La sua voce era ferma e la sua espressione lasciava trasparire la sincerità.
Riley emise un grosso sospiro di sollievo ed accompagnò Bill dagli ufficiali radunati intorno al corpo nella fossa. Poi, lo presentò al capo e al coroner.
Jenn già conosceva Bill e parve contenta di vederlo, cosa che fu apprezzata da Riley. L’ultima cosa di cui lei aveva bisogno era che Jenn si sentisse emarginata o offesa.
Riley e gli altri misero al corrente Bill di tutti i dettagli raccolti finora sul caso. L’uomo ascoltò con uno sguardo di profondo interesse.
Infine, Bill si rivolse al coroner: “Credo che possiate portare via il corpo adesso. Sempre che vada BENE all’Agente Paige.”
“Per me va bene” Riley acconsentì. Era felice che Bill sembrasse essere tornato quello di una volta, pronto ad esercitare una sorta di autorità.
Quando il coroner cominciò ad estrarre il cadavere dalla fossa, Bill scrutò l’area per un istante.
Chiese a Riley: “Hai controllato il sito dell’omicidio precedente?”
“Non ancora” rispose.
“Allora dovremmo farlo” commentò.
Riley disse al Capo Belt: “Andiamo a dare un’occhiata all’altra scena del crimine.”
Il capo acconsentì. “Si trova a circa tre chilometri all’interno della riserva naturale” spiegò.
Tutti riuscirono a farsi largo tra i giornalisti, ancora una volta senza commentare.
Riley, Bill e Jenn entrarono nel SUV dell’FBI, e il Capo Belt e il coroner presero un’altra auto. Il capo li guidò lontano dalla spiaggia, lungo una strada sabbiosa all’interno di un’area boschiva. Quando la strada terminò, parcheggiarono i loro veicoli. Riley e i colleghi seguirono i due ufficiali a piedi, lungo un sentiero che conduceva tra gli alberi.
Il capo fece stare il gruppo su un lato del sentiero, indicando alcune nitide impronte sul suolo duro.
“Scarpe da tennis ordinarie” Bill commentò.
Riley annuì. Vide che quelle impronte conducevano in entrambe le direzioni. Ma era certa che non avrebbero fornito molte informazioni, tranne che la misura di scarpe del killer.
Ad ogni modo, delle tracce interessanti erano mescolate alle impronte. Due linee traballanti erano scavate nel suolo.
“Che cosa ne pensi di queste linee?” Riley chiese a Bill.
“Tracce di una carriola, che è andata e tornata” il partner rispose. Poi, guardò oltre la propria spalla, in direzione della strada, per poi aggiungere: “Immagino che il killer abbia parcheggiato dove l’abbiamo fatto noi ora, e abbia portato con sé i suoi strumenti, lungo questo sentiero.”
“È quello che abbiamo pensato anche noi” Belt concordò. “E poi, se n’è andato di nuovo da questa parte.”
Presto raggiunsero un punto, in cui il sentiero ne incrociava uno più stretto. Nel bel mezzo del sentiero più piccolo, c’era un buco lungo e profondo. Era circa della larghezza del sentiero stesso.
Il Capo Belt indicò il punto in cui il nuovo sentiero emergeva dagli alberi circostanti. “L’altra vittima sembra essere arrivata, facendo footing, da quella direzione” disse. “La fossa è stata camuffata, e ci è caduta dentro.”
Terzis aggiunse: “Si è rotta la caviglia, probabilmente a causa della caduta. Perciò, era indifesa quando il killer ha cominciato a buttarle la terra addosso.”
Riley sussultò di nuovo, al pensiero di quel tipo di morte orribile.
Jenn disse: “E tutto questo è accaduto ieri.”
Terzis annuì e riprese: “Sono quasi certo che l’ora della morte sia identica a quella dell’altra vittima sulla spiaggia, probabilmente intorno alle sei del mattino.”
“Prima persino dell’alba” Belt aggiunse. “Dev’esserci stata molta nebbia. Un uomo che stava facendo footing è arrivato qui prima dell’alba, ed ha visto la terra spostata e ci ha chiamato.”
Mentre Jenn iniziava a scattare altre foto, Riley passò al setaccio l’area. Gli occhi le caddero su un cespuglio appiattito che si era trovato lungo il tragitto della carriola. Vide dove il killer doveva aver accumulato la terra, a circa quattro metri dal sentiero. Gli alberi erano fitti, accanto a questi sentieri, perciò una persona che faceva footing non avrebbe potuto vedere il killer e nemmeno la terra, mentre correva in quella direzione.
Ora la fossa era stata riscavata dalla polizia. che aveva accumulato la terra lì accanto.
Riley ricordò che Meredith aveva fatto il nome della vittima a Quantico, ma non riusciva a rammentarlo al momento.
Disse al Capo Belt: “Presumo che lei sia riuscito a identificare la vittima.”
“Esatto” Belt rispose. “Aveva ancora molti documenti identificativi con sé, proprio come Todd Brier. Si chiamava Courtney Wallace. Viveva a Sattler, ma non la conoscevo personalmente. Perciò, non posso dirle molto altro al momento, ad eccezione del fatto che era giovane, probabilmente poco più di vent’anni.”
Riley s’inginocchiò accanto alla fossa e guardò al suo interno. Immediatamente, comprese esattamente come il killer aveva creato quella trappola. In fondo alla fossa, c’era un grosso e largo pezzo di stoffa rovinata, con foglie e detriti accumulati sopra di essa. Era stato usato per coprire tutta la fossa, e non poteva saltare agli occhi di qualcuno che faceva footing, specialmente prima dell’alba, quando la luce era ancora fioca.
Si ripromise di chiamare una squadra del BAU, affinché esaminasse quei siti. Forse avrebbero potuto risalire all’origine del telo.
Pochi istanti dopo, Riley avvertì nuovamente una traccia della stessa sensazione che aveva provato alla spiaggia, stava per scivolare nuovamente nella mente del killer. Quella sensazione non era molto nitida, però. Poteva immaginarlo accovacciato, proprio nel punto in cui era inginocchiata, intento a guardare verso la sua preda indifesa.
Allora che cosa aveva fatto in quei momenti, prima di seppellirla viva?
Rammentò a se stessa la sua precedente impressione: l’uomo era affascinante e piacevole.
All’inizio, probabilmente aveva simulato sorpresa, nel trovare la giovane donna in fondo alla fossa. Poteva persino aver dato alla donna l’impressione che l’avrebbe aiutata a venirne fuori.
Lei si è fidata di lui, pensò Riley. Magari per un istante.
Poi, aveva cominciato a deriderla.
E, quasi subito, aveva iniziato a rovesciare la carriola, gettando la terra su di lei.
La donna doveva aver gridato, una volta compreso quello che stava accadendo.
Dunque, come aveva reagito lui al suono delle sue grida?
Riley sentiva che il sadismo del killer era emerso con chiarezza. Si era fermato, per gettarle una singola zolla di terra sul viso, non così grande da impedirle di urlare, ma per tormentarla.
Riley rabbrividì completamente.
Provò sollievo, mentre il senso di connessione cominciava a scemare.
Ora poteva riprendere a guardare la scena del crimine con occhi più obbiettivi.
La forma della fossa le sembrò strana. L’estremità in cui lei si trovava era scavata a forma di cuneo. L’altra era speculare.
Il killer doveva aver faticato per ottenere quel risultato.
Ma perché? Riley si chiese. Che cosa potrebbe significare?
Proprio allora, sentì la voce di Bill chiamare da qualche parte dietro di lei.
“Ho trovato qualcosa. Fareste tutti meglio a venire qui a dare un’occhiata.”
CAPITOLO SETTE
Riley si voltò nel tentativo di capire il motivo per cui Bill stesse urlando. La sua voce proveniva da dietro gli alberi, proprio su un lato del sentiero.
“Che cosa c’è?” chiese il Capo Belt.
“Che cos’ha trovato?” Terzis riecheggiò.
“Venite qui” Bill rispose, gridando.
Riley si alzò in piedi e andò nella direzione indicata dalla voce del partner. Rami di cespuglio spezzati le indicarono il punto in cui lui aveva lasciato il sentiero .
“Venite?” Bill gridò, iniziando a sembrare un po’ impaziente.
Riley intuì dal tono della sua voce che era serio.
Seguita da Belt e Terzis, attraversò il boschetto, finché raggiunsero una piccola radura in cui si trovava Bill, intento a guardare in terra.
Era vero, aveva trovato qualcosa.
Un altro pezzo di stoffa era in terra, legato e tenuto fermo da gancetti agli angoli.
“Accidenti” Terzis mormorò.
“Non un altro corpo” Belt esclamò.
Riley comprese subito che doveva trattarsi di qualcos’altro. Prima di tutto, la fossa era molto più piccola dell’altra, e di forma quadrata.
Bill indossò un paio di guanti di plastica, per evitare di lasciare impronte su qualunque cosa stesse per trovare. Poi, s’inginocchiò e spostò gentilmente il pezzo di stoffa.
Tutto ciò che Riley vide fu un pezzo rotondo di legno scuro e lucido.
Bill prese attentamente il cerchio di legno con entrambe le mani, e lo sollevò.
Tutti, con la sua sola eccezione, sussultarono per quello che aveva lentamente tirato fuori dalla fossa.
“Una clessidra!” esclamò il Capo Belt.
“La più grande che io abbia mai visto” Terzis aggiunse.
E, infatti, l’oggetto era alto più di sessanta centimetri.
“Sei sicuro che non si tratti di una trappola?” Riley chiese sospettosa.
Bill si alzò in piedi con l’oggetto, tenendolo in perpendicolare, maneggiandolo con quanta più delicatezza possibile, come se tenesse in mano uno strumento esplosivo. Lo posò sul terreno, accanto alla fossa.
Riley s’inginocchiò e lo esaminò attentamente. L’oggetto non sembrava avere cavi o molle. Ma si nascondeva qualcosa sotto la sabbia? Infine, inclinò la clessidra su un lato, e non vide alcunché di strano.
“È soltanto una grande clessidra” mormorò. “E nascosta, proprio come la trappola sul sentiero.”
“Non si tratta esattamente di una clessidra” Bill osservò. “Sono certo che misuri un periodo di tempo più lungo di un’ora. È quello che si chiama timer di sabbia.”
Agli occhi di Riley, l’oggetto appariva come straordinariamente bello. I due globi di vetro erano splendidamente definiti, uniti insieme da una piccolissima apertura. La parte superiore tondeggiante in legno ed i pezzi della parte inferiore erano collegati da tre barre di legno, intarsiate da motivi decorativi. La parte superiore era caratterizzata da un’intarsio a forma di onda. Il legno era scuro e molto lucido.
Riley aveva visto dei timer di sabbia in precedenza, ma molto più piccoli: erano creati per la cucina, e misuravano da tre o venti minuti. Questo era molto, molto più grande, alto più di sessanta centimetri.
Il globo inferiore era parzialmente pieno di sabbia dorata.
Invece, in quello superiore, non c’era sabbia.
Il Capo Belt chiese a Bill: “Come ha fatto a sapere che c’era qualcosa qui?”
Bill era accovacciato accanto al timer di sabbia, esaminandolo attentamente. Anziché rispondere, domandò: “Qualcun altro ha notato qualcosa di strano relativamente alla forma del buco sul sentiero?”
“Io” Riley disse. “Le estremità della fossa erano scavate in una sorta di forma a cuneo.”
Bill annuì.
“Era grossomodo la forma di una freccia. La freccia indicava dove il sentiero s’incurvava, e alcuni cespugli erano stati smossi. Perciò, sono venuto qui per vedere che cosa indicasse.”
Il Capo Belt stava ancora guardando il timer di sabbia con stupore.
“Beh, siamo fortunati che l’abbia trovato” l’uomo disse.
“Il killer voleva che guardassimo qui” Riley borbottò. “Voleva che lo scoprissimo.”
Riley guardò Bill e poi Jenn. Intuì che stavano pensando alla stessa cosa a cui lei stava pensando.
La sabbia all’interno del timer si era esaurita.
Forse, in un modo che non comprendevano ancora, ciò significava che non erano affatto fortunati.
Riley guardò Belt e chiese: “Qualcuno dei suoi uomini ha trovato un timer come questo sulla spiaggia?”
Belt scosse la testa e rispose semplicemente: “No.”
Riley provò un cupo fremito di intuizione.
“Allora non avete guardato abbastanza bene” la donna commentò.
Né Belt né Terzis parlarono per un istante. Sembrava che non riuscissero a credere alle proprie orecchie.
Poi Belt disse: “Ascolti, qualcosa del genere sarebbe senz’altro venuta fuori. Sono sicuro che non ci fosse qualcosa di simile nella zona vicina.”
Riley si accigliò. L’oggetto, per essere stato deposto così attentamente, doveva essere importante. Era sicura che i poliziotti in qualche modo non avevano notato un altro timer di sabbia.
Del resto, avrebbero dovuto farlo lei, Bill e Jenn quando erano stati alla spiaggia. Dove poteva essere?
“Dobbiamo tornare a dare un’occhiata” Riley disse.
Bill portò l’enorme timer al SUV. Jenn aprì il portabagagli e, insieme a Bill, mise dentro l’oggetto, assicurandosi che fosse legato e fissato in modo da proteggerlo da qualsiasi movimento brusco o improvviso. Lo coprirono con un lenzuolo che era nel SUV.
Riley, Bill e Jenn entrarono nel veicolo e seguirono l’auto del capo della polizia, di nuovo fino alla spiaggia.
Il numero di giornalisti che si erano radunati nel parcheggio era aumentato e stavano diventando più aggressivi. Mentre Riley ed i colleghi passavano in mezzo a loro ed oltrepassavano il nastro giallo, si chiese per quanto tempo ancora sarebbero stati in grado d’ignorare le loro domande.
Quando raggiunsero la spiaggia, il corpo non si trovava più all’interno della fossa. La squadra del coroner l’aveva già caricato nel proprio furgone. I poliziotti locali stavano ancora setacciando la zona in cerca di indizi.
Belt chiamò a raccolta i suoi uomini, che si radunarono intorno a lui.
“Qualcuno ha visto un timer di sabbia qui intorno?” chiese. “Dovrebbe avere la forma di una grossa clessidra, alta almeno sessanta centimetri.”
I poliziotti sembravano perplessi dalla domanda. Scossero la testa e risposero di no.
Riley stava iniziando a sentirsi impaziente.
Dev’essere qui intorno, da qualche parte, pensò. Salì sul culmine di un vicino pendio erboso e si guardò intorno. Ma non scorse alcuna clessidra e neppure sabbia spostata, che avrebbe indicato la presenza di qualcosa appena sepolto.
Forse il suo intuito le stava giocando dei tiri mancini? Qualche volta era successo.
Non stavolta, pensò.
Il suo sesto senso le diceva che non si sbagliava.
Tornò indietro e si mise a guardare in fondo alla fossa. Era molto diversa da quella nel bosco. Era più bassa e più informe. Il killer non avrebbe potuto utilizzare la sabbia asciutta per creare un indicatore nemmeno se ci avesse provato.
Si voltò e guardò in ogni direzione.
Non vide altro che sabbia e schiuma di mare.
La marea era bassa. Naturalmente, il killer avrebbe potuto realizzato una sorta di scultura in sabbia dalla forma di una freccia, ma sarebbe stata subito visibile. Se non era stata distrutta, sarebbe stata ancora visibile.
La donna chiese allora agli altri: “Avete visto qualcun altro qui vicino, oltre all’uomo con il cane che ha trovato il corpo?”
I poliziotti alzarono le spalle, e si scambiarono un’occhiata.
Uno di essi disse: “Nessuno tranne Rags Tucker.”
Riley sgranò gli occhi.
“E chi è?” allora domandò.
“Solo un eccentrico vagabondo che vive di quanto trova in spiaggia” rispose il Capo Belt. “Vive in un piccolo wigwam laggiù.”
Belt indicò un punto più distante, lungo la spiaggia, dove il bagnasciuga s’incurvava lontano dalla zona in cui si trovavano.
Ora Riley iniziò ad irritarsi.
“Perché nessuno l’ha menzionato prima?” esplose.
“Non ce n’era motivo” Belt rispose. “Abbiamo parlato con lui, non appena siamo arrivati qui. Non ha visto nulla che abbia a che fare con l’omicidio. Ha detto che stava dormendo, quando è successo.”
Riley emise un verso d’irritazione.
“Andremo a fare una visita a questo tizio” replicò.