“Ho preso qualche immagine valida del viso del ragazzo. Li ho messi su file digitali e posso inviarveli sui telefoni se volete.”
Ray lanciò a Keri un’occhiata che significava “forse non è così incompetente, dopotutto”, ma abbassò il capo quando lei gli ritornò l’occhiata, ancora arrabbiata per il commento sulle sue “esagerazioni”.
“Sarebbe fantastico,” disse Ray riportando l’attenzione alla guardia. “È riuscito a rintracciare dove sono andati?”
“Sì,” disse Keith fieramente e girò su se stesso per rivolgere il viso di nuovo allo schermo. Passò a un altro fermoimmagine che mostrava gli spostamenti del ragazzo all’interno del centro commerciale, così come quelli di Sarah e Lanie. Terminavano con tutti loro che salivano su un Trans Am e lasciavano il parcheggio, diretti a nord.
“Ho cercato di ottenere le targhe della macchina ma tutte le nostre telecamere sono montate troppo in alto per vederle.”
“Va bene così,” disse Keri. “Ha lavorato molto bene, Keith. Le do i nostri numeri per le immagini. Vorrei che le inviasse anche a un nostro collega del dipartimento, in modo che possa lavorare sul riconoscimento facciale.”
“Ma certo,” disse Keith. “Lo faccio subito. E, mi chiedevo, potrei chiedervi un favore?”
Keri e Ray si scambiarono degli sguardi scettici ma lei annuì comunque. Keith proseguì, esitante.
“Sto pensando di fare domanda per entrare all’accademia di polizia. Ma sto aspettando, perché non mi sento ancora pronto dal punto di vista dei requisiti fisici. Mi chiedevo se, quando tutto è sistemato, potrei chiedere a voi dei consigli su come incrementare le possibilità di entrare e di diplomarmi.”
“Tutto qua?” chiese Keri estraendo un biglietto da visita e porgendoglielo. “Chiami questo affetto da gigantismo per i consigli fisici. Può chiamare me quando ha bisogno di aiuto per la parte mentale del lavoro. Ah, un’altra cosa. Se deve portare una targhetta per lavoro, se ne procuri una con il cognome. È più intimidatorio.”
Poi se ne andò, lasciando Ray a fare il resto. Se lo meritava.
Fuori mandò un messaggio con i fermoimmagine del ragazzo sia a Joanie Hart che ai Caldwell, chiedendo se lo riconoscessero. Un attimo dopo Ray si unì a lei. Aveva l’aria imbarazzata.
“Senti, Keri. Non avrei dovuto dire che stavi esagerando. Chiaramente c’è qualcosa che non va, qui.”
“Sono delle scuse? Perché non ho sentito la parola ‘scusa’. E, dato che ci siamo, non abbiamo avuto abbastanza casi che sembravano niente a tutti tranne che a me che però si sono rivelati qualcosa perché tu mi dia il beneficio del dubbio?”
“Sì, ma tutti i casi che…?” fece per dire, poi ci pensò meglio e bloccò la frase a metà. “Scusa.”
“Grazie,” rispose Keri scegliendo di ignorare la prima parte del commento e di concentrarsi sulla seconda.
Le vibrò il telefono e guardò giù in trepidazione. Ma invece di un’email del Collezionista, era un messaggio di Joanie Hart. Era breve e andava dritto al punto: “non ho mai visto questo ragazzo.”
Lo mostrò a Ray, scuotendo la testa di fronte all’apparente profonda ambivalenza della donna nei confronti del benessere di sua figlia. Proprio allora squillò il telefono. Era Mariela Caldwell.
“Salve, signora Caldwell. Sono la detective Locke.”
“Sì, detective. Io e Ed abbiamo guardato le foto che ci ha mandato. Non abbiamo mai visto quel giovane. Però Sarah mi ha detto che Lanie le aveva detto che il suo ragazzo aveva l’aria di uno da rock band. Mi chiedo se non potrebbe essere lui.”
“Possibile,” disse Keri. “Sarah ha mai detto il nome di questo ragazzo di Lanie?”
“Sì. Sono piuttosto certa che fosse Dean. Non mi ricordo il cognome. Credo che non lo sapesse neanche lei.”
“Okay, grazie mille, signora Caldwell.”
“È un’informazione utile?” chiese la donna con voce speranzosa, quasi implorante.
“È probabile di sì. Ancora non ho altre informazioni da darle. Ma le assicuro che siamo concentrati sul ritrovamento di Sarah. Cercherò di tenerla aggiornata più che posso.”
“Grazie, detective. Lo sa, ho capito solo dopo che se n’è andata che lei è la stessa che ha ritrovato quella surfista scomparsa, qualche mese fa. E so che, be’… con sua figlia…” Le si spezzò la voce e si bloccò, chiaramente sopraffatta dall’emozione.
“Va tutto bene, signora Caldwell,” disse Keri preparandosi per non perdere il controllo.
“Mi dispiace così tanto per la sua bambina…”
“Adesso non se ne preoccupi. Io mi sto concentrando sul ritrovare sua figlia. E le prometto che metterò ogni grammo di energia che ho in quello. Lei cerchi solo di stare calma. Guardi un brutto programma alla televisione, faccia un sonnellino, faccia tutto quello che può per rimanere in sé. Nel frattempo, noi ci occupiamo di Sarah.”
“Grazie, detective,” sussurrò Mariela Caldwell con voce appena udibile.
Keri riappese e guardò Ray, che aveva un’espressione preoccupata.
“Non ti preoccupare, partner,” lo rassicurò. “Non perderò il controllo, per il momento. E adesso troviamo questa ragazza.”
“Come proponi di farlo?”
“Credo che sia ora di parlare con Edgerton. Ha avuto abbastanza tempo per verificare i dati dei telefoni delle ragazze. E adesso abbiamo un nome per il ragazzo del ristorante – Dean. Magari Lanie ne parla in uno dei suoi post. Sua madre può non sapere niente di lui, ma io credo che potrebbe essere a causa della sua mancanza di interesse piuttosto che alla volontà di Lanie di tenerlo nascosto.”
Uscendo dal centro commerciale in direzione del parcheggio e della macchina di Ray, Keri chiamò Edgerton e lo mise in vivavoce in modo che anche Ray potesse sentire. Edgerton rispose dopo un solo squillo.
“Dean Chisolm,” disse, facendo a meno dei saluti.
“Cosa?”
“Il ragazzo sui fermoimmagine che mi hai mandato si chiama Dean Chisolm. Non ho dovuto neanche usare il riconoscimento facciale. È taggato in sacco di foto Facebook della Joseph. Indossa sempre un berretto basso sul viso o gli occhiali da sole, come se cercasse di nascondere la sua identità. Però non è molto bravo. Porta sempre lo stesso tipo di maglia nera e i tatuaggi si riconoscono piuttosto bene.”
“Bel lavoro, Kevin,” disse Keri, ancora una volta impressionata dal genio informatico dell’unità. “Allora, che cosa sai di lui?”
“Una quantità decorosa di cose. Molti arresti per droga. Alcuni per possesso, un paio per spaccio, e uno per aver fatto da corriere. Si è fatto quattro mesi per quello.”
“Un bravo e onesto cittadino,” borbottò Ray.
“Non è tutto. È anche sospettato per coinvolgimento in un giro di prostituzione che vede coinvolte ragazze minorenni. Però nessuno è mai stato in grado di metterlo dentro per questo.”
Keri guardò Ray e vide qualcosa cambiare nella sua espressione. Fino a quel momento lui aveva chiaramente pensato che ci fosse una solida possibilità che le ragazze se ne fossero andate a far festa da qualche parte. Ma con le notizie su Dean, era ovvio che era passato dall’essere moderatamente inquieto a molto molto preoccupato.
“Che cosa sappiamo di questo giro?” chiese Keri.
“È gestito da un bel ragazzo che si chiama Ernesto ‘Chiqy’ Ramirez.”
“Chiqy?” chiese Ray.
“Credo che sia un soprannome – il diminutivo di chiquito. Vuol dire piccolo. E dato che il tipo sembra pesare molto più di centotrenta chili, sospetto che sia ironico.”
“Sai dove possiamo trovare Chiqy?” chiese Keri, per nulla divertita.
“Purtroppo no. Non ha indirizzo conosciuto. Sembra più che altro frequentare depositi abbandonati, dove improvvisa bordelli finché non viene fatto un blitz. Però una buona notizia ce l’ho.”
“Va bene tutto,” disse Ray montando in macchina.
“Ho l’indirizzo di Dean Chisolm. E guarda caso è l’esatto luogo in cui i GPS di entrambe le ragazze sono stati spenti. Ve lo mando subito, insieme a una foto di Chiqy.”
“Grazie, Kevin,” disse Keri. “A proposito, potremmo aver trovato un mini-Kevin che lavora come addetto alla sicurezza del centro commerciale; molto ferrato nell’informatica. Vuole diventare poliziotto. Potrei metterlo in contatto con te se ti va bene.”
“Certo. Come dico sempre, nerd di tutto il mondo unitevi!”
“Lo dici sempre?” lo prese in giro Keri.
“Più che altro lo penso,” ammise, poi riappese prima che gli rompessero ancora le palle.
“Sembri incredibilmente composta per una persona che ha appena saputo che le ragazze che stiamo cercando potrebbero essere finite in un giro di prostituzione,” fece notare Ray con voce sorpresa.
“Sto cercando di prenderla alla leggera finché posso,” disse Keri. “Credo che non potrò farlo ancora a lungo. Ma non ti preoccupare. Quando troveremo Chisolm, ci sono buone probabilità che gli rimuoverò alla buona un po’ di tatuaggi con il coltellino svizzero. È carino, e anche spuntato.”
“È bello sapere che non hai perso il controllo,” disse Ray.
“Mai.”
CAPITOLO SEI
Keri tentava di impedire che il cuore le saltasse fuori dal petto mentre si accucciava dietro a un cespuglio accanto alla casa di Dean Chisolm. Si costringeva a respirare piano e lentamente, stringendo la pistola tra le mani in attesa che gli agenti in divisa bussassero alla porta. Ray si trovava praticamente nello stesso posto suo, sull’altro lato della casa. C’erano altri due agenti nel vicolo sul retro.
Nonostante le temperature fredde, Keri sentiva il sudore gocciolarle lungo la schiena, sotto al giubbotto antiproiettile, e cercava di ignorarlo. Erano passate le sette di sera e c’erano poco meno di dieci gradi adesso, ma aveva lasciato la giacca in macchina in modo da muoversi più agevolmente. Sarebbe stata davvero tinca se se la fosse tenuta.
Uno degli agenti picchiò alla porta, mandandole una scarica in tutto il corpo. Si curvò un po’ di più per assicurarsi che nessuno potesse scorgerla dietro al cespuglio sbirciando dalla finestra. Il movimento le causò una lieve fitta alla costola. Se ne era rotte parecchie nello scontro con un rapitore di bambini avvenuto due mesi prima. E anche se era guarita completamente, alcune posizioni le davano ancora fastidio.
Qualcuno aprì la porta e si costrinse a ignorare il rumore che veniva dalla strada per ascoltare attentamente.
“Dean Chisolm?” udì chiedere da uno degli agenti. Percepiva il nervosismo nella sua voce, e sperò che chiunque fosse la persona in ascolto non riuscisse a riconoscerlo come lei.
“No. Adesso non c’è,” rispose una voce giovane ma sorprendentemente sicura.
“Tu chi sei?”
“Sono suo fratello, Sammy.”
“Quanti anni hai, Sammy?” chiese l’agente.
“Sedici.”
“Sei armato, Sammy?”
“No.”
“C’è qualcun altro a casa, Sammy? Magari i tuoi genitori?”
Sammy rise alla domanda, prima di ricomporsi.
“Non vedo i miei da molto,” disse derisoriamente. “Questa è casa di Dean. Se l’è comprata con i suoi soldi.”
Keri ne aveva avuto abbastanza e uscì dal nascondiglio dietro al cespuglio. Sammy guardò nella sua direzione appena in tempo per vederla rinfoderare l’arma. Keri lo vide spalancare gli occhi brevemente, nonostante tutti i suoi sforzi per apparire indifferente.
Sammy sembrava la copia carbone del fratello, completo di pelle pallida e tatuaggi. Anche lui aveva i capelli neri ma troppo ricci per pettinarli a punta. Comunque indossava l’uniforme punk richiesta – t-shirt nera, jeans aderenti con appesa un’inutile catena, e stivali neri da lavoro.
“Com’è riuscito Dean a comprarsi casa a soli ventiquattro anni?” chiese senza presentarsi.
Sammy la fissò, cercando di decidere se poteva ignorarla oppure no.
“È un bravo uomo d’affari,” rispose con un tono che aveva appena un accenno di sfida.
“Gli affari sono andati bene di recente, Sammy?” chiese facendo un passo avanti, rimanendo aggressiva, sperando di tenere il ragazzo a disagio.
I due agenti in divisa si fecero indietro, così non rimase nessuno tra Keri e Sammy. Lei non lo sapeva se era una decisione presa coscientemente da parte loro o se volevano solo non trovarsi tra i piedi durante il confronto. In ogni caso, era contenta di avere il palco tutto per sé.
“Non saprei. Sono solo un umile studente, signora,” disse, più sfrontato.
“Non è vero, Samuel,” caricò Keri, felice di aver letto il file su Chisolm che Edgerton le aveva inviato mentre si recavano lì. Vide che l’uso del suo vero nome lo aveva colto di sorpresa. “Hai lasciato la scuola la scorsa primavera. Hai appena mentito a una detective del dipartimento di polizia di Los Angeles. Non è un buon inizio, per la nostra relazione. Vuoi correre ai ripari?”
“Che cosa vuole?” chiese Sammy, pieno di prudente irritabilità. Cominciava a perdere colpi – era uscito sul portico, contro ogni buon senso.
Era ignaro di Ray, che silenziosamente era arrivato dall’altro lato della casa e si era sistemato pochi passi dietro di lui. Keri avanzò perché mantenesse l’attenzione su di lei. Adesso erano a meno di due metri di distanza.
“Voglio sapere dov’è Dean,” disse lasciando perdere tutta la messinscena. “E voglio sapere dove sono le ragazze che ha portato qui questo pomeriggio.”
“Non lo so dov’è. Se n’è andato qualche ora fa. E non so niente di ragazze.”
Nonostante fosse un giovane delinquente in erba, Keri sapeva che Sammy non era mai stato arrestato, ancor meno era stato in prigione. Poteva usare la paura della prospettiva come un vantaggio. Decise di dargli il colpo di grazia.
“Non sei stato onesto con me, Samuel. E mi stai facendo perdere la pazienza. Sappiamo entrambi in che giro di affari si è ficcato tuo fratello. Sappiamo entrambi come fa a permettersi questa casa. E sappiamo entrambi che non passi il tuo tempo libero a studiare per il diploma.”
Sammy aprì la bocca per protestare ma Keri alzò una mano e proseguì senza prendere fiato.
“Sono qui a cercare due adolescenti scomparse. Sono state portate qui da tuo fratello. Il mio lavoro è trovarle. Se mi aiuterai a farlo, potrai condurre una vita quasi normale. Se non lo farai, le cose per te si metteranno malissimo. Questa è la tua unica occasione di evitare di essere inserito nel sistema. Coopera o preparati al peggio.”
Sammy la fissò, cercando di mantenere il viso impassibile. Ma gli occhi erano fissi in modo innaturale e il respiro era pesante e veloce. Continuava a contrarre e rilassare i pugni. Era terrorizzato.
Quello che Sammy non sapeva era che Keri non aveva un mandato. Se fosse semplicemente rimasto dentro casa rifiutandosi di parlare, non avrebbero avuto altra risorsa che richiedere un mandato e aspettare fuori finché non fosse stato approvato.
Però, uscendo per parlare con lei e lasciando la porta aperta, si era reso vulnerabile. Ancora non l’aveva capito, ma che accettasse di aiutarli o meno loro in quella casa ci sarebbero entrati. La sua decisione avrebbe davvero determinato il suo immediato futuro. Keri sperava che capisse che non stava bluffando. Sperava che facesse la scelta con saggezza. Ma non lo fece.
“Io non so niente,” disse, ignaro di aver così dato il via al suo destino.
Keri sospirò. Quasi le dispiaceva per lui.
“Hai sentito?” chiese Ray.
Sammy, ignaro che ci fosse qualcuno dietro di lui, saltò quasi fuori dagli stivali.
“Che…?” cominciò a dire. Ray lo interruppe.
“Detective Locke, credo di aver sentito venire dall’interno delle grida d’aiuto. Le senti anche tu?”
“Credo di sì, detective Sands. Agenti, le sentite anche voi?”
I due agenti in divisa chiaramente non sentivano niente, ma non volevano essere i deboli del gruppo. Annuirono entrambi, e per sicurezza quello che prima aveva bussato alla porta aggiunse, “Sicuramente.”