Guarda che, Vittorio, per la prima vittima il Mostro si sarebbe introdotto dal giardino attraverso una finestra.
Lo so che cè codesta ipotesi, ma essa non può farci escludere affatto che lomicida sia stato invece ammesso in casa dalla vittima. È certo soltanto che nessuna porta dingresso è risultata forzata in alcun caso.
Il Mostro potrebbe aver avuto le chiavi delle abitazioni? avevo suggerito.
Dalle stesse vittime?
Mah, no, io penserei a copie false realizzate preventivamente, non so, facendosi un calco in qualche modo.
Mica è così facile, sai? Solo nei film riescono a prendere nascostamente impronte della chiave sulla cera e a ricavarne copie perfette. I fabbri non lavorano mica così, partono da un originale o, se la chiave non cè, lavorano direttamente sul serramento, certe volte limitandosi a sostituire lintera serratura. Semmai, penserei a un grimaldello, che può aprire facilmente una porta se cè solo il mezzo giro, a parte che oggigiorno la gente, di norma, chiude a più non posso, anche se in quel momento si trova dentro: a destra, a sinistra, sopra e sotto aveva fatto più volte il gesto di girare in unimmaginaria toppa unaltrettanto inesistente chiave e penso che il mezzo giro che hanno poi trovato entrando i parenti e, per la Scrofagnocca, la Polizia fosse la ovvia conseguenza del fatto che lassassino, ogni volta, sera tirato dietro la porta scappando, non che ci fosse già stato il semplice scatto quandera arrivato, se non nel primo caso, dato che la domestica aveva dichiarato a Evaristo daver lasciato lei, uscendo, il mezzo giro come dabitudine: immagino che la povera signora Tron si sentisse sicura grazie al muro di cinta della villetta e, daltra parte, lei o la domestica avevano aperto le finestre al piano terra per far circolare laria, poiché quel giorno faceva caldo, e non avrebbe avuto senso serrare a tre mandate lingresso. È determinante, daltronde, il fatto che tutte le uccise erano in casa e quindi, se lassassino avesse armeggiato alla porta cercando dentrare, lavrebbero sentito. Dunque, se nel caso Capuò Tron egli può essersi ficcato in casa scavalcando recinzione e finestra, per gli altri delitti qualcuno deve avergli aperto dallinterno: immagino le vittime stesse.
Senti, Vittorio, anche se forse la mia idea è un po da telenovela, lomicida non avrebbe potuto essere lamante di ciascuna delle quattro donne e, quindi, ognuna di esse averlo ammesso in casa senza sospetti?
Amante di tutte? Idea un po eccessiva, effettivamente, anche se non da escludere al cento per cento. Però, che dire di quellanziano barbone pulcioso ed etilista? Anche lui amante del Mostro?.
Oh, se è per questo, ci sono tali e tanti gusti sessuali ributtanti, Vittorio! Pensa a chi va addirittura con una bestia, il che mi sembra anche peggio dellaccoppiarsi con un vecchio ubriacone pulcioso.
Già; e detta per inciso, non mi sento descludere che vengano ammessi malauguratamente in futuro anche matrimoni con un animale o, che so, che siano legalizzate altre depravazioni come il sesso pedofilo: ormai sono tanti i politici privi della morale naturale, gente immersa nel pensiero debole3 che si preoccupa solo di seguire il mutevole sentire dei propri potenziali elettori; ma tralasciando le preoccupazioni moralistiche, torniamo al caso del Mostro: se lassassino è sempre lo stesso per tutti e cinque gli ammazzati, possiamo supporre che tanto il clochard che le quattro donne lavessero conosciuto dapprima: senza però bisogno desserne stati gli amanti! Nondimeno, il Cipolla potrebbe essere stato ucciso non dal Mostro da quel serial killer, ma da un ammiratore-imitatore del medesimo, oppure da un nemico personale che voleva depistare le indagini usando il metodo del Mostro.
Daccordo, Vittorio.
Non è comunque improbabile che il serial killer conoscesse almeno tre delle uccise e che le stesse gli avessero aperto la porta, e inoltre cè unaltra cosa: ho il sospetto che i morti si fossero tutti conosciuti lun laltro, in passato, e anzi in due casi, secondo una confidenza di Evaristo, è quasi sicuramente così: domattina verificherò, di persona qualcosa al riguardo e, se andrò a segno, ti riferirò, anche per il tuo giornale, mentre se sarà un fiasco, nossignore.
Qui aveva affrontato il secondo piatto, portato già da un paio di minuti da una gentil signora, funghi autunnali e fiori di zucchine impanati e fritti, non proprio il massimo al fine duna buona digestione, soprattutto per uno stomaco ultra ottantenne come il suo.
La mattina dopo, in ottima salute, Vittorio era andato allAnagrafe, chiedendo dun dirigente che conosceva perché, come lui stesso, era parrocchiano di Santa Barbara.
Sapendolo questore emerito, trascurando la legge sulla privacy il conoscente gli aveva messo a disposizione un archivista e, col suo aiuto, lamico aveva saputo quali fossero state le professioni delle cinque vittime, secondo le loro vecchie carte didentità. Aveva scoperto, via, via, che anche la Capuò Tron, la Piccozza Ferini e il Cipolla, per molto tempo, avevano svolto il lavoro di magazziniere. Restava da vedere dove: anchessi nella stessa fabbrichetta di porte per docce?
Nel pomeriggio Vittorio aveva avvisato telefonicamente il commissario Sordi della coincidenza, suggerendogli dindagare negli archivi dellUfficio di Collocamento torinese per scoprire in quali ditte quei tre fossero stati magazzinieri: Mi chiedo, Evaristo, se fossero stati occupati nella stessa azienda dove avevano lavorato la Peritti e la Scrofagnocca.
Aveva informato anche me, come sera daccordo nel caso di sviluppi. perché riferissi a Carla e questa ne ricavasse un articolo.
Era stato pubblicato la mattina seguente, in prima pagina. Su richiesta di Vittorio, lautrice sera attribuito il merito della scoperta presso lAnagrafe, ché il mio amico non aveva voluto figurare sui media; maveva detto al telefono: Non è tanto per modestia che non voglio essere nominato, ma per buona prudenza, perché mica voglio trovarmi in casa il mostro a bucarmi il cranio col punteruolo, alla mia veneranda età. Dal tono lavevo indovinato sorridente.
Capitolo 7
[Da La Gazzetta Libera]
Tutti gli uccisi dal Mostro dellOrecchio
erano stati magazzinieri. Coincidenza?
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Le vittime si conoscevano? Potrebbero
essere a rischio anche loro ex colleghi?
Carla Garibaldi
È tristemente noto che sono arrivate ormai a cinque le vittime del Mostro dellOrecchio, tutte ammazzate con un acuminato punteruolo piantato nellencefalo attraverso lapparato uditivo.
Ricordiamo che si chiamavano Maria Capuò Tron, Giovanna Peritti vedova Verdani, Margherita Piccozza Ferini, Alessandro Cipolla e Mosca Scrofagnocca.
Mentre lidentità e lo stesso profilo psicologico dellassassino restano purtroppo celati, un particolare nuovo è emerso ieri, da una nostra ricerca negli archivi dellAnagrafe torinese. Tutti gli uccisi e non solo, comera già noto alla Questura, la Peritti e la Scrofagnocca avevano esercitato per anni il lavoro di magazziniere. La Capuò Tron aveva smesso di lavorare dopo il matrimonio, comè risultato dai confronti con le sue successive carte didentità, dalle quali ella risulta casalinga. La Piccozza Ferini, sempre secondo i documenti, aveva abbandonato il lavoro solo alcuni anni dopo le nozze, forse perché il marito, poi dirigente bancario, era ancora allinizio della carriera e uno stipendio non sarebbe stato sufficiente. Il Cipolla aveva smesso il lavoro di magazziniere solo quandera andato in pensione. Quanto alle altre due assassinate, la Scrofagnocca era ancora attiva al momento della morte, presso un magazzino di sanitari, mentre la vedova Verdani, pensionata da circa un anno al momento della morte, aveva tuttavia abbandonato il lavoro di magazziniera molto prima, quando sera sposata con un commerciante cui aveva poi dato il proprio aiuto.
Mentre lidentità e lo stesso profilo psicologico dellassassino restano purtroppo celati, un particolare nuovo è emerso ieri, da una nostra ricerca negli archivi dellAnagrafe torinese. Tutti gli uccisi e non solo, comera già noto alla Questura, la Peritti e la Scrofagnocca avevano esercitato per anni il lavoro di magazziniere. La Capuò Tron aveva smesso di lavorare dopo il matrimonio, comè risultato dai confronti con le sue successive carte didentità, dalle quali ella risulta casalinga. La Piccozza Ferini, sempre secondo i documenti, aveva abbandonato il lavoro solo alcuni anni dopo le nozze, forse perché il marito, poi dirigente bancario, era ancora allinizio della carriera e uno stipendio non sarebbe stato sufficiente. Il Cipolla aveva smesso il lavoro di magazziniere solo quandera andato in pensione. Quanto alle altre due assassinate, la Scrofagnocca era ancora attiva al momento della morte, presso un magazzino di sanitari, mentre la vedova Verdani, pensionata da circa un anno al momento della morte, aveva tuttavia abbandonato il lavoro di magazziniera molto prima, quando sera sposata con un commerciante cui aveva poi dato il proprio aiuto.
Anche se può essere solamente un nostro sospetto, ci permettiamo di sottoporre aglinquirenti alcune domande:
Stabilito che tutti gli assassinati erano stati magazzinieri, in qualche periodo della loro vita avevano forse lavorato nella medesima azienda?
Questa ditta era forse, per tutti e cinque, la fabbrica di porte per docce, chiusa ormai da diverso tempo, dove sicuramente, comè già noto alla Questura, la vedova Verdani e la Scrofagnocca avevano prestato la loro opera?
Qualora fosse questo il filo rosso che lassassino ha seguito, altri antichi colleghi delle vittime potrebbero essere in pericolo? Ci sembra questa una domanda vitale.
In merito poi alla matrice satanica dei delitti ipotizzata dal vice questore Pumpo, potrebbero le stesse vittime, in passato, aver avuto a che fare, a qualsivoglia titolo, con quellambiente? Se sì, esso sarebbe stato in qualche modo collegato allazienda in cui lavoravano? E in questo caso, i proprietari avrebbero potuto non esserne al corrente?
carlgari@gazzetta.it
Capitolo 8
Ho letto il pezzo della tua collega, maveva detto Vittorio, e sono rimasto un po perplesso.
Perché sè attribuito il merito della scoperta allAnagrafe?
No, no, lo sai che te lavevo detto io stesso, di chiederglielo. Intendevo che, in chiusura dellarticolo, ha azzardato un po troppo: anche se non sesprime con chiarezza, sembra quasi chella insinui che i proprietari della ditta fossero demonisti: potrebbe venirgliene una richiesta di risarcimento per danni morali, sai?
Non la teme, è assicurata come lo sono un po tutti i giornalisti, me compreso: col nostro mestiere, beccarsi querele non è mica difficile, sai?
Già, ma andarsele proprio a cercare
Il sostituto procuratore della Repubblica Marcello Trentinotti, forse spinto proprio dallarticolo di Carla, aveva esortato il vice questore Pumpo, e questi il Sordi, a procurargli al più presto i risultati dei controlli avviati presso lUfficio di Collocamento. Nel frattempo, aveva dato incarico a un cancelliere di raccogliere, presso gli archivi della Camera di Commercio, tutti i dati relativi alla fabbrica per docce Società Coniugi Corona & Figlio.
Era risultato che non solo due ma tutti e cinque gli assassinati erano stati dipendenti di quellazienda e, per diverso tempo, avevano lavorato insieme.
La società era stata unimpresa familiare che aveva cessato la propria attività alla metà degli anni 80. Ne erano stati proprietari madre e figlio, Luigia e Attilio Corona, dopo che il rispettivo marito e padre era deceduto per un ictus verso la fine dei 70.
Mentre la donna era risultata morta da tempo, il figlio, un uomo di cinquantun anni pensionato per invalidità, dottore in architettura, era stato rintracciato e convocato dal pubblico ministero Trentinotti nel suo ufficio, per essere udito quale persona informata sui fatti. Lappuntamento era stato fissato per il 18 ottobre alle ore 10.
Quella mattina Attilio Corona sera presentato puntualmente.
Ne era seguita una lunga conversazione col dottor Trentinotti, verbalizzata da un cancelliere.
Grazie alle proprie aderenze in Tribunale, Carla era riuscita a ottenere notizie sul colloquio e, il giorno seguente, era uscito un suo articolo.
Capitolo 9
[Da La Gazzetta Libera]
Il Mostro dellOrecchio
conosceva le sue vittime?
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Avevano lavorato tutte nella stessa società
Carla Garibaldi
Glinquirenti hanno verificato e accolto lipotesi che in passato il Mostro dellOrecchio fosse stato in rapporti, sullo stesso luogo di lavoro, con le future vittime. Risulta dagli archivi dellUfficio di Collocamento che gli assassinati avevano operato come magazzinieri nella ditta Coniugi Corona & Figlio s.n.c., una piccola società familiare produttrice e distributrice di porte per box doccia, che aveva cessato lattività nel 1985, causa malattia dei proprietari, madre e figlio.
Mentre la donna è risultata da tempo deceduta, il figlio Attilio Corona, dottore in architettura ma non iscritto allalbo degli architetti, è stato convocato dal giudice dottor Marcello Trentinotti per essere ascoltato come persona informata sui fatti, ed è stato udito ieri mattina.
Il dottor Corona è persona di media statura e di fisico asciutto. Sè presentato in un elegante doppiopetto marrone e cravatta di seta unita deguale colore su camicia crema, resti duna passata agiatezza, avendo egli affermato di vivere assai modestamente, con lunico reddito duna pensione dinvalidità concessagli in seguito a un ictus sofferto allinizio del 1985, non molto prima di ritirarsi dagli affari, non ancora quarantenne. Dimostra tuttavia daver superato bene quellinsulto cerebrale.
Egli ha riferito al magistrato che, in seguito allictus, la ditta era stata liquidata dalla madre, ormai anziana e con qualche problema di memoria, dunque nellimpossibilità di continuare a gestire da sola lazienda. Larchitetto ha precisato che la cessazione della Coniugi Corona e Figlio era stata purtroppo svolta maldestramente dalla propria mamma e che, per questo, loro due erano rimasti, quasi, in stato di povertà, lei con la pensione artigiana e lui con quella modesta da invalido e la sola proprietà del monolocale in cui tuttora vive. Ha aggiunto che non molto dopo la chiusura, nella donna sera rivelato in tutta la sua gravità il devastante morbo dAlzheimer, che già doveva aver fatto capolino al tempo della liquidazione dellazienda. Fortunatamente, intanto il Corona sera rimesso abbastanza in salute e aveva potuto assistere la madre fin alla morte di lei, avvenuta nel 1987, per una polmonite che il male cerebrale cronico della donna aveva reso letale nonostante un pronto ricovero. Il dottor Corona, che sè mostrato ben lucido nel corso di tutta la conversazione col magistrato, su richiesta del medesimo ha poi ricordato e descritto le figure delle cinque vittime del Mostro dellOrecchio, tutte sue ex dipendenti addette al magazzino materie prime o a quello vendite. Ha affermato in sostanza che nessuna di esse brillava per diligenza. A precisa domanda del dottor Trentinotti, ha risposto che non gli risultava che avessero avuto nemici in ditta, aggiungendo di sua iniziativa che potevano però averne avuti al di fuori, nellambiente dellestrema destra, essendo stati militanti comunisti, comegli aveva inteso a suo tempo orecchiando loro conciliaboli. Alla richiesta del giudice se non gli fossero sorte perplessità, ultimamente, nel sapere che qualcuno stava ammazzando suoi ex dipendenti, ha risposto che non ne era al corrente non leggendo giornali, per ragioni economiche, e non possedendo un apparecchio televisivo, in quanto non amava la televisione e desiderava, comunque, non sborsare il canone. Ha spiegato, senza remore, che, da quandera mancata la mamma e, con lei, la materna pensione, egli era rimasto veramente molto povero, per cui risparmiava anche la lira.