Destinata - Морган Райс 3 стр.


“Hey, ragazzone,” lei disse, “vuoi divertirti? Quanto hai?”

Kyle sorrise, appoggiò il braccio intorno a lei, e la diresse verso un vicolo laterale.

Lei lo seguì contenta.

Non appena svoltarono l'angolo, lei disse, “Non hai risposto alla mia domanda. Quanti soldi hai—”

Fu una domanda che non avrebbe mai terminato.

Prima che potesse terminare la frase, Kyle aveva già infilato i canini nel suo collo.

Lei provò a urlare, ma lui le tappò la bocca con la sua mano libera, e la spinse più vicino a sè, bevendo e bevendo. Lui sentì il sangue umano scorrergli nelle vene, e si sentì euforico. Si era sentito così assetato, disidratato. Il viaggio nel tempo lo aveva spossato, e questo era esattamente ciò che gli serviva per ristorare il suo spirito.

Appena sentì il corpo della donna perdere vita, succhiò ancora e ancora, bevendo più di quanto avesse bisogno. Alla fine, si sentì completamente dissetato, e lasciò il corpo senza vita cadere a terra.

Appena si diresse per uscire, un uomo grosso, con la barba, senza un dente, si avvicinò. Estrasse uno stiletto dalla sua cintura.

L'uomo guardò in basso verso il cadavere della donna, poi rivolse lo sguardo a Kyle e fece una smorfia.

“Era una mia proprietà,” l'uomo disse. “Faresti meglio ad avere i soldi per lei.”

L'uomo fece due passi verso Kyle, e allungò lo stiletto verso di lui.

Kyle, con i suoi riflessi incredibilmente rapidi, si scansò facilmente, afferrò il polso dell'uomo, e lo spinse all'indetro con un solo movimento, spezzandogli il braccio a metà. L'uomo urlò, ma prima che finisse, Kyle gli sottrasse lo stiletto dalla mano, e con lo stesso movimento, gli squarciò la gola. Lasciò il cadavere dell'uomo cadere esamine in mezzo alla strada.

Kyle guardò verso lo stiletto, una piccola arma intricata con un manico in avorio, e scosse la testa. Non era niente male. Lo nascose nella cintura e si deterse il sangue dalla bocca con il palmo della mano. Respirò profondamente, e infine, contento, percorse il vicolo e tornò in strada.

Oh, quanto gli era mancata Roma.

CAPITOLO TRE

Caitlin camminò con il prete lungo la navata della chiesa, mentre lui finiva di sbarrare la porta principale e sigillava tutti gli altri ingressi. Il sole era tramontato e così questi iniziò ad accendere le torce mentre proseguiva il giro, illuminando gradualmente quello spazio immenso.

Caitlin guardò in alto e notò tutte le enormi croci, e si chiese come mai si sentisse così in pace in quel luogo. Non era forse vero che i vampiri dovevano temere le chiese? Le croci? Ricordò della casa del Covo Bianco nei Chiostri di New York, e le croci che ricoprivano le pareti. Caleb le aveva detto che alcune razze di vampiri abbracciavano le chiese. Si era lanciato in un lungo monologo sulla storia della razza dei vampiri e del suo rapporto con il cristianesimo, ma non aveva ascoltato attentamente all'epoca, troppo innamorata di lui. Ora, desiderava di averlo fatto.

Il prete vampiro condusse Caitlin ad una porta laterale, e Caitlin si ritrovò a scendere una rampa di scale in pietra. Camminarono lungo un corridoio medievale ad arco, e lui continuò ad accendere le torce durante il tragitto.

“Non penso che torneranno,” lui disse, chiudendo a chiave un'altra entrata mentre andava.  “Perlustreranno l'intera campagna per trovarti, e quando non ti troveranno, torneranno alle loro case. Succede sempre così.”

Caitlin lì si sentiva al sicuro, ed era così grata per l'aiuto ricevuto da quell'uomo. Si chiese perchè l'avesse aiutata, perchè avesse messo a rischio la sua stessa vita per lei.

“Perchè sono della tua specie,” lui disse, voltandosi per guardarla dritto negli occhi, con gli occhi blu che sembrarono penetrarla.

Caitlin dimenticava sempre quanto i vampiri potessero facilmente leggere le menti altrui. Ma, per un istante, aveva dimenticato che lui fosse uno della sua specie.

“Non tutti noi temiamo le chiese,” lui disse, rispondendo ancora una volta ai suoi pensieri. “Sai che la nostra razza è divisa. La nostra specie—quella buona—ha bisogno delle chiese. Noi ci aggrappiamo ad esse.”

Non appena s'incamminarono lungo un altro corridoio, percorrendo un'altra piccola rampa di scale, Caitlin si chiese dove lui li stesse conducendo. Così tante domande affollarono la sua mente, e non sapeva che cosa chiedergli per primo.

“Dove mi trovo?” lei chiese, e realizzò, che quella era la prima cosa che gli aveva detto sin da quando si erano incontrati. Tutte le sue domande si succedettero rapidamente. “In quale paese mi trovo? In che anno siamo?”

L'uomo sorrise mentre camminavano, le rughe della vecchiaia si evidenziarono sul suo volto. Era un uomo basso e fragile, con i capelli bianchi, ben rasato, e aveva un volto da nonno. Indossava le vesti elaborate di un prete, e, persino per un vampiro, sembrava molto vecchio. Lei si chiese per quanti secoli avesse vissuto. Percepì gentilezza e calore da lui, e sentì di essere davvero in pace intorno a lui.

“Così tante domande,” disse alla fine, con un sorriso. “Capisco. E' stato faticoso per te. Bene, tanto per cominciare, sei in Umbria. Nella piccola città di Assisi.”

Lei sforzò il cervello, provando a comprendere dove fosse.

“Italia?” lei chiese.

“In futuro, sì, questa regione farà parte di un paese chiamato Italia,” lui le disse, “ma non adesso. Siamo ancora indipendenti. Ricorda,” lui sorrise, “non ti trovi più nel secolo XXI – lo avrai immaginato, osservando gli abiti e il comportamento di quei paesani.”

“In che anno siamo?” Caitlin chiese tranquillamente, quasi temendo di conoscere la risposta. Il cuore le batteva più forte.

“Sei nel secolo XVIII,” lui le rispose. “Ad essere più precisi: nell'anno 1790.”

1790. Assisi. Umbria. Italia.

Il pensiero di tutto ciò la sopraffece. Sembrava quasi surreale, come se si trovasse all'interno di un sogno. Lei riusciva a malapena a immaginare che questo stesse accadendo per davvero, che fosse davvero , in quel tempo e in quello spazio. Il viaggio nel tempo aveva funzionato a dovere.

Si sentì anche un po' sollevata: tra tutti i periodi e i luoghi in cui sarebbe potuta finire, l'Italia nel 1790 non sembrava così prevedibile. Non era come finire nell'epoca preistorica.

“Chi erano quelle persone che stavano cercando di uccidermi? E chi sei tu?”

“Nonostante tutti i nostri progressi, questo è ancora un periodo storico primitivo e superstizioso,” lui disse. “Persino in questa epoca di lusso e decadenza, ahimè, ci sono ancora molti cittadini che vivono davvero temendoci”.

“Capisci, il piccolo villaggio montano di Assisi è sempre stato una fortezza per la nostra specie. E' frequentato da vampiri, e lo è sempre stato. La nostra specie di vampiri si nutre solo del loro bestiame. E  con il tempo, gli abitanti del luogo hanno cominciato ad accorgersene.

“Talvolta scorgono uno di noi. E, quando ciò avviene, la situazione diventa intollerabile. Perciò, una volta ogni tanto lasciamo che ci seppelliscano. Li lasciamo celebrare i loro sciocchi rituali umani, dando loro la soddisfazione di pensare di essersi liberati di noi. E quando non guardano, ci destiamo semplicemente e torniamo alle nostre vite.

“Ma, a volte, un vampiro si rialza troppo presto o viene visto mentre lo fa, e allora arriva la folla. Finirà. Queste cose avvengono sempre. Porta attenzione indesiderata verso la nostra specie, ma solo temporaneamente.”

“Mi dispiace,” Caitlin disse, sentendosi mortificata.

“Non preoccuparti,” lui disse, “Questo è stato il tuo primo viaggio nel tempo. Non potevi controllarlo. Occorre un po' per abituarsi. Persino il migliore tra noi non può controllare  l'atterraggio molto bene. E' sempre difficile dire esattamente dove o quando finiremo. Tu sei stata brava,” le disse, poggiando gentilmente una mano sul polso di lei.

Insieme poi s'incamminarono lungo un altro corridoio, caratterizzato da bassi soffitti a volta.

“Inoltre, non te la sei cavata affatto male,” lui aggiunse. “Dopotutto, ne sapevi abbastanza  da dirigerti qui.”

Caitlin ricordò di aver visto la chiesa, mentre correva per il campo.

“Ma sembrava solo il posto logico dove andare,” lei rispose. “Era il primo edificio che ho visto, e sembrava una fortezza.”

Lui sorrise, scuotendo il capo. “Non esistono le coincidenze nel mondo dei vampiri,” lui disse. “Ogni cosa è destinata. Un edificio che ti sembra sicuro, può sembrare fragile agli occhi di qualcun'altro. No, tu hai scelto questo luogo per una ragione. Una ragione molto specifica. E sei giunta fino a me.”

“Ma tu sei un prete.”

Lui scosse leggermente la testa. “Tu sei ancora così giovane e hai ancora tanto da imparare. Noi abbiamo la nostra religione, il nostro credo. Non è molto diverso da quello della chiesa. Si può essere un vampiro ed avere comunque anche una vita religiosa. Specialmente il vampiro del nostro tipo,” lui disse. “Io aiuto persino gli umani nella loro vita spirituale. Dopotutto, ho il beneficio e la saggezza di migliaia di anni su questo pianeta—diversamente dai preti umani. Per fortuna, gli umani non sanno che non sono uno di loro. Per quanto ne sanno, sono il prete della città, e lo sono sempre stato.”

La mente di Caitlin girò vorticosamente, mentre cercò di mettere tutto insieme. L'immagine di un prete vampiro le sembrava così paradossale. La nozione di una religione per vampiri, del suo funzionamento attraverso la Chiesa … tutto sembrava così strano.

Per quanto affascinante tutto ciò apparisse, ciò che lei voleva davvero sapere non riguardava i vampiri, la chiesa o la religione. Voleva sapere di Caleb. Era sopravvissuto al viaggio? Era vivo? Dov'era?

E voleva disperatamente sapere del loro bambino. Era ancora incinta? Il bambino era sopravvissuto?

Lei pensò molto intensamente a tali domande, e sperò che il prete l'avrebbe aiutata, rispondendo ad esse.

Ma non lo fece.

Lei sapeva che aveva sentito i suoi pensieri, ed aveva scelto di non rispondere. Lui la stava costringendo a fargli le domande ad alta voce. E, come lei probabilmente sapeva, c'erano delle domande che temeva di formulare.

“E che ne è stato di Caleb?” lei chiese infine, con voce tremante. Era troppo nervosa per chidere del loro bambino.

Lei lo guardò e vide sparire il suo sorriso, mentre la smorfia più lieve gli si disegnò sul volto.

Il cuore di Caitlin si bloccò.

Ti prego, lei pensò. Ti prego non darmi cattive notizie.

“Alcune cose le scoprirai da sola,” lui disse lentamente. “Alcune cose non posso dirtele io. E' un viaggio che devi fare tu. Tu e tu soltanto.”

“Ma lui è qui?” lei chiese speranzosa. “Ce l'ha fatta?”

Il prete, camminando accanto a lei, tenne le labbra serrate. Lasciò le domande sospese nell'aria, senza alcuna risposta, per un tempo che per lei sembrò eterno.

Infine, si fermarono davanti ad un'altra rampa di scale, per poi voltarsi e guardarla. “Vorrei poterti dire di più,” lui disse. “Dico davvero.”

L'uomo si voltò, sollevò la torcia, e andò di sotto, lungo un'altra piccola scala.

Entrarono in un lungo corridoio a volta, con i soffitti dorati e ben elaborati. Erano interamente ricoperti di affreschi, allegramente realizzati, e tra di essi c'erano degli archi con righe dorate. Il soffitto risplendeva.

Così come il pavimento. Era di un bel marmo rosa, e sembrava che fosse stato appena lucidato. Quel livello sotterraneo della chiesa era splendido, sembrava come un'antica stanza del tesoro.

“Accidenti,” Caitlin si sentì dire ad alta voce. “Che cos'è questo posto?”

“E' un luogo di miracoli. Sei nella chiesa di San Francesco d'Assisi. Questo è anche il suo luogo di riposo. E' un luogo molto sacro nella nostra religione. Le persone —umani e vampiri—giungono qui in pellegrinaggio, da centinaia di chilometri di distanza, solo per ritrovarsi in questo punto. Francesco era il santo degli animali, ed era anche il santo di tutte le creature viventi, oltre la razza umana—includendo la nostra specie. Si dice che qui accadano dei miracoli. Noi qui siamo protetti dalla sua energia”.

“Non sei atterrata qui per caso,” lui continuò. “Questo luogo è un portale per te. E' una piattaforma di lancio, per farti cominciare il tuo viaggio, il tuo pellegrinaggio.”

Lui si voltò e la guardò.

“Ciò che ancora non riesci a vedere,” lui disse, “è che sei in viaggio. E alcuni pellegrinaggi durano anni, e richiedono di percorrere molti, molti chilometri.”

Caitlin pensò. Tutto la stava sopraffacendo. Non voleva intraprendere un viaggio. Voleva tornare indietro a casa, con Caleb, sana e salva, nel secolo XXI, lasciandosi alle spalle tutto quell'incubo. Era stanca di viaggiare, di essere sempre in strada, di cercare sempre qualcosa.

Rivoleva semplicemente tornare ad una vita normale, la vita di un'adolescente.

Ma smise di pensarla in quel modo. Non l'aiutava, lei lo sapeva. Le cose erano cambiate – in modo permanente – e  non sarebbero più tornate com'erano prima. Rammentò a se stessa che quel cambiamento era la nuova normalità. Non era più la stessa, vecchia, umana media, Caitlin. Era più grande ora. Più saggia. E, che le piacesse o meno, era in una missione speciale. Doveva solo accettarlo.

“Ma che cos'è il mio pellegrinaggio?” Caitlin chiese. “Qual'è la mia destinazione? Dove sto andando esattamente?”

Lui la condusse alla fine del corridoio finale, e si fermarono davanti ad un'enorme tomba elaborata.

Caitlin poteva sentire l'energia provenire dalla tomba, e sapeva sin da subito che si trattava della tomba di San Francesco. Si sentì ricaricata anche stando semplicemente accanto ad essa, sentiva che diventava più forte, tornando in sè. Si chiese nuovamente se fosse tornata indietro nel tempo da umana o da vampira. Le mancavano così tanto i suoi poteri.

“Sì, sei ancora una vampira,” lui disse. “Non preoccuparti. Occorre un po' di tempo per tornare com'eri.”

Lei era imbarazzata per aver dimenticato, ancora una volta, di stare attenta ai propri pensieri, ma si sentì confortata dalle parole dell'uomo.

“Tu sei una persona molto speciale, Caitlin,” lui disse. “Sei molto necessaria per la nostra razza. Senza di te, potrei persino dire, che la nostra intera razza e l'intera razza umana sarebbero sull'orlo dell'estinzione. Abbiamo bisogno di te. Abbiamo bisogno del tuo aiuto.”

“Ma che cosa dovrei fare?” lei chiese.

“Abbiamo bisogno che tu trovi lo Scudo,” lui disse. “E, per poter trovare lo Scudo, dovrai trovare tuo padre. Lui, e soltanto lui, lo possiede. E per trovarlo, devi trovare il tuo covo. Il tuo vero covo.”

“Ma non ho idea di dove cominciare,” lei disse. “Non so nemmeno perchè mi trovo in questo luogo e in quest'epoca. Perchè l'Italia? Perchè il 1790?”

“Le risposte a queste domande dovrai trovarle da sola. Ma ti assicuro che hai delle ragioni molto speciali per essere tornata in questo periodo storico. Delle persone speciali da incontrare, delle azioni speciali da compiere. E che questo luogo e questo tempo ti condurranno allo Scudo.”

Caitlin pensò.

“Ma non ho idea di dove sia mio padre. Non so proprio da dove cominciare.”

Lui si voltò verso di lei e sorrise. “Ma tu lo sai,” lui rispose. “Questo è il tuo problema. Non hai fiducia nel tuo intuito. Hai bisogno d'imparare a cercare profondamente dentro di te. Provaci ora. Chiudi gli occhi, respira profondamente.”

Caitlin fece come lui disse.

“Chiediti: qual è la mia prossima tappa?”

Caitlin obbedì, sforzando il cervello. Nulla accadde.

“Ascolta il suono del tuo respiro. Lascia che la mente si fermi.”

Appena Caitlin lo fece, appena si concentrò e rilassò, le immagini cominciarono a formarsi nella sua mente. Alla fine aprì gli occhi e lo guardò.

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