«Vedi questi resti di un falò? Prima qui si riunivano le streghe» disse Florìn a modo di saluto.
«Porti qui molte persone?» ad Aman batteva forte il cuore.
«Non ci ho mai portato nessuno. Quando ho scoperto questo luogo ho pensato che potevo portarci solo qualcuno di speciale, e questo qualcuno avrebbe scoperto questo posto come me, in modo che il destino ci avrebbe uniti per sempre.»
Aman si sentiva soffocare, pensò di andarsene, ma le sembrava maleducazione, in ogni caso, non conosceva Florìn.
«Me ne vado» disse Aman drastica.
«Perché? Voglio solo essere tuo amico. Non mi hai nemmeno detto come ti chiami.»
«Come sapevi dove abito?»
«Laltro giorno ti ho seguita, mi dispiace, so che un gentiluomo non deve fare una cosa del genere, ma ero preoccupato che qualcuno potesse farti del male.»
Aman immaginò che Florìn dovesse appartenere ad un famiglia di alto lignaggio. I suoi modi erano squisiti, i suoi abiti di alta qualità, ma non sapeva perché fosse tanto interessato ad una ragazzina come lei, di origini contadine. Non aveva molto denaro, lunica proprietà che possedeva era la sua abitazione attuale. Le costava pensare quali altre attrattive potessero interessare a qualcuno come Florìn. Forse pensava di ingannarla come era successo ad altre sue compaesane, che se ne erano andate con ragazzi come Florìn, ed erano tornate causando la vergogna della loro famiglia, per lei era chiaro che non sarebbe accaduto.
Guardò Florìn, aveva una espressione serena, le trasmetteva sicurezza e tranquillità.
«Va bene, saremo amici, ma in segreto» Aman abbozzò un sorriso, che per Florìn fu il più bello mai visto fino a quel momento.
Cominciarono subito a parlare in modo molto naturale. Parlarono delle loro vite nei villaggi precedenti, di come si divertivano nel tempo libero, dei loro sogni.
Aman e Florìn iniziarono a forgiare una nuova amicizia. Ogni pomeriggio si incontravano nello stesso cerchio.
Un pomeriggio qualcosa cambiò. Quando Aman arrivava al cerchio, Florìn la stava sempre aspettando, ma quel pomeriggio non cera nessuno, al suo posto trovò una lettera. Aman la aprì e la lesse:
Per la mia piccola Aman.
Mi dispiace dover informarti che non potremo più vederci. I miei pomeriggi non avranno più la tua allegria, né il tuo sorriso, né lo sguardo dei tuoi occhi verdi, né le tue storie ammalianti, né le tue lacrime per i pomeriggi perduti a causa della pioggia. Ma, soprattutto, non avranno te.
Spero che tu possa dimenticarmi e vivere appieno la tua vita, per me sarà impossibile perché mi mancherai sempre. Forse in futuro ci rivedremo, il destino deciderà.
Ricorda questi mesi come un sogno. Tu sei il mio sogno.
Con affetto, il tuo caro Florìn.
E leggendo la lettera, lincantesimo delloblio, che trasformava i ricordi in sogni, infuso in lei, fece effetto.
4. Plamen
La bella bambina di un tempo si trasformò come un cigno in una donna la cui bellezza non passava inosservata. Aman aveva sedici anni, ma ne dimostrava qualcuno in più. Era diventata una celebrità nella zona grazie ai quadri che dipingeva tutti i pomeriggi allimbarcadero. Quasi ogni giorno aveva dei compratori, arrivavano da tutta la Romania, persino da altri Paesi. Molti bambini le chiedevano se per favore gli insegnava a dipingere come lei, così qualche sabato faceva lezione ai bambini del villaggio.
Con il passare del tempo Aman aveva accumulato una piccola fortuna, permettendo alla sua famiglia maggiori privilegi, come lacquisto di animali, utensili da cucina, e anche unautomobile di seconda mano il cui proprietario si era stancato. Avere unauto era qualcosa di insolito, nessuno in paese né nei paesi vicini ne aveva una.
Era innamorata di Plamen da un anno e due mesi, un vicino bulgaro di diciotto anni che viveva in paese da due anni. Plamen era alto, con gli occhi azzurri, capelli biondi leggermente ricci, e abbastanza bello. Era il partner ideale. Spesso Aman diceva che lui era la sua ispirazione per dipingere.
«Aman, questo pomeriggio quando hai finito di dipingere, puoi venire a casa mia?»
«Certo, ma non sarà troppo tardi? Lo sai che ai miei genitori non piace che io vada in giro di notte.»
Plamen sorrise.
«Di me si fidano.»
«Lo so.»
Quel pomeriggio Aman dipinse una donna delicata, molto magra. Un quadro che poi avrebbe venduto ad un marchese per una fortuna.
Quando terminò di dipingere e ebbe raccolto tutti gli attrezzi, chiese il permesso a sua madre per andare a casa di Plamen.
«Nonna, grazie per avermi regalato il cavalletto, non mi stancherò mai di dirtelo. Mamma, posso andare a casa di Plamen?»
«Adesso?»
«Sì.»
«Tesoro, non sei più una bambina, certo che puoi andare, ma non tornare troppo tardi. Portati questo lume, sta già facendo buio, quando tornerai sarà già notte.»
«Grazie mamma, le madri delle mie amiche non sono come te.»
«Le tue amiche non sono come te.»
Kiara baciò Aman sulla guancia, che a sua volta baciò Adriana e se andò felice.
Arrivata a casa di Plamen non aveva ancora fatto buio. Bussò alla porta, ma sembrava che non ci fosse nessuno. Aspettò seduta sullo scalino del portone, subito arrivò un carro guidato da Plamen.
«Perdona lattesa, ho dovuto andare a prendere un oggetto abbastanza lontano.»
Plamen scese dal carro e baciò Aman su una mano.
«Sono appena arrivata, dove sei stato?»
«Te lho già detto, lontano» Plamen abbozzò un sorriso, Amen fece una smorfia, le nascondeva qualcosa.
Entrarono in casa e Plamen si affrettò ad accendere vari lumi.
«Ho pensato molto tempo alla nostra relazione e sono arrivato ad una conclusione.»
Plamen iniziò ad accendere il camino per riscaldare la casa.
«La nostra relazione è perfetta, però sai che io cerco sempre di migliorare tutto ciò che è alla mia portata, e ora la cosa più bella che ho e che amo di più sei tu.»
Aman guardava Plamen senza dire nulla, prevedendo cosa stava per accadere.
«Voglio migliorare la nostra relazione, voglio formare una famiglia con te, un giorno voglio alzarmi presto e vedere i nostri figli correre per casa. Voglio superare le discussioni che arriveranno se facciamo questo passo, voglio vivere la mia vita con te, voglio che siamo due vite unite che confluiscono verso un unico centro. Mia amatissima Aman, mi faresti lonore di essere mia moglie?»
Aman aveva ascoltato attonita la dichiarazione del suo ragazzo, era senza parole. Poche settimane prima le sue amiche le avevano suggerito che doveva fare il grande passo, o Plamen le sarebbe scappato, dato che era un uomo eccezionale.
Qualcosa dentro di lei le diceva di non accettare, non sapeva spiegarlo, era come un presentimento, come se il destino la avvertisse che il futuro le riservava un cammino separato da quello di Plamen.
«Dovresti prima parlare con mio padre.»
«Lho già fatto, mi ha dato il suo consenso una settimana fa.»
«Se te lo ha dato da una settimana, perché hai aspettato tanto tempo per propormi il matrimonio?»
«Perché non avevo questo.»
Da una delle sue tasche Plamen estrasse un anello con una decorazione a forma di spirale, come il segno che Aman aveva dalla nascita.
«Ero andato a cercarlo, è perfetto per te. Anche se non accetti la mia proposta, accetta lanello, è un regalo. Hai visto la decorazione? È come il segno che ho scoperto appena ti ho conosciuta» lo sguardo di Plamen era nostalgico, «cosa rispondi?»
Aman aveva dei dubbi, amava Plamen, ma non sapeva se era luomo della sua vita.
«Se vuoi puoi pensarci per un po di tempo, se è quello che vuoi» Plamen si dimostrava comprensivo, davanti al timore del rifiuto.
Allimprovviso Aman alzò gli occhi, sorrise e si rivolse a Plamen.
«Certo che voglio sposarmi con te, essere tua moglie, la madre dei tuoi figli, e vivere il resto della mia vita accanto a te.»
Aman non sapeva se in futuro si sarebbe pentita di queste parole, ma come minimo avrebbe reso felice un uomo per un certo tempo, in ogni caso, avrebbe sempre potuto rompere il fidanzamento.
«Devo dirti qualcosaltro. In realtà, altre due cose.»
Aman ascoltava attenta.
«Devo tornare in Bulgaria. Saranno solo un paio di settimane, e quando tornerò potremo iniziare a preparare le nostre nozze, voglio che tu sia la mia sposa quanto prima.»
«Perché devi andare?»
«La mia famiglia venderà le terre che ancora possediamo nel nostro Paese. Laltra cosa che volevo dirti è che quando torno ti porterò a vedere il mare.»
Sentendo questa parola, ad Aman si illuminarono gli occhi, il mare. Aveva sempre desiderato andare a vederlo, da piccola le avevano raccontato uninfinità di storie collegate al mare. Non riuscì a resistere, si avvicinò a Plamen e lo baciò sulla bocca. Poteva considerarsi un comportamento sconveniente, ma era così felice per la notizia, che le fu impossibile trattenersi. Quello fu il suo primo bacio. Plamen lavrebbe portata a vedere il mare, che per tante notti aveva sognato, che desiderava conoscere.
«Devo tornare a casa, è molto tardi.»
«Non preoccuparti, ti accompagno io.»
«Grazie.»
«Stai piangendo? Ti piace che ti porterò a vedere il mare?»
«Sì, molto» Aman aveva le lacrime agli occhi per lemozione.
Quella notte Aman sognò. Esseri strani dai lunghi denti che volevano bere il suo sangue. Erano vampiri. Il poco che Aman sapeva sui vampiri era quello che sua nonna le aveva raccontato da piccola e le storie che si raccontavano al vilaggio. Per lei erano solo una invenzione per raccontare storie.
Al risvegliò andò nella stalla, munse le mucche, raccolse le uova delle galline, e impilò le balle di fieno che erano in disordine. Andò in cucina a preparare una torta pasqualina per dare la buona notizia. Dalla finestra vide sua madre e sua nonna che stavano pescando nella zona dellimbarcadero. Uno dei vicini aveva dato loro alcune istruzioni su come farlo, e Aman aveva comprato tutto il necessario.
Aman preparò tutti gli ingredienti: luva passa, il rum, lo zucchero, la vaniglia, le uova, il limone, e quando tutto fu pronto, infornò la torta nel forno a legna.
«Buongiorno mamma. Buongiorno nonna» Aman baciò entrambe.
«Buongiorno cara, hai visto tuo fratello?»
«No nonna, non lho visto. È successo qualcosa?»
«No, però in paese ci sono voci che si è impegnato con una giovane. Ne sai qualcosa? So che siete molto uniti.»
«Nonna, non sono a conoscenza del fatto che corteggia una ragazza.»
Aman non parlava con suo fratello da un paio di settimane, anche se entrambi condividevano la stessa casa; suo fratello vi passava poco tempo, o stava lavorando nella parte nord del villaggio.
Allimbrunire, suo fratello non era ancora tornato a casa, così che Aman decise che era meglio annunciare il suo fidanzamento con Plamen in un altro momento, con Isaac presente. Non voleva che alcuni membri della sua famiglia lo venissero a sapere prima di altri.
Allalba del giorno seguente, Saul si rese conto che Isaac non aveva dormito a casa.
«Aman, cara, hai visto tuo fratello?»
«No, papà.»
«Ho ricevuto varie lamentele da alcuni dei padroni delle proprietà dove Isaac ha lavorato negli ultimi mesi, ne sai qualcosa?»
«No papà, di lui non so nulla.»
Aman era stupita che tutti le chiedessero di Isaac. Isaac si era separato emotivamente da tutta la famiglia, compresa lei, senza ragione apparente.
A mezzogiorno, in casa cerano solo Aman e Adriana.
«Che bel quadro!»
«Grazie nonna. Sai chi è?»
«In verità, no.»
«È nonno Pablo, o come io lho sempre immaginato, con le sue barche e con il mare.»
Pablo era il marito defunto di Adriana che Aman non aveva mai conosciuto, ma per il quale aveva sempre provato un certo affetto. Pablo era pescatore, i suoi due grandi amori erano stati Adriana e il mare. Forse per questo motivo Aman provava tanto affetto per il nonno, anche se non lo aveva mai conosciuto.
«Se il nonno fosse qui sarebbe molto orgoglioso di te.»
«Credi che gli piacerebbe il quadro?»
«Gli piacerebbe molto.»
Aman aveva disegnato Pablo seguendo le indicazioni di Kiara. Viso largo, occhi verdi, naso un po ampio, labbra carnose e capelli mossi castani chiari. La morte di Pablo era stata un fatto triste, un giorno era uscito in barca e non era più tornato. Un forte temporale rovesciò la barca e non ci furono superstiti.
«Tuo fratello Isaac gli assomiglia, a proposito, sai dovè?»
«No nonna, e non capisco perché tutti lo chiedete a me.»
«Non parli ogni giorno con lui?»
«Non parliamo da un paio di settimane.»
«Ha qualcosa a che vedere con la ragazza che gli piaceva? Come si chiamava? Ah, sì, Lorena.»
«Chi è Lorena?»
«La ragazza che gli piaceva quando siamo venuti qui, non ti ricordi?»
«Ah, sì, certo, Lorena. Isaac mi raccontava molte cose, sembrava che lui fosse il suo cagnolino.»
«Il suo cosa?»
Aman si mise a ridere.
«Isaac la corteggiava sempre, ma lei era ed è ricca, e lo considerava un passatempo, non gli faceva il minimo caso.»
«Quanto siete crudeli voi ragazze!»
«Nonna, le ragazze come me no, ma le ragazze di alto lignaggio possono fare ciò che vogliono.» Aman pensava al suo fidanzamento, desiderava tanto raccontarlo a qualcuno, anche se pensandoci bene, Plamen le aveva detto che aveva parlato con suo padre, così che lui avrebbe dovuto saperlo.
Prima che la conversazione continuasse, unombra comparve sul muro, dietro Aman. Aman si accorse della faccia sorpresa di Adriana. Aman si voltò, non poteva credere a ciò che vedeva; era suo fratello con il viso ed i vestiti pieni di sangue. Isaac stava in piedi a malapena, lo accompagnarono nella sua stanza, portarono dellacqua in barili di fango, panni per pulire il sangue, e un flacone che Adriana aveva nella propria stanza, comprato da Xantal.
«Ha tutti i vestiti pieni di sangue.»
«Aman, guarda se ha qualche ferita.»
Aman sbottonò la camicia a suo fratello, gli sollevò la maglietta intima, scoprendo, con orrore, un profondo taglio sulla parte destra del costato sopra il fianco.
«Corri Aman, vai a cercare il medico.»
Aman scese le scale di corsa quando si aprì la porta dingresso, cera Kiara, che tornava a casa con un bel cagnolino che le avevano appena regalato.
«Guarda Aman, non è bellissimo?»
Il cane era un piccolo maltese completamente bianco.
«Sta succedendo qualcosa, tesoro?»
«Mi dispiace mamma, devo fare qualcosa di molto importante.»
Aman baciò sua madre sulla guancia e uscì di corsa in cerca del medico.
Dopo venti minuti Aman si trovava già nella parte nord del paese, dove risiedeva il medico. Bussò alla porta con le nocche in maniera insistente, mentre riprendeva fiato.
«Salve, cè qualcuno? Salve!» gridò Aman disperata.
Finalmente, dopo tanto insistere, uscì la figlia piccola del medico, una dolce bambina di cinque anni che sembrava una bambola, con gli occhi azzurro chiaro e i ricci dorati, alla quale Aman aveva dato lezioni di pittura.
«Ciao Dana, cè tuo padre?»