Scala E Cristallo - Alessandra Grosso 4 стр.


perché si lanciavano strani raggi e palle infuocate che

percuotevano i loro corpi; se colpiti, si lamentavano con urla

baritonali e terribili.

Non erano urla comprensibili a noi, ma ipotizzavo avessero

iniziato a litigare e farsi i dispetti probabilmente perché

era troppo tempo che erano da soli e si annoiavano.

La lotta continuava e iniziavano a non fiutare più laria,

ma solo a litigare tra di loro sempre in modo più

appassionato. Forse avevano perso interesse per noi.

Si stavano facendo male luno con laltro: era il momento

di attaccare e di cercare eventuali sopravvissuti. Avremmo

potuto ancora salvarli o tentare di farlo, pensavo speranzosa.

Tuttavia non vi erano molte speranze, ma se fossero stati

attaccati da poco, magari il kit di pronto soccorso avrebbe

potuto aiutarci.

Decidemmo quindi di prendere i mostri alle spalle e di

sparare mirando alle loro ferite; di indebolirli, se non

ucciderli.

Immaginavo chiaramente il nostro impegno, il nostro

avanzare silenzioso.

Iniziammo a sparare un secondo prima che si accorgessero

di noi. Le nostre pallottole, nonostante le loro dimensioni

mastodontiche, erano dolorose. Gli scaricammo addosso tutto

quello che potemmo, ma poi tutto finì male.

Vidi la fine, la vidi negli occhi scuri della donna che

era stata mortalmente ferita ed era esattamente uguale a me;

potevo vedere con i suoi occhi e percepire la vita che la

stava abbandonando lentamente. Tuttavia dovevo andarmene. Lei

capì che dovevo scappare e nei suoi occhi vidi il perdono e la

comprensione. La mia fuga era capita, giustificata.

Nei giorni a venire avrei sognato e sentito tutto il

dolore di quella creatura provenuta da molto lontano che

giammai avrei rivisto, la mia stessa immagine proveniente da

una dimensione diversa. Avrei sentito il gelido impatto

generato dal vortice infuocato che mi risucchiava, avrei

sentito il contatto con il freddo pavimento rudimentale, avrei

guardato in alto sapendo che non cera più speranza in questo

mondo.

Nonostante tutto i mostri erano ancora vivi e potevano

farmi del male: dovevo lasciare da sola la mia compagna di

avventure appena trovata.

Per cercare di ucciderli lei si diede fuoco, facendo

saltare in aria i proiettili che erano rimasti. Ciò creò un

immenso dolore ai mostri che sembrarono urlare, gemere e

ruggire di rabbia e frustrazione e dolore. Li avevo visti in

ginocchio con la coda dellocchio e dentro di me sperai di

essermene liberata.

Attraversai il largo passaggio e mi ritrovai nella stanza

dove Dannazione e Vendetta torturavano i prigionieri e li

sacrificavano a qualche divinità degli inferi.

Diversi corpi erano stati scannati e impiccati al

contrario, di modo che il sangue gocciolasse via e con essi la

vita. Era raccapricciante e drammatico, la scena peggiore che

avessi mai visto.

Avevo la pelle doca e le lacrime agli occhi; un terrore

mai conosciuto lambiva il mio corpo. Tremavo a ogni minimo

pericolo e a ogni gioco di luce delle fiaccole un brivido mi

percorreva la schiena. Mi ripetevo che avevo il dovere morale

di assistere le persone in difficoltà, questa era la mia

natura e dovevo seguirla.

Avevo sentito come un lamento in un sacco e cercai di

capire di cosa si trattava. Tuttavia poteva essere pericoloso:

poteva essere un prigioniero innocente oppure una creatura

come Dannazione e Vendetta.

Seguii i lamenti. Probabilmente era la voce di un uomo che

chiedeva aiuto, ma non capivo cosa dicesse o chi invocasse.

Aprii il sacco e ne uscì un uomo bellissimo. Aveva occhi blu-

verdi, capelli biondi e i tipici tratti da nordico che mi

avevano sempre fatto impazzire; le braccia erano possenti e

sembrano essere state create per proteggermi.

Subito mi sorrise, grato, e cercò di parlarmi, ma non

capivo quello che diceva. In un attimo, però, comprendemmo che

dovevamo scappare di nuovo perché Vendetta e Dannazione

ululavano e desideravano la loro rivincita. Erano molto vicino

a noi.

Scappammo tutto di un fiato.

In fondo alla stanza, allimprovviso lui mi segnalò una

botola. Prima, però, avrebbe dovuto aprire quella e poi la

grata, quindi io, che ero armata, lo dovevo proteggere e

sparare numerose pallottole contro i due mostri che erano

feriti ma ancora maledettamente attivi. Oramai potevo vederli:

erano due creature degli inferi. Presero a lanciare bolidi

gialli nella mia direzione e io mi protessi come potevo,

continuando a sparare.

Ero così concertata che quelluomo bellissimo fu costretto

a prendermi per il collo per voltarmi e farmi entrare nella

botola, che chiudemmo in fretta dietro di noi, e così anche la

grata.

Procedemmo a tentoni in quel luogo oscuro. La luce era

fioca ma non ero da sola. Sia io sia lui avevamo negli occhi e

nel cuore una giornata tra le più tristi e dolorose che gli

umani potessero aver conosciuto; eravamo piccoli, deboli e

spaventati.


Nonostante questa nostra paura e gli urli impazziti dei

due mostri, nella luce fioca luomo stupendo riuscì a trovare

una spada.

Capii che il mio compagno di avventure sapeva impugnarla e

doveva anche essersi allenato per usarla; ciò giustificava le

grandi e attraenti braccia nerborute.

Proseguendo con la spada, trovò anche un uomo morto dentro

una corazza, e mi fece capire di aiutarlo a rimuovere il

cadavere in modo che potesse indossarla; fortunatamente non

gli andava né troppo larga né troppo stretta. Era scattante e

agile anche con essa indosso.

Avanzammo attraverso i cunicoli che erano caldi e poco

illuminati ma che davano un senso di tranquillità. Andammo

avanti per lungo tempo. Non cerano pericoli.

Oramai avevo capito che lui sapeva usare le armi, che era

intelligente e si sforzava di comunicare; doveva essere stato

un soldato. Sembrava gentile nei gesti e nei movimenti, forse

perché lo avevo salvato. Era sempre disposto ad aiutarmi e

pareva cercare cibo come lo cercavo anche io.

In quel caso fummo fortunati: le rovine avevano i loro

canali di scolo e noi eravamo in uno di essi.

Lacqua si dimostrò di buona qualità, e io vi aggiunsi

lerba medica che la rendeva pulita. Avevamo anche trovato

delle carcasse di animali. Lui era molto bravo a sezionare la

carne, ci passavamo sopra il sale per conservarla a lungo.

Eravamo un buon team: io emotiva e sensibile, fiera

lottatrice armata, lui più tecnico e riflessivo ma sempre,

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