Annuii, non molto soddisfatta della prospettiva, e cominciai a tendere la mano al mio superiore per congedarmi.
«Un'ultima cosa, Dottoressa. Nei prossimi giorni avremo qui in sede degli specialisti che terranno un corso su Linguaggio del Corpo e Prossemica, e sarà una cosa molto interessante. Se volesse partecipare, pur essendo in congedo, vedrà che si potranno apprendere delle nozioni davvero importanti nella gestione degli interrogatori.»
Accettai l'invito, anche sapendo che Stefano non ne sarebbe stato affatto contento, in quanto il corso trattava di argomenti che mi avevano sempre affascinato: poter capire ciò che uno pensa, se mente o se sta dicendo la verità, dagli atteggiamenti che assume. Erano nozioni che, una volta apprese e unite alle mie nuove capacità percettive, avrebbero fatto di me un infallibile detective.
Così, nonostante il pancione e nonostante le proteste del mio compagno, cominciai a passare la maggior parte del mio tempo in Questura, un po' a seguire il corso di Linguaggio del corpo, un po' a organizzare il mio nuovo ufficio e la mia nuova squadra. L'Ispettore Santinelli mi seguiva in maniera servizievole e arrendevole, e tutto sommato non potevo lamentarmi di lui. Non potevo chiedere di avere a disposizione una Lamborghini come quella che avevamo su a Imperia, ma ottenni di far montare su un'Alfa 159 un computer simile a quello che tanto ci aveva aiutato nell'indagine di Triora. Istruii un po Santinelli sul suo utilizzo e lo feci anche iscrivere a un corso avanzato di tecnologia informatica, anche se ero convinta che non si potesse pretendere più di tanto da lui.
Passò il Natale, passò il Capodanno e passò anche il Carnevale. Il tempo passava veloce, tra mille impegni, e il pancione era sempre più ingombrante, la bambina scalciava dentro di esso e la sua presenza si faceva sentire sempre di più. Pertanto all'inizio di Marzo, nonostante le previsioni di Mauro, decisi che era tempo di calmarsi, ritirarsi in buon ordine e aspettare l'evento.
Ma, per non staccarmi del tutto dal lavoro, feci installare in casa un PC con tanto di webcam e potente connessione a banda larga. Imparai in breve ad avviare videochat con i miei amici, in particolare con Clara e Mauro, e lunghe videoconferenze con Santinelli, per controllare come andassero avanti le cose nel mio nuovo ufficio. Avevamo ormai una buona organizzazione. Ci eravamo ricavati la nostra sezione in una piccola ala della Questura, poche stanze, quattro in tutto, ma dotate di tutte le più moderne tecnologie. La stanza degli interrogatori era isolata acusticamente e dotata di videocamere e microfoni che permettevano di seguire da una stanza remota ciò che succedeva lì dentro. Il mio ufficio, per il momento era occupato da Santinelli, al quale avevo imposto di tenere sempre il computer acceso con la webcam attiva in modo di poter controllare il suo operato. La squadra era composta da altri tre colleghi giovani e davvero in gamba. La sovrintendente Roberta Gualandi era la più giovane, molto determinata e appassionata al lavoro che aveva scelto. L'Ispettore Andrea Rosati se la cavava bene sia con i computer per le ricerche on line, sia nel lavoro sul campo. L'Agente Scelto Gaetano Perrotta, di origini calabresi e da poco trasferitosi in Ancona, aveva una spiccatissima intelligenza, era un attentissimo osservatore e aveva fatto tesoro delle nozioni apprese durante il corso di Linguaggio del Corpo e Prossemica. Eravamo pronti ad affrontare qualsiasi indagine e mi ritrovai a seguire il nostro primo caso, riguardante un ragazzo scomparso, dal monitor del mio PC, cosa che, fino a qualche giorno prima, non mi sarei mai immaginata.
Una mattina si erano presentati in Questura i genitori di un ragazzo di diciannove anni, di nome Thomas Vindici, preoccupati che il giovane dalla sera prima si era allontanato da casa e non avevano avuto più notizie di lui. Il cellulare era spento, e non si sapeva che fine avesse fatto. Seguii con attenzione quanto diceva loro l'Ispettore Santinelli, sperando di non dover intervenire facendo sentire la mia voce dagli altoparlanti del PC.
«Il ragazzo è maggiorenne e manca da casa solo da ieri sera. Mi sembra un po' presto per fare una denuncia di scomparsa. Avete provato a casa degli amici o nei luoghi che frequenta di solito?» esordì Santinelli.
«Sì, non è a casa di nessuno degli amici che conosciamo. Ha avuto una discussione con la sua fidanzatina ieri sera a casa nostra, anche lei non sa dove può essersene andato e inoltre si è chiusa in se stessa e non vuol neanche dire il motivo del loro litigio. Thomas ha sbattuto la porta uscendo. Samantha, così si chiama la ragazza, ha provato a inseguirlo ma lui ha inforcato lo scooter ed è sparito prima ancora che lei potesse parlargli», disse la madre del ragazzo, mentre il padre rimaneva piuttosto taciturno e lasciava parlare la moglie.
«Beh, una ragazzata, magari se ne andato a bere qualche bicchiere di troppo per dimenticare la litigata e quando avrà smaltito la sbronza troverà la strada di casa.»
«No, Thomas non è il tipo, non beve alcolici, è un bravo ragazzo, e questa è la prima volta che si comporta così», insistette la madre.
«Facciamo così, senza fare denunce di scomparsa, per ora, avviamo qualche discreta indagine. Procuratemi una recente foto di vostro figlio e io la passerò alle Volanti. Rosati, tu cerca di tracciare il cellulare del ragazzo. Tu, invece, Roberta, vai a casa dei signori e dai una sbirciata al PC, soprattutto e-mail, conversazioni salvate di Messenger, insomma tutto quello che ci può essere utile per capire dove si possa essere rintanato questo ragazzo. In più, con delicatezza, cerca di interrogare la ragazza, Samantha, ma non insistere più di tanto, è minorenne.»
Tutto sommato, sembrava che Santinelli se la cavasse e tirai un sospiro di sollievo. In quel frangente non avrei saputo fare di meglio e quello che aveva proposto era sensato.
Qualche ora dopo, i due colleghi fecero di nuovo la loro comparsa in ufficio. Rosati non aveva notizie confortanti, il cellulare di Thomas non era rintracciabile, di sicuro aveva tolto batteria e carta SIM, il che faceva capire che il ragazzo non era uno sprovveduto. Qualche notizia in più arrivava da Roberta.
«Niente di interessante sulla partizione del PC riservata al ragazzo. Ho anche dato un'occhiata al suo profilo Facebook, e anche lì non ho trovato nulla. Quello che invece ho notato, e che ha fatto scattare un campanello d'allarme nella mia testa, è che sulle cartelle utente riservate al Signor Vindici, il padre del ragazzo, ce n'è una il cui contenuto risulta protetto da password. Non è stato difficile per me bypassare la protezione e accedere al contenuto della cartella, dove è memorizzata una serie di immagini, più di millequattrocento, raffiguranti donne che fumano.»
«Foto pornografiche?» intervenni io per via telematica, richiamando l'attenzione dei colleghi in ufficio.
«Non proprio. Sì, qualche immagine di nudo, ma sempre e comunque donne giovani, belle e con la sigaretta in mano o in bocca. Molti primi piani di tali donne, spesso che aspirano o esalano fumo, o che sono avvolte da una nuvola azzurrina o biancastra.»
«È un feticista. Con tutta probabilità i rapporti con la moglie sono molto sporadici o assenti e lui trova la soddisfazione sessuale davanti a queste immagini. Ma fin qui, niente di male, direi, se non il ritratto di una famiglia un po' disgregata.»
«E ha ragione, dottoressa. Ho cercato di indagare con discrezione sui rapporti tra Giorgio Vindici e la moglie Elisabetta. In pratica sono separati in casa, dormono in stanze separate e non hanno rapporti tra loro da molto tempo. Cinque o sei anni fa, la donna è stata molto male e ha subito un importante intervento chirurgico, un trapianto di fegato. I due già da tempo non andavano molto d'accordo, e la donna prese l'occasione al volo per dire che, siccome stava facendo una terapia immunosoppressiva, indispensabile per non rigettare l'organo trapiantato, doveva stare isolata per non rischiare di prendersi neanche un raffreddore. Da quel tempo si è trasferita in un'altra stanza e non ha dormito più con il marito. Quest'ultimo non se l'è mai sentita di lasciarla e, per rispetto, per paura o per timidezza di carattere, non si è neanche mai fatto un'amante. E quindi il suo sfogo naturale lo avrà trovato davanti alle immagini che ha salvato sul PC.»
«Una personalità un po' complessa. Quand'è così c'è anche poco dialogo in famiglia. Ma tutto questo ci è di poco aiuto per ritrovare Thomas.»
«D'accordo. Se non che ho scoperto che la ragazza, Samantha, oltre a essere ribelle, anticonformista e trasgressiva, è una bella fumatrice per l'età che ha. Come le metterebbe in relazione lei queste cose con il vizietto del papà di Thomas?»
«Credi che il Signor Giorgio non abbia resistito e abbia importunato la ragazza?»
«Credo. E credo che magari il figlio lo abbia colto in flagrante. E per questo se n'è andato sbattendo la porta.»
«Prima di giungere a conclusioni affrettate, vorrei rendermi conto di persona dei profili di Giorgio e di Samantha. Possiamo convocare il signor Vindici. Voglio che sia interrogato da Perrotta e voglio seguire l'interrogatorio. Per quanto riguarda la ragazza, andrai tu, Roberta, a fare quattro chiacchiere con lei a casa sua. Portati il palmare e attiva la videochiamata in modo che possa fare un'analisi del suo carattere e sentire quello che ha da dire.»
Dopo circa tre quarti d'ora, il signor Vindici fu introdotto nella sala degli interrogatori. Perrotta lo lasciò da solo per un bel pezzo in modo da poter studiare i suoi atteggiamenti attraverso la videocamera alla luce di quanto avevamo appreso al corso di Linguaggio del Corpo. Io potevo vedere su metà dello schermo del mio PC la saletta degli interrogatori e sull'altra metà il mio ufficio, al momento occupato da Santinelli. Il signor Giorgio era in apprensione, molto nervoso, strizzava gli occhi, sollevava le palpebre, giocherellava con qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano, a partire dal suo orologio, per continuare con qualsiasi oggetto trovasse nella stanza. Ma quello che colpiva di più era che i suoi piedi erano sempre rivolti verso la porta d'uscita o l'unica finestra della stanza, insomma verso una via di fuga, come ci avevano insegnato al corso. Non vedeva l'ora di andarsene di lì. Perrotta lo tenne abilmente sulle spine per circa venti minuti, poi entrò nella stanza.
«Stia tranquillo, si metta a suo agio, non riferiremo niente a sua moglie di quello che dirà qua dentro. Le pareti sono insonorizzate, nessuno ci ascolta. Vuole un bicchiere d'acqua?» Nella saletta c'era un distributore d'acqua fresca. Gaetano riempì un bicchiere di plastica e glielo porse. «Allora, nel suo PC ci sono delle foto interessanti. Ne vogliamo parlare?»
Il Signor Giorgio cominciò a sudare e farfugliò qualcosa a sua discolpa.
«Non c'è niente di illegale. Non sono foto pornografiche e non vi sono rappresentate minorenni. Non sono un pedofilo.»
«Certo, certo. Ognuno ha le proprie passioni. A me piace giocare a calcetto, a lei piacciono le donne che fumano. A proposito, vuole una sigaretta?»
«N... no. Io non fumo»
«Ma va? E quindi, come si spiega questa passione?»
«Non lo so, non me lo spiego neanche io. La psiche umana a volte è incontrollabile. Fatto sta che quando vedo una donna che fuma, soprattutto quando usa la fiamma di un accendino o di un fiammifero per accendere la sigaretta, io non posso fare a meno di eccitarmi. Mi succede fin da quando ero ragazzo. Non so che farci.»
Nel frattempo, Roberta era arrivata a casa di Samantha e aveva attivato la videochiamata dal suo palmare. Così si aprì una terza finestra sul mio computer, da cui potei vedere il suo aspetto, una ragazzina minuta, i capelli biondi pettinati in una serie di sottili treccine, gli occhi celesti, il viso tondo dalla pelle liscia rosea ogni tanto segnata da qualche sporadico brufolo. Aveva l'aspetto di una ragazza ancor più giovane dei suoi diciassette anni, così utilizzava una serie di espedienti per apparire più grande, innanzitutto il trucco, molto carico e accurato, poi i piercings e le sigarette. Per quanto riguarda i piercings, ne notai uno sul naso e uno sotto il labbro inferiore. Il margine del padiglione auricolare sinistro era attraversato da una serie continua di orecchini di svariati tipi, mentre all'orecchio destro aveva un orecchino sul lobo e un piercing sulla parte più alta del padiglione. Di sicuro ne erano presenti altri in zone del corpo non visibili al momento, ombelico e altre zone più o meno intime. La vidi armeggiare con una cartina, un filtro e del tabacco, per arrotolarsi una sigaretta e accendersela con un piccolo accendino BIC di colore rosso, con grande disappunto di Roberta, che era una convinta salutista e non sopportava il fumo.
«Ci vuoi dire qualcosa di quello che è successo ieri sera a casa di Thomas?» le chiese la sovrintendente.
«No, non voglio dire niente. Sono minorenne, lasciatemi in pace, conosco i miei diritti e non potete interrogarmi.»
«Non è un interrogatorio. Stiamo solo cercando di capire che fine abbia fatto il tuo fidanzatino. Non interessa anche te?»
La ragazza si girò dall'altra parte ed esalò del fumo denso dal naso.
«Uff!»
Nel frattempo il Signor Giorgio stava cedendo alle domande sempre più incalzanti di Perrotta.
«Se non collabora, dovremo denunciarla per molestie a minorenne. Di elementi ne abbiamo abbastanza in mano.»
«Va bene, va bene. Non ho abusato della ragazza. È lei che mi ha provocato. Sapeva del mio vizio, perché mi aveva scoperto che guardavo quelle foto al computer, e lo ha fatto apposta a provocarmi. Come siamo rimasti soli per alcuni istanti, Samantha ha tirato fuori una sigaretta e l'ha messa in bocca. Ha provato diverse volte ad accenderla, ma l'accendino faceva solo scintille. Se fosse finito il gas o se la ragazza lo stesse facendo ad arte per provocarmi non lo so. So che a un certo punto mi ha chiesto se in casa c'erano dei fiammiferi. Io ho preso la scatola, ne ho acceso uno e ho avvicinato la fiamma alla sua sigaretta. Lei capiva benissimo che in quel momento ero eccitatissimo, mi ha sbuffato del fumo in faccia, poi mi ha preso la mano e l'ha guidata sotto la sua maglietta, a contatto della sua pelle nuda. Stavo impazzendo, la mia mano sfiorava il piercing all'ombelico e io stavo combattendo con me stesso per non andare più in alto a cercare i suoi seni, che avrei trovato senza neanche incontrare l'ostacolo di un reggiseno. Samantha, senza neanche pensarci due volte, mi aveva già slacciato i pantaloni e avrebbe preso in mano il mio membro, se in quel momento non fosse entrato Thomas. Mi sono vergognato come un cane. Mio figlio si è infuriato, ma Samantha, prima di corrergli dietro mi ha lanciato un'occhiata che aveva un solo significato: acqua in bocca, io starò zitta. Pensavo che l'avrebbe raggiunto e si sarebbero chiariti tra loro, invece...»
A questo punto chiesi a Roberta di avvicinare il palmare all'orecchio e le riferii quanto era emerso dall'interrogatorio del padre di Thomas. Roberta annuì e si rivolse di nuovo alla ragazza.
«Va bene, Samantha. Mi stanno informando che il Signor Giorgio sta vuotando il sacco su quanto è successo tra voi due ieri sera. Se ci sarà il sospetto che abbia abusato di te, dovrò chiamare l'assistente sociale e farti sottoporre a visita medica per appurare se il tuo corpo è stato violato. Una visita così di solito non è piacevole per una ragazzina come te. Poi dovremmo perquisire la tua stanza per vedere se, oltre il tabacco, fumi anche qualcos'altro. Se vuoi evitare tutto ciò, dicci quello che sai.»
Samantha si fece un'altra sigaretta, per prendere tempo, e l'accese. Poi, con aria rassegnata, parlò.
«E va bene, stronza poliziotta impicciona. Non è successo niente tra me e Giorgio. A me piace provocare e mi andava così. Credo di sapere dove si sia andato a rifugiare Thomas. Giù al porto, tra lo scalo commerciale e il porticciolo turistico, ci sono delle capanne di pescatori, inutilizzate in questo periodo. Ci siamo andati a volte a fare l'amore, credo che lo troverete in una di quelle capanne.»