaffeggiato ha impugnato la spada quando i soldati di Jirjis Maniakis predarono il villaggio, benché i dhimmi siano esentati dalla guerra e non possano portare armi.»
«Allora sappi che ritengo questa realtà sbagliata e sarà mio dovere ristabilire lordine delle cose. Si sottomettano allIslam pure loro come hanno fatto tanti dei cristiani che abitavano queste terre, se non vogliono essere trattati in maniera diversa.»
Perciò adesso fu Nadira a rispondere:
«E queste cose da quando le pensi? Da quando sei diventato il cognato del Qā'id?»
«E tu, bambina, da quando hai imparato a rispondere al tuo walī9, protettore e garante? Da quando il Qā'id ti ha messo gli occhi addosso e gli sei stata promessa in sposa? Pensa se gli raccontassi che ti sei intrattenuta a parlare con un cristiano legato ad un palo.»
«Il mio signore Ali avrebbe avuto compassione per quelluomo.»
«Bene, venga a rimproverarmi quando glielo racconterai sempre che prima non ti stacchi la lingua perché dai tali confidenze agli estranei.»
Nadira quindi se ne andò delusa e arrabbiata, correndo a rifugiarsi in camera sua. Al passaggio della ragazza la servitù impicciona si diradò velocemente. Dunque, gettatasi sul suo letto, abbracciando i numerosi cuscini che lo ricoprivano, prese a piangere.
«Nadira, ragazza mia.» la chiamò Jala.
Lei sollevò la testa, adesso con i voluminosi grossi riccioli scoperti, e prese ad ascoltare.
«Nadira, figlia, può essere crudele rendersi conto che apparterrai a qualcuno che non conosci abbastanza; e tu hai solo diciannove anni forse tanti, ma sei inesperta in tutto!»
«Potrebbe staccarmi davvero la lingua?»
«Lascialo perdere tuo fratello. Però sia chiara una cosa: mai e mai più voglio vederti parlare con quelluomo!»
«Potrebbe staccarmi davvero la lingua?»
«Lascialo perdere tuo fratello. Però sia chiara una cosa: mai e mai più voglio vederti parlare con quelluomo!»
«Io non gli ho parlato! È stato lui a chiedermi dellacqua.»
«E che altro ti ha detto?»
«Niente!»
«Bene, perché sappi che quello è un uomo pericoloso, della peggior specie, Nadira. E tuo fratello ha ragione nel volerlo punire.»
«Poco fa hai detto il contrario»
«Ho detto ad Umar come si sarebbe comportato suo padre a te dico come la penso io. Adesso va a vedere se tua cognata ha bisogno di aiuto; è per questo che non sei ancora la moglie del Qā'id per assisterla nella sua gravidanza.»
Così filavano via le ore del secondo giorno di quellinverno del 1060 - il 452 secondo legira10 - in cui Corrado il cristiano era stato legato e umiliato al pari di una bestia testarda.
Capitolo 2
Autunno 1060 (452 dallegira), Raba di Qasr Yanna
Era ancora linizio dottobre, ovvero un paio di mesi prima che Umar si vendicasse dellinsolenza del figlio dei cristiani legandolo al palo del cortile, e che Nadira litigasse col fratello.
Sotto il sole del dopopranzo, Khalid, un giovanotto dodicenne tanto vicino ad Umar, un pastorello a cui lesattore del Qā'id affidava le sue greggi personali, veniva rapido verso il villaggio. Presto giunse davanti la casa di Umar, correndo tanto veloce che parve una folata di vento novembrino. Quindi, ancora col fiatone, tanto che dovette reggersi sulle ginocchia e sul bastone, gridò:
«Umar!»
Non ci volle molto che vennero fuori alcuni della servitù, per via dellorario affaccendati dentro labitazione. Una volta avvertito, il padrone di casa uscì sullingresso tutto scompigliato, visto che evidentemente dormiva cullato dal tiepido torpore dinizio autunno.
«Cosa vuoi? Che urli a questora? Dormivo insieme ai miei figli e ora ci hai svegliati tutti!»
«Umar, perdonami! Le capre» e sinterruppe per riprendere fiato.
«Cosè successo alle mie capre? Te le hanno rubate?» domandò laltro pieno dapprensione.
«No, le ho messe nella chiusa.»
«Ma le hai lasciate pur sempre incustodite.»
«Avrei voluto mandare una capra fartasa11, tuttavia tu non avresti compreso i suoi belati.»
Khalid rise; era chiaro che stesse prendendo in giro il suo padrone.
Umar lo prese per lorecchio e lo spinse al suolo con una pedata assestata sul sedere.
«Vedi di dirmi qualcosa di importante o altrimenti nella chiusa ci metto te!»
E quello, rialzatosi:
«Il Qā'id, Signore il Qā'id viene verso il Raba e chiede di te.»
«Ali ibn12 al-awwās viene in casa mia?» chiese stupefatto Umar, aggiustandosi con una mano i capelli come se il signore di Gergent13 e di Qasr Yanna fosse già al suo cospetto.
«Viene accompagnato dai suoi fedeli e mi ha detto di informarti che viene con buoni propositi.»
Umar aguzzò la vista e si accorse della carovana che scendeva per le curve tortuose del monte di Qasr Yanna.
«Torna alle tue capre!» comandò al giovane prima di filare dentro di corsa.
Si scatenò una gran confusione in quella casa, e con molto fervore si cercò di rendere ogni cosa degna della visita del Qā'id. Pure in tutto il villaggio si scatenò il putiferio: le donne accorsero allingresso del Raba e alcuni degli uomini, essendo stati avvertiti, tornarono dagli orti più vicini.
Michele e Apollonia, fratello e sorella di Corrado, si accostavano per osservare con curiosità la scena. Avrebbero reso omaggio al Qā'id al pari di tutti gli altri; non importava chi li comandasse, si trattava comunque del loro signore. Daltronde, se non fosse stato per gli stracci che Michele indossava e per i suoi capelli rasati, segni imposti per il suo essere cristiano, nessuno li avrebbe identificati come miscredenti della parola del Profeta. Tra Apollonia e le donne saracene14 del villaggio poi non passava nessuna differenza, eccezion fatta per i tratti più continentali del suo volto. Daltro canto il Raba era stato colonizzato esclusivamente da berberi già dai primi tempi. Tuttavia, altrove, islamici dall'aspetto più europeo - perché di diversa origine o perché si trattava di indigeni convertiti - pullulavano e la differenza somatica con i cristiani era inesistente. Inoltre, da duecento anni, la stirpe berbera, quella araba e quella indigena si mescolavano con regolarità, tendendo a conformarsi in un sol popolo con caratteristiche più omogenee; dunque in tutto questo il Raba faceva eccezione.
Vi era un solo termine per identificare gli abitanti dellIsola non arabi, non berberi, non indigeni, né nientaltro, ma siciliani. Siciliani saraceni e siciliani greci, ovvero cristiani - così come vi erano siciliani giudei - ma pur sempre tutti da definirsi siciliani. Esulavano dal concetto di siciliani i nuovi giunti, coloro che dallAfrica erano passati in Sicilia ai tempi dellinvasione della dinastia degli ziridi e fino a che Abd-Allah non se nera ritornato dallaltra parte del Mediterraneo. Questi, devoti allIslam come gli altri, di etnia berbera come molti, venivano definiti africani, proprio perché provenienti dalla regione che il mondo arabo definiva Ifrīqiya15. Gli ultimi africani erano giunti appena un paio di anni prima, fuggiti dalle devastazioni che imperversavano nella terra di loro provenienza. Riuscire a creare un sol popolo tra siciliani e africani, benché tutti credenti in Allah, era un impresa ben più complicata - e in passato la questione era pure sfociata in disordini civili - rispetto a riuscire ad integrare cristiani e giudei16 nei tessuti della società islamica. La legislazione della sharia17 su questi ultimi, infatti, era chiara, e poco o nulla poteva essere interpretato; essi erano i dhimmi, i vassalli, costretti a pagare la jizya, il testatico, ma comunque aventi il diritto di esistere nella propria fede. Gli africani invece erano i veri antagonisti, coloro con cui i saraceni siciliani dovevano contendersi il primato di dominatori.
Al Raba, tuttavia, che di africani non se nerano mai visti, il vero problema della giornata sembrava essere quello di far bella figura davanti al Qāid ibn al-awwās, lemiro di Qasr Yanna, venuto inspiegabilmente a fare visita ad uno dei suoi esattori.
«Se ci fosse stato qui Corrado!» esclamò Apollonia non appena intravide la carovana entrare allimbocco del borgo.
Apollonia era una donna poco più che ventenne e di bellaspetto, dai capelli ondulati e castani e dagli occhi nocciola. Il candido colorito della sua pelle la faceva poi apparire ancor più attraente, in quanto tra gli arabi le fanciulle dalle caratteristiche europee erano le più ricercate. Se non fosse stato per la sua religione per certo le avrebbero già fatto la corte, e se non fosse stato per la piccolezza del Raba e per la sua atmosfera familiare per certo qualcuno lavrebbe indotta a convertirsi con la promessa di ottenere un vantaggioso matrimonio.
Michele era poco più piccolo di Corrado e somigliava molto a suo padre. Il ragazzo sembrava nato per lavorare e, benché non fosse molto alto, era robusto e instancabile. Gli mancavano anche un paio di denti, essendoseli rotti quando alletà di dieci anni aveva provato a tirare via un grosso chiodo da una trave.