Tranquilla Cittadina Di Provincia - Stefano Vignaroli 2 стр.


Quando, uno dopo l'altro, tutti gli illustri ospiti se ne furono andati, rimasi sola con Clara e Mauro. Ero davvero contenta di aver potuto aiutare quella ragazza, non solo le avevo salvato la vita, ma adesso lei aveva un futuro davanti a sé, e non era poco. E aveva trovato anche un ottimo compagno, anche se a scapito di un'altra donna. Ed ecco che Anna fece capolino dalla porta d'ingresso.

«Sono venuta a farti i miei più sinceri complimenti, Clara, è tutto meraviglioso e te lo sei ampiamente meritato.»

Baciò sia Clara che Mauro con affetto, e notai che non c'era ombra di rancore nei suoi gesti, che erano chiaramente sinceri.

Meno male, mi dissi, La bufera forse è passata. O forse Anna è molto abile a nascondere il suo vero stato d'animo!

«Beh, ragazzi, auguro ogni bene a tutti voi. Purtroppo fra qualche giorno vi lascerò. Ho già pronta la richiesta di congedo per maternità e credo proprio che trascorrerò l'ultima fase della gravidanza nelle Marche, vicino al mio compagno. Ma, anche se non ci vedremo, ci terremo in contatto!»

Sia Mauro, che Clara, che Anna mi assicurarono che non sarebbe passato giorno in cui non ci saremmo sentiti per telefono, magari con un semplice SMS. Quella sera tornai a casa felice, piena di quel calore umano che di rado in vita mia avevo provato. Sarebbe stata dura andarsene da quei luoghi, meravigliosi sotto tanti aspetti. Ero convinta che comunque, dopo alcuni mesi, sarei ritornata lì, non sapendo ancora che cosa la vita e il destino mi stavano riservando.

Quando entrai nella stanza del Dottor Perugini per consegnare la busta contenente la mia richiesta di congedo, vidi che il Questore teneva a sua volta in mano una grossa busta con sopra scritto in stampatello il mio nome a caratteri cubitali.

«Sapevo che i suoi contatti con le streghe di Triora l'avevano dotata di poteri soprannaturali, ma questa è telepatia pura, mia cara Dottoressa. Stavo giusto per convocarla!»

«Bene. Prima Lei o prima io?» dissi, alternando lo sguardo dalla mia busta alla sua.

«Credo che dopo che avrà letto il contenuto di questa, non ci sarà più alcun bisogno che Lei presenti più niente a me, richieste di ferie, congedi o altro...», disse, porgendomi la busta sigillata, ma di cui, a giudicare dal sorriso complice che aveva stampato sul viso, conosceva benissimo il contenuto. Aprii il plico, che giungeva dal Ministero dell'Interno, e iniziai a scorrere con lo sguardo quanto vi era scritto.

Viste le notevoli capacità investigative, nonché lo sprezzo del pericolo, l'abnegazione e l'attenzione nei confronti delle persone coinvolte nelle indagini... La Dottoressa Caterina Ruggeri, attualmente di stanza alla Questura di Imperia con il grado di Commissario, per decisione di questo Ministro, viene promossa Vice Questore Aggiunto e destinata alla Questura di Ancona, dove dovrà prendere servizio entro il 15 Dicembre p.v. Il Questore disporrà la sua sede di servizio, in base alle esigenze, tenendo conto delle ottime qualità della Dottoressa Ruggeri...

Non riuscivo neanche a credere a quanto stessi leggendo. Nel giro di un brevissimo lasso di tempo ero avanzata nella carriera in maniera inaspettata, direi incredibile. Lo stesso Ministro dell'Interno dispensava elogi nei miei confronti e, per di più, dopo solo pochi mesi trascorsi lontana dai miei luoghi di origine, potevo tornare a pieno titolo a lavorare vicino casa, e proprio in concomitanza con la mia maternità. Salutai il Dottor Perugini, ringraziandolo per tutto quanto aveva fatto per me in quel breve periodo e uscii dalla Questura, con la testa che scoppiava per i pensieri che si accavallavano, uno dietro l'altro, dentro di essa. Salii in auto e neanche mi accorsi della strada che avevo fatto per giungere a casa, tanto ero assorta nelle mie elucubrazioni mentali. Non c'erano decisioni da prendere, come era accaduto qualche mese prima. In quel momento le decisioni erano state già prese per me, e di certo non mi sarei potuta opporre. Eppure adoravo quei luoghi, anche se ci avevo vissuto per un brevissimo periodo, e non sopportavo l'idea di staccarmi, forse per sempre, dalle mie nuove amicizie. In vita mia non avevo mai avuto rapporti umani così intensi, di amicizia, di solidarietà, come quelli che avevo vissuto in quell'ultimo periodo. Non avevo neanche il coraggio di dire addio a Mauro, o a Clara, o ad Anna, ma neanche a Laura, a D'Aloia e persino all'Ispettore Gramaglia o all'ultimo Agente che lavorava al Distretto. Ma, d'altra parte, sarei tornata nei miei amati luoghi d'origine, sarei stata vicina al mio amore, al padre della mia bambina. E la piccola sarebbe potuta vivere in un clima familiare normale e avrebbe goduto della presenza di un affettuoso papà. Sapevo che il mio lavoro mi avrebbe tenuto parecchio fuori di casa e che, se mia figlia fosse dovuta crescere sola con me, avrei dovuto affidarla di continuo ad asili nido e baby-sitter. In questo modo, invece, sarebbe stato tutto più semplice.

Rimanevano ben pochi giorni da passare in Liguria. L'inverno era ormai alle porte e il freddo, anche per la vicinanza delle montagne ormai già innevate sui cocuzzoli, cominciava a farsi sentire. Furia sempre più di frequente cercava di entrare in casa per accucciarsi di fronte al caminetto acceso. Io, non senza una punta di malinconia, cominciavo a racimolare le mie cose, preparando alcuni scatoloni da caricare in auto assieme alle valige.

Chissà perché! mi chiesi. Anche in poco tempo una persona è in grado di accumulare dentro casa una quantità incredibile di oggetti da cui non si vuol separare per nessun motivo.

Ritrovai, tra le altre cose, il prezioso libro scritto in Ebraico con traduzione a fronte in Latino, che mi era rimasto fra le mani il giorno dell'incendio di casa Della Rosa. Lo avevo sempre tenuto come ricordo dell'indagine e dello scampato pericolo, ma in quel momento decisi che era giusto riconsegnarlo a Clara. Così colsi l'occasione per andarla a trovare e salutare lei e Mauro.

«Grazie, Caterina. Pensavo che questo libro fosse andato perduto per sempre tra le fiamme, e invece... Ma permettimi di regalarti una copia della Chiave di Salomone tradotta in Italiano. La potrai tenere come ricordo e potrai capire la potenza, la saggezza e i misteri che il testo nasconde. Sai solo tu come quella notte sei stata in grado di recitare a memoria l'invocazione che ti ha permesso di salvarmi la vita. E la recitasti in perfetto Ebraico.»

Visto che eravamo sole, in quanto Mauro era uscito a prendere della legna per il camino, le confessai ciò che credo già sapesse.

«È stata Aurora Della Rosa a inculcare le parole nella mia mente, ma di questo non ho fatto mai parola con nessuno. Credo che solo tu mi possa capire. In effetti, dopo aver avuto il rapporto con la maga, io sono cambiata, ho delle percezioni che prima non mi sarei neanche sognata di avere. Se mi concentro, vedo l'aura delle persone, e ho l'impressione di poter anche intuire i pensieri di chi mi sta di fronte.»

«Sono poteri, mia cara Caterina, che ognuno di noi ha in maniera innata. Le frontiere della mente umana sono ancora inesplorate. C'è chi impara a far uso di certe capacità e chi invece le tralascia, non si allena a utilizzarle e pertanto è come se non le possedesse.»

«Comunque sia, ritengo che sia stata Aurora Della Rosa a favorire lo sviluppo in me di queste percezioni, nuove e fantastiche per me, e così ho deciso che mia figlia si chiamerà Aurora, in suo onore e in sua memoria, e anche perché mi sento in parte responsabile della sua morte, o quanto meno di non aver fatto abbastanza per evitarla.»

Vidi che, sentendo quel nome, gli occhi di Clara erano diventati lucidi.

«È stata Aurora Della Rosa a inculcare le parole nella mia mente, ma di questo non ho fatto mai parola con nessuno. Credo che solo tu mi possa capire. In effetti, dopo aver avuto il rapporto con la maga, io sono cambiata, ho delle percezioni che prima non mi sarei neanche sognata di avere. Se mi concentro, vedo l'aura delle persone, e ho l'impressione di poter anche intuire i pensieri di chi mi sta di fronte.»

«Sono poteri, mia cara Caterina, che ognuno di noi ha in maniera innata. Le frontiere della mente umana sono ancora inesplorate. C'è chi impara a far uso di certe capacità e chi invece le tralascia, non si allena a utilizzarle e pertanto è come se non le possedesse.»

«Comunque sia, ritengo che sia stata Aurora Della Rosa a favorire lo sviluppo in me di queste percezioni, nuove e fantastiche per me, e così ho deciso che mia figlia si chiamerà Aurora, in suo onore e in sua memoria, e anche perché mi sento in parte responsabile della sua morte, o quanto meno di non aver fatto abbastanza per evitarla.»

Vidi che, sentendo quel nome, gli occhi di Clara erano diventati lucidi.

«Tutto questo ti fa onore, Caterina. Di certo la tua bambina, indipendentemente dal nome che le darai, avrà una personalità eccezionale, e ce lo sapremo ridire. Non credere che, per via della lontananza, non venga a conoscere tua figlia! Non saranno certo qualche centinaio di chilometri a impedirmelo!»

Mauro era rientrato con una bracciata di legna, tagliata a ciocchi, riversandola vicino al caminetto.

«Se le chiacchiere delle comari sono finite, gradirei salutare anch'io la mia collega, prima che parta per una remota regione del Centro Italia. La Polizia di Stato laggiù sarà ancora rimasta all'età della pietra!»

«Oh, di certo una Lamborghini Gallardo in dotazione non ce l'hanno», dissi, imitando il suo tono sarcastico. «Ma nulla mi vieterà di richiedere la tua specifica collaborazione, quando sarò invischiata in un'indagine particolarmente intricata.»

«Ah, per come te le tiri dietro tu, non credo che tarderai molto a chiamarmi!»

Mi fermai a cena da loro e, tra una battuta e l'altra, un bicchiere di vino rosso, una grappa e un punch al mandarino, risalii in auto con un tasso alcolemico superiore al consentito, ma felice di aver passato una serata tra veri amici.

Decisi di ritornare nelle Marche non in aereo, ma affrontando il lungo viaggio con la mia auto, così anche Furia avrebbe viaggiato con me.

Autunno/inverno 2009/2010

VERONICA

Lautunno è ormai avanzato, anche se la temperatura è anc ora gradevole. Le giornate si sono accorciate e già alle 20,30 è notte fonda. La ragazza, esile anche se piuttosto alta, dai capelli biondi corti, tagliati a maschietto, avanza lentamente, claudicante, aiutandosi con una stampella. Nella mano libera dalla stampella, un sacchettino di carta contenente la sua frugale cena. Raggiunge la tettoia della fermata dellautobus, allinizio di Viale Trieste e si siede a fatica sulla panchina. Si guarda intorno per assicurarsi che non ci sia alcun malintenzionato in circolazione. Lunico passante è il veterinario che continua ad abitare in quel quartiere, forse perché ha casa e studio lì e, al contrario della maggior parte delle famiglie italiane non ha ceduto alla tentazione di trasferirsi dallaltra parte della città. Fortunatamente una presenza rassicurante, che a quellora fa fare la passeggiata serale al suo simpatico cagnolino bianco. La ragazza consuma il suo panino in pochi morsi, poi cerca il pacchetto delle sigarette, ma si accorge che quello che ha in tasca è ormai vuoto. Leonardo Albini si materializza dalloscurità come solo lui sa fare, come fuoriuscisse allimprovviso da un mantello dinvisibilità. I suoi movimenti non riescono a sfuggire solamente ad unaltra persona, la Dottoressa Zanardi, la Commissario del Distretto di Polizia, che immancabilmente è sul marciapiede dellaltro lato della strada, appoggiata con le spalle al muro mentre finge di giocherellare con le chiavi della sua auto. Leonardo si siede nella panchina accanto alla ragazza e le depone sulle ginocchia delle cartine e del tabacco. Lei si fa la sua sigaretta e se laccende.

«Sei sicura di voler sapere? Credimi, la vendetta non paga.»

«Ma lascia in bocca un buon sapore, come questo tabacco.»

Leonardo scrive un nome e un indirizzo su una cartina, lasciandola in mano alla ragazza.

«È una persona in vista. Sei sicura che la targa fosse quella?»

«Ce lho stampata nella mente. Mi ha investito lì, su quelle strisce pedonali, ed è scappato via. Ma prima di sprofondare nel buio ho letto bene quella targa.»

«E perché non lhai riferito alla polizia?»

«Lho fatto, eccome, dopo che mi sono risvegliata dal coma. Hanno controllato e mi hanno detto che forse avevo visto o ricordavo male, sulla carrozzeria non cera alcun segno relativo allincidente. E certo, nel frattempo il tipo avrebbe avuto tutto il tempo di far ripulire lauto! E poi ormai della polizia non mi fido più da tempo.»

Solo un leggero accento tradisce lorigine slava della ragazza, di nome Anna. Più di sedici anni fa era giunta dalla Serbia insieme ai suoi genitori, era una bimba di poco più di 4 anni. Suo padre, per sbarcare il lunario, aveva subito indotto la moglie alla prostituzione. La donna era giovane e attraente e il quartiere si prestava bene a quel tipo di business. Ma una sera il papà di Anna, ubriaco fradicio, cominciò ad accusare sua moglie di non mettere giù tutti gli introiti per la famiglia ma di tenersi qualcosa per le sue civetterie, per i vestiti, per le scarpe, per le calze. La lite finì con una coltellata. Anna vide il padre scappare, per non fare mai più ritorno, mentre la madre giaceva sul pavimento in preda a unabbondante emorragia. La bambina sapeva digitare i numeri di emergenza sul cellulare. Riuscì a comporre il 118 e far giungere i soccorsi in tempo. Ma la polizia non rintracciò mai il padre, che probabilmente era riuscito a ritornare al suo paese dorigine. La sua mamma tirò avanti a malapena, facendo lavoretti improvvisati, come donna delle pulizie o badante per gli anziani, senza più vendere il suo corpo, ma guadagnando molto meno. Anna aveva 14 anni quando la sua mamma, stanca della vita, fece linsano gesto. Scese in strada avanti casa, si versò della benzina addosso e si diede fuoco. Una fine orribile, di cui fortunatamente Anna non fu testimone diretta. Tornando da scuola, vide una specie di fantoccio annerito sul marciapiede, come se qualcuno avesse bruciato una grossa bambola, e fece fatica a capire che quello era il corpo della sua povera mamma. Un capannello di curiosi intorno a quel tizzone ancora fumante, ma nessuno che avesse preso il coraggio di cercare di soccorrerla. E il tutto era avvenuto in pieno giorno.

Anna fu affidata a una casa famiglia, ma se ne scappò subito, andandosene a vivere per strada e iniziando a fare lo stesso lavoro che aveva visto fare alla sua mamma quando lei era piccina, con il risultato di guadagnare quel poco per poter mangiare. Spesso, quando i suoi clienti vedevano che era poco più che una bambina, o se la davano a gambe levate per paura di essere accusati di pedofilia, o la ricompensavano al massimo con 20 Euro, tanto era una ragazzina, le bastava poco per vivere, giusto quanto bastava per comprarsi da mangiare.

«Vai da un avvocato, portagli quel nome e ci penserà lui a farti risarcire», le consiglia Leonardo.

La ragazza scuote la testa.

«Non ho soldi da dare a un avvocato. Quel bastardo la deve pagare e farò tutto da sola, stanne certo. Questa gamba non ritornerà mai più come prima. Il femore è rimasto stritolato sotto le ruote di quel SUV enorme. Per quanto i medici si siano dati da fare, la gamba è rimasta diversi centimetri più corta dellaltra, e in più mi continua a fare un male boia. Proprio nel momento in cui ero riuscita a dare una svolta alla mia vita. Avevo superato le selezioni e sarei stata presa come modella. Avevo un lavoro e una carriera avanti a me, e ora nessuno più mi chiamerà per una sfilata di moda o per uno spot pubblicitario, dovrò ritornare a battere il marciapiede per sopravvivere.»

Назад Дальше