Jake si fece avanti e scandì il proprio nome ed il proprio incarico ai membri della commissione, poi aggiunse: “Posso dirvi che quest’uomo è un maestro della manipolazione. Non credetegli. Sta mentendo. Non ha mostrato alcun rimorso quando l’abbiamo preso. Quello a cui state assistendo è solo una recita.”
Jake si avvicinò al tavolo, e si protese verso Mullins.
“Scommetto che non ti aspettavi di vedermi oggi” disse, con la voce piena di disprezzo. “Non mi sarei mai perso questa giornata, tu piccolo viscido assassino di bambini.”
Il Consigliere batté il martelletto.
“Ordine!” gridò.
“Oh, mi scusi” Jake disse, fingendo di essere dispiaciuto. “Non intendevo insultare il nostro detenuto modello. Dopotutto, è riabilitato ora. E’ un piccolo viscido assassino di bambini pentito.”
Jake se ne stette lì, a guardare Mullins. Riley studiò l’espressione del detenuto. Sapeva che Jake stava facendo del proprio meglio per provocare una reazione in Mullins. Ma il viso di quest’ultimo restava impassibile e calmo.
“Signor Crivaro, la prego si sieda” la giudice disse. “La commissione può prendere una decisione adesso.”
I membri della commissione si riunirono per condividere appunti e pensieri. I loro sussurri erano animati e tesi. Nel frattempo, Riley non poteva fare altro che aspettare.
Adesso Donald e Melanie Betts stavano singhiozzando. Darla Harter stava piangendo, e suo marito Ross le teneva la mano, gli occhi fissi su Riley. Il suo sguardo la trafisse come un coltello. Che cosa pensava della testimonianza che lei aveva appena reso? Forse credeva che l’avesse fatto per riscattare il suo fallimento di tanti anni indietro?
La stanza era troppo calda e sentiva il sudore scendere lungo le tempie. Aveva il cuore che batteva ansiosamente.
La commissione tornò al proprio posto dopo pochi minuti. Uno dei membri sussurrò al consigliere relatore. Questa si voltò verso tutti gli altri presenti.
“Libertà negata” disse. “Passiamo al prossimo caso.”
Riley sussultò, colpita dalla freddezza della donna, come se il caso non fosse stato nulla più di un ticket per il parcheggio. Ma ricordò a se stessa che la commissione aveva fretta di andare avanti.
Si alzò, ed entrambe le coppie si precipitarono verso di lei. Melanie Betts si gettò tra le braccia di Riley.
“Oh, grazie, grazie, grazie …” continuò a ripetere.
Gli altri tre genitori si misero intorno a lei, sorridendo tra le lacrime, continuando a dirle “grazie” ancora e ancora.
Lei vide che Jake era in disparte nel corridoio. Non appena poté, la donna lasciò i genitori e corse da lui.
“Jake!” disse, abbracciandolo. “Quanto tempo è passato?”
“Troppo” Jake rispose, rivolgendole uno dei suoi sorrisi. “Voi ragazzi di oggi non scrivete o chiamate mai.”
Riley sospirò. Jake l’aveva sempre trattata come una figlia. Ed aveva ragione, avrebbe dovuto mantenere i contatti.
“Allora, come sei stato?” gli chiese.
“Ho settantacinque anni” le disse. “Mi hanno sostituito entrambe le ginocchia e un’anca. Gli occhi sono distrutti. Porto l’apparecchio acustico e ho un pacemaker. E tutti i miei amici, tranne te, sono crepati. Come pensi che sia stato?”
Riley sorrise. Era invecchiato davvero molto dall’ultima volta che lo aveva visto. Nonostante ciò, non sembrava affatto fragile quanto era in realtà. Era sicura che avrebbe potuto ancora svolgere il suo vecchio lavoro, se fosse di nuovo stato necessario il suo contributo.
“Sono felice che tu abbia potuto parlare qui” gli disse.
“Non dovresti esserne sorpresa” Jake esclamò. “Sono bravo a parlare almeno quanto quel bastardo di Mullins.”
“Il tuo intervento è stato di enorme aiuto” disse Riley.
Jake alzò le spalle. “Ecco, vorrei aver ottenuto una reazione da parte sua. Avrei tanto voluto vederlo perdere la calma di fronte alla commissione. Ma è più freddo e più intelligente di quanto possa ricordare. Forse, la prigione gli ha insegnato ad esserlo. Comunque, abbiamo preso una buona decisione, persino senza fargli perdere le staffe. Forse, resterà per sempre dietro le sbarre.”
Riley non disse nulla per un momento. Jake le rivolse uno sguardo curioso.
“C’è altro che non mi stai dicendo?” le chiese.
“Temo che non sia così semplice” la donna rispose. “Se Mullins continua a raccogliere punti per buona condotta, il suo rilascio anticipato sarà probabilmente obbligatorio tra un anno. Non c’è niente che tu o io, o chiunque altro possa fare per impedirlo.”
“Gesù” esclamò l’uomo, amareggiato e arrabbiato come lo era stato molti anni prima.
Riley sapeva davvero come si sentiva. Era sconfortante immaginare Mullins in libertà. La piccola vittoria di oggi ora sembrava molto più amara che dolce.
“Beh, ora devo andare” Jake disse. “E’ stato grandioso vederti.”
Riley osservò tristemente il suo vecchio partner allontanarsi. Comprese perché non si fosse fatto vedere in giro, rischiando di farsi compatire. Non era proprio da lui. Lei prese una nota mentale, di mettersi presto in contatto con lui.
Provò anche a trovare un lato positivo in tutto quello che era appena accaduto. Dopo quindici anni, i coniugi Betts e Harter l’avevano finalmente perdonata. Ma Riley non si sentiva di meritare il perdono, non più di quanto lo meritasse Larry Mullins.
Proprio allora, Larry Mullins fu condotto fuori in manette.
Si voltò a guardarla e allargò il sorriso, mimando silenziosamente le sue parole malvagie.
“Ci vediamo l’anno prossimo.”
CAPITOLO SETTE
Riley era nella sua auto, diretta verso casa, quando ricevette una chiamata da Bill. Mise il cellulare in vivavoce.
“Che cosa succede?” gli chiese.
“Abbiamo trovato un altro corpo” fu la risposta. “In Delaware.”
“Quello di Meara Keagan?” Riley domandò.
“No. Non abbiamo identificato la vittima. Questa è proprio come le altre due, soltanto peggio.”
Riley meditò su quelle nuove informazioni. Meara Keagan era ancora prigioniera. Il killer forse aveva anche altre donne con sé. L’unica cosa certa era che gli omicidi sarebbero continuati. Quanti ce ne sarebbero stati era una preoccupazione di chiunque.
La voce di Bill era agitata.
“Riley, sto andando fuori di testa” disse. “So di non pensare lucidamente. Lucy è di enorme aiuto, ma è ancora così acerba.”
Riley comprendeva perfettamente come si sentiva. L’ironia era palpabile. Lei era lì a tormentarsi sul caso di Larry Mullins. Intanto in Delaware, Bill sentiva che il suo stesso fallimento di qualche mese prima era costato la vita di una terza donna.
Riley pensò di raggiungere Bill in auto, ovunque lui fosse. Probabilmente le ci sarebbero volute quasi tre ore per arrivarci.
“Hai finito lì?” Bill le chiese.
Riley aveva detto a Bill e Brent Meredith che sarebbe stata in Maryland oggi, per l’udienza sulla libertà condizionale.
“Sì” rispose.
“Bene” Bill disse. “Ho mandato un elicottero a prenderti.”
“Tu cosa?” Riley esclamò con un sussulto.
“C’è un aeroporto privato vicino a dove ti trovi. Ti invierò la località via sms. L’elicottero è già lì probabilmente. A bordo, c’è un cadetto che riporterà la tua auto indietro.”
Senza un’altra parola, Bill mise fine alla telefonata.
Riley guidò in silenzio per un momento. Si era sentita sollevata, quando l’udienza era terminata durante la mattina. Voleva essere a casa, quando la figlia sarebbe tornata da scuola. Il giorno prima non c’erano stati ulteriori litigi, ma April non aveva detto molto altro. Quella mattina, Riley era uscita prima che la figlia si svegliasse.
Ma, per lei, la decisione era stata presa. Pronta o meno, era sul nuovo caso. Avrebbe parlato con April più tardi.
E non dovette riflettere a lungo prima che le sembrasse perfettamente giusto. Fece inversione, e seguì le istruzioni che Bill le aveva inviato. La cura più sicura al suo senso di fallimento sarebbe stato consegnare un altro killer alla giustizia—la vera giustizia.
Era ora.
*
Riley rimase ferma a guardare il corpo della ragazza che giaceva su di un palco, formato da assi di legno. Era una mattina luminosa e fresca. Il palco era situato in un gazebo, proprio al centro della piazza principale, circondato da erba ed alberi ben tenuti.
La vittima assomigliava in maniera scioccante alle due vittime nelle foto che Riley aveva visto. Giaceva a faccia in su, ed era così magra che sembrava come mummificata. I suoi vestiti sporchi e logori, che una volta potevano esserle andati bene, ora sembravano grottescamente larghi su di lei. Mostrava vecchie cicatrici e ferite più recenti, che sembravano i segni di una frusta.
Riley immaginò che avesse circa diciassette anni, l’età delle altre due vittime di omicidio.
O forse no, pensò.
Dopotutto, Meara Keagan aveva ventiquattro anni. Il killer poteva aver cambiato il suo modus operandi. Questa ragazza era ridotta così male, che per Riley era difficile determinarne l’età.
Riley era tra Bill e Lucy.
“Sembra che abbia patito la fame più delle altre due” Bill sottolineò. “Deve averla tenuta molto più a lungo.”
Riley scorse un mondo di rimprovero per se stesso, nelle parole del partner. Gli lanciò uno sguardo. Notò anche l’amarezza che traspariva sul volto dell’uomo. Riley sapeva ciò che Bill stava pensando. Quella ragazza era senz’altro in vita, e tenuta prigioniera, quando lui aveva indagato sul caso e non aveva avuto alcun riscontro. Stava biasimando se stesso per la sua morte.
Riley sapeva che non doveva farlo ma non riusciva a trovare le parole per farlo sentire meglio. I suoi rimorsi, per il caso di Larry Mullins, le lasciavano ancora l’amaro in bocca.
Riley si voltò per osservare ciò che la circondava. Da lì, la sola struttura completamente visibile era il tribunale dall’altra parte della strada, un grosso edificio di mattoni con una torre dell’orologio. Riley non era sorpresa del fatto che il corpo potesse essere stato portato lì nel bel mezzo della notte, senza che nessuno se ne accorgesse. L’intera città era stata profondamente addormentata e la piazza era circondata da marciapiedi, così che l’assassino non rischiasse di lasciare alcuna impronta.
La polizia locale aveva delimitato con il nastro la piazza, e stava allontanando i curiosi. Ma Riley vide che alcuni membri della stampa si erano radunati davanti al nastro.
Era preoccupata. Finora, la stampa non aveva capito che i due omicidi precedenti e la sparizione di Meara Keagan erano collegati. Ma, con questo nuovo omicidio, qualcuno aveva senz’altro unito i puntini. Il pubblico lo avrebbe saputo prima o poi. A quel punto, l’indagine sarebbe diventata molto più difficile.
Lì nei pressi, c’era il capo della polizia di Redditich, Aaron Pomeroy.
“Come e quando è stato trovato il corpo?” Riley domandò.
“Abbiamo uno spazzino che entra in servizio prima dell’alba. E’ stato lui a trovarla.”
Pomeroy sembrava piuttosto scosso. Era un uomo di una certa età, in sovrappeso. Riley immaginava che, persino in una piccola cittadina come questa, un poliziotto della sua età avesse gestito un omicidio o due, durante la sua carriera. Ma non aveva probabilmente mai avuto a che fare con un evento così inquietante.
L’Agente Lucy Vargas si accovacciò accanto al cadavere, e lo studiò attentamente.
“Il nostro killer è incredibilmente sicuro di sé” Lucy disse.
“Come lo sai?” Riley chiese.
“Dunque, dispone i corpi in modo da mostrarli” fu la risposta. “Metta Lunoe è stata trovata in un campo aperto, Valerie Bruner sul lato di una strada. Solo circa la metà di tutti i serial killer trasporta le proprie vittime via dal luogo del delitto. Di quelli che lo fanno, circa la metà le nasconde. E molti corpi che sono lasciati in vista sono solo gettati via. Questo tipo di esposizione suggerisce che è molto impudente.”
Riley fu contenta che Lucy avesse prestato buona attenzione in classe. Ma, in qualche modo, non pensava che l’impudenza fosse la chiave della mente di quel killer. Non stava provando a vantarsi o a deridere le autorità. Puntava ad altro. Ma Riley non sapeva ancora di che cosa si trattasse.
Tuttavia, era sicura che avesse a che fare con il modo in cui il corpo era disposto, al contempo fastidioso ed intenzionale. Il braccio sinistro della ragazza era allungato sopra la testa. Anche il braccio destro era allungato ma disposto leggermente su un lato del corpo. Persino la testa, con il suo collo spezzato, era stata raddrizzata per allinearsi quanto più possibile con il resto del corpo.
Riley ripensò alle foto delle altre vittime. Notò che Lucy stava trasportando con sé un tablet.
Riley le chiese: “Lucy, potresti mostrarmi le foto degli altri due cadaveri?”
A Lucy occorsero pochi secondi per eseguire la richiesta. Riley e Bill si avvicinarono a Lucy, per guardare le due immagini.
Bill indicò e disse: “Il corpo di Metta Lunoe era il riflesso di questo, braccio destro sollevato, braccio sinistro sul lato del corpo. Il braccio destro di Valerie Bruner era sollevato, ma il braccio sinistro era allungato dall’altra parte del corpo, portato verso il basso.”
Riley si chinò e afferrò il polso del corpo, provando a muoverlo. L’intero braccio era immobile. Il rigor mortis aveva pienamente svolto il suo compito. Ci sarebbe voluto un coroner per determinare l’ora esatta del decesso, ma Riley era sicura che la ragazza fosse morta da almeno nove ore. E, come le altre ragazze, era stata spostata in quel punto, subito dopo l’omicidio.
Più guardava la scena, più qualcosa sembrava tormentare Riley. Il killer aveva avuto molta difficoltà a disporre il cadavere. Lo aveva trasportato al di là della piazza, giù per sei scalini, e lo aveva manipolato meticolosamente. Ma la sua posizione proprio non aveva alcun senso.
Il corpo non era allineato con nessuna delle pareti del gazebo. Non era collegato all’apertura del gazebo o al tribunale, o ad altro che Riley potesse vedere. Sembrava fosse stato deposto in un angolo a caso.
Ma questo tipo non fa nulla a caso, pensò.
Riley sentiva che l’assassino stava provando a comunicare qualcosa. Non aveva idea di che cosa fosse però.
“Che cosa ne pensi delle pose?” Riley chiese a Lucy.
“Non lo so” Lucy rispose. “Non molti killer mettono i corpi in posa, a dire il vero. E’ strano.”
Lei è ancora una vera novellina per questo lavoro, Riley pensò tra sé e sé.
Lucy non aveva notato che i casi strani erano davvero gli unici che venivano chiamati a risolvere. Per gli agenti veterani come Riley e Bill, la stranezza era diventata ormai da tanto tempo insensibilmente normale.
Riley esclamò: “Lucy, diamo un’occhiata alla cartina.”
Lucy evidenziò la cartina, che mostrava dove erano stati trovati gli altri due corpi.
“I corpi sono stati disposti in un’area molto ristretta” Lucy disse, indicando di nuovo. “Valerie Bruner è stata trovata a meno di dieci miglia da dove è stato trovato il corpo di Metta Lunoe. E questo è a meno di dieci miglia da dove Valerie Bruner è stata trovata.”
Riley constatò che Lucy aveva ragione. Ad ogni modo, Meara Keagan era sparita pochi chilometri a nord di Westree.
“Qualcuno vede dei collegamenti tra le località?” Riley chiese a Bill e Lucy.
“Non proprio” rispose Lucy. “Il corpo di Metta Lunoe era in un campo fuori da Mowbray. Quello di Valerie Bruner invece, era lungo il ciglio di un’autostrada. E ora, questo qui proprio nel bel mezzo di una piccola cittadina. E’ quasi come se il killer stesse cercando dei posti che non hanno nulla in comune.”
Proprio allora, Riley sentì urlare qualcuno tra i curiosi.
“So chi è stato! So chi è stato!”
Riley, Bill e Lucy si voltarono tutti a guardare. Un ragazzo stava agitando le mani, e gridava da dietro il nastro.