Lei ne sembrò consapevole ed, inconsciamente, fece scorrere la mano lungo i vestiti, desiderando aver avuto a disposizione indumenti più carini. La sua mente vagò, tentando di ricordare che cosa indossasse. Lungo la strada, da qualche parte, non ricordava esattamente dove, si erano fermati in una città per breve tempo, e lei si era recata nell'unico negozio presente – uno dell'Esercito della Salvezza – ed aveva trovato un cambio di abiti.
Guardò in basso con timore e non riusciva nemmeno a riconoscersi. Indossava dei jeans lacerati e sbiaditi, delle scarpe da tennis di una misura più grande della sua, e un maglione su una t-shirt. Sopra, indossava una giacca da marinaio viola e sbiadita, a cui mancava un bottone, anch'essa troppo grande per lei. Ma era calda. E, in quel momento, era ciò di cui aveva bisogno.
Si sentì cosciente di se stessa. Perchè lui doveva vederla in quel modo? Era stata proprio sfortunata, visto che la prima volta che incontrava un ragazzo che davvero le piaceva, non aveva neanche la possibilità di sembrare carina. Non c'era il bagno nel fienile, e, anche se ci fosse stato, lei non aveva il trucco con sè per rendersi presentabile. Distolse ancora una volta lo sguardo, sentendosi alquanto imbarazzata.
“Ho dormito tanto?” chiese.
“Non lo so. Mi sono appena svegliato,” disse lui, sempre sdraiato e passandosi la mano tra i capelli. “Mi sono nutrito prima stanotte. Mi ha scombussolato.”
Lei lo guardò.
“Spiegami,” lei disse.
Lui la guardò.
“Nutrirsi,” lei aggiunse. “Come, com'è che funziona? Tu ... uccidi le persone?”
“No, mai,” fu la risposta.
La stanza sembrava tranquilla, mentre lui raccoglieva i suoi pensieri.
“Come ogni cosa che appartiene alla razza dei vampiri, è complicato,” disse. “Dipende dal tipo di vampiro che sei, e al branco a cui appartieni. Nel mio caso, mi nutro solo di animali. Soprattutto cervi. Ce ne sono troppi, in ogni caso, e anche gli umani danno loro la caccia – e non certo per mangiarli.”
La sua espressione divenne cupa.
“Ma gli altri branchi non sono così gentili. Si nutrono degli umani. In genere gli indesiderabili.”
“Gli indesiderabili?”
“Senzatetto, vagabondi, prostitute... quelli che non vengono notati. E' così che è sempre stato. Non vogliono richiamare l'attenzione sulla razza”.
“Ecco perchè consideriamo il mio branco, la mia razza di vampiro, purosangue, e gli altri impuri. Ciò di cui ti nutri... ti infonde energia.”
Caitlin si sedette, a pensare.
“E io?” chiese.
Lui la guardò.
“Perchè a volte ho bisogno di nutrirmi e altre no?”
Lui aggrottò un sopracciglio.
“Non ne sono sicuro. Con te è diverso. Sei una mezzasangue. E' una cosa molto rara.. io so che tu diventi adulta. Gli altri invece, si trasformano da un momento all'altro. Nel tuo caso, è un processo. Ti occorre tempo per trovare la tua stabilità, per affrontare i tuoi cambiamenti.”
Caitlin ripensò e ricordò le fitte allo stomaco dovute alla fame, come l'avessero sopraffatta così dal nulla. Come l'avessero resa incapace di pensare a nulla, se non a nutrirsi. Era stato orribile. Temeva il ripetersi della cosa.
“Ma come faccio a sapere quando riaccadrà?”
Lui la guardò. “Non puoi.”
“Ma non voglio uccidere un essere umano,” disse. “Mai.”
“Non devi farlo. Puoi nutrirti degli animali.”
“Ma che cosa accadrebbe se mi succedesse mentre sono bloccata da qualche parte?”
“Dovrai imparare a controllarlo. Ti serve pratica. E forza di volontà. Non è facile. Ma è possibile. Puoi controllarlo. E' quello che deve affrontare ogni vampiro.”
Caitlin pensò a come sarebbe stato catturare un animale vivo e nutrirsi. Sapeva di essere diventata più veloce di quanto non fosse mai stata, ma non sapeva se era così veloce. E non sapeva neanche che cosa fare nel caso in cui avesse catturato un cervo.
Lei lo guardò.
“Ti va di insegnarmi?” gli chiese speranzosa.
Lui incontrò il suo sguardo, e lei poteva sentire il battito del suo cuore.
“Nutrirsi è una cosa sacra nella nostra razza. Avviene sempre in solitudine,” disse, dolcemente e quasi a volersi scusare. “Tranne ...” si bloccò.
“Tranne?” chiese lei.
“Tranne che nella cerimonia nuziale. Per unire marito e moglie.”
Lui guardò lontano, e lei lo vide spostarsi. Sentì il sangue affluire nelle guance, e improvvisamente la stanza divenne molto calda.
La ragazza decise di lasciar perdere. Non aveva alcuna stretta allo stomaco dovuta alla fame, e avrebbe affrontato la situazione quando sarebbe giunto il momento. Sperava che sarebbe stato al suo fianco per allora.
Inoltre, nel profondo del suo cuore, a lei non importava davvero molto di nutrirsi, o dei vampiri, o delle spade, o nulla di tutto questo. Ciò che davvero desiderava era lui. O, in verità, che cosa provava per lei? C'erano così tante domande che voleva porgli. Perchè hai rischiato tutto per me? E' stato solo per trovare la spada? O è stato per un altro motivo? Una volta ritrovata la tua spada, resterai con me? Sebbene l'amore tra umani e vampiri sia proibito, saresti disposto a fare questo salto per me?
Ma aveva paura.
Perciò, disse semplicemente: “Spero che troveremo la tua spada.”
Patetica, lei pensò. E' questo il meglio che sai fare? Non riesci neanche a trovare il coraggio di dire ciò che pensi?
Ma la sua energia era troppo intensa, e, quando lui le era vicino, era difficile riuscire a pensare con lucidità.
“Anch'io,” rispose lui. “Non è un'arma ordinaria. E' stata desiderata dalla nostra specie da secoli. Si dice che sia il più fine esempio di spada turca mai forgiata, realizzata in un metallo che può uccidere tutti i vampiri. Con lei, saremmo invincibili. Senza di lei...”
A quel punto tacque, apprentemente intimorito dall'idea di esprimere a parole le conseguenze.
Caitlin avrebbe voluto che Sam fosse stato lì, e desiderò che li avesse guidati da loro padre. Ispezionò di nuovo il fienile. Non vide alcun segno recente della sua presenza. Avrebbe voluto, ancora una volta, non aver perso il cellulare per strada. Avrebbe reso la sua vita molto più semplice.
“Sam veniva sempre qui,” lei disse. “Sono sicura che sarebbe qui. Ma so che è tornato nella sua città – ne sono certa. Non andrebbe da nessun'altra parte. Domani torniamo a scuola, e parlerò con i miei amici. Lo scoprirò.”
Caleb annuì. “Credi che sappia dove si trova vostro padre?” chiese lui.
“Io…non lo so,” rispose la ragazza. “Ma so che ne sa molto più di me. Lo sta cercando da sempre. Se c'è qualcuno che sa qualcosa, quello è lui.”
Caitlin pensò al passato e ricordò tutte quelle volte in cui era con Sam, alle sue continue ricerche, al mostrarle nuove piste, alle continue delusioni. Tutte le sere andava nella sua stanza, e si sedeva sul letto della sorella. Il desiderio che aveva di vedere suo padre era diventato opprimente, come un'entità che viveva dentro di lui. Anche lei lo sentiva, ma non in modo così forte. Talvolta, la sua delusione si era rivelata molto difficile da guardare.
Caitlin pensò alla loro infanzia tormentata, a tutto quello che era loro mancato, ed improvvisamente si sentì sopraffare dall'emozione. Una lacrima si formò all'angolo dell'occhio, e, imbarazzata, l'asciugò velocemente, sperando che Caleb non l'avesse visto.
Ma l'aveva fatto. Guardò in alto e poi il suo sguardo si posò su di lei, intensamente.
Si alzò in piedi lentamente, per andare a sedersi accanto a lei. Era così vicino, che lei poteva avvertire la sua energia. Era intensa. Il suo cuore cominciò a battere forte.
Passò gentilmente un dito tra i suoi capelli, spostandoglieli dal viso. Poi le accarezzò l'angolo dell'occhio, per poi passare alla sua guancia.
Lei tenne il viso rivolto verso il basso, guardando il pavimento, temendo di incontrare il suo sguardo. Lei poteva sentire come la esaminassero.
“Non preoccuparti,” lui disse, la sua voce dolce e profonda la metteva completamente a proprio agio. “Troveremo tuo padre. Lo faremo insieme.”
Ma non era questo che la preoccupava. Era preoccupata per lui. Caleb. Preoccupata pensando a quando lui l'avrebbe lasciata.
Se si fosse trovata faccia a faccia con lui, lei si chiese se l'avesse baciata. Quanto avrebbe voluto sentire il tocco delle sue labbra.
Ma aveva paura a voltare il capo.
Sembrarono passare ore, prima che trovasse finalmente il coraggio di voltarsi.
Ma lui si era già allontanato. Era gentilmente poggiato contro il fieno, con gli occhi chiusi, addormentato, un dolce sorriso sul suo volto, illuminato dal fuoco del camino.
Lei scivolò più vicina a lui e si poggiò al fieno, col capo lontano pochi centimetri dalla spalla di lui. Si toccavano quasi.
E quasi era già abbastanza per lei.
CAPITOLO DUE
Caitlin chiuse dietro di sè la porta del fienile e strizzò gli occhi dinnanzi ad un mondo ricoperto di neve. La luce bianca del sole la abbagliò completamente. Si coprì gli occhi con le mani, avvertendo un dolore che non aveva mai avuto: gli occhi la stavano assolutamente uccidendo.
Caled si precipitò da lei, mentre stava finendo di coprirsi le braccia e il collo con un materiale sottile e trasparente. Aveva quasi l'aspetto della plastica saran, ma sembrava dissolversi nella sua pelle, una volta entrata in contatto. Perciò, lei non era in grado di affermare che ci fosse.
“Che cos'è?”
“Protezione per la pelle,” rispose, guardando in basso, mentre l'avvolgeva di nuovo e attentamente intorno alle braccia e alle spalle. E' quello che ci permette di uscire alla luce del giorno. Altrimenti, la nostra pelle brucerebbe.” Lui la guardò. “A te non serve—ancora.”
“Come lo sai?” gli chiese.
“Credimi,” lui disse, sorridente. “Lo sapresti.”
Introdusse una mano nella sua tasca ed estrasse un piccolo contenitore di gocce per gli occhi, lo inclinò e si mise diverse gocce in ciascun occhio. Si voltò e la guardò.
Doveva essere chiaro che gli occhi le facevano male, perchè lui posò gentilmente la sua mano sulla fronte di lei. “Stà giù,”le disse.
Lei lo fece.
“Apri gli occhi,” disse.
Non appena lei lo fece, lui si avvicinò e le mise una goccia in ciascun occhio.
Le pungeva da morire; chiuse gli occhi e abbassò la testa.
“Ow,” lei disse, strizzandosi gli occhi. “Se sei arrabbiato con me, dimmelo e basta.”
Lui sorrise. “Mi dispiace. All'inizio brucia, ma ti ci abituerai. La tua sensibilità svanirà nell'arco di pochi secondi.”
Lei sbattè le palpebre e strizzò gli occhi. Alla fine, guardò in alto, e non sentì più nulla. Lui aveva ragione: tutto il dolore era sparito.
“La maggioranza di noi non si avventura alla luce del giorno, se non è necessario. Siamo più deboli durante le ore del giorno. Ma, talvolta, dobbiamo.”
La guardò.
“Questa sua scuola,” le chiese. “E' lontana?”
“Solo una piccola passeggiata,” rispose, prendendogli il braccio e guidandolo attraverso il prato innevato. “Oakville High. Era anche la mia scuola fino a qualche settimana fa. Uno dei miei amici deve sapere dove lui si trova.”
*
Oakville High era esattamente come Caitlin ricordava. Era surreale esserci tornata. Guardandola, le sembrò come se fosse ritornata alla vita normale, dopo un breve periodo di vacanza. Credette anche, per un breve istante, che gli eventi delle scorse settimane, fossero stati solo il frutto di un folle sogno. Si lasciò trasportare dall'idea che tutto fosse tornato alla normalità, proprio come era sempre stato. Le diede una piacevole sensazione.
Ma, nell'istante in cui tornò a guardare Caleb accanto a lei, seppe che nulla era normale. Se c'era qualcosa di surreale, era proprio tornare lì con Caleb al suo fianco. Sarebbe entrata nella sua vecchia scuola con questo splendido uomo accanto, alto oltre 1.80cm, dalle spalle ampie e larghe, tutto vestito di nero, gli alti colletti del suo cappotto nero di pelle che gli fasciavano il collo, coperto dai suoi lunghi capelli. Sembrava esser venuto fuori dalla copertina di una di quelle popolari riviste per adolescenti.
Caitlin immaginò quale sarebbe stata la reazione delle altre ragazze, vedendola con lui. Lei sorrise al pensiero. Non era mai stata molto popolare, e certamente nessun ragazzo le aveva prestato molta attenzione. Non era impopolare—aveva pochi buoni amici—ma difficilmente si era trovata al centro dell'attenzione dei gruppi più popolari. Pensava di essere una via di mezzo. Anche così, ricordò di quanto alcune delle ragazze più popolari la disprezzassero, loro che sembravano agire sempre insieme, camminando nei corridoi con i loro nasi all'insù, ignorando chiunque non considerassero perfetto quanto loro. Ora, forse, avrebbero prestato attenzione.
Caitlin e Caleb salirono le scale e entrarono dalle ampie porte doppie all'interno della scuola. Caitlin dette uno sguardo all'enorme orologio: erano le 8:30. Perfetto. La prima lezione stava per terminare ed i corridoi si sarebbero riempiti in un istante. Questo li avrebbe fatti passare più inosservati. Lei non doveva preoccuparsi della sicurezza, o di passare per i corridoi.
In quel preciso istante, la campanella suonò e, in pochi secondi, i corridoi iniziarono a riempirsi.
Il lato posiìtivo di Oakville era che fosse un mondo a parte dall'orribile liceo di New York City. Qui, anche quando i corridoi pullulavano di studenti, c'era abbastanza spazio per agire. Grandi finestre occupavano tutte le pareti, lasciando entrare la luce ed il cielo, e si potevano vedere gli alberi ovunque si andasse. Le bastava quasi per sentirne la mancanza. Quasi.
Ne aveva avuto abbastanza della scuola. Le mancacano pochi mesi al diploma, ma sentiva di aver imparato di più in quelle poche settimane, di quanto avrebbe potuto fare seduta in classe per ancora pochi mesi fino ad ottenere un diploma ufficiale. Amava apprendere, ma era davvero felice di non doverci più ritornare.
Entrando nel corridoio, Caitlin cercò volti familiari. Riuscì a vedere per lo più studenti del secondo e del terzo anno, e non riuscì a scorgere nessuno della sua classe del terzo anno. Ma, mentre passavano davanti agli studenti, lei fu sorpresa di vedere la reazioni sui volti delle altre ragazze: ogni singola ragazza era letteralmente incantata da Caleb. Nessuna di loro cercò di nasconderlo, o fu in grado di distogliere lo sguardo. Era incredibile. Era come se lei stesse attraversando il corridoio con Justin Bieber.
Caitlin si voltò e vide che tutte le ragazze si erano fermate, e continuavano a guardare. Molte sussurravano tra loro.
Rivolse lo sguardo verso Caleb, chiedendosi se se ne fosse accorto. Se così fosse stato, non ne aveva mostrato alcun segno, e di certo sembrava non interessargli.
“Caitlin?” disse una voce scioccata.
Caitlin si voltò e vide Luisa lì, una delle ragazze con cui aveva fatto amicizia prima di andar via.
“Oh mio Dio!” Luisa esordì con entusiasmo, allargando le braccia per un abbraccio. Prima che Caitlin potesse reagire, Luisa l'abbracciò. L'amica ricambiò. Era bello vedere un volto familiare.
“Che cosa ti è successo?” Luisa le chiese; parlava con un tono frettolosamente concitato, come suo solito, ed emerse il suo lieve accento ispanico, visto che si era trasferita da Porto Rico solo pochi anni prima. “Sono così confusa! Credevo ti fossi trasferita!? Ti ho inviato degli sms e delle e-mail, ma non mi hai mai risposto –”
“Mi spiace tanto,” disse Caitlin. “Ho perso il telefono e non c'erano computer dove mi trovavo, e–”
Luisa non stava prestando ascolto. Aveva solo notato Caleb, e stava lì a guardarlo, quasi ipnotizzata. La bocca letteralmente spalancata.