Il secondo delitto era occorso cinque giorni dopo luccisione della Capuò Tron, ormai ottobre: vittima Giovanna Peritti vedova Verdani, pensionata sessantenne che viveva sola in un alloggio in corso Agnelli ereditato dal marito. Aveva una figlia, ma sposata e residente ad Asti. Proprio questa ne aveva scoperto il cadavere, poco dopo le 22 dello stesso giorno dellomicidio: ella usava telefonare ogni sera alla mamma, e quella volta non aveva avuto risposta, sebbene il telefono avesse trillato molte e molte volte dalle 19 e 30 in poi; e poco dopo le 21, la figlia, preoccupata assai ben sapendo che la madre mai usciva di casa col buio, era saltata in macchina ed era venuta a Torino. Giunta circa unora dopo dinanzi al palazzo della mamma e avendo sonato inutilmente al citofono, grazie alle chiavi di riserva che aveva con sé era entrata, era salita e aveva aperto lappartamento materno, chiuso col solo mezzo giro come avrebbe poi detto alla Polizia, e accesa la luce, aveva fatto la raccapricciante scoperta della genitrice a terra cadavere nellingresso, con la bocca spalancata in una smorfia di dolore, gli occhi sbarrati, sangue e materia cerebrale fuoriusciti da un orecchio e un largo ematoma sulla testa.
Si sarebbe stabilito che lecchimosi era stata causata da un pesante vaso domestico calato sulla testa, sul quale lanatomopatologo avrebbe trovato tracce del cuoio capelluto della vittima. Il medico avrebbe stabilito inoltre che, sicuramente, la morte era stata dovuta a un punteruolo passato per lorecchio fin a bucare lencefalo.
La figlia della morta, che a stento aveva fatto in tempo a lasciarsi cadere sopra una sedia, vi era venuta meno. Ripresa conoscenza, verso le 22 e 10 comella aveva appurato allorologio da polso, benché ancora sotto shock era riuscita a telefonare al 113.
Verso le 23 avevo avvertito per cellulare Vittorio del nuovo omicidio, esaudendo la sua richiesta d'informarlo di possibili sviluppi dei quali fosse giunta notizia al giornale. Del nuovo delitto maveva detto Carla Garibaldi poco prima, dalla sua postazione-computer, quando le ero passato accanto diretto alla mia scrivania. Ne aveva appena avuto notizia telefonica da un collaboratore che, di regola, alla sera e nelle prime ore della notte stazionava nellatrio della Questura assieme a colleghi dellaltro quotidiano cittadino e delle televisioni, per ricevere notizie di nera. Di seguito il vice di Carla era accorso cogli altri sul luogo del delitto, per riferire novità alla sua principale.
Vittorio aveva il numero del cellulare di Evaristo Sordi, da lui aveva saputo che il funzionario si trovava sul luogo del delitto e che la salma non era stata ancora rimossa, in attesa dellimminente arrivo e dellautorizzazione del pubblico ministero Trentinotti al trasferimento in obitorio per la necroscopia. Lamico aveva ottenuto dal Sordi dessere ammesso nellalloggio della morta confondendosi coi giornalisti.
Non aveva mai avuto patente e viaggiava per la città in tram, parsimoniosamente; ma data lora e lurgenza, quella volta aveva preso un taxi. Era stata tuttavia una perdita di tempo e denaro, infatti era giunto sul pianerottolo innanzi allalloggio della defunta quandormai serano mossi tanto i giornalisti, compreso il vice di Carla, che il medico legale, il giudice e il commissario; questi aveva preso con sé, sullauto di servizio, la figlia della morta, per raccoglierne ufficialmente e verbalizzare in Questura la testimonianza. Il cadavere era di già in viaggio verso lobitorio. Rimanevano solo due agenti che stavano mettendo i sigilli alla porta e la vice sovrintendente che li comandava e che, conoscendo il DAiazzo, laveva salutato con cordialità; forse non lavrebbe potuto, ma gli aveva anche offerto un passaggio sulla propria pantera fin alla Questura, chegli sera ben guardato dal rifiutare, considerando la prossimità della stessa alla sua abitazione e lora ormai tarda.
Il giorno dopo Vittorio, durante la sua solita passeggiata sotto i portici di via Cernaia, corso Vinzaglio, corso Vittorio Emanuele e viceversa, sul ritorno aveva avuto idea di fare una sosta in Questura. Aveva chiesto del commissario Sordi, sperando che fosse in sede.
Cera e laveva ricevuto.
Senza preamboli, Evaristo gli aveva detto: Ieri sera avevo dovuto andar via prima del tuo arrivo eri venuto, no?
Sissignore.
Mi spiace, Vittorio, ma prima che tu giungessi il giudice ci aveva dato lordine di sgombrare e sigillare. Non avevo potuto aspettarti, dovendo andar via cogli altri e portarmi al seguito la testimone del ritrovamento, la figlia della morta, per mettere subito nero su bianco la sua deposizione.
Nessun problema. Se vuoi, dimmi qualcosa di sta figlia.
Nessun sospetto su di lei, anzi pare proprio, dalle testimonianze di vicini di casa della madre e, inoltre, di vicini della figlia interrogati poco fa dai nostri di Asti, dovella vive con marito e due bambini, che le due andassero damore e daccordo; anzi, figlia e genero invitavano sovente la mamma a casa loro, venendo lei o lui a prenderla in auto qui a Torino, per non farla andare su e giù in treno, e poi riportandola a fine giornata.
Capito. Deve aver sofferto molto quella povera signora.
Sì, era affranta. A parte questo, se ieri notte non ti ho potuto attendere, in paga ti dico adesso tutto quanto so. Anzitutto che, diversamente dal caso Capuò Tron, lomicida è entrato dalla porta e non da una finestra, dato che, come sai, lalloggio è al terzo piano. Inoltre, che stavolta non è stato sottratto nulla, almeno secondo la figlia della morta: forse lassassino è stato disturbato da qualcosa prima di frugare e rubare e si è eclissato in fretta tirandosi la porta dietro, che è rimasta chiusa col solo scatto; ma la notizia forse più importante riguarda il profilo della vittima: ho controllato nei nostri archivi se la Peritti Verdani fosse incasellata e ho trovato registrazioni su di lei nellufficio DIGOS.
Ah, però! Hm mentre la prima vittima?
No, niente, la Capuò Tron era un angioletto, povera donna, mai avuto a che fare con noi a nessun titolo. Invece la Peritti era di ben diversa pasta, almeno per il passato, ché poi doveva essersi data una calmata. Nei primi anni 70, non ancora coniugata Verdani, era stata operaia alla FIAT che laveva minacciata di licenziamento più volte a causa di gravi intemperanze sindacali verso colleghi non comunisti e contro il caporeparto, anzi, più che di intemperanze, parliamo pure di eccessi filo rivoluzionari: quella Peritti era conosciuta nellambiente marx-leninista col soprannome di Pasionaria, come la vecchia Dolores Ibarruri della guerra civile spagnola, precisamente la Pasionaria di Mirafiori. Gli avvertimenti da parte della proprietà erano stati propedeutici al licenziamento che però, per il cosiddetto Statuto dei Lavoratori1 , doveva avere giusta causa, comera definita, cioè in caso di contestazione da parte del licenziato doveva esserci un motivo di licenziamento riconosciuto valido da un giudice del lavoro.
Per tempi ordinari sarebbe stata, tutto sommato, una buona legge, ma non per quegli anni rivoluzionari.
Sì, Vittorio, infatti in quel tempo, come sai, solo per casi veramente estremi i giudici del lavoro riconoscevano la giusta causa, e la Peritti era pressoché intoccabile. Solo alla metà degli anni 70 la proprietà era riuscita finalmente a sbatterla fuori, dopo una sentenza favorevole, in grazia dun fatto più grave dei precedenti: durante una delle tante violente proteste davanti ai cancelli dello stabilimento, lei aveva colpito fisicamente il proprio caporeparto, chella stessa e altri facinorosi avevano obbligato con la forza a partecipare: tuttaltro che nuova a prodezze del genere, la Pasionaria gli aveva mollato due colpi con lasta della bandiera rossa che stringeva in pugno, uno sulla spalla e laltro, assai più grave, sulla testa, e laveva mandato allospedale svenuto e col cuoio capelluto lacerato; purtroppo per lei, quella volta aveva compiuto la bella impresa davanti a un nostro plotone in servizio dordine, che laveva fermata, non senza difficoltà peraltro, come risulta dal verbale in archivio, e laveva portata qui in Questura dove serano prese le sue generalità ed era stata denunciata per resistenza. Era stata poi querelata dal caporeparto e, fra una cosa e laltra, sera presa una condanna, sia pure con la condizionale, e inoltre la sua liquidazione, su istanza del legale del ferito, era stata posta sotto sequestro ed era servita a risarcire la vittima; ma soprattutto, con gran soddisfazione, la proprietà aveva potuto sbattere fuori quella novella Ibarruri. I nostri della DIGOS avevano continuato a tenerla docchio ovviamente, erano gli anni del terrorismo e la Peritti aveva proprio il profilo giusto per essere sospettata di simpatizzare per Brigate Rosse e compagnia. Risulta pure dallarchivio che, dopo un breve periodo di disoccupazione, era stata assunta come magazziniera in unazienda artigianale produttrice di porte per docce e che, qualche anno dopo, sera sposata con un commerciante ambulante di frutta e verdura, benestante, ed era andata ad aiutare il marito in piazza: da quel momento, sorridi! da comunista chera stata, era divenuta, notoriamente, democratica cristiana.
Non cè molto da sorridere, Evaristo, si sa come funzionano glideali in molte persone; ma dimmi una cosa: tu escluderesti una vendetta politica di qualcuno? Forse di qualche ex compagno, visto che lei aveva saltato il fosso?
Una vendetta dilazionata? Mah, non la si può escludere del tutto, però una punizione politica rimandata per così tanti anni non mi pare molto probabile e, oltretutto, lomicidio sè svolto come quello della Capuò Tron chera invece una pacifica borghese: dà proprio limpressione dessere opera dello stesso maniaco perfora-cervelli.
Non si può però escludere del tutto che il secondo assassino sia un altro e abbia fatto apposta ad ammazzare nella stessa maniera per deviare i sospetti.
Lo so, abbiamo pensato anche a questo, ma siamo dellidea di seguire anzitutto lipotesi dun unico maniaco, e se ci saranno altri casi simili, ne avremo la conferma.
Purtroppo, bisognerebbe aggiungere.
Capitolo 3
Un terzo assassinio, due giorni dopo il colloquio fra Evaristo e Vittorio, aveva confermato la traccia del maniaco omicida, ormai definito dai media, e quindi dal pubblico, il Mostro dellOrecchio.
La vittima, Margherita Piccozza Ferini di cinquantacinque anni, casalinga, era moglie dun funzionario di banca di grado elevato. Anche questa coppia, come quella del primo delitto, era senza figli. I coniugi vivevano in un appartamento di loro proprietà in un palazzo in Lungo Dora Voghera. Era stato il marito delluccisa, rientrato a casa dal lavoro verso le 18, a fare la raccapricciante scoperta e ad avvertire il 113. Il cadavere presentava un evidente ematoma alla testa, come nel secondo caso; questa volta, però, non sera trovato loggetto contundente, lassassino doveva esserselo portato via: il medico legale avrebbe stabilito trattarsi dun martello.
Vittorio, poco dopo le 19, dopo una rapida cena, era uscito per andare a un cinema e non aveva visto il suo solito notiziario televisivo; neppure, al ritorno, aveva guardato un telegiornale della notte, perché sera messo subito a letto a leggere un libro, fin a quando era stato preso dal sonno. Aveva avuto dunque notizia del delitto solo la mattina seguente, da un articolo di Carla Garibaldi che ne riportava le modalità.
Lamico aveva telefonato a Evaristo che, anche stavolta, laveva volentieri ricevuto nel suo ufficio.
Il commissario gli aveva detto: Purtroppo per la vittima, un cane pastore tedesco che la coppia teneva a guardia dellalloggio e per difesa personale, è morto proprio ieri mattina, non molte ore prima della morte della signora Ferini avvenuta, secondo i primi riscontri del medico legale, fra le 15 e le 17. Come ci ha detto il vedovo, il corpo dellanimale, per ragioni igieniche, era stato incenerito a cura del veterinario di famiglia, cui la padrona laveva portato in mattinata a quel preciso scopo. Dato che io credo assai poco alle coincidenze, ho il sospetto che lassassino avesse gettato al cane uno o più bocconi avvelenati mentre la bestia, quella mattina sul presto, si trovava nel giardino pubblico sotto casa, lasciata come al solito libera dal padrone, comegli ci ha detto fra un singhiozzo e laltro per sua moglie, poveruomo: il loro Lampo ha cominciato a sentirsi male salendo sullascensore e in casa sè prostrato a terra senza più forze; i coniugi lhanno allora riportato di sotto, lui tenendolo in braccio, e lhanno caricato sullutilitaria della moglie perché lei lo portasse dal veterinario, ma il cane a quel punto è morto; dunque, mentre lui, per non giungere in ritardo, è andato senzaltro in banca con la propria auto, la moglie, con la propria, ha condotto la bestia allo studio, comera in programma, ma solo più per farla incenerire.
Dunque, Evaristo, lassassino non sarebbe preda dimprovvisi raptus, ma preparerebbe con cura i suoi delitti.
Se è vera la mia idea dellavvelenamento del cane, direi di sì.
Sfortunaccia vuole che non ci sia più il corpo dellanimale per unautopsia.
Appunto.
Il quarto omicidio era avvenuto il posdomani, fra le 0 e le 2 di notte a parere del medico legale. Era stato eseguito col solito metodo del punteruolo affondato in un orecchio, ma aveva avuto per vittima un uomo, un certo Alessandro Cipolla, sessantasei anni, pensionato, ed era stato perpetrato sulla via.
La mia collega Carla aveva saputo dal proprio vice, per un comunicato ai media da questi raccolto in Questura, che il morto era stato un etilista senza casa che aveva vissuto negli ultimi anni da vagabondo, dormendo sotto cartoni dimballaggio in qualche angolo di gallerie pubbliche o portici, e chegli era già conosciuto alla Polizia a causa duna chiamata via telefonino al 113, un paio di mesi prima, da parte duna signora, molto anziana ma sempre lucida, già insegnante di lettere, da lui molestata sotto i portici di via Roma con una brusca richiesta di denaro e, nulla ottenendone, da lui bersagliata di sputi: non appena era giunta una volante, laustera professoressa aveva chiesto agli agenti di prendere i dati del molestatore, che intanto aveva seguitato a girarle attorno facendole pernacchie e, alternativamente, ruttandole contro effluvi vinacei, e aveva fatto seguire una denuncia in Questura lo stesso giorno. Laveva però ritirata il dì seguente, per sopraggiunta compassione, dopo una notte di rimorsi alla innominato del Manzoni, pare avesse detto con assoluta serietà al perplesso assistente capo di turno. Il senza dimora Cipolla mangiava alle mense dei poveri e si beveva nei bar e nelle vinerie non solo tutta la pensione, ma pure quanto riusciva a raggranellare chiedendo lelemosina, sempre con un fare aggressivo, essendo ubriaco fin dal mattino. Era un avanzo duomo che nessuna persona dassennato sentire avrebbe avuto la spietatezza di colpire fisicamente in qualche modo, e meno che mai duccidere e in maniera talmente atroce.
Considerando lo stato asociale dellultimo ucciso, era scoccata nel vice questore Giandomenico Pumpo, non dimentico dessere stato il capo della Squadra Anti Sette, lidea che si fosse trattato dun omicidio rituale di fanatici del cosiddetto satanismo giovanile acido, non nuovo ad attacchi a inermi barboni dormienti, quali di loro gravemente feriti, quali uccisi, sebbene le azioni si fossero svolte, fino ad allora, cospargendo le vittime di liquido infiammabile e dando loro fuoco. Il dottor Pumpo aveva indirizzato Evaristo Sordi anche su tale strada.
La nostra Carla Garibaldi era stata informata della nuova pista da Vittorio, con la mia mediazione, ed era uscito in conseguenza su La Gazzetta Libera un suo articolo-inchiesta sulle sette diaboliche, che faceva riferimento ai delitti del Mostro dellOrecchio. Il mio amico vi figurava, anonimamente, come fonte vicina alla Questura.
Capitolo 4
[Da La Gazzetta Libera]
Il Mostro dellOrecchio sarebbe
in realtà un gruppo diabolico?
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Il vice questore Giandomenico Pumpo ha indirizzato
le indagini anche verso possibili delitti rituali satanici