Omar stette seduto e aspettò che succedesse qualcosa, di sentirlo agire dentro di sé, qualsiasi cosa ‘esso’ fosse.
Non provò nulla. Non c’era alcuna differenza.
Passò un’intera ora su quella panchina, e alla fine si alzò e si incamminò con lentezza verso nord-ovest, lontano dall’hotel viola e cilindrico per addentrarsi di più nella città. Prese le scale della prima stazione della metropolitana che trovò. Non era in grado di leggere lo spagnolo, ma non aveva bisogno di sapere dove stava andando.
Acquistò un biglietto usando gli euro che Khalil gli aveva dato e aspettò tranquillo l’arrivo di un treno sulla piattaforma. Continuava a non sentire niente di diverso. Forse aveva frainteso la natura della consegna. Tuttavia, c’era un’ultima cosa che doveva fare.
Le porte del treno si aprirono con un sibilo e lui entrò, muovendosi gomito a gomito con il resto della folla. Il vagone della metropolitana era piuttosto pieno; tutti i sedili erano occupati, quindi Omar rimase in piedi e si tenne a una delle barre di metallo che lo attraversavano in lunghezza, appena sopra la sua testa.