Chloe trattenne la risposta che aveva sulla punta della lingua. Del resto, Nikki aveva ragione. Non si sa come, era riuscita a non notare qualcosa di così evidente come quell’orma. È perché sono troppo assorta nei miei pensieri. Forse il cambio di dipartimento mi sta influenzando più di quanto pensassi.
Ma sapeva che era una scusa pessima. Dopotutto, fino a quel momento si era trattato unicamente di raccogliere delle prove, che era ciò che aveva sempre desiderato fare.
Imbarazzata e infuriata, Chloe uscì dalla stanza per riprendere fiato e pensare.
“Gesù” commentò Nikki osservando l’impronta. “Fine... perché non provi a trovare qualcosa di utile? Ci sono dei fori di proiettile nel muro della cucina che non ho avuto la possibilità di studiare, mentre tu eri fuori. Qui ci penso io... ammesso che sia ancora possibile.”
Di nuovo, Chloe dovette trattenere una rispostaccia. Era nel torto, e questo significava che doveva lasciar perdere il suo astio verso la collega. Quindi tacque e tornò nella zona giorno dell'appartamento, sperando di trovare un modo per riscattarsi.
Andò in cucina e vide i fori di proiettile menzionati da Nikki. Vide i bossoli infilati parecchi centimetri nella parete. Era sicura che sarebbe stato possibile scoprire che tipo di pistola fosse stata usata basandosi unicamente su quelli. Quindi, secondo Chloe, i fori dei proiettili erano un vero e proprio indizio: un indizio facile che avrebbe dato loro le informazioni sufficienti per far progredire le indagini.
Forse però c'è qualcos'altro, pensò.
Tornò verso il corridoio e si fermò dove questo si collegava con la zona giorno. Se l'assassino fosse davvero entrato dalla finestra della camera da letto, probabilmente era in quel punto che doveva essere iniziata la sparatoria. La mancanza di sangue o segni di colluttazione nella camera da letto indicava che là dentro non era successo nulla.
Guardò il divano e vide lo spruzzo di sangue sul pavimento di fronte. Probabilmente è il primo colpo, pensò. Si guardò intorno e le sembrò di vedere chiaramente la scena nella mente. Il primo sparo aveva ucciso qualcuno sul divano, facendo scattare in piedi l’altra persona seduta lì, scaraventando il tavolino. Il sangue e la bibita dall'altro lato del tavolino indicavano che questa seconda persona non era riuscita ad allontanarsi in tempo.
Chloe avanzò lentamente verso il soggiorno, seguendo la probabile traiettoria dei proiettili. La quantità di sangue secco e materiale organico sul retro del divano era abbastanza per provare che la persona seduta lì era morta sul colpo. Non vedeva il foro d’uscita sul divano, il che significava che il proiettile doveva essere rimasto da qualche parte nella testa della vittima.
Poteva facilmente vedere due fori di proiettile nel muro della cucina, a circa otto centimetri di distanza. Riusciva a vederli dal divano. Ma se c’erano due spari lì, forse ce ne erano altri da qualche altra parte. Trovandoli, forse avrebbero potuto dare una ricostruzione più precisa della scena.
Andò al tavolino e si accovacciò. Se qualcuno ci era inciampato prima di essere colpito, l'assassino avrebbe dovuto mirare in basso. Si guardò intorno in cerca di altri colpi vaganti, ma non ne vide. L'assassino aveva apparentemente centrato il suo obiettivo.
Tuttavia, vide qualcos’altro, che non aveva nemmeno cercato. C'era una piccola scrivania contro il muro alla sua destra. Sopra c’erano un vaso e una foto incorniciata. Tra i piedi della scrivania c'era un cestino di vimini con vecchie lettere e libri. E infilato tra il cesto e le gambe di dietro della scrivania, c'era un cellulare.
Lo raccolse e vide che era un iPhone. Premette il pulsante di accensione e lo schermo si illuminò. La schermata di blocco era una foto di Black Panther. Premette il tasto Home, aspettandosi che venisse visualizzata la schermata del codice di sblocco. Invece, con sua sorpresa, non era bloccato e si aprì senza problemi.
Dev’essere il cellulare del figlio, pensò. E forse i genitori l'hanno truccato per impedirgli di inserire un blocco, così da avere libero accesso.
Le ci volle un momento per capire cosa stava guardando. Vide la faccia di un giovane ragazzo con delle strane fattezze simili a zombie, disegnate sopra la foto. Si accorse che era la schermata di Snapchat. Quello che aveva davanti era un video (o meglio, uno “Snap") che non era ancora stato inviato.
“Santo cielo” sussurrò.
Poi si rese conto di quanto fosse caldo il telefono. Guardò l'indicatore della batteria nell'angolo in alto a destra e vide che era rosso.
Corse verso il corridoio, con il cellulare in mano. “Rhodes, hai visto un caricabatterie per cellulare in giro?” urlò.
Ci fu una pausa, poi Nikki rispose. “Sì. Sul comodino.”
Chloe si precipitò nella stanza. Vide il caricabatterie e lo raggiunse di corsa.
“Cosa c'è?” chiese Nikki.
Chloe non poté fare a meno di pensare: ti piacerebbe saperlo, eh, stronza? Ma tenne il commento per sé, mentre collegava il caricabatterie al telefono.
“Penso che il figlio fosse su Snapchat quando è arrivato l'assassino. E penso che stesse per mandare uno snap a un amico. Solo che non c’è mai riuscito.”
Riprodusse il video: un ragazzo, che doveva avere dodici o tredici anni, faceva la linguaccia; il viso era deformato da un filtro con effetto zombie. Due secondi dopo, risuonò il primo colpo di pistola. L’immagine si mosse, poi arrivò il secondo sparo. Il ragazzino cadde sul pavimento, l’immagine si mosse di nuovo, poi lo schermo diventò nero.
Lo snap finiva lì. Il tutto era durato più o meno cinque secondi.
“Fallo ripartire” disse Nikki.
Chloe riprodusse da capo il video, questa volta prestando attenzione ai momenti in cui l’inquadratura si spostava. Per circa un quarto di secondo, si vedeva la sagoma di una persona in piedi nel corridoio, che entrava nel soggiorno. Era breve, ma visibile. E poiché il telefono era di ultima generazione, l’immagine era abbastanza nitida nonostante il movimento. Chloe non riusciva a distinguere un volto con il suo occhio inesperto, ma sapeva che il Bureau non avrebbe avuto problemi ad eseguire un’analisi fotogramma per fotogramma.
“Questa è praticamente una prova schiacciante” commentò Nikki. “Dove hai trovato il telefonino?”
“Sotto la scrivania contro il muro del soggiorno.”
Chloe capì che la collega era eccitata dalla scoperta, ma non voleva darlo a vedere.
Infatti si limitò ad annuire e tornò a cercare le impronte sotto la finestra.
Entrambe avevano capito che, grazie al video di Snapchat, il loro lavoro lì era praticamente concluso. Avevano la prova perfetta ormai, e continuare a cercarne altre non aveva molto senso.
Chloe decise di stare al gioco, per non aumentare la tensione tra loro. Prese il cellulare e lo portò con sé in soggiorno. Attraversò la cucina e iniziò ad estrarre i bossoli di proiettile dal muro. Ma sapeva che la chiave del caso era nel telefonino, in attesa di consegnare l'assassino alla giustizia. E nella sua mente non poteva evitare di avere l’impressione che fosse stato tutto troppo facile. Era sicura che anche Nikki stesse pensando la stessa cosa – oltre a cercare un modo per far sì che la situazione si ritorcesse contro Chloe.
CAPITOLO QUATTRO
Tornarono al quartier generale dell'FBI due ore dopo, con abbastanza prove per individuare un sospettato entro la fine della giornata. Il video di Snapchat era quella più eclatante, ma erano anche riuscite a trovare due nitide impronte digitali, l'orma sulla moquette e due capelli impigliati nella cornice della finestra della camera da letto.
Presentarono le prove al vicedirettore Garcia, seduto a un tavolino in fondo al suo ufficio. Quando Chloe gli mostrò quello che aveva trovato sul cellulare, lo vide cercare di trattenere un sorriso soddisfatto. Sembrava anche contento di come Nikki Rhodes avesse imbustato e catalogato in modo estremamente professionalmente tutte le prove trovate.
Forse anche lei dovrebbe cambiare dipartimento, pensò Chloe con astio.
“Avete fatto un lavoro incredibile” disse Garcia alzandosi dal tavolo e guardandole come se fossero le sue migliori studentesse. “Siete state rapide e scrupolose, non dubito che riusciremo ad arrestare il colpevole grazie a questo.”
Entrambe ringraziarono e Chloe notò con piacere che anche Nikki era a disagio nell'accettare i complimenti, proprio come lei.
“Agente Fine, ho ricevuto una chiamata dal direttore Johnson poco prima che arrivaste. Vuole incontrarla tra una quindicina di minuti. Agente Rhodes, perché non va in laboratorio per vedere come vengono elaborate le prove?”
Nikki annuì, recitando ancora la parte della studentessa modello. Quanto a Chloe, si sentì di nuovo prendere dal panico. Quando aveva parlato con Johnson il giorno prima, lui l’aveva colta di sorpresa con la sua proposta inaspettata. Che cosa aveva in mente, ora?
Tenendo quegli interrogativi per sé, attraversò il corridoio verso il suo ufficio. Quando entrò nella piccola reception, vide che la porta era chiusa. La segretaria indicò una delle sedie addossate alla parete, mentre era intenta a parlare con qualcuno al telefono. Chloe si accomodò e finalmente si concesse un momento per riflettere su ciò che quel giorno significava per lei e per la sua carriera.
Da un lato, aveva scoperto una prova determinante che avrebbe probabilmente portato all'arresto di un membro della banda che aveva sterminato un'intera famiglia. Ma, allo stesso tempo, aveva commesso un errore da principiante, potenzialmente danneggiando un’orma praticamente perfetta. Immaginava che il suo errore sarebbe passato in secondo piano, grazie al video di Snapchat. Tuttavia, si sentiva in imbarazzo per essere stata rimproverata da Nikki Rhodes a quel modo. Sperò che il suo successo servisse in qualche modo per annullare il suo errore.
La porta dell'ufficio di Johnson si aprì, interrompendo i suoi pensieri. Chloe vide Johnson affacciarsi dalla porta. Quando la vide non disse nulla, facendole solo cenno di entrare nel suo ufficio. Era impossibile dire se avesse semplicemente fretta o fosse arrabbiato.
Entrò nel suo ufficio e, quando ebbe chiuso la porta dietro di lei, Johnson le indicò la sedia dall'altra parte della scrivania, un posto che le stava diventando sempre più familiare. Una volta seduta, Chloe credette di riuscire finalmente a leggere la sua espressione. Era abbastanza sicura che fosse irritato per qualcosa.
“La informo che ho appena parlato al telefono con l'agente Rhodes. Mi ha raccontato di come ha praticamente calpestato un'impronta sulla scena del crimine.”
“È andata esattamente così.”
Annuì, deluso. “Sono combattuto perché, da un lato, anche lei è nuova e il fatto che mi abbia chiamato per fare la spia mi fa arrabbiare; ma allo stesso tempo, sono felice che me lo abbia detto. Perché anche se questo è il suo primo giorno, è importante fare attenzione a cose del genere. Intendiamoci, non è che io chiami nel mio ufficio tutti gli agenti che commettono un errore. Nel suo caso, però, ho pensato che fosse meglio parlarne di persona, dato che l’ho presa in contropiede con la mia proposta dell’ultimo istante. Ritiene che sia questo il motivo del suo errore?”
“No, è stata semplicemente una svista da parte mia. Ero talmente concentrata sulla finestra che non ho nemmeno notato quell’orma.”
“È comprensibile, seppure da sbadati. Ma il vicedirettore Garcia mi ha detto che ha trovato una prova che dovrebbe condurci direttamente a un arresto: un cellulare con la schermata di Snapchat aperta. È così?”
“Sì, signore.” E per ragioni che non comprendeva, avrebbe voluto aggiungere: Ma chiunque avrebbe potuto trovarlo, davvero. È stato un puro colpo di fortuna.
“Mi considero un uomo abbastanza indulgente” disse Johnson. “Ma sappia che altri errori come quello potrebbero portare a conseguenze abbastanza serie. Per ora, però, voglio che lei e l’agente Rhodes vi occupiate di un altro caso. Crede che sia un problema lavorare con lei?”
Avrebbe risposto tranquillamente di sì, ma non voleva sembrare meschina. “No, direi di farcela.”
“Ho dato un'occhiata al suo fascicolo. I suoi istruttori dicono che è incredibilmente perspicace, ma ha la tendenza a provare a fare le cose da sola. Quindi il mio consiglio è di non lasciarle prendere il pieno controllo di un caso.”
Sì, me n’ero già accorta, pensò Chloe.
“A onor del vero, l'ho già avvertita al riguardo” proseguì. “Le ho anche detto che non apprezzo quando i nuovi agenti tentano di buttare i compagni nella fossa dei leoni. Quindi mi aspetto che si dia una regolata, durante le prossime indagini. Il vice Garcia e io lo supervisioneremo da qui in poi, solo per assicurarci che tutto venga fatto secondo le regole.”
“D’accordo, grazie.”
“A parte il fatto che ha rischiato di rovinare un’impronta, credo che oggi abbia fatto un ottimo lavoro. Vorrei che passasse il resto della giornata a scrivere un rapporto sulla scena del crimine e le sue interazioni con l'agente Rhodes.”
“Sì, signore. C’è altro?”
“È tutto, per ora. Ma... come le dicevo... se crede che questo cambiamento dell'ultimo minuto nei suoi piani stia influenzando negativamente il suo lavoro, me lo faccia sapere.”
Lei annuì, alzandosi. Quando uscì dall'ufficio, si sentì come se avesse appena schivato un proiettile, oppure come un bambino che era stato mandato nell'ufficio del preside, per ricevere solo un rimprovero formale. Tuttavia, adesso che Johnson aveva elogiato il suo lavoro, la sua mente era più tranquilla.
Tornò al suo cubicolo con la testa in subbuglio. Si chiese se fosse mai accaduto prima che un nuovo agente fosse stato convocato due volte nell'ufficio del direttore in meno di quarantotto ore. La faceva sentire al tempo stesso euforica e sotto esame.
Mentre aspettava l'ascensore, vide un altro agente che girava l'angolo. Chloe lo riconobbe: era parte del gruppetto di nuovi agenti del ViCAP, che aveva conosciuto il giorno prima.
“Sei l'agente Fine, vero?” disse con un sorriso.
“In persona” rispose lei, non sapendo cosa potesse volere da lei.
“Mi chiamo Michael Riggins. Ho appena saputo del caso a cui tu e la Rhodes siete stati assegnate. L’omicidio di una famiglia legata alle gang. Si dice che ci sia già un arresto in corso. Dev’essere una specie di record, eh?”
“Non ne ho idea” disse, anche se sapeva che era successo tutto molto velocemente.
“Ehi, sai, non tutti gli agenti al loro primo giorno sono scesi in campo, oggi” disse Riggins. “Alcuni sono rimasti in ufficio, a sbrigare pratiche o fare ricerche. Io e altri ci siamo già messi d’accordo per andare fuori a bere qualcosa, dopo il lavoro. Dovresti venire anche tu. È un locale a due isolati da qui, il Reed's Bar. Il racconto del tuo successo potrebbe servirci per risollevare gli animi. Magari però non invitare la Rhodes. Ad alcuni... anzi, a nessuno piace.”
Chloe sapeva che era meschino, ma non riuscì a trattenere un sorriso a quel commento. “Potrei anche venire” disse. Era la migliore risposta che poteva dare... molto meglio che spiegare che era molto introversa e non era il tipo da frequentare locali in compagnia di persone che non conosceva.
L'ascensore arrivò e le porte si spalancarono. Chloe entrò salutando Riggins con la mano. Era bizzarro avere qualcuno invidioso della sua situazione, specialmente dopo la conversazione che aveva avuto con Johnson. Era una sensazione che quasi quasi le faceva proprio venire voglia di andare in quel locale, anche solo per un drink e una mezz'ora del suo tempo. L'alternativa era tornare al suo appartamento e continuare a disfare i bagagli. E quella prospettiva non era certo allettante.