Ghadda allora lo trattenne per un braccio e gli disse:
«Ti ho mancato di rispetto?»
Ma lui le si avvicinò e, addolcendo lespressione, la baciò sulla fronte.
Copertosi capo e spalle con una larga sciarpa di pelo di cammello, Umar uscì da casa. Stava per recarsi lì dove partivano le scale per il terrazzo quando vide che la guardia preposta al controllo del condannato le stava dando di santa ragione alla ragazza cristiana. Questa era stata atterrata al suolo, ed ora, a capo scoperto, si parava il volto e gridava, mentre quellaltro gliele dava con la stessa corda con cui il giorno prima era stato colpito Corrado. Proprio Corrado, invece, permaneva nel suo stato di incoscienza.
Umar si fermò e, avendo fresche in mente le parole di sua moglie, come se volesse dimostrare a sé stesso che non fosse geloso di nessuno, ordinò alla guardia:
«Idris, lascia perdere quella povera disgraziata!»
«Ma Umar, sono tre volte che le dico di non avvicinarsi al ragazzo... E poco fa ha approfittato della alāt del tramonto per rifarlo!»
«Va bene ma non toccarla! Piuttosto mandala a casa.»
A questo punto Apollonia si sollevò un po, restando comunque piegata sulle sue gambe e seduta sui suoi talloni.
«Fammi restare almeno dentro il cortile. Me ne starò buona vicino al muretto.» lo pregò piena di lacrime.
«Fa come ti pare!» la liquidò Umar, spazientito di averla ancora tra i piedi.
Salito sul terrazzo, la sentinella indirizzò subito la sua attenzione sulle ultime curve della strada proveniente da Qasr Yanna, proprio a pochi passi dal Raba.
«Vengono da questa parte tre uomini a cavallo.»
«A questora? Saranno viandanti che hanno sbagliato strada. Potevano passare la notte a Qasr Yanna però Perché mettersi in viaggio col buio e con questo freddo?»
«Il cielo è terso stanotte, temo che scenderà il gelo.»
Umar pensò un attimo al prigioniero, ma poi rivolse nuovamente lattenzione a quei forestieri in avvicinamento.
«Umar, a giudicare da quelli che mi sembrano drappeggi, almeno uno di quei cavalieri devessere qualcuno di importante.»
«Hai fatto bene ad avvertirmi, Mezyan. Se è qualcuno di importante è giusto che conosca la mia ospitalità.»
Umar scese giù sul cortile e quindi, guardando Corrado, fece alla guardia:
«Idris, dopo ladhān della notte aspetta un paio dore e poi lascialo andare.»
Quellaltro in risposta chinò il capo, assentendo.
Dopo le ultime considerazioni meteorologiche, Umar avrebbe voluto liberare Corrado già subito, ma ritenne che dare a vedere una manifestazione di potere di tale portata dinanzi a quei forestieri avrebbe giovato alla sua reputazione.
Lesattore del Qāid li attese quindi sullingresso e li vide arrivare mentre gli ultimi bagliori di luce sparivano ad ovest.
Come aveva visto bene la sentinella sul terrazzo, uno dei tre vestiva finemente; per certo era un nobile. Umar si rese immediatamente conto che la stirpe dei tre non era berbera, ma forse araba. Daltronde, oltre laspetto, poco o niente distingueva un uomo di origine berbera da uno di stirpe araba, se non luso della lingua berbera come idioma parlato in famiglia accanto allarabo e i rimasugli di una cultura antica ed estranea al mondo islamico importato proprio dagli arabi.
Quello che pareva essere un nobile portava un mantello con un cappuccio bianco, tutto finemente damascato; Umar non ne aveva mai visto uno simile. Scesero da cavallo e uno dei tre, ma non quello su cui era stata rivolta finora lattenzione, disse:
«Cerchiamo la casa di Umar ibn Fuad.»
«Sono io Umar. Cosa posso fare per voi?»
«Sapete chi avete davanti, Umar?» chiese sempre quello che parlava, riferendosi al tizio che accompagnavano.
«Me lo direte al caldo del braciere.»
Quindi disse al suo uomo nel cortile:
«Idris, sistema queste cavalcature!»
Umar li invitò quindi ad accomodarsi dentro. Non aveva idea di chi avesse davanti, ma non voleva dare limpressione che la sua ospitalità si basasse sulle generalità dellospite. Comprendendo che comunque era al cospetto di un uomo dal lignaggio riguardevole, credette bene di accoglierlo in casa propria ancor prima che si presentasse.
Nella solita stanza ben arredata di tappeti e cuscini, adesso con un braciere accesso al centro, Umar fece gli onori di casa dando il meglio di quello che aveva. Pensò di potersi fidare dei tre, dal momento che insieme ai mantelli e alle borse consegnarono alla servitù anche le spade senza che nessuno gliel'avesse suggerito.
Adesso, alla luce del fuoco e dei lumi, Umar poteva osservarli meglio. Luomo che sembrava essere il capo degli altri due aveva allincirca quarantanni, laspetto curato, il viso e il naso sottile; aveva inoltre laria di chi sa di valere a questo mondo. Parlava anche lentamente, chiudendo spesso gli occhi con fare saccente. Gli altri due erano vestiti tra loro quasi nella stessa maniera, con lunghe tuniche nere e calzoni bianchi, ma uno dei due portava un grosso medaglione doro al collo.
Ognuno di fronte allaltro passarono lunghi minuti prima che qualcuno iniziasse a parlare. Poi Umar volle rompere il ghiaccio nel tentativo di capire se poteva cogliere un qualche affare:
«Sei ricco! Cosa sei, un mercante di perle?»
E quello, sorridendo, rispose:
«I miei agenti questanno hanno fatto crescere notevolmente i miei guadagni proprio tramite il commercio delle perle.»
«Avrei detto che tu che fossi un qāid, se non fosse che un qāid viaggerebbe con la scorta e con la corte.»
«Salim, fratello il mio nome è Salim.»
«Bene, Salim quale affare ti ha condotto in casa mia?»
In realtà Umar avrebbe voluto chiedere come mai non fossero rimasti per la notte a Qasr Yanna invece di rimettersi in marcia al tramonto per fare pochissime miglia. Temette tuttavia che la sua domanda potesse essere mal interpretata, quasi come se stesse chiedendo loro perché non se nerano rimasti a casa.
«Quelluomo che hai fatto legare a quel palo è in vendita? Perché mi è sembrato di vedere un fisico eccezionale.»
«Sei un mercante di schiavi dunque!»
«Sono un uomo che cerca perle preziose tra il genere umano, fratello.»
Immediatamente la mente di Umar venne sfiorata dal pensiero di vendere Corrado a quelluomo. Poi rifletté che i cristiani del Raba non erano degli schiavi, pur se servivano la sua casa, e non poteva farsi padrone della loro vita. Quindi rispose:
«Temo che al Raba non vi sia nessuna di queste perle. Qui ognuno coltiva la sua propria terra e prega tra le sue proprie mura eccezion fatta per le quattro serve che governano questa casa.»
«Eppure so che nascondi una perla di rara bellezza sotto questo tetto, e che non si tratta di una delle tue quattro serve.»
Umar si fece serio e, avendo compreso che si riferisse a Nadira, rispose:
«La perla a cui ti riferisci non è in vendita, né lo è mai stata.»
«Eppure so che il Qāid di Qasr Yanna si è affrettato a comprarla, fratello.»
«Perciò comprenderai che genere di uomo la protegge»
«Non temo nessuno tanto meno il Qāid, e questo perché non ho intenzione di fare del male a nessuno semmai ne avessi il potere. Ciononostante ho sentito parlare di due gemme di zaffiro incastonate in un meraviglioso contorno; di una fanciulla dalle fattezze paradisiache, di un sogno che spacca il petto. Il Qāid può avere tutto quello che vuole e ottiene sempre il meglio. Io, però, sono un mercante di perle - come hai detto - e riconosco che di tali perle altri qāid e signori pagherebbero una fortuna. La fama degli occhi di Nadira, sempre che questo sia il suo vero nome, si è sparsa per tutta la Sicilia centrale, ma io non ti chiedo niente solo di vederli. Adesso che ibn al-awwās si è fatto un dono così prezioso gli altri certamente vorranno imitarlo e sarà meritò mio trovare tale rarità tra le fanciulle dellIsola e oltremare.»
«Cosa vuoi perciò?»
«Solo vedere quellazzurro di cui si fa tanto parlare.»
Quindi chiuse gli occhi e recitò con mezzo sorriso beffardo:
«Il cielo di Nadira, i confini dei suoi occhi.»
Umar si rigirò nervosamente le mani. La richiesta generava sospetto, anche se in fondo non era poi così difficile da soddisfare, non essendoci nessuna violazione di pudore o morale. Il padrone di casa se ne stava pensieroso, diviso tra la gelosia per la sorella e il timore di deludere un uomo più importante di lui. Quellaltro daltronde aveva compreso sin dallinizio - o forse gli era stato riportato - quale fosse il punto debole di Umar. Con un altro quelluomo dalle chiare abilità mercantili avrebbe offerto denaro, tuttavia Umar non riteneva le ricchezze come le riterrebbe un avaro; era lorgoglio la vera chiave per renderlo vulnerabile.
«Umar, fratello mio, adesso che sei il cognato del Qāid avrai per certo già pensato a come rendere evidente il tuo stato e a come farti rispettare in quanto tale»
Umar lo guardò perplesso, in fondo ci pensava da che Ali ibn al-awwās aveva visitato il Raba.
«Il mio mantello, ne hai mai visto uno simile?» chiese Salim, essendosi accorto che Umar laveva fissato meravigliato.
«Immagino provenga da molto lontano.»
Quellaltro rise, coinvolgendo anche i suoi uomini in quel gesto.
«Questo la dice lunga su di te, fratello. Hai mai messo piede fuori dal Raba?»
«Frequento con costanza il mercato di Qasr Yanna. Lì vi è una gran quantità di gente: molti fedeli, ma anche contadini cristiani che lavorano la terra entro le mura della città e perfino artigiani giudei provenienti da Qalat an-Nisā35. È possibile trovare di tutto: dallo zolfo delle miniere al sale proveniente dai giacimenti, dallo zucchero estratto dalla canna al riso delle risaie. E i giardini della città e le sue fonti vale la pena recarvisi.»
«Ma Qasr Yanna dista solo mezzora da questo villaggio!» rifletté luomo col medaglione.
«Forse in salita, fratello!» rispose laltro nel tentativo di deridere Umar.
«Mio caro Umar, la stoffa del mio mantello proviene dagli opifici di Balarm36. Sei mai stato a Balarm?»
Salim sfruttava con successo larte del mercanteggiare, tuttavia ad Umar non stava vendendo beni materiali, ma qualcosa che lesattore del Qāid già possedeva: lorgoglio. Come un mercante fa nascere nel suo cliente il bisogno di avere loggetto che intende vendergli, così Salim stava umiliando Umar, facendogli comprendere la necessità di diventare unaltra persona, una che desse a vedere la sua parentela col Qāid, che ostentasse con orgoglio il suo nuovo stato. Facendogli pesare il fatto che non fosse mai stato a Balarm lo rendeva piccolo piccolo come poteva essere qualsiasi abitante di un villaggio rurale, benché funzionario del Qāid. Adesso Salim gli avrebbe proposto la soluzione facendo leva su quellorgoglio che aveva abilmente smontato e che necessitava di nuova vita.
«Il mantello è tuo, fratello! Ti serve proprio un abito che non ti faccia passare inosservato.»
«È qualcosa di troppo prezioso perché tu te ne privi.»
«Scherzi, Umar? Ne posseggo a centinaia di stoffe del genere che le mie sarte sapranno confezionare a dovere. Daltronde cosa ti chiedo se non il semplice sguardo degli occhi di una fanciulla Pensa, essa è lunica cosa che tu possegga e che valga la pena mostrare e la tieni pure sottochiave»
Quindi Umar fece cenno alla serva che se ne stava sulla porta e che reggeva una grande brocca di terracotta piena dacqua.
«Fa venire Nadira.»
La serva perciò uscì dalla stanza.
I quattro rimasero per lunghi minuti in silenzio, attendendo che si presentasse la ragazza che aveva generato tanta curiosità nel forestiero. Nervosamente Umar attinse un pezzo di pane dal piatto posto al centro e lo intinse nel miele, portandoselo poi alla bocca.
Nadira, la quale se nera stata per tutto il tempo in camera sua dopo lultima sfuriata col fratello, mise quindi piede nella stanza. Vestiva ancora il bellabito verde con le rifiniture gialle e blu del pomeriggio e come al solito, in presenza di uomini estranei, si copriva il viso.
Jala e Ghadda, perplesse e curiose, si accostarono alla porta.
«È lei la fanciulla che ha catturato il cuore di ibn al-awwās?» chiese Salim, rivolgendosi ad Umar.
«In persona mia sorella Nadira.»
Salim si mise in piedi, mentre gli altri due al suo seguito si guardarono tra loro, persi in quellatmosfera divenuta di colpo ammaliante.
Nadira si fermò a metà della stanza, perciò fissò Umar, cercando di capire cosa volesse da lei quellospite e che ruolo avesse lui in tutto questo.
«Vieni, ragazza, avvicinati!» le fece Salim, mimando linvito con la mano.
Umar assentì col capo e lei, riconoscendo di potersi fidare, fece due passi avanti.
Ora gli occhi di Salim si perdevano in quelli della ragazza, ma la guardò con unintensità tale che lei dovette abbassare lo sguardo sentendosi a disagio, come se latto di osservare di un uomo potesse costituire una vera minaccia.
Dopo alcuni secondi Umar intervenne:
«Non ti basterà tutta la notte per saziare la tua vista.»
E rivolgendosi a Nadira:
«Può bastare così, sorella.»
Dunque Salim intervenne:
«No, ragazza, aspetta un momento! E tu, Umar, impazzirei se non ti chiedessi una cosa.»
«Di.»
«Non vedo schiave negre in questa casa, eppure ogni uomo che si rispetti ne ha almeno una. Verrai con me fino alla mia città, porterai con te tutti gli uomini che vorrai, tanti quanti ne ritieni necessari, quindi riempirò le braccia di ognuno, e coprirò la groppa di ogni cavallo o dromedario che avrai con te di tutto ciò che sembrerà bello ai tuoi occhi e ti darò pure una schiava negra. Sono un uomo molto facoltoso e nobile di sangue; non rinunciare, fratello! Diranno di te grandi cose, e per certo ti intitoleranno una moschea.»
Le orecchie di Umar, alludire quellofferta eccessiva, fischiarono e la sua testa divenne leggera, vuota, persa nella confusione di ciò che quello gli proponeva. Tuttavia Umar pensò bene di bloccare ogni trattativa sul nascere, immaginando quale potesse essere la natura della contropartita.
«Non mancherò di rispetto al mio Qāid facendomi rendere ricco da qualcun altro.»
Nadira allora uscì definitivamente dalla stanza, pur se rimase con le altre donne in un punto in cui avrebbe sentito senza essere vista.
Salim tornò a sedersi, umiliato da quel rifiuto. Dunque, lisciandosi la barba, disse lentamente:
«Un giorno, quando mio figlio era ancora un bambino, lo vidi giocare con alcuni robāi37 doro; li usava come se fossero piccoli blocchetti di legno, facendone pile e lasciandoli cadere. La serva, contrariata, gli gridava dietro come una forsennata, intenzionata a farglieli deporre. Infine mi ci avvicinai io, tirai dalle tasche alcune monete di vetro colorato e gliele proposi in cambio di quelle doro. Il bambino accettò prontamente lo scambio.
Ecco, tu, mio caro Umar, sei come quel bambino, disposto a rinunciare ad un offerta doro pur di accontentarti di semplice vetro colorato.»
«Col vetro colorato la gente ci compra il pane!» esclamò Umar, infastiditosi per quel giro di parole usato allo scopo di offenderlo.
«Ma tu non vorrai restare per sempre un uomo da vetro colorato Hai in casa qualcosa che vale più delloro e credimi se te lo dico, il tuo Qāid non ti sta rispettando per niente!»