Angelica sussultò per la sua vicinanza e si voltò per lanciargli unocchiataccia. Era difficile sostenere il suo sguardo quando lui sembrava più infuriato di lei.
Prima che Angelica si accorgesse delle sue intenzioni, Syn la afferrò per la vita e la strinse a sé. Lei gli premette il palmo sul petto per mantenere una parvenza di distanza. Davvero, se Syn stava cercando di farla impazzire cera quasi riuscito.
«Hai ragione, dovrei prendermela con te.» gli disse apertamente, poi si scostò, sorpresa che lui la lasciasse andare così facilmente da farle quasi perdere lequilibrio. Angelica strinse i denti, cercando di soffocare la strana delusione per quel gesto.
Stringendo la mano marchiata, disse la prima cosa che le venne in mente: «Che diavolo mi hai fatto?».
«Ti faccio paura?» le chiese Syn, appoggiandosi ad un palo del letto con le braccia incrociate sul petto.
Angelica fu presa alla sprovvista da quella domanda e si accigliò vedendo le sue braccia incrociate, poi alzò lo sguardo verso i suoi luminosi occhi color ametista. Brillavano di rabbia, poteva giurarci, eppure sembrava così calmo e sereno.
«Io non ho paura di te.» gli disse coraggiosamente, poi fece un passo indietro quando lui si scostò dal letto e le si avvicinò.
«Io non ti ho fatto niente di male.» si difese Syn con un ringhio soffocato a stento, sapendo che avevano già affrontato quella situazione. In passato, Angelica lo aveva combattuto fino allo sfinimento prima di ammettere la sconfitta, e lui non voleva che la storia si ripetesse. Sussultò mentalmente al ricordo di comera finita quella storia. «Tu sei lunica ragione per cui sono qui.».
Angelica scosse la testa, non voleva essere la ragione di nessuno, non voleva quella responsabilità. Aveva alzato così tanti muri attorno a sé che lunica persona ad averli quasi sfondati era stata Zachary. O meglio, ad essere onesti, era stato il suo alter ego Zach. In quel momento si rattristò perché le mancavano i suoi consigli non richiesti e la sua amicizia.
Syn restrinse lo sguardo sentendola rimpiangere il rapporto che aveva con la Fenice. Era un peccato che Angelica avesse dimenticato che lui era un uomo possessivo e non la condivideva volentieri con gli altri. Aveva già ucciso altre volte per tenerla legata a sé e lo avrebbe fatto di nuovo senza esitare.
Tenne a freno il proprio potere che si era impennato a quel ricordo, e si rese conto che aveva raggiunto quasi il limite. Come aveva fatto a diventare così impaziente?
«Tu non sei venuto qui per me.» disse lei accigliata, facendogli notare ciò che le sembrava ovvio. «Sei venuto perché i tuoi figli sono qui, e potrei aggiungere che sembrano tuoi coetanei... più fratelli che figli. E poi sei rimasto per aiutare Storm a combattere i demoni.». La sua voce tentennò quando finì con la schiena al muro e lui la bloccò tra le proprie braccia... intrappolandola contro la parete dipinta del castello.
«È la mia compagna che sta aiutando Storm... non io.» ringhiò Syn. «Io sono qui soltanto per impedirle di farsi uccidere di nuovo!».
«Io non sono mai stata uccisa!» sbottò Angelica, poi sussultò quando il muro sincrinò, provocando crepe frastagliate che sinsinuarono nella roccia allaltezza della sua testa e delle sue spalle.
«Basta.» gli sussurrò, respirando a malapena.
Cera qualcosa di sbagliato in lui ma, invece di spaventarla, le stava improvvisamente spezzando il cuore. Calmò il proprio respiro, voleva essere cauta perché sentiva che, altrimenti, il potente uomo che aveva davanti sarebbe esploso e quello sarebbe stato linizio della sua paura più grande.
«Ti tengo io finché non mi calmo.» la avvertì Syn mentre si chinava in avanti e la strinse a sé.
Quando lei non oppose resistenza, Syn sentì svanire una parte del proprio dolore travolgente. Forse Angelica non ricordava la sua morte, ma per lui era un ricordo che continuava a cercare di tenere sepolto in profondità... per la propria sanità mentale. Continuando a tenerla stretta, singinocchiò a terra portandola giù con sé. Le passò una mano tremante tra i capelli e le fece appoggiare il viso su una spalla, posandole le labbra su una tempia.
Angelica rimase sorpresa quando lo sentì tremare e respirarle affannosamente allorecchio. Era come se stesse combattendo contro qualcosa che lei non poteva vedere. Vedendolo come un motivo per arrendersi momentaneamente, si rilassò e si lasciò abbracciare. Era sbalordita da quanto si sentisse improvvisamente al caldo e protetta tra le sue braccia. Syn era così grande e forte, eppure lei percepiva il suo controllo mentre la stringeva.
Trovando il coraggio di soddisfare la propria curiosità, iniziò a parlargli con voce pacata: «Io non capisco cosa ho fatto per attirare la tua attenzione.».
«Già... e non lo capiresti.» concordò Syn, poi le baciò i capelli prima di poggiarvi la guancia.
Una parte di sé non voleva ricordarle il loro brutto passato... non voleva vedere lodio nei suoi occhi per ciò che aveva fatto. Non se non aveva intenzione di chiederle perdono. Avevano meritato di morire... tutti.
«Non sei di grande aiuto.» aggiunse Angelica, sentendosi leggermente esausta per tutta ladrenalina che aveva provato nelle ultime ore.
Non gli aveva mentito... non aveva paura di lui, davvero. Lo aveva visto quasi morire per riportare in vita tanti bambini uccisi. Come poteva avere paura di lui se non poteva fare nientaltro per impedire a se stessa di cercarlo? Doveva trovare un modo per allontanarsi definitivamente da lui.
«Tu sei crudele con me, Angelica.» sussurrò Syn dopo aver ascoltato i suoi pensieri più profondi. «Se continui a tenere la tua anima sotto chiave... vedrai quanto mi hai reso crudele.».
Angelica sentì la paura aumentare a quelle parole e tentò invano di allontanarsi da lui. Aveva intenzione di prendere la sua anima come aveva fatto con tanti altri umani? Era quella la vera ragione per cui la stava perseguitando?
«Tu non hai alcun diritto sulla mia anima e non ne avrai mai.» insistette lei mentre listinto di fuggire o restare a combattere la assaliva, facendola dimenare.
«Ah no?» ringhiò Syn, sentendo che stava perdendo il controllo. «Devo distruggere un altro mondo per dimostrartelo?».
Angelica spalancò gli occhi e si fermò. Che cosa voleva dire con distruggere un altro mondo? Decise di non chiederglielo... andiamo, chi diavolo avrebbe voluto saperlo? Si sentì sopraffare da una paura indesiderata anche dopo aver ricacciato quelle domande scomode nel profondo della propria mente.
Syn sentì il suo respiro veloce che gli solleticava il collo e, sebbene avesse un effetto calmante, gli stava anche scaldando il sangue e non era una buona cosa per il suo autocontrollo. Questo mondo lo aveva tenuto lontano abbastanza a lungo. Strinse la presa su di lei e le fece da scudo quando le lampadine del bellissimo lampadario al centro della stanza scoppiarono, emanando diverse scintille prima di spegnersi.
Angelica fece per guardare verso il soffitto ma lui non le permise di muovere la testa, perciò rimase dovera chiedendosi cosa fare. Era lalba e la stanza era leggermente ombreggiata, invece che completamente buia.
«Stiamo litigando?» gli chiese sussurrando perché, in quel caso, sapeva già che avrebbe perso.
«No.» ringhiò lui, poi fissò lo specchio ovale della toeletta quando si ruppe con un forte schiocco.
«Allora che ne pensi di dirmi qual è il problema, prima di distruggermi di nuovo la stanza?» sbottò Angelica senza riuscire a trattenersi.
Syn si bloccò sentendola dire di nuovo. Finalmente iniziava a ricordare cose che non erano accadute in questa vita, o meglio, in questo mondo? La sua anima era abbastanza forte da far tremare la gabbia della sua prigione mortale? Strinse delicatamente le dita che teneva intrecciate tra i suoi capelli e si scostò, guardandola negli occhi in cerca della verità.
Syn si bloccò sentendola dire di nuovo. Finalmente iniziava a ricordare cose che non erano accadute in questa vita, o meglio, in questo mondo? La sua anima era abbastanza forte da far tremare la gabbia della sua prigione mortale? Strinse delicatamente le dita che teneva intrecciate tra i suoi capelli e si scostò, guardandola negli occhi in cerca della verità.
«Di nuovo?» le chiese, con una voce che risuonò tormentata anche alle sue stesse orecchie.
«Cosa?» chiese Angelica confusa. Accidenti... non riusciva a stargli dietro. Era davvero estenuante.
«Mi hai chiesto di dirti qual è il problema prima che io distrugga la tua stanza... di nuovo.» le disse, soffermandosi sulle ultime due parole.
«Ah sì?» mormorò Angelica, sentendo dei brividi gelidi lungo le braccia. Fece per negare ma aveva davvero detto di nuovo e non poteva rimangiarselo perché, allimprovviso, sentiva che quella era la verità.
Syn lasciò andare la frustrazione e sulle labbra gli affiorò un sorriso lento e perfido. Aveva distrutto la sua camera da letto più di una volta e, anche se non sapeva quale ricordo stesse cercando di farsi strada in lei, non gli importava più. Lo aspettava con ansia, buono o cattivo che fosse, insieme alla discussione che ne sarebbe scaturita.
Lanima di Angelica era il suo io interiore e lo aveva già perdonato... era tutto il resto a dover essere costretto alla resa.
Vedendolo sorridere per la sua confusione, Angelica si scostò da Syn, contenta che le avesse liberato i capelli prima che si facesse male.
«Daccordo, ti piace riarredare le camere da letto nel tempo libero... fai come vuoi. Ma se non te ne vai e mi lasci riposare, ti riarredo io.» gli disse, poi si accigliò quando Syn sparì allistante, lasciando riecheggiasse una risata nella stanza.
Angelica rimase ad ascoltare finché la risata svanì. Non ricordava di averlo mai sentito ridere così... né di averlo mai visto sorridere davvero. E allora perché quel suono le faceva male al petto come se avesse ritrovato e perso contemporaneamente qualcosa che le stava a cuore?
Sentendosi esausta, si trascinò fino al letto e si arrampicò sul materasso, sforzandosi di ignorare la sensazione di cadere allindietro. Colse di sfuggita il suo sorriso... lo stesso che aveva appena detto di non aver mai visto. Quella visione fugace la portò a desiderare di vedere altro.
Chiudendo gli occhi per la stanchezza, si arrese e si lasciò andare a ciò che la stava tormentando inesorabilmente.
Syn riapparve sul tetto del castello. Aveva notato un lieve accenno di ametista brillarle negli occhi e aveva deciso di non disturbare la sua ricerca interiore. Laveva già vista cambiare il colore delle iridi altre volte, ma accadeva solo quando usava i suoi poteri. A quanto pare, quella era stata lunica volta in cui lei era riuscita a sentire la potente anima che teneva imprigionata in profondità dentro di sé.
Syn capiva perché Angelica proteggeva inconsciamente la propria anima da un mondo in cui la vita e la morte si susseguivano in un batter docchio. Era puro istinto, ma quella paura non aveva più senso. Nellistante in cui era stato evocato in quella grotta buia... le aveva inviato il proprio potere sotto forma di marchio sul suo palmo. In seguito aveva rinforzato quel potere infondendo in lei la propria forza vitale... anche se Angelica ignorava il significato di tale gesto.
Adesso lei aveva poteri che non sapeva neanche di avere e lui non laveva aiutata a scoprirli per ragioni puramente egoistiche. Era già fin troppo indipendente, per i suoi gusti. Anche se il tempo non era più suo nemico e la maggior parte delle ferite guariva in fretta, Angelica era ancora in pericolo per colpa dei potenti immortali che avevano dichiarato guerra a quella città.
Cera unaltra cosa che poteva fare per lei per pareggiare le probabilità, ma stava cercando di essere paziente, sapeva che lei non era ancora pronta ad affrontare gli effetti collaterali che sarebbero derivati dal mescolare il loro sangue. Lui aveva già commesso quellerrore. Non era come per i loro figli quando davano il proprio sangue alle loro anime gemelle.
Abbassò lo sguardo sul tetto, sentendo il silenzio che proveniva dalla stanza sottostante. E poi, se lavesse morsa adesso, Angelica lavrebbe vista come una prova di ciò che credeva che lui fosse in realtà... un mostro.
Essere gentile la stava mettendo in pericolo e non ci sarebbe voluto ancora molto per essere tentato a diventare il mostro di cui lei aveva bisogno. Dopotutto... aveva già interpretato quel ruolo.
Capitolo 5
Kriss se ne stava avanti allenorme vetrata dellattico, con una bottiglia di Heat in una mano e un grosso calice nellaltra. Voleva ubriacarsi ma il suo metabolismo fastidiosamente veloce non gli permetteva di sentirsi libero come voleva, se non per pochi istanti ogni volta.
Frustrato, strinse la bottiglia e la ruppe involontariamente mentre ricordava il viso di Vincent dopo innumerevoli anni dallultima volta. Certo, Vincent non avrebbe ricordato quellincontro perché Storm aveva cambiato il corso del tempo... ma lui non avrebbe mai dimenticato quello sguardo di odio che luomo gli aveva rivolto.
Rifiutando quellodio, ripensò ai ricordi della propria infanzia, quando Vincent provava lesatto opposto per lui.
Non era arrivato in questo mondo da molto tempo quando Dean se nera andato per fermare unorda di demoni diretti verso di loro. Lo aveva aspettato da solo, nascosto tra le enormi rocce ai piedi di una scogliera, eseguendo il suo severo ordine di starsene buono e nascosto, perché quel posto era sicuro.
Dean aveva avuto ragione quasi su tutto. Per giorni Kriss non aveva visto né animali, né umani, né demoni. Era la prima volta in vita sua che rimaneva da solo. Il silenzio che lo circondava stava solo alimentando la sensazione di abbandono e paura mentre aspettava. Gli mancava lamore ricevuto nel suo mondo natio... e il calore e la sicurezza che Dean gli aveva dato in questaltro mondo.
Una notte aveva sentito il rumore di ciottoli che rotolavano giù lungo il pendio. Si era sporto fuori e aveva guardato verso la sommità della scogliera, che la luce della luna crescente illuminava a malapena... aveva visto le sagome di diversi demoni che strisciavano giù verso di lui.
La sua attenzione era stata catturata dai loro occhi rossi che brillavano mentre lo guardavano, e dai loro corpi quasi umani che si contorcevano in modo orribile mentre scendevano. Osservandoli meglio, aveva notato che la loro carne sembrava bruciata e dilaniata, come se fossero scampati ad un incendio invisibile. Si sentiva il tanfo della carne bruciata mentre si avvicinavano.
Kriss era talmente spaventato che, indietreggiando, era finito contro una grossa roccia ed era caduto dallaltra parte, atterrando su un mucchio di pietre appuntite che sporgevano dal terreno. Realizzando di essere stato trafitto in più punti, si era sforzato per alzarsi senza procurarsi ulteriori ferite.
Nel momento in cui lodore del suo sangue si era sprigionato nellaria, aveva iniziato a sentire gli artigli affilati dei demoni che graffiavano le rocce più in fretta in una discesa frenetica, poi aveva udito dei tonfi sordi, segno che alcuni di essi stavano saltando per fare prima.
Il silenzio era svanito, ormai... le loro grida inquietanti riecheggiavano tra le rocce, facendoli sembrare più numerosi di quanti fossero davvero.
Scivolando tra le rocce per scappare, aveva finito per strapparsi i vestiti e ferirsi prima di poter toccare terra e mettersi in piedi.
Girando su se stesso, si era reso conto che era troppo tardi per fuggire o nascondersi... era circondato da demoni molto più grandi di lui, che era soltanto un bambino.