Gli Isopodi Del Tempo - Angel Martinez 2 стр.


«Hai promesso di mantenerti professionale al lavoro».

«Calma, Soren». Carrington gli batté sulla spalla mentre gli passava accanto. «Proporre una cena da asporto non ha niente di poco professionale».

«Hai sentito?» Il cuore di Vikash gli martellò contro lo sterno. Tutta la stazione lo sa. Tutti lo vedono.

«Orecchie da vampiro, mio caro. Cosa cè che non sento? Sul serio, però. Rilassati. Nessuno ha il tempo di interessarsi alla vostra piccola tresca illecita».

Vikash avrebbe potuto accettare il consiglio se Virago non avesse tuonato dallaltra parte della stanza: «Ehi! Di che state sussurrando voi ragazze? Andate a qualche bar con arcobaleni e lustrini?»

«Solo se vieni anche tu!» Kyle fece versi da bacio in direzione di Virago. «Non dimenticare la borsetta!»

«Piantala, Vance», mormorò Amanda mentre passava accanto a Virago e gli dava uno scappellotto sulla nuca. «La tua quip equicazz.. qual è quella parola, Carr?»

«Equiparazione», disse di rimando Carrington senza la minima esitazione.

«Già, quella parola di uomini gay e vere ragazze è offensiva».

«Scusa, Manda».

Di norma, Vance Virago, autoproclamato duro, che si faceva piccolo mentre si scusava sarebbe stato divertente. Vance non poteva averli sentiti dallaltra parte della stanza. Stava solo bullizzando Kyle come faceva sempre. Ma il tempismo era stato orribile e, tra quelle parole omofobiche e i sussulti di Vikash, era riuscito a cancellare la tranquilla contentezza dal volto di Kyle. Lo addolorava il fatto che Vance potesse riuscirci. Peggio ancora, Vikash non aveva idea di cosa fare a riguardo.

«Kyle»

Non ebbe la possibilità di dare neppure una minima spiegazione o scusa però, dato che unallerta inviata dalla tenente comparve sullo schermo, ordinando loro di andare a indagare su un disturbo della quiete a Fairmount Park.

Vance si spinse via con violenza dalla propria scrivania. «Oh, amico!»

E il nostro omofobo locale è il nostro rinforzo. Lirritazione si arrampicò lungo la schiena di Vikash. Kyle non aveva mai fatto nulla a Vance tranne rifiutarsi di piegarsi al suo bullismo. Alcuni giorni era a un punto tale che Vikash avrebbe voluto compilare una denuncia di molestie sul lavoro per conto di Kyle, anche se a lui avrebbe dato fastidio lintromissione. Era comunque sbagliato e Oh, cavolo.

Nella collera crescente, Vikash sentì la fastidiosa sfera riscaldata di potere al centro di lui che annunciava la manifestazione del suo strano talento. Quasi andò nel panico: listinto di allungare la mano sopra la scrivania e afferrare Kyle era possente. Assieme, avevano una possibilità di direzionare il fulmine di collera in qualche punto dove sarebbe stato innocuo. Magari verso il vecchio tritadocumenti che si inceppava dopo ogni pagina. Ma toccare Kyle significava anche che il potere si sarebbe amplificato in una bizzarra fusione dei loro talenti paranormali difettosi. Per non menzionare il fatto che toccare Kyle nella sala degli agenti non faceva che dare ulteriori munizioni a Vance.

Poi fu troppo tardi per le scelte. Il potere eruppe da lui mentre stava seduto immobile, lottando per tenere qualunque reazione fuori dalla sua espressione. Uno schiocco e un distinto sfrigolio elettronico risuonarono alla sua sinistra facendolo rimpicciolire.

«Vaffanculo!» urlò Vance, schiaffeggiando il monitor fumante del suo computer.

Jeff si alzò per aiutarlo a soffocare le piccole fiamme con un asciugamano. «Maledizione, Vance. Che hai fatto stavolta?»

«Non sono stato io! Giuro!»

«La tenente non ti permetterà più di avere un computer se continui a romperli».

Vikash si girò allindietro e trovò Kyle che fissava lui anziché guardare la confusione, le labbra serrate assieme in una linea collerica.

«Non mi serve che tu mi protegga, Kash».

«Non era mi è sfuggito».

Kyle sbuffò dal naso. «Certo».

Trattenendo un sospiro, Vikash prese il cappello e seguì Kyle alla loro auto di pattuglia, bianca con la banda azzurra come tutte le autopattuglie della polizia della città di Philadelphia. La loro stazione però aveva anche il distintivo nero e oro del 77° sopra la striscia blu, a marchiarli permanentemente come qualcosa di diverso.

Per una volta, Vikash avrebbe voluto che il viaggio verso la scena fosse più lungo. Non per la prima volta, avrebbe desiderato essere agile sui suoi piedi verbali. «Kyle»

«Mettilo in un posto sicuro per me, Kash». Kyle allungò una mano per dargli una pacca sul ginocchio. «Tieni stretto qualunque cosa stia filtrando e cuocendo là dentro. Al momento, abbiamo due frasi di cui dobbiamo preoccuparci. Disturbo e attaccato da una palla di rametti. Non perdiamo la concentrazione quando non sappiamo in cosa cazzo ci stiamo cacciando».

«Come sempre».

«Già. Amo le sorprese».

«Le odi».

«Shh. Sto tentando un po di autoconvincimento qui. Non rovinarmelo».

Eccolo di nuovo. Nonostante tutti i suoi dubbi e il senso di colpa, Kyle aveva contorto la gruccia delle sue parole, si era insinuato dentro e aveva pescato un sorriso da Vikash. A volte, come in quel momento, un pochino di irritazione arrivava col sorriso, per il fatto che Kyle riuscisse a fargli perdere anche quella briciola di controllo. Ma comunque gli avvolgeva uno strato di calore attorno al cuore malandato. Kyle era come una coperta appena uscita dallasciugatrice in una mattina invernale. Limmagine alquanto sdolcinata lo fece ridacchiare.

«Che cè?»

«Niente. Coperte. E asciugatrici».

«Certi giorni sei davvero tanto strano». Kyle fece un cenno della testa vero il loro computer di bordo. «Ti prego, dimmi che abbiamo un aggiornamento sullultima posizione. Dire a Fairmount Park è utile quanto dire da qualche parte tra qui e Lancaster».

«Mount Pleasant».

«Grazie, dio dei punti di riferimento specifici».

Vikash girò la testa mentre un segnale stradale sfrecciava loro accanto. «Il GPS dice di prendere Kelly Drive».

«Il GPS del cavolo può andare a fare in culo in silenzio in un angolo. Ho vissuto qui per tutta la vita, Kash. La Reservoir ci farà arrivare più in fretta».

«Il GPS non è davvero progettato per quello».

Kyle gli rivolse uno di quegli splendidi sorrisi storti che Vikash adorava così tanto. «Probabilmente no. Ma potrebbe divertirsi parecchio provandoci».

Erano caduti dieci centimetri di neve la notte prima, ricoprendo i marroni e i verdi del parco di uno strato uniforme di bianco, addolcendo le linee aggressive dei piedistalli delle statue, nascondendo le imperfezioni che il disgelo di primavera avrebbe svelato come una spogliarellista impudica. Un forte sole invernale traeva scintille dorate dai capelli rossi di Kyle. Kyle Monroe, col suo naso rotto una volta e le mani con le cicatrici da ustione, che non avrebbe potuto essere più bello per Vikash neanche se degli angeli gli avessero brunito la pelle.

Sono innamorato di lui. Sono innamorato del mio compagno e non posso dirglielo. Non oso dirglielo.

Per Kyle, stare con un uomo non era un gran problema. Niente, per quel che riguardava le relazioni, sembrava esserlo per lui. Per quanto riusciva a dire Vikash, Kyle non aveva mai avuto un ragazzo serio di lunga durata, mentre Vikash? Lui aveva sempre lottato: per spiegare alla sua famiglia di essere bi, per rispiegare costantemente la stessa cosa a qualunque metà avesse mai avuto, per nascondere chi era al lavoro con meticolosa attenzione. Era già brutto abbastanza essere un poliziotto gay, ma un poliziotto bisessuale dichiarato? Sarebbe stato come gettare un unicorno di cioccolata in una stanza piena di scoiattoli affamati. Dilaniato un pezzetto alla volta finché non fossero rimaste altro che briciole.

Ogni volta le sue riserve, la sua ansia ben nascosta, la sua incapacità di scegliere da che parte stare, come aveva detto la sua ultima ragazza, avevano fatto affondare le sue relazioni. Lavevano visto come una mancanza di impegno, come se la sua bisessualità fosse una strada diretta per linfedeltà e la promiscuità. Kyle non gli stava chiedendo di cambiare. Kyle almeno diceva di capire, ma lagitazione era iniziata, lirritazione per il fatto di non poter semplicemente essere aperto ed esposto al pubblico, di dover continuare a tenere casa e lavoro in contenitori chiusi ermeticamente. Non ci sarebbe voluto molto ormai prima che Kyle arrivasse al limite.

Vikash aveva insistito perché ognuno tenesse il proprio appartamento. Aveva insistito perché andassero al lavoro separatamente. Era lui quello che si scostava quando Kyle cercava di prendergli la mano al tavolo di un ristorante. Autosabotaggio? Probabilmente. Era bravo a farlo. Anche se stavolta era una scelta che non voleva fare tra la relazione e la carriera, e più evitava di affrontare quella scelta più si garantiva un fallimento spettacolare e incasinato della relazione.

Quando Kyle svoltò sulla solitamente pacifica Mount Pleasant Drive tra due file di alberi, non potevano esserci dubbi che stessero andando nella direzione giusta. Piccoli gruppi di gente urlante correvano oltre la loro auto di pattuglia, e un uomo per poco non corse dritto contro il paraurti di Vance dietro di loro.

In assenza di turisti e visitatori del parco, la rotonda davanti alla villa vera e propria era di una calma mortale. La casa principale in bianco con bordature di mattoni rossi con la sua dependance in tinta era rannicchiata in un mucchietto solitario contro la neve, eleganti pasticcini da tè persi in unesplosione di glassa bianca. La scena ingannevolmente pacifica fece risalire un brivido lungo la schiena di Vikash. A meno che la folla in fuga avesse raggiunto tutta assieme la stessa dolorosa epifania sullinsignificanza dellesistenza e fosse corsa via urlando in preda a un panico esistenziale di massa, qualcosa era in agguato nelle vicinanze.

Vikash esaminò il terreno mentre scendeva dalla macchina, non volendo ancora fare una mossa in nessuna direzione.

«È tranquillo. Troppo tranquillo», mormorò Kyle ripetendo il vecchio cliché dei film, e Vikash dovette soffocare una risatina nervosa.

«Siamo a circa il cinquanta per cento di umidità». Jeff Gatling girò attorno allauto verso il lato di Vikash. «Vance? Scintille?»

Per fortuna, Vance era concentrato sulla caccia e non stava tormentando Kyle. Alzò una mano, le dita puntate al cielo. Del fumo si arricciò verso lalto, poi uno sbuffo scuro eruppe prima che delle fiamme gli danzassero sulle punte delle dita. «Oh, sì. Abbiamo scintille. Fatti avanti».

«Contenere se possibile», lo ammonì a bassa voce Jeff. «Incenerire come ultima risorsa. Capito, Vance?»

Il suo compagno borbottò, ma si unì a loro mentre recuperavano tutti reti e borse dalle auto di pattuglia. Vikash colse un movimento con la vista periferica. Si voltò lentamente e notò un rapido lampo di qualcosa che svaniva dietro la dependance sulla sinistra.

«Là». Indicò, muovendosi lentamente ma con decisione attraverso la neve.

«Lhai visto, Kash? Quantè grosso?» Kyle si spostò di qualche metro sulla sinistra, in caso il colpevole avesse deciso di fuggire.

Vikash scosse la testa. «Non ho visto abbastanza».

La neve era abbastanza fresca da non scricchiolare ancora, e attutì i loro passi mentre si facevano strada attorno alledificio, Vikash e Kyle sulla sinistra, Jeff e Vance sulla destra. Quando la cosa uscì dal suo riparo, lo fece con velocità allarmante, sfrecciando da dietro ledificio e gettando Kyle in terra prima di rotolargli sopra.

«Kyle?» lo chiamò Vikash, mentre già tentava di indirizzare la cosa verso Jeff e Vance.

«Sto bene».

Anche se Vikash non era convinto, non poteva ancora tornare indietro a controllare come stesse il suo compagno. Due metri di diametro, la bizzarra apparizione che aveva causato la fuga di massa sembrava essere unenorme palla di detriti da orticoltura. Rotolava e rimbalzava verso il fiume, rametti, foglie secche e viticci tutti intrecciati e che spuntavano irregolari dalla superficie come un brutto taglio di capelli. Con le sue gambe più lunghe, Vikash distanziava facilmente i suoi colleghi, perciò era proprio nella linea di tiro quando il rotolacampo della follia si fermò di botto, si scosse, e scagliò una massa di bastoncini come missili nella sua direzione. Lui si gettò di lato e la sua giacca subì il grosso dellattacco. Dietro di lui, sentì un acuto urlo di dolore.

Il rotolacampo frusciò di nuovo, apparentemente preparando un secondo lancio. Vikash si coprì la testa e arrischiò unocchiata allindietro verso Jeff, spalmato in terra con un bastone del diametro di cinque centimetri conficcato nella spalla.

Vance si alzò da dove si era accucciato accanto al suo compagno, il volto paonazzo mentre urlava: «Mostro del cazzo!»

Delle fiamme gli scaturirono dalle dita mentre proiettava in avanti un braccio e poi laltro, fiammate di tre metri che minacciavano di dar fuoco agli alberi mentre Vance correva verso il rotolacampo. Col fumo che risaliva da diversi punti colpiti dal fuoco, la creatura fuggì con balzi erratici attraverso Kelly Drive fino a raggiungere la scultura dei Playing Angels accanto al fiume. Per un attimo, Vikash temette che sarebbe saltata in acqua, invece si nascose dietro i tre angeli che suonavano il corno sui loro alti piedistalli, saltando dalluno allaltro mentre Vance continuava col suo assalto.

«Vance!» urlò Jeff, sforzandosi di mettersi a sedere. «Piantala! Contenere!»

Ma Vance lo ignorò, mormorando una serie di invettive sui mostri che sparavano addosso alle forze dellordine. Anche se a volte poteva essere un lavoro duro gestire un non umano che infrangeva la legge, i loro ordini standard erano di trattenerli a meno che la creatura presentasse una minaccia immediata. Almeno a Vikash era chiaro che il rotolacampo fosse più spaventato che malevolo. Si gettò contro Vance, buttandolo nella neve sotto langelo di destra mentre Kyle cercava di spegnere le fiamme con la sua giacca.

Pur col sangue che si allargava sulla camicia blu della sua uniforme, Jeff si unì allo sforzo di soppressione del fuoco, anche se sembrava senza speranza. Le fiamme schioccavano e scoppiettavano, e un terribile lamento terrorizzato giunse dal centro del rotolacampo.

«Levati di dosso, imbecille!» Vance si scrollava e si contorceva, ma Vikash non intendeva ancora farlo rialzare. Dovette schivare un pugno puntato alla sua testa ed era sul punto di usare i suoi arti più lunghi per bloccare le braccia di Vance in una stretta da orso quando di colpo il loro incendiario divenne inerte.

I suoi occhi si aprirono di scatto, le pupille allargate, e fissarono qualcosa dietro di lui. La sua paura era talmente reale che Vikash si gettò unocchiata oltre una spalla, ma vide solo labbagliante celeste del cielo invernale. Con cautela, sollevò il proprio peso. «Vance? Che succede?»

«Oh mio Dio, cazzo. Non può essere», sussurrò Vance mentre si alzava e si chinava a raccogliere un oggetto inesistente da terra. Assunse una posa difensiva, indifferente a Vikash che lo scuoteva e gli urlava nellorecchio. «No! Lucertole volanti del cazzo! Non puoi essere qui!»

Vance agitò con foga qualunque fosse larma immaginaria che stava impugnando, cercando di colpire qualcosa di altrettanto immaginario nellaria. Non sapendo bene se dovesse buttarlo di nuovo in terra o lasciare solo che superasse la sua allucinazione, Vikash indietreggiò contro il piedistallo della statua.

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