Contatto Per La Felicità - Serna Moisés De La Juan 3 стр.


«Niente, mamma, sono solo limpiegata della settimana.»

«Davvero? Mi chiese, alzandosi e aprendo le braccia per abbracciarmi . Sono così orgogliosa di te» mi disse stringendomi in un abbraccio.

Mi sentivo strana, litigavamo sempre e adesso mi sembrava che avesse un gran cuore, le sorrisi e le chiesi,

«Vuoi scendere?»

«No grazie, è troppo tardi per me, non vorrei prendere freddo.»

«Okay, riposa, non ci vorrà più di mezzora.»

«Sarò qui, voglio anche cogliere loccasione per preparare la cena, vedrai cosa sto preparando, sarà molto speciale, la mia piccola è limpiegata della settimana.»

Io e mio figlio uscimmo in strada, lì giocammo con una palla, più per correre e divertirci un po, che per interesse sportivo verso il calcio.

Mi sedetti per un attimo mentre egli calciava contro un muro, quando arrivò una ragazza e si sedette accanto a me.

«È suo figlio?» Chiese con unespressione preoccupata.

«Sì, lo è. Perché?» Chiesi, sorpresa dal suo atteggiamento.

«Non lo so, le dà molti problemi?» Chiese di nuovo.

«No, beh, alla sua età,» risposi con un sorriso.

«E allinizio?» Chiese di nuovo irrequieta.

«Beh, è sempre stato molto calmo ha avuto delle piccole difficoltà nelladdormentarsi le prime settimane dopo la sua nascita, altre madri dicono che è costato loro di più dopo aver avuto i loro figli.»

«Sono incinta,» disse la ragazzina alla quale non le avrei dato più di quattordici anni.

«Congratulazioni,» dissi abbracciandola.

Ella non ricambiò, sembrava un po imbarazzata e le chiesi,

«Ti senti bene?»

«Non so come dirlo ai miei genitori» disse spaventata.

«Tu lo vuoi?» Le chiesi guardandola negli occhi.

«Lui? Certamente,» disse con un ampio sorriso.

«Intendo tuo figlio,» puntualizzai.

«Non lo so, tu lo sapevi se lo volevi?» mi restituì la domanda.

«La mia situazione era diversa, ero già sposata e ci provavo da due anni, fu una benedizione per noi.»

«Quanto è fortunata, non so come reagirà, temo che mi abbandonerà per questo.»

«Non pensare così, inoltre, gli uomini sono come sono, non hanno bisogno di motivi per lasciarti. Guardami, tutto andava bene tra noi, il nostro bambino stava crescendo sano e un giorno uscì dicendo che avrebbe cercato lavoro e non è più tornato.»

«Potrebbe essergli successo qualcosa,» disse la ragazzina impaurita.

«Nessun problema, te lo assicuro, mi telefonò poche settimane dopo dicendo che era andato in unaltra città per ricostruire la sua vita, poiché desiderava ardentemente la sua libertà come scapolo e voleva recuperarla.»

«E ti ha lasciato con il bambino?» Chiese preoccupata.

«Sì e grazie a mia madre che si prende cura di lui quando sono al lavoro possiamo andare avanti» risposi con un sorriso.

«Non so se i miei genitori mi aiuteranno se lo tengo,» disse preoccupata.

«I genitori di solito sono piuttosto testardi e insistono per imporre il loro modo di pensare, ma alla fine sei tu quella che deve vivere la propria vita e se decidi di crescerlo dovranno accettarlo, anche se costa loro,» dissi mettendole una mano sulla spalla.

«A proposito, è facile dire che è vero che la vita ti cambia?»

«Cioè?» chiesi a quella domanda incompleta che mi aveva quasi sussurrato.

«È vero che dopo non senti più niente?»

«No, chi te lha detto?» Chiesi sorpresa.

«Non lo so, a scuola dicono che in tutto questo, la cosa in basso cambia e quindi non si sente nulla.»

«Ma no, si sente lo stesso» dissi in tono rassicurante.

«E il tuo seno non cade?» Mi chiese di nuovo imbarazzata.

«È una questione di età, vedrai quando avrai ventanni o trentanni, che tu lo voglia o meno indosserai un reggiseno se vuoi tenerlo su.»

«Ma dicono che lallattamento al seno lo fa cadere prima.»

«Non cè niente di sbagliato, credimi, come dico a tutti, e sottolineo tutti, prima o poi il seno non è più florido, dipende da ogni singola persona, alcune donne perché hanno allattato, altre indossato reggiseni troppo stretti o semplicemente per il passare del tempo.»

«E fa tanto male come si vede nei film?» Chiese spaventata.

«Il momento del parto?» Chiesi per essere sicura del suo dubbio.

«Sì,» mi rispose annuendo con la testa.

«Beh, fa molto male, ma ci sono gli esercizi pre-parto che ti insegnano a dilatare e a respirare mentre lo fai, quindi è solo una questione di sforzo e molta spinta.»

«Ma fa male?» Insistette sulla sua domanda.

«Fa molto male, ma poi te lo dimentichi,» dissi amorevolmente.

«Come te lo dimentichi?» Chiese sorpresa.

«Sì certo, il mio ginecologo mi ha spiegato che prima che iniziano le contrazioni il cervello ha un meccanismo per cancellare quei ricordi dolorosi, se non fosse così nessuna avrebbe più di un figlio, a causa dei brutti ricordi che vive in quel momento e invece non è così.»

«Beh, non so nemmeno se voglio avere il mio primo figlio, quindi non prendo in considerazione di averne un altro,» disse pensierosa.

«Non avere fretta, tutto arriverà se lo volete tu e il tuo ragazzo,» dissi con un sorriso sincero.

«Ma se lui mi abbandona? Cosa farò? E se i miei genitori non sono daccordo e mi rifiutano? Come farò a vivere?» Chiese spaventata.

«Per prima cosa devi dirlo ai tuoi genitori, i quali comprenderanno la situazione e ti daranno il loro sostegno poiché è un loro dovere in quanto genitori.

Quindi parla con il tuo ragazzo, che sarà sicuramente entusiasta di sapere che avrai un figlio suo. Ma poiché devi sempre rispettare la sua libertà, se decide di lasciarti, non preoccuparti, sarà segno che non ti merita» dissi con molta calma.

«Non so, se lo dici tu, che ci sei passata, per me va bene, anche se ciò che mi preoccupa di più è che si nota così tanto che non posso nasconderlo con abiti larghi.»

«Non cè bisogno di nasconderlo, non è qualcosa di cui vergognarsi, è una grande benedizione che hai ricevuto, essere in grado di partecipare al miracolo della creazione,» dissi con gioia visto che le mie parole avevano avuto un effetto su quella ragazza che se ne andava tranquillamente.

Lungo la strada e dopo aver lasciato nel parco quella bella donna con il suo bambino che giocava a palla, continuavo a ripetermi tutto quello che mi aveva detto, soprattutto quella parte sul fatto che si trattava di un contributo al compito della creazione, non lavevo mai vista così prima dora.

Quella donna senza conoscermi aveva risolto molti dei miei dubbi sulla gravidanza e gli effetti sul mio corpo, sebbene guardandomi mi vedevo ancora troppo piatta per poter avere un figlio.

Abituata a vedere donne ben formate con seni grandi che allattano bambini enormi, dove potrebbe stare dentro di me un bambino come quello? Non ho le condizioni per averne uno.

Nonostante quello che mi aveva appena detto la signora, andai nel panico, ma lascoltai, tornai a casa, andai direttamente in cucina dove mia madre stava preparando la cena e le dissi,

«Mamma, ho buone e cattive notizie, quale vuoi per prima?»

Lei che mi aveva già sentito parlare in quel modo non mi prestò molta attenzione e dopo un momento di silenzio che sembrò uneternità le dissi,

«Sono incinta.»

Ascoltò e lasciò cadere quello che aveva in mano, facendo un gran rumore con un piatto. Mi spaventai, perché pensavo che mia madre potesse picchiarmi o rimproverarmi e per paura feci un passo indietro, ma invece si avvicinò a me con un grande sorriso, mi abbracciò e mi disse,

«Figlia mia, sei già diventata una donna, perché non mi sono resa conto che sei cresciuta così in fretta?»

Continuavo a sentirmi insicura riguardo alla situazione, perché non capivo se avesse accolto positivamente la notizia o perché era dispiaciuta per la mia situazione, così le chiesi,

«Non ce lhai con me?»

«No, per niente, figlia mia,» disse baciandomi la fronte.

Le diedi un grande abbraccio, sentendomi ora più tranquilla, ma ancora spaventata da ciò che il futuro mi riservava, non sapevo nemmeno se il mio ragazzo avrebbe accettato quello che avevo dentro, ma ora ero sicura di avere il sostegno di mia madre.

«Lascia che sia io a dirlo a tuo padre stasera durante la cena,» disse con voce soave.

«È necessario?» Le chiesi guardandola negli occhi.

«Non preoccuparti, sarò delicata quando glielo dirò,» rispose, ammiccando.

Ero molto più tranquilla dopo averlo detto a mia madre, anche se non ero stata troppo sottile nel farlo, ma avevo preferito non fare un giro di parole per limportanza dellargomento.

Andai nella mia stanza, mi spogliai per cambiarmi e ne approfittai per guardarmi davanti allo specchio; mi guardai lateralmente e non vidi nulla, misi la mano sopra il ventre, cercando di capire dove sarebbe stato quel piccolo essere, ma non sentii nulla.

Presi un cuscino e lo misi sulla pancia, poi mi misi una camicetta e mi guardai di nuovo allo specchio, non mi piaceva quella silhouette, mi faceva sembrare grassa ed ero sicura che avrei preso peso.

Io che stavo sempre attenta nel mangiare, evitando grassi e pane per non ingrassare, ora il mio fisico stava per cambiare in maniera mostruosa senza poter far nulla.

Sono sicura che quando la pancia aumenterà non potrò più praticare lo sport che mi piace, correre per il parco o fare unora di cyclette; e quando i medici mi diranno di stare a riposo assoluto, aumenterò di peso, e mi annoierò tanto.

Ora mi ricordo di non aver detto a mia madre chi fosse il padre, lei aveva dato per scontato che io avessi un compagno stabile e che fosse suo, anche se non volevo contraddirla, a un certo punto dovrò dirglielo.

Era strano, mi sentivo in colpa per avere dentro di me qualcosa per cui nessuno mi aveva preparato, e trovare laffettuosa approvazione di mia madre mi aveva fatto sentire tranquilla. Finii di cambiarmi, andai ad apparecchiare la tavola e quando finii arrivò mio padre dicendo,

«Salve a tutta la famiglia, dovete sapere che oggi sono un uomo fortunato.»

«Perché dici così?» Chiese mia madre, sorpresa per la sua allegria.

«Dovreste vedere il tizio della lotteria, è felice, mi ha garantito che oggi si sente fiducioso, e questo potrebbe essere un segnale che sta per consegnare un premio, così ho acquistato due biglietti.

«Perché due?» Chiesi con un sorriso.

«Uno per tua madre e laltro per la casa.»

«Per la casa?» Chiesi meravigliata.

«Spende tanto quanto tua madre, con tutte le bollette che dobbiamo pagare» disse facendo locchiolino a mia madre.

«Bene, bene, siediti, non sarà che tu abbia ragione e vinca alla lotteria» disse mia madre quando si girò e mi sorrise.

Avevo capito cosa intendeva dire, mia madre stava facilitando la situazione per dirglielo, ero abbastanza tranquilla durante la cena, anche se mio padre non si era nemmeno reso conto quando ad un certo punto disse,

«Figlia, oggi sei raggiante, ti è successo qualcosa?»

«No papà, a dire il vero, quando stavo camminando nel parco mentre tornavo da scuola mi sono seduta un attimo e cera una signora con suo figlio, e non so perché ma mi ha trasmesso tanta gioia.»

«Sarebbe bello trovare persone così ogni giorno» disse mio padre.

Proseguimmo con la cena, parlando di argomenti banali, questa sembrava essere giunta al termine e mia madre non glielaveva ancora detto, così feci un cenno con la testa per dirglielo e lei mi rispose scuotendo la testa. Mio padre, che se ne accorse, chiese con tono sospettoso,

«Devi dirmi qualcosa?»

«Beh, è una cosa che riguarda la mamma,» risposi, guardandola.

«Mia?» Disse, sorpresa dalla mia risposta.

«Beh, voglio dire, è una cosa mia, ma te lo dirà la mamma,» dissi, rettificando.

«Ahsì disse lei, esitando . Va bene, come te lo dico.»

«Senza giri di parole, per favore, è tardi e sono un po stanco, e anche se sono contento della lotteria, vorrei poter riposare guardando un film prima di andare a letto.»

«Non preoccuparti, non ho intenzione di rubarti troppo del tuo tempo, solo che penso che tu abbia già vinto la lotteria,» disse mia madre velocemente, senza farsi capire.

«Che cosa vuoi dire? Se non si è ancora giocato, lestrazione non avverrà prima delle nove,»replicò mio padre sorpreso.

«No, è unaltra lotteria,» disse mia madre a bassa voce.

«Quale altra lotteria? non mi dirai che sei incinta.»

Mia madre fu sorpresa dalle parole di suo marito e rapidamente disse,

«No, non io, è la figliola.»

«Lafigliola» disse sorpreso.

Io non dissi nulla, gli sorrisi solamente. Sembrava confuso o piuttosto spaventato, un po perplesso, poi si alzò dal tavolo e girò per la stanza e dopo un momento tornò e chiese a mia madre,

«E lei lo sa già?»

«Certo papà, sono stata io a dirlo alla mamma» dissi sorridendo.

«Ah, ovviamente in che altro modo,» disse, sconvolto. «Ma come? Non è meglio non dirmelo.»

«Calmati, già sapevi che prima o poi sarebbe accaduto, è una donna,» disse mia madre, sostenendomi.

«Già beh sì ma avevo pensato che sarebbe successo diversamente, che avrebbe trovato un ragazzo, si sarebbe sposata e avrebbe messo su famiglia, proprio come abbiamo fatto noi.»

«Ho qualcuno che mi ama,» risposi, credendo che lo avrebbe reso felice.

Ma per un attimo non si sentiva nulla, era una situazione strana, perché tutti sembravano felici per un motivo o un altro, e quella che pensavo sarebbe stata fonte di rabbia in casa non andava oltre un iniziale spavento o poco più.

Ora i miei genitori stavano pensando a come affrontare la nuova situazione, senza preoccuparsi di cosa avrebbero detto i vicini o la società.

Prima di parlare con quella donna nel parco, pensavo che avere un figlio fosse una tragedia, che facesse molto male e che segnasse la tua vita, limitandola e rendendoti quasi schiavo di tuo figlio, senza tempo per te stessa.

Ma quella donna mi aveva parlato degli aspetti positivi dellessere madre e sembrava molto felice con suo figlio.

Adesso quello che più temevo era che il padre della creatura mi abbandonasse appena appresa la notizia, anche se ricordando le parole di quella donna al parco avevo capito che luomo che fugge lo fa prima o poi e non ha bisogno di scuse.

La verità è che ora mi sentivo stranamente tranquilla, perché vedevo le due persone a me più care, i miei genitori, che stavano immaginando quello che io pensavo sarebbe stato un imbarazzo per loro; anche mio padre, che era di pensiero più conservatore, non mi aveva affatto rimproverato.

Mentre stavo ancora pensando mio padre disse,

«Ho bisogno di un abbraccio di famiglia.»

Noi tre ci abbracciammo intensamente e mi sentii più forte nella mia situazione, forse non gli piaceva lidea o gli serviva più tempo per assimilarla, forse non pensavano a quello che mi sarebbe successo in futuro, ma mi accettarono e mi sostennero con quel gesto, che era proprio quello che volevo di più.

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