Destinata - Морган Райс 4 стр.


“Vedo due luoghi,” lei disse.  “Firenze e Venezia.”

“Sì,” lui disse. “Molto bene.”

“Ma sono confusa. Dove vado?”

“Non ci sono scelte sbagliate in un viaggio. Ogni percorso ci conduce semplicemente ad un luogo diverso. La scelta è tua. Hai un destino molto forte, ma hai anche il libero arbitrio.  Puoi scegliere ad ogni passo. Ora, per esempio, devi fare una scelta cruciale. A Firenze, adempirai ai tuoi obblighi, ti avvicinerai allo Scudo. E' quello che ti viene richiesto. Ma a Venezia, ti occuperai delle questioni di cuore. Dovrai scegliere tra la tua missione ed il tuo cuore.”

Il cuore di Caitlin si sollevò.

Questioni di cuore. Intendeva dire che Caleb era a Venezia?

Lei sentì il suo cuore proprio a Venezia. Sì, mentalmente, sapeva che Firenze era il luogo dove doveva essere per poter fare ciò che ci si aspettava da lei.

Si sentiva già dilaniata.

“Tu sei una donna adulta ora,” lui disse. “La scelta è tua. Ma se segui il tuo cuore, ci sarà dolore,” lui la avvertì. “La strada del cuore non è mai facile. E mai prevista.”

“Mi sento così confusa,” lei disse.

“Noi svolgiamo il lavoro migliore nei sogni,” lui disse. “C'è un chiostro alla porta accanto, e puoi dormire lì stanotte, riposarti e decidere al mattino. Per allora, ti sarai ripresa completamente.”

“Grazie,” lei disse, avvicinandosi e prendendogli la mano.

Lui si voltò per andarsene, e quando lo fece, il cuore di lei battè forte. C'era ancora un'altra domanda che aveva bisogno di porgli, quella più importante di tutte. Ma una parte di lei era troppo spaventata per farla. Lei stava tremando. Aprì la bocca per parlare, ma era secca.

Lui camminava in fondo al corridoio, e stava per allontanarsi, quando finalmente, lei trovò il coraggio.

“Aspetta!” lei gridò. Poi, abbassando il tono, “Ti prego, ho un'altra domanda.”

Lui si fermò subito, ma le dava ancora la schiena. Abbastanza stranamente, lui non si voltò, proprio come se percepisse che cosa lei stesse per domandargli.

“Il mio bambino,” lei disse, con un tono di voce dolce e tremante. “Lui è … lei … ce l'ha fatta? E' sopravvissuto al viaggio? Sono ancora incinta?”

Lui si voltò lentamente, guardandola. Poi, abbassò gli occhi.

“Mi dispiace,” lui disse infine, così a bassa voce, che lei non era sicura di averlo sentito. “Tu sei tornata indietro nel tempo. I bambini possono solo andare avanti nel tempo. Tuo figlio vive, ma non in questa epoca. Solo nel futuro.”

“Ma …” lei iniziò a tremare, “Credevo che i vampiri potessero viaggiare solo indietro, e non avanti nel tempo.”

“E' vero,” lui disse. “Temo che il tuo bambino viva in un tempo e in un luogo senza di te.” Lui abbassò di nuovo lo sguardo. “Mi spiace così tanto,” aggiunse.

Con quelle parole finali, si voltò e se ne andò.

E Caitlin sentì come se uno stiletto le fosse stato infilato dritto nel cuore.

CAPITOLO QUATTRO

Caitlin sedeva nella stanza spoglia nel monastero francescano, e guardava attraverso la finestra, aperta sulla notte. Finalmente, aveva smesso di piangere. Erano trascorse ore da quando aveva lasciato il prete, da quando aveva ricevuto la notizia del suo bambino perduto. Non era stata in grado di fermare le lacrime, o di smettere di pensare alla vita che avrebbe potuto avere. Era tutto troppo doloroso.

Ma, dopo aver pianto per molte ore, ciò che restava erano le lacrime asciugate sulle sue guance. Guardò fuori dalla finestra, provando a distrarsi, a respirare profondamente.

La campagna umbra si estendeva dinnanzi a lei, e, da quella visuale privilegiata, in cima alla collina, lei poteva scorgere le colline rotonde di Assisi. In alto nel cielo, c'era la luna piena, abbastanza luminosa perchè lei potesse ammirare la vera bellezza del paesaggio rurale. Vide dei piccoli casolari sparsi nel paesaggio, il fumo provenire dai comignoli, e poteva già sentire che questo era un periodo storico più tranquillo e più rilassato.

Caitlin si voltò e controllò la sua piccola stanza, illuminata soltanto dalla luce della  luna e da una piccola candela che bruciava in un portacandele sulla parete. Era fatta interamente di pietra, composta semplicemente da un letto in un angolo. Lei si meravigliò del fatto che il suo fato la conducesse sempre in un chiostro. Quel luogo non poteva essere più diverso da Pollepel, sebbene al tempo stesso, la piccola stanza medievale le ricordasse della stanza che aveva quando si trovava lì. Era progettata per l'introspezione.

Caitlin esaminò il liscio pavimento in pietra, e vide, vicino alla finestra, due lievi impronte, distanti di pochi centimetri l'una dall'altra, a forma di un ginocchio. Si chiese quante suore avessero pregato lì, quante si fossero inginocchiate dinnanzi alla finestra. Quella stanza era stata utilizzata probabilmente per centinaia di anni

Caitlin raggiunse il piccolo letto e vi si sdraiò sopra. Era semplicemente una lastra di pietra, con una quantità di paglia davvero scarsa. Provò a mettersi in una posizione comoda, girandosi su un fianco – e poi sentì qualcosa. Si allungò e lo estrasse, e si rese conto con gioia di che cosa fosse: il suo diario.

Lo tenne su, così felice di averlo al suo fianco. Il suo vecchio amico fidato, sembrava essere la sola cosa che fosse sopravvissuta a quel viaggio nel tempo. Tenendola, questa reale cosa tangibile, le fece realizzare che non era all'interno di un sogno. Era davvero lì. Ogni cosa era accaduta sul serio.

Una penna moderna sbucò fuori dalle pagine e atterrò sul suo ventre. Lei la tenne in mano, esaminandola e pensando.

Sì, lei decise. Quello era esattamente ciò che aveva bisogno di fare. Scrivere. Ogni cosa era accaduta così in fretta, che aveva avuto a malapena un attimo per prendere fiato. Aveva bisogno di riformulare il tutto nella mente, di ripensarci, di ricordare. Com'era finita lì? Che cosa era accaduto? Dove stava andando?

Non era certa di conoscere ancora le risposte. Ma scrivendo, sperava di ricordare.

Caitlin sfogliò le fragili pagine, fino a quando non ne trovò una vuota. Si sedette, poggiò la schiena contro la parete, piegando le ginocchia vicino al petto e cominciò a scrivere.

*

Come sono finita qui? Ad Assisi? In Italia? Nel 1790? D'altro canto, non sembra sia passato molto tempo da quando ero nel secolo XXI, a New York, quando vivevo una vita normale da adolescente. E dall'altro invece, sembra sia trascorsa un'eternità…Come è cominciato tutto questo?

Come prima cosa, ricordo i morsi della fame. Il fatto che non riuscivo a comprendere che cosa fossero. Jonah. Carnegie Hall. La prima volta che mi sono nutrita. La mia inesplicabile mutazione in vampiro. Mi chiamavano mezzo-sangue. Mi sono sentita di voler morire. Tutto quello che desideravo era essere come chiunque altro.

Poi, c'era Caleb. Mi ha sottratta al covo malvagio, traendomi in salvo. Il suo covo tra i Chiostri. Ma mi hanno cacciata via, visto che le relazioni tra umani e vampiri sono proibite.  Ero di nuovo da sola —ed è stato così, fino a quando Caleb mi ha salvata ancora una volta.

La mia ricerca di mio padre, per la mitica spada che poteva risparmiare alla razza umana una guerra di vampiri, ha portato me e Caleb in giro, da un luogo storico ad un altro.  Abbiamo trovato la spada, e ci è stata sottratta. Come sempre, Kyle ha voluto rovinare le cose.

Ma non prima che io avessi il tempo per realizzare che cosa stessi diventando. E non prima che io e Caleb avessimo il tempo di trovarci. Dopo che hanno rubato la spada, dopo avermi trafitta, visto che stavo morendo, lui mi ha tramutata, e mi ha salvato la vita ancora una volta.

Ma non è andata come io mi aspettavo. Ho visto Caleb con la sua ex-moglie Sera, ed ho immaginato il peggio. Mi sbagliavo, ma era troppo tardi. Lui è volato via, lontano da me, e verso il pericolo. Mi sono ripresa sull'isola di Pollepel, mi sono allenata ed ho fatto amicizia —con dei vampiri – e sono stati gli amici più veri che abbia mai avuto. Specialmente Polly. E Blake – così misterioso, così bello. Mi ha quasi rubato il cuore. Ma sono tornata in me giusto in tempo. Ho appreso di essere incinta, e mi sono resa conto che dovevo trovare e salvare Caleb dalla guerra dei vampiri.

Sono andata a salvare Caleb, ma era troppo tardi. Il mio stesso fratello Sam ci ha ingannati. Lui mi ha tradito, facendomi credere di essere qualcun'altro. E' per colpa sua che ho creduto che Caleb non fosse davvero lui, e l'ho ucciso, il mio amore. Con la spada. Con le mie stesse mani. Ancora non riesco a perdonarmi.

Ma ho riportato Caleb a Pollepel. Ho provato a resuscitarlo, a riportarlo indietro, se ci fosse stato un modo possibile. Ho detto ad Aiden che avrei fatto qualunque cosa, avrei sacrificato tutto. Gli ho chiesto se poteva riportarci indietro nel tempo.

Aiden mi ha avvertita che poteva non funzionare. E che se fosse accaduto, avremmo potuto non ritrovarci insieme. Ma io ho insistito. Ho dovuto.

E ora, eccomi qua. Da sola. In un luogo e in un'epoca stranieri. Il mio bambino sparito. E forse anche Caleb ha subito la stessa sorte.

Ho commesso un errore tornando indietro nel tempo?

So che devo trovare mio padre, trovare lo scudo. Ma senza Caleb al mio fianco, non so se avrò la forza di andare avanti.

Mi sento così confusa. Non so che cosa fare.

Ti prego, Dio aiutami….

*

All'alba, quando il sole assunse la forma di un'enorme sfera sopra l'orizzonte, Cailin corse tra le strade di New York. Era l'apocalisse. Le auto venivano capovolte, sopra di esse corpi riversi, e la devastazione regnava sovrana. Lei corse e corse, lungo i viali, che sembravano infiniti.


Mentre correva, il mondo sembrava girare sul proprio asse; mentre lo faceva, gli edifici sembravano svanire. Il paesaggio cambiò, con i viali che diventavano passaggi sporchi, le strade diventavano delle colline rotonde. Lei si sentì tornare indietro nel tempo, passando dall'epoca moderna ad un altro secolo. Sentiva che se avesse corso più veloce, avrebbe trovato suo padre, il suo vero padre, da qualche parte all'orizzonte.

Corse attraverso i piccoli villaggi della campagna e, poi, anch'essi svanirono.

Presto, tutto ciò che restava fu un campo di fiori bianchi. Mentre lei camminava in mezzo ad essi, fu felice di vedere che lui era lì, in attesa, all'orizzonte. Suo padre.

Come sempre, si scorgeva la sua sagoma contro il sole, ma stavolta, sembrava più vicino del solito. Stavolta, lei poteva vedere il suo volto, la sua espressione. Stava sorridendo, attendendola, con le braccia aperte in attesa di un abbraccio.

Lei lo raggiunse. Lo abbracciò, e lui la strinse forte, con i muscoli del torace che la tenevano.

“Caitlin,” lui disse, la sua voce emanava un tale amore. “Sai quanto sei vicina? Sai quanto ti voglio bene?”

Prima che lei potesse rispondere, scorse qualcosa lateralmente, e vide che, dall'altro lato del campo, c'era Caleb. Quest'ultimo tendeva una mano verso di lei.

Lei fece diversi passi verso di lui, poi si fermò e guardò suo padre.

Anche lui le tendeva una mano.

“Trovami a Firenze,” suo padre disse.

Lei si girò verso Caleb.

“Trovami a Venezia,” Caleb disse.

Lei guardò di qua e di là, tra i due, divisa su quale direzione prendere.

*

Caitlin si svegliò di soprassalto, scattando dritta nel letto.

Si guardò intorno nella sua piccola stanza, disorientata.

Infine, si rese conto di aver sognato.

Il sole stava sorgendo, e lei si recò alla finestra, e guardò fuori. Assisi illuminata dalla prima luce del mattino era così quieta, così bella. Tutti erano ancora dentro, e il fumo veniva fuori da un comignolo qui e là. La foschia delle prime ore mattutine ricopriva i campi come una nuvola, rifrangendo la luce.

Improvvisamente, Caitlin si mosse, sorpresa da un cigolio, e si mise in allerta, mentre vedeva la porta cominciare ad aprirsi. Chiuse i pugni, preparandosi ad affrontare un visitatore indesiderato.

Ma appena la porta si aprì ancora di più, lei guardò in basso, e gli occhi le si spalancarono per la contentezza.

Era Rose, che spingeva la porta per aprirla, con il naso.

“Rose!” lei gridò.

Rose spinse la porta, aprendola completamente, corse dentro e balzò in braccio a Caitlin. Le leccò tutta la faccia, e Caitlin pianse per la gioia.

Caitlin la mise a terra e la guardò. Si era irrobustita, diventando più grande.

“Come hai fatto a trovarmi?” Caitlin chiese.

Rose la leccò di nuovo, guaendo.


Caitlin si sedette sul bordo del letto, accarezzandola, e pensando fortemente, provando a schiarirsi le idee. Se Rose ce l'aveva fatta, allora anche Caleb ci era riuscito. Si sentì incoraggiata.

Mentalmente, sapeva che doveva andare a Firenze. Per continuare la ricerca. Sapeva che la chiave per trovare suo padre, lo scudo, si trovava lì.

Ma il cuore le chiedeva di andare a Venezia.

Se ci fosse stata anche una remota possibilità che Caleb fosse lì, lei doveva scoprirlo. Doveva farlo.

Lei decise. Prese Rose, stringendola forte tra le braccia, prese una rincorsa, e prese il volo fuori dalla finestra.

Sapeva che ora si era ripresa, che le sue ali si sarebbero spalancate.

Ne era certa; e lo fecero.

E in pochi istanti, Caitlin stava volando nell'aria delle prime ore mattutine, spostandosi sopra le colline dell'Umbria, dirigendosi verso nord, in direzione di Venezia.

CAPITOLO CINQUE

Kyle camminava lungo le piccole strade dell'antico distretto di Roma. Intorno a lui, c'erano persone che chiudevano negozi, terminando la giornata lavorativa.

Il tramonto era sempre stato il suo momento preferito della giornata, il momento in cui cominciava a sentirsi più forte che mai. Sentiva il suo sangue pulsare più velocemente, sentiva che stava diventando più forte ad ogni passo. Era così felice di essere tornato nelle affollate strade di Roma, specialmente in quel secolo. Quei patetici umani erano ancora a secoli di distanza da ogni tipo di tecnologia, ogni tipo di sorveglianza. Avrebbe potuto distruggere quel posto con un cuore rilassato e leggero, e non doversi preoccupare di venire scoperto.

Kyle voltò per Via Del Seminario, e, nell'arco di istanti, camminò per ritrovarsi nella grande piazza antica, la Piazza Della Rotonda.

E lì si fermò. Kyle in quel luogo, chiuse gli occhi, e respirò profondamente. Era così bello essere tornato. Direttamente di fronte a lui, c'era un posto che aveva chiamato casa per secoli, una delle sedi dei vampiri più importanti al mondo: il Pantheon.

Il Pantheon si ergeva, Kyle era felice di vedere, come aveva sempre fatto, nella forma di un edificio grosso e antico, di pietra, il retro del quale si estendeva in forma circolare, e la sua parte anteriore era composta da enormi ed imponenti colonne di pietra.  Di giorno, era ancora aperto ai turisti, persino durante quel secolo. Ospitava sconvenienti folle di esseri umani.

Ma di notte, dopo che le porte venivano chiuse al pubblico, i veri proprietari, i veri occupanti di quell'edificio, giungevano con forza: il Grande Consiglio dei Vampiri.

Vampiri provenienti da covi grandi e piccoli, da ogni angolo del mondo, si riunivano lì. Per partecipare ad ogni sessione, per tutta la notte. Il consiglio prendeva ogni genere di decisione, dava il permesso o lo negava. Nulla accadeva nel mondo dei vampiri senza che essi lo sapessero, senza la loro approvazione.

Tutti funzionava così alla perfezione. Quell'edificio era stato originariamente costruito per avere una funzione di tempio per gli dei pagani. Era sempre stato un luogo sacro, di riunione, per le forze oscure dei vampiri. Alla vista degli altri, era ovvio: c'erano inni agli dei pagani, affreschi, dipinti, statue ovunque. Qualunque visitatore umano che dedicava del tempo alla lettura sulla missione del luogo, non poteva immaginare che quella fosse la sua vera funzione.

E come se non bastasse, c'erano anche dei grandi vampiri sepolti lì. Era un mausoleo vivente, il luogo perfetto per Kyle e la sua specie da chiamare casa.

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