perché si lanciavano strani raggi e palle infuocate che
percuotevano i loro corpi; se colpiti, si lamentavano con urla
baritonali e terribili.
Non erano urla comprensibili a noi, ma ipotizzavo avessero
iniziato a litigare e farsi i dispetti probabilmente perché
era troppo tempo che erano da soli e si annoiavano.
La lotta continuava e iniziavano a non fiutare più laria,
ma solo a litigare tra di loro sempre in modo più
appassionato. Forse avevano perso interesse per noi.
Si stavano facendo male luno con laltro: era il momento
di attaccare e di cercare eventuali sopravvissuti. Avremmo
potuto ancora salvarli o tentare di farlo, pensavo speranzosa.
Tuttavia non vi erano molte speranze, ma se fossero stati
attaccati da poco, magari il kit di pronto soccorso avrebbe
potuto aiutarci.
Decidemmo quindi di prendere i mostri alle spalle e di
sparare mirando alle loro ferite; di indebolirli, se non
ucciderli.
Immaginavo chiaramente il nostro impegno, il nostro
avanzare silenzioso.
Iniziammo a sparare un secondo prima che si accorgessero
di noi. Le nostre pallottole, nonostante le loro dimensioni
mastodontiche, erano dolorose. Gli scaricammo addosso tutto
quello che potemmo, ma poi tutto finì male.
Vidi la fine, la vidi negli occhi scuri della donna che
era stata mortalmente ferita ed era esattamente uguale a me;
potevo vedere con i suoi occhi e percepire la vita che la
stava abbandonando lentamente. Tuttavia dovevo andarmene. Lei
capì che dovevo scappare e nei suoi occhi vidi il perdono e la
comprensione. La mia fuga era capita, giustificata.
Nei giorni a venire avrei sognato e sentito tutto il
dolore di quella creatura provenuta da molto lontano che
giammai avrei rivisto, la mia stessa immagine proveniente da
una dimensione diversa. Avrei sentito il gelido impatto
generato dal vortice infuocato che mi risucchiava, avrei
sentito il contatto con il freddo pavimento rudimentale, avrei
guardato in alto sapendo che non cera più speranza in questo
mondo.
Nonostante tutto i mostri erano ancora vivi e potevano
farmi del male: dovevo lasciare da sola la mia compagna di
avventure appena trovata.
Per cercare di ucciderli lei si diede fuoco, facendo
saltare in aria i proiettili che erano rimasti. Ciò creò un
immenso dolore ai mostri che sembrarono urlare, gemere e
ruggire di rabbia e frustrazione e dolore. Li avevo visti in
ginocchio con la coda dellocchio e dentro di me sperai di
essermene liberata.
Attraversai il largo passaggio e mi ritrovai nella stanza
dove Dannazione e Vendetta torturavano i prigionieri e li
sacrificavano a qualche divinità degli inferi.
Diversi corpi erano stati scannati e impiccati al
contrario, di modo che il sangue gocciolasse via e con essi la
vita. Era raccapricciante e drammatico, la scena peggiore che
avessi mai visto.
Avevo la pelle doca e le lacrime agli occhi; un terrore
mai conosciuto lambiva il mio corpo. Tremavo a ogni minimo
pericolo e a ogni gioco di luce delle fiaccole un brivido mi
percorreva la schiena. Mi ripetevo che avevo il dovere morale
di assistere le persone in difficoltà, questa era la mia
natura e dovevo seguirla.
Avevo sentito come un lamento in un sacco e cercai di
capire di cosa si trattava. Tuttavia poteva essere pericoloso:
poteva essere un prigioniero innocente oppure una creatura
come Dannazione e Vendetta.
Seguii i lamenti. Probabilmente era la voce di un uomo che
chiedeva aiuto, ma non capivo cosa dicesse o chi invocasse.
Aprii il sacco e ne uscì un uomo bellissimo. Aveva occhi blu-
verdi, capelli biondi e i tipici tratti da nordico che mi
avevano sempre fatto impazzire; le braccia erano possenti e
sembrano essere state create per proteggermi.
Subito mi sorrise, grato, e cercò di parlarmi, ma non
capivo quello che diceva. In un attimo, però, comprendemmo che
dovevamo scappare di nuovo perché Vendetta e Dannazione
ululavano e desideravano la loro rivincita. Erano molto vicino
a noi.
Scappammo tutto di un fiato.
In fondo alla stanza, allimprovviso lui mi segnalò una
botola. Prima, però, avrebbe dovuto aprire quella e poi la
grata, quindi io, che ero armata, lo dovevo proteggere e
sparare numerose pallottole contro i due mostri che erano
feriti ma ancora maledettamente attivi. Oramai potevo vederli:
erano due creature degli inferi. Presero a lanciare bolidi
gialli nella mia direzione e io mi protessi come potevo,
continuando a sparare.
Ero così concertata che quelluomo bellissimo fu costretto
a prendermi per il collo per voltarmi e farmi entrare nella
botola, che chiudemmo in fretta dietro di noi, e così anche la
grata.
Procedemmo a tentoni in quel luogo oscuro. La luce era
fioca ma non ero da sola. Sia io sia lui avevamo negli occhi e
nel cuore una giornata tra le più tristi e dolorose che gli
umani potessero aver conosciuto; eravamo piccoli, deboli e
spaventati.
Nonostante questa nostra paura e gli urli impazziti dei
due mostri, nella luce fioca luomo stupendo riuscì a trovare
una spada.
Capii che il mio compagno di avventure sapeva impugnarla e
doveva anche essersi allenato per usarla; ciò giustificava le
grandi e attraenti braccia nerborute.
Proseguendo con la spada, trovò anche un uomo morto dentro
una corazza, e mi fece capire di aiutarlo a rimuovere il
cadavere in modo che potesse indossarla; fortunatamente non
gli andava né troppo larga né troppo stretta. Era scattante e
agile anche con essa indosso.
Avanzammo attraverso i cunicoli che erano caldi e poco
illuminati ma che davano un senso di tranquillità. Andammo
avanti per lungo tempo. Non cerano pericoli.
Oramai avevo capito che lui sapeva usare le armi, che era
intelligente e si sforzava di comunicare; doveva essere stato
un soldato. Sembrava gentile nei gesti e nei movimenti, forse
perché lo avevo salvato. Era sempre disposto ad aiutarmi e
pareva cercare cibo come lo cercavo anche io.
In quel caso fummo fortunati: le rovine avevano i loro
canali di scolo e noi eravamo in uno di essi.
Lacqua si dimostrò di buona qualità, e io vi aggiunsi
lerba medica che la rendeva pulita. Avevamo anche trovato
delle carcasse di animali. Lui era molto bravo a sezionare la
carne, ci passavamo sopra il sale per conservarla a lungo.
Eravamo un buon team: io emotiva e sensibile, fiera
lottatrice armata, lui più tecnico e riflessivo ma sempre,
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