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Libro pubblicato da Tektime
Guido Pagliarino
Vittorio il Barbuto
romanzo breve
Terza Edizione, distribuita da Tektime, libro ed ebook vari formati
© del manoscritto della prima stesura 1998 Guido Pagliarino
1a edizione, solo in volume cartaceo, copyright © GDS Edizioni 2010-2012, ISBN 9788896961537
2a edizione, profondamente riveduta e variata e pubblicata solo in ebook di vari formati, ISBN epub 9781311752932, copyright © 2015 Guido Pagliarino
Il logo e l'immagine di copertina di tutte le edizioni sono stati realizzati elettronicamente dall'autore copyright © Guido Pagliarino
Gli avvenimenti, i personaggi, i nomi di persone, enti, ditte e società e di loro prodotti e servizi che appaiono nell'opera sono immaginari e ogni eventuale riferimento alla realtà presente o passata è casuale e involontario
Indice
Prefazione dellautore
Guido Pagliarino, Vittorio i l Barbuto, romanzo breve
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Note
P REFAZIONE DELLAUTORE
Il romanzo si basa sulle figure del vice questore Vittorio DAiazzo e del suo amico Ranieri Velli, personaggi che agiscono anche in altre opere dell'autore. Si sviluppa nellanno 1972, dopo Il romanzo Il metro dellamore tossico, ambientato nel 1969, e la storia in parte si svolge a New York e in parte a Torino come già la vicenda del citato lavoro; vi ritroviamo inoltre, insieme ai due personaggi principali, diverse figure comprimarie fra cui linteressato editore Mark Lines e il gelido miliardario Donald Montgomery, già direttore dellFBI di New York e ora membro del Senato e candidato alla Presidenza degli Stati Uniti contro il presidente uscente M. N. Richard:
La sera del 30 marzo 1972 viene uccisa con arma da fuoco, durante un banchetto elettorale organizzato dal Montgomery, una giovane, ricca signora sua grande elettrice, moglie del ricchissimo Peter White, donna sistematicamente adultera che aveva amato negli anni 50 Vittorio e nel 1969 Ranieri: un misterioso individuo è apparso allimprovviso sulla porta del salone da pranzo, dopo aver ammazzato una guardia giurata che lostacolava, ha freddato la donna ed è fuggito riuscendo a eclissarsi. Dellassassino, mascherato nella parte superiore del volto, appaiono evidenti ai convitati, fra cui siede Ranieri Velli, solo la taglia massiccia, laltezza modesta e la gran barba grigiastra, tratti caratteristici del vice questore Vittorio DAiazzo; e per di più, in quelle stesse ore questi non era in Italia ma proprio a New York assieme alla sua fidanzata Marina Ferdi, vedova del defunto commissario Verdoni già vice di Vittorio; niente di meno, il nome del DAiazzo risulta incluso nella lista deglinvitati al riservatissimo banchetto. A parte Ranieri Velli, cui fa velo l'amicizia, i testimoni ravvisano e indicano come assassino il vice questore che viene accusato domicidio, assieme alla sua compagna, dal procuratore niuyorchèse Maxwell, amico e sostenitore del Montgomery. Quest'ultimo brama dimostrare che non sè trattato, come invece insinua con insistenza il presidente uscente Richard, dun falso attentato alla sua persona organizzato da lui stesso, per pubblicità elettorale, e purtroppo finito male per errore di mira dello sparatore. Il procuratore distrettuale è del tutto intenzionato a far condannare Vittorio sulla base dun presunto movente passionale, lodio per la donna che l'aveva a suo tempo abbandonato. Il vice questore e la fidanzata sono estradati a New York per il processo istruttorio che, comè largamente noto al pubblico anche grazie a tanti film e telefilm, negli Stati Uniti avviene in aula, presenti giuria e giudice. Qui siamo ancora solo alle prime battute del romanzo. Diverse pagine tra le successive presentano fasi del dibattimento. La giovane avvocata del DAiazzo, la signora Sarah Ford, ipotizza in primo luogo un delitto passionale da parte del marito pluritradito della vittima, il signor White. Quanto a Ranieri Velli, desideroso daiutare lamico ma impossibilitato ad agire personalmente fuori dItalia, investiga a mezzo dellagenzia dei private eyes Taylor & Taylor. Indagano informalmente anche due collaboratori di Vittorio, i commissari Aldo Moreno e Mauro Sermoni, cercando di dimostrare linnocenza del superiore e imbattendosi a un certo punto, a Torino, in importanti indizi che, uniti ai dati raccolti da Ranieri e dall'avvocato, condurranno alla soluzione.
G.P.
Guido Pagliarino
Vittorio il Barbuto
romanzo breve
CAPITOLO I
Era il 30 marzo 1972 ed erano quasi le 19, ora di New York. Tra breve sarebbe iniziato il banchetto elettorale del governatore Montgomery e io e Mark Lines, mio editore negli Stati Uniti, uomo magro cinquantenne di media altezza dai folti capelli sale e pepe, stavamo giungendo allHotel Wellington, il cui salone delle conferenze era stato adattato per loccasione a locale da conviti.
Donald Montgomery, giovane e ambizioso miliardario in dollari, era in testa alle elezioni primarie del suo partito, in corso da gennaio, in vista delle presidenziali di novembre, e nutriva la forte speranza dentrare alla Casa Bianca battendo lattuale presidente, M. N. Richard, che intendeva presentarsi per il secondo mandato.
Una volta scesi dal taxi, dopo che, come nel suo carattere, aveva lasciato a me lincombenza di pagare, Mark maveva detto: Lamico Donald spererebbe vivamente in qualche tua parola pubblica di simpatia, dato che ti salvò la vita nel corso di quel brutto affare: me laveva buttata lì solo a quel punto, mentre quella mattina, essendo io nel suo ufficio per gli accordi sulla pubblicazione del mio ultimo libro e la cessione dei relativi diritti cinematografici, sera limitato a trasmettermi linvito al banchetto. Sapevo che il Lines era non solo un amico, ma uno dei grandi elettori del Montgomery e non mero stupito per la sua richiesta, ma un poco essa maveva contrariato; avevo tuttavia accondisceso, perché era vero che, nel luglio del 1969, il governatore, allora direttore dellFBI per quello stesso Stato di New York che adesso guidava, maveva salvato la pelle, minacciata da un pazzo criminale internazionale: sia pure non lui da solo, ma assieme a molti suoi agenti e al mio amico Vittorio DAiazzo, vice questore a Torino che, in quei giorni, era in missione a New York a caccia di quel folle1.
Nel salone del banchetto cera un vociare tale che, entrando, mera scoppiato subito uno dei miei mali di testa. Gli ospiti serano zittiti allarrivo del governatore, ma solo per alzarsi in piedi e tributargli un applauso così fragoroso da essere, per me, una stilettata nel cervello.
Tra gli altri sedevano al nostro tavolo due attori quarantenni, Burt Cooper, famoso interprete teatrale prestato qualche volta al cinema, alto, magro e di pochi capelli chegli teneva rasati, e Robert Avallone, detto il toro per la sua straordinaria muscolatura, interprete solo cinematografico. Non era stato per caso cherano stati posti assieme a noi; essi avevano infatti interpretato un film basato sulla mia avventurosa esperienza americana di tre anni prima, il Cooper nella parte del matto che aveva cercato duccidermi dopo avermi torturato, e il toro quale mio alter ego; poi il solo Avallone, sempre nella parte di me stesso, Ranieri Velli, scrittore e giornalista italiano e, in passato, poliziotto agli ordini dellamico DAiazzo, era stato protagonista d'un secondo e terzo film ispirati a miei successivi romanzi, anchessi sostanzialmente autobiografici. Non cera alcuna somiglianza fisica tra noi due; intanto, lattore era barbuto e io no, anzi detestavo i peli sul viso tanto che, poiché pure lamico Vittorio portava la barba, più volte lavevo spinto a radersi, anche se invano; inoltre lAvallone era bruno e io biondo, portava i capelli molto lunghi mentre io li avevo cortissimi e con sfumatura alta, ed era alto un metro e settanta centimetri mentre io arrivavo alluno e novanta; ma era stato scelto lui dalle produzioni perché, a quel tempo, era il divo che indirizzava più soldi ai botteghini: il pettegolo Mark, quando avevamo preso posto, poco prima che lattore giungesse, avendo notato il cartellino sul tavolo col suo nome, maveva riferito che Robert portava la barba per nascondere una profonda cicatrice al mento infertagli con una rasoiata quando, ancora adolescente, era stato uno dei tanti teppistelli del Bronx; maveva inoltre invitato a osservare, quandegli fosse arrivato, le speciali scarpe ortopediche che indossava per sembrare più alto di otto centimetri. Più che lAvallone però, aveva attratto il mio interesse Burt Cooper che non mera parso affatto tranquillo: sera guardato attorno alcune volte, circospetto, mentre raggiungeva la nostra tavola, e a più riprese anche in seguito, con viso costantemente inquieto.
Dopo gli antipasti, sebbene non provassi gran simpatia per il Montgomery che, per come lavevo conosciuto in passato, consideravo un freddo robespierre, su nuovo invito di Mark avevo accettato dalzarmi e recarmi al leggio che affiancava il tavolo dominante, dove sedeva il Montgomery coi suoi, per pronunciare verso di lui parole di stima e di ringraziamento per avermi salvato la vita. Ovviamente, cogliendo loccasione, avevo anche parlato del mio romanzo in prossima uscita e del film che ne sarebbe stato tratto. Al termine, mentre si levavano gli applausi di prammatica, ero tornato senzaltro al tavolo, mentre il Montgomery sera alzato ed era andato a sua volta al leggio: qui aveva ringraziato me per la stima, poi aveva evocato nei dettagli quel caso criminale, calcando sul peso della propria partecipazione. Dopo di lui sera alzato un suo collaboratore e, giunto al suo fianco, aveva sottolineato che nel 1969 lintervento intelligente e sprezzante del pericolo del governatore contro quel pazzo, noto criminale cosmopolita, era stato essenziale per la salvezza della salute nazionale e la difesa della democrazia. A quel punto il mal di testa mera talmente salito che avevo solo desiderato andarmene a letto, anche perché la mattina dopo avevo il volo per Torino. Stavo per dire a Mark che, educazione o no, me ne sarei andato, quando
CAPITOLO II
Eravamo tutti balzati in piedi al rintronare degli spari e, in un attimo, ceravamo ritrovati sotto i tavoli, compreso Donald Sprezzante-del-pericolo Montgomery.
Lattore Burt Cooper, accovacciato di fronte a me e a Mark, tremava visibilmente, continuando a girare la testa a destra e a sinistra e ansimando forte a bocca semiaperta; poi: Hanno mirato al nostro tavolo? aveva chiesto con voce appena udibile.
Non saprei, gli aveva risposto il suo collega Robert Avallone, accosciato alla sua destra e che, come Mark e me, era riuscito a mantenere sufficiente sangue freddo.
I colpi erano partiti da uno dei quattro ingressi del salone, piantonati ciascuno da una guardia allesterno, ma lasciati aperti: un uomo dal barbone grigiastro con occhiali neri sul naso, chero riuscito appena a intravedere, vestito con un elegante completo ma con uno stonato berretto di lana in testa, risultato un passamontagna quando se lera calato sul volto durante la fuga, e che indossava inoltre visibilissimi guanti bianchi, era corso via riuscendo, grazie alla sorpresa, a uscire dallalbergo senzessere bloccato: sparando in aria, aveva avuto la strada aperta. Nella foga, esploso lultimo colpo, aveva lasciato cadere larma scarica sul marciapiede, estraendo contemporaneamente unaltra pistola; aveva puntato questa alla testa dun passante, perché la scorta del governatore che gli era corsa dietro si bloccasse; aveva fermato unauto di passaggio, o forse dun complice? e abbandonato lostaggio, era salito e sera dileguato, sparando dal finestrino qualche colpo a vuoto.
Fuori dalla porta da cui erano risuonati gli spari, nel largo corridoio, era rimasta a terra, freddata da un solo colpo in testa, la guardia che aveva avuto lincarico di custodirla. Dentro, giaceva morta a terra una bella signora trentaquattrenne che, a suo tempo, avevo ben conosciuto e che, fin ad allora, in mezzo a tutta quella gente non avevo notato, una donna chera stata, tanti anni prima, la moglie del mio amico Vittorio DAiazzo: nel 1958, non ancora ventenne, ella laveva abbandonato per un facoltoso americano, sera divorziata e risposata con lui negli Stati Uniti; era poi divenuta una ricca vedova e, da pochi mesi, come avevo saputo da Mark, sera risposata con un altro magnate, un certo Peter White, non presente al banchetto perché sostenitore del presidente Richard, mentre lei era stata una grande elettrice del Montgomery.
Più volte, dopo labbandono, Vittorio maveva parlato di Bimba come usava chiamarla durante il matrimonio, durato appena un anno; oppure di mia moglie, come ancora la definiva dato che lui, cattolico rigoroso diversamente da me, agnostico, continuava a considerarsene il marito: Il matrimonio in chiesa è un sacramento e non lo si può sciogliere! maveva detto con enfasi in un paio doccasioni. Adesso, era vedovo.
CAPITOLO III
I media serano detti convinti che vittima designata fosse stato il governatore Donald Montgomery e non la povera signora White: Come per Bob Kennedy, ma hanno sbagliato mira! intitolava il quotidiano che avevo comprato allaeroporto. Avevo pensato: Una gran pubblicità politica, per lui. Lunica domanda che i mezzi di comunicazione serano posta era stata: Perché lassassino sè tirato il passamontagna sul viso solo dopo avere sparato, nelliniziare a fuggire? Già, perché?
La notizia era certamente già arrivata in Italia, data la notorietà del giovane candidato alla Presidenza, forse con la foto della signora White, e in questo caso Vittorio poteva già sapere del suo assassinio, nonostante il nuovo cognome della defunta moglie. Se sì, chi sa come aveva accolto la notizia? Con dolore? Io sospettavo che di Bimba fosse ancora innamorato, nonostante labbandono di lei, il quindicennio trascorso dalla separazione e una decennale relazione del mio amico con unaltra donna, durata fino a tre anni prima. Riflettendoci durante il volo, avevo pensato che, dopotutto, la morte della moglie fosse stata per Vittorio una liberazione, in quanto gli aveva aperto la via per un nuovo, eventuale matrimonio religioso. Peraltro non mi risultava che avesse unamica dopo il passato rapporto, durato finché lamante aveva, inaspettatamente, sposato un altro.