Prima Che Abbia Bisogno - Блейк Пирс 2 стр.


Mi ricorda un po’ me stessa, pensò concentrandosi allo stesso tempo su McGrath.

“Ecco cos’ho per voi due” disse McGrath. “Ieri mattina, la polizia dello Stato di Miami ci ha contattati per una serie di omicidi. In entrambi i casi le vittime erano una coppia di coniugi. Quindi quattro morti in tutto. Gli omicidi sono stati piuttosto brutali e sanguinolenti e finora non sembra esserci un collegamento tra loro. La violenza delle uccisioni, così come il fatto che si trattasse di coppie sposate e uccise nel letto, fa ritenere alla polizia di Miami che si tratti di un serial killer. Personalmente credo che sia troppo presto per giungere a questa conclusione.”

“Crede che possa trattarsi di una coincidenza?” chiese Mackenzie.

“Sì, è una possibilità” disse lui. “Ad ogni modo, hanno chiesto il nostro aiuto e io ho intenzione di mandare voi due. Harrison, questa sarebbe un’ottima opportunità per lei di diventare un agente sul campo e fare un po’ di pratica. White, mi aspetto che lei lo tenga d’occhio, senza però comandarlo a bacchetta. Intesi?”

“Sì, signore” disse Mackenzie.

“Vi farò avere tutti i dettagli e i biglietti per il volo entro un’ora. Direi che non dovrebbe volerci più di un paio di giorni. Avete domande?”

Mackenzie scosse la testa. Harrison rispose con un rapido “No, signore” e Mackenzie capì che stava facendo del proprio meglio per contenere l’eccitazione.

Non poteva biasimarlo. Per lei era lo stesso.

Nonostante quello che pensava McGrath, Mackenzie percepiva già che quel caso non sarebbe stato affatto banale.

Coppie.

Era la prima volta che le capitava.

E non poteva fare a meno di pensare che quel “piccolo” caso sarebbe diventato una cosa ben peggiore.

CAPITOLO DUE

Mackenzie sapeva perfettamente che uno dei luoghi comuni riguardo il governo era che tutto si muovesse a rilento, ma sapeva altrettanto bene che non si poteva dire la stessa cosa dell’FBI quando inviava i propri agenti sulla scena del crimine. Erano passate soltanto quattordici ore da quando era stata convocata nell’ufficio di McGrath, e Mackenzie stava già parcheggiando l’auto che aveva preso a noleggio davanti ad una fila di villette a schiera. Affiancò un’auto della polizia e vide che al suo interno era seduta un’agente.

Di fianco a lei, sul sedile del passeggero, Harrison stava leggendo gli appunti sul caso. Era rimasto per lo più in silenzio durante il viaggio e Mackenzie era stata tentata di provare a intavolare una conversazione con lui. Non capiva se fosse nervoso, intimorito o un po’ tutte e due le cose. Così, piuttosto che forzarlo a parlare con lei, pensò che sarebbe stato meglio per lui uscire da solo dal proprio guscio, soprattutto se McGrath prevedeva di continuare a farli lavorare insieme in futuro.

Mackenzie si prese un momento per ripassare tutto quello che sapeva sul caso. Chinò leggermente la testa all’indietro, chiuse gli occhi e richiamò tutto alla mente. La sua tendenza a ossessionarsi sui dettagli di un caso le rendeva piuttosto semplice immergersi nella propria mente e frugare come se ci fosse un archivio.

Una coppia uccisa, il che fa emergere subito alcune domande. Perché uccidere entrambi? Perché non solo uno?

Devo tenere gli occhi aperti per qualsiasi dettaglio che sembri anche lontanamente fuori posto. Potrebbe trattarsi di qualcuno che invidia lo stile di vita delle vittime.

Nessun segno di forzatura; i Kurtz hanno fatto entrare l’assassino volontariamente.

Aprì gli occhi e uscì dall’abitacolo. Poteva ipotizzare finché voleva basandosi su quello che aveva visto nei fascicoli, ma niente sarebbe stato più efficace di mettere piede sulla scena del crimine e guardarsi attorno.

Harrison scese dall’auto insieme a lei, nell’accecante sole di Miami. Mackenzie poteva sentire l’odore dell’oceano nell’aria, salato e con un sentore di pesce che non era necessariamente sgradevole.

Quando lei ed Harrison chiusero gli sportelli, anche l’agente nell’auto della polizia di fianco a loro scese dal mezzo. Mackenzie immaginò che si trattasse dell’agente incaricata di accoglierli. Sulla quarantina, era di una bellezza semplice; i corti capelli biondo cenere riflettevano la luce del sole.

“Agenti White ed Harrison?” chiese loro.

“Siamo noi” disse Mackenzie.

La donna tese loro la mano presentandosi. “Sono l’agente Dagney” disse. “Se vi serve qualunque cosa, ditemelo. Naturalmente, la scena del crimine è già stata ripulita, ma ho un fascicolo pieno di fotografie scattate quando la scena era ancora fresca.”

“Grazie” disse Mackenzie. “Per cominciare, credo di voler prima dare un’occhiata dentro casa.”

“Ma certo” acconsentì Dagney, salendo i gradini e prendendo le chiavi dalla tasca. Aprì la porta e fece cenno a Mackenzie ed Harrison di entrare per primi.

Mackenzie sentì subito odore di candeggina, o un altro detergente. Ricordava dal verbale che un cane era rimasto intrappolato in casa per almeno due giorni, facendo i suoi bisogni in giro più volte.

“La candeggina” disse Harrison “è stata usata per pulire i bisogni del cane?”

“Sì” confermò la poliziotta. “È stato fatto ieri sera. Abbiamo provato ad aspettare che arrivaste voi, ma la puzza era… davvero terribile.”

“Non dovrebbe essere un problema” disse Mackenzie. “La camera da letto si trova al piano di sopra, dico bene?”

Dagney annuì e li accompagnò su per le scale. “L’unica cosa che è stata modificata quassù è che sono stati rimossi i cadaveri e il lenzuolo” spiegò. “Il lenzuolo è ancora lì per terra, dentro una busta di plastica. Doveva essere spostato, per poter togliere i corpi dal letto. Il sangue… insomma, lo vedrete.”

Mackenzie notò che Harrison aveva rallentato leggermente, portandosi alle sue spalle. Mackenzie seguì Dagney alla porta della camera da letto, notando che era rimasta sulla soglia cercando in ogni modo di evitare di guardare all’interno.

Una volta entrata, Mackenzie vide che Dagney non aveva esagerato, così come i verbali che aveva letto. C’era molto sangue, più di quanto ne avesse visto in un solo luogo.

E, per un terrificante momento, le sembrò di essere in una stanza in Nebraska, la stanza di una casa che conosceva e che adesso era abbandonata. Le parve di guardare un letto intriso di sangue con sopra il cadavere del padre.

Scacciò l’immagine dalla mente sentendo i passi di Harrison che lentamente si avvicinava dietro di lei.

“Tutto ok?” gli chiese.

“Sì” disse lui, anche se il respiro sembrava un po’ affannoso.

Mackenzie notò che il sangue era per lo più sul letto, come c’era da aspettarsi. Il lenzuolo che era stato tolto dal letto e steso a terra un tempo era stato bianco. Adesso invece, coperto di sangue quasi del tutto secco, aveva una tonalità marrone rossastra, come di ruggine. Mackenzie si avvicinò lentamente al letto, certa che non avrebbe trovato prove. Anche se il killer si fosse casualmente lasciato alle spalle un capello o qualcosa con il suo DNA, sarebbe stato ricoperto da tutto quel sangue.

Osservò gli schizzi sulle pareti e sulla moquette, concentrandosi in particolare su quest’ultima, cercando tra il sangue una possibile orma.

Potrebbero esserci impronte, pensò. Per uccidere qualcuno in quel modo, con un tale spargimento di sangue, il killer doveva sicuramente averne anche addosso. Quindi anche se non ci sono impronte, forse c’è qualche traccia di sangue in giro per casa, che potrebbe essersi accidentalmente lasciato dietro andandosene.

Inoltre, come ha fatto il killer a ucciderli entrambi a letto? Uccidendone uno, l’altro probabilmente si sarà svegliato. O il killer è velocissimo, oppure ha preparato la scena con in cadaveri nel letto dopo il delitto.

“È un macello, eh?” commentò Harrison.

“Già” disse Mackenzie. “Dimmi… noti niente, così di primo istinto, che considereresti un indizio, una prova o comunque qualcosa su cui indagare?”

Lui scosse la testa, fissando il letto. Lei annuì in risposta, sapendo che tutto quel sangue avrebbe reso molto difficile trovare prove. Si mise persino carponi per controllare sotto il letto. Non vide altro che un paio di ciabatte e un vecchio album fotografico. Tirò l’album a sé e lo sfogliò. Nelle prime pagine c’erano le foto di un matrimonio, con la sposa che camminava verso l’altare di una grande chiesa, poi la coppia felice che tagliava la torta.

Corrugando la fronte, rimise l’album dove l’aveva trovato, poi si voltò verso Dagney, che era ancora sulla soglia, quasi girata di spalle. “Ha detto di avere le foto della scena, giusto?”

“Sì. Mi dia un secondo e gliele porto” rispose rapidamente e con un certo senso di urgenza, chiaramente impaziente di andarsene di sotto.

Quando Dagney se ne fu andata, Harrison uscì in corridoio. Si voltò verso la camera da letto e fece un profondo sospiro. “Hai mai visto una scena del crimine come questa?”

“Non con così tanto sangue” rispose Mackenzie. “Ho visto scene raccapriccianti, ma questa le supera tutte in quanto a sangue.”

Harrison sembrò riflettere a lungo sulle sue parole, mentre Mackenzie usciva dalla stanza. Tornarono al piano di sotto insieme, entrando in soggiorno proprio mentre Dagney rientrava dalla porta d’ingresso. Si radunarono nell’area bar che separava la cucina dal soggiorno. Dagney mise la cartellina sul bancone e Mackenzie la aprì. La prima foto mostrava il letto matrimoniale che aveva appena visto, ricoperto di sangue. L’unica differenza era che nella fotografia c’erano due corpi distesi, un uomo e una donna. I signori Kurtz.

Entrambi indossavano gli abiti che Mackenzie immaginò avessero messo per dormire. Il signor Kurtz (Josh, diceva il verbale) indossava una maglietta e un paio di boxer. La signora Kurtz (Julie) indossava una canottiera dalle bretelle sottili e pantaloncini da ginnastica aderenti. C’erano numerose foto, alcune che ritraevano i cadaveri così da vicino che a Mackenzie scapparono un paio di smorfie. La foto del collo sgozzato della signora Kurtz era particolarmente raccapricciante.

“Nel verbale non ho visto indicata con chiarezza l’arma del delitto” osservò Mackenzie.

“Perché nessuno ha capito quale fosse. Pensiamo semplicemente che si tratti di un coltello.”

Un coltello molto grosso, pensò Mackenzie distogliendo lo sguardo dal cadavere della signora Kurtz.

Notò che, persino nella morte, la signora Kurtz sembrava aver cercato di trovare conforto dal marito. La mano sinistra poggiava sulla coscia di lui. C’era un che di dolce in tutto questo, ma le spezzava anche il cuore.

“E che mi dice della prima coppia uccisa?” chiese Mackenzie.

“I signori Sterling” disse Dagney, estraendo parecchie foto e fogli di carta dal retro della cartellina.

Mackenzie osservò le foto e vide una scena simile a quella nelle precedenti. Una coppia distesa a letto e sangue ovunque. L’unica differenza era che il signor Sterling dormiva nudo, oppure il killer l’aveva spogliato.

Le due scene sono fin troppo simili, pensò Mackenzie. Quasi come se fossero state studiate a tavolino. Guardò le somiglianze, spostando lo sguardo da una foto all’altra.

Il coraggio e la forza di volontà necessari ad uccidere contemporaneamente due persone, e in modo così brutale… Questo tizio è estremamente motivato. E a quanto pare non la violenza estrema non lo spaventa.

“Mi corregga se sbaglio” disse Mackenzie “ma la polizia di Miami sta procedendo trattando gli omicidi come comuni effrazioni domestiche, giusto?”

“Be’, all’inizio sì” ammise Dagney. “Ma da quello che possiamo dire, non è stato rubato niente. E dato che questa è la seconda coppia ad essere uccisa in una settimana, sembra sempre meno probabile che si tratti di una semplice effrazione.”

“Sì, sono d’accordo” disse Mackenzie. “Ci sono collegamenti tra le coppie?” chiese Mackenzie.

“Finora non è saltato fuori niente, ma c’è una squadra al lavoro per scoprirlo.”

“Nel caso degli Sterling, c’erano segni di lotta?”

“No, nessuno.”

Mackenzie guardò di nuovo le due fotografie e le somiglianze le balzarono subito agli occhi. Una in particolare le fece accapponare la pelle.

Mackenzie guardò di nuovo la foto dei Kurtz. Vide la mano della moglie sulla coscia del marito.

E in quel momento ne fu sicura: quella era opera di un serial killer.

CAPITOLO TRE

Mackenzie seguì Dagney mentre questa li accompagnava alla centrale. Durante il tragitto, notò che Harrison stava scrivendo appunti nella cartellina su cui si era praticamente ossessionato per quasi tutto il viaggio da Washington a Miami. Ad un certo punto si fermò e la guardò con sguardo perplesso.

“Hai già una teoria, vero?” le chiese.

“No, non ho una teoria, però ho notato un paio di cose nelle fotografie che mi sono sembrate un po’ strane.”

“Vuoi condividere?”

“Non ancora” disse Mackenzie. “Se le dico adesso e poi devo ripeterle alla polizia, finirò per avere dubbi. Dammi tempo per mettere in ordine le idee.

Con un sorriso, Harrison tornò ai suoi appunti. Non si lamentò del fatto che lei gli nascondesse le cose (e infatti non era così) e non insisté oltre. Faceva del suo meglio per obbedirle ed essere efficace allo stesso tempo e Mackenzie lo apprezzava.

Nel tragitto verso la centrale, iniziò a scorgere l’oceano tra gli edifici che superavano. Non era mai stata attratta dal mare come alcune persone, ma poteva capirne il fascino. Persino in quel momento, mentre dava la caccia ad un killer, poteva sentire la sensazione di libertà che rappresentava. Le torreggianti palme e il sole pomeridiano perfetto di Miami lo rendevano ancora più bello.

Dieci minuti dopo, Mackenzie seguì Dagney nel parcheggio di un grosso edificio della polizia. Proprio come quasi ogni cosa in quella città, anch’esso aveva un aspetto da spiaggia. Enormi palme si ergevano lungo la stretta striscia di prato davanti all’edificio. L’architettura semplice riusciva a comunicare un senso di rilassatezza raffinata. Era un luogo accogliente, e quell’impressione fu confermata anche quando Mackenzie ed Harrison furono entrati.

“Saremo solo in tre, me compresa, a lavorare con voi sul caso” disse Dagney scortandoli lungo un ampio corridoio. “Adesso che siete qui, il mio superiore probabilmente resterà in disparte.”

Bene, pensò Mackenzie. Meno discussioni e obiezioni ci sono, meglio è.

Dagney li portò in una piccola sala conferenze in fondo al corridoio. All’interno, due uomini erano seduti ad un tavolo. Uno dei due stava collegando un proiettore ad un MacBook. L’altro digitava furiosamente su un piccolo tablet.

Entrambi sollevarono la testa quando entrarono dietro Dagney. Mackenzie notò il solito sguardo… che stava iniziando a scocciarla ma a cui ormai aveva fatto l’abitudine. Era uno sguardo che sembrava dire: Oh, una donna piuttosto attraente. Non me l’aspettavo.

Dagney fece delle rapide presentazioni, mentre Mackenzie e Harrison si sedevano al tavolo. L’uomo con il tablet era il capo della polizia Rodriguez, un uomo in là con l’età, brizzolato e con rughe profonde che gli solcavano il viso abbronzato. L’altro poliziotto doveva essere nuovo. Si chiamava Joey Nestler e a quanto pareva era stato lui ad aver scoperto i cadaveri dei signori Kurtz. Dopo le presentazioni, terminò di preparare il proiettore, che una volta acceso proiettò un’intensa luce bianca su un pannello appeso al muro dall’altra parte della stanza.

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