Si fermò a fare una pausa. Non sentiva più Elsio. Ma sentiva i rumori di qualcuno che imprecava, metà con rabbia e per metà piangendo. Si fece con attenzione strada in avanti, senza fidarsi del tutto. Senza fidarsi di nulla lì.
Arrivò al limitare di una piccola radura. In essa, con suo stupore, una donna penzolava a testa in giù, appesa per le caviglie, catturata in una trappola. Aveva i capelli scuri raccolti in una treccia che penzolava sotto di lei sfiorando il suolo. Indossava i grezzi calzoni e la classica tunica da marinaio, legata con una fascia. Stava imprecando proprio come un marinaio mentre cercava di slegarsi dalla fune che la teneva intrappolata, ma senza evidente successo.
Tutti gli istinti dicevano a Tano che si trattava di una qualche trappola. O era un piano progettato per rallentarlo, o ad ogni modo le grida di quella donna avrebbero presto attirato gli Abbandonati.
Però non poteva lasciarla lì a quel modo. Tano si fece avanti nella radura, sollevando il coltello che teneva in mano.
“Chi sei?” chiese la donna. “Stai alla larga, schifoso Abbandonato figlio di una capra! Se avessi la mia spada…”
“Potresti fare silenzio prima di attirare qui qualsiasi prigioniero,” disse Tano liberandola dalla trappola. “Mi chiamo Tano.”
“Felene,” rispose la donna. “Cosa ci fai qui, Tano?”
“Scappo da degli uomini che vogliono uccidermi e cerco di tornare alla mia barca,” disse Tano. Un’idea lo colpì all’improvviso, e iniziò a sistemare la trappola.
“Hai una barca?” disse Felene. Tano notò che si teneva a distanza. “Un modo di uscire da queste pietre dimenticate da dio? Pare che allora verrò con te.”
Tano scosse la testa. “Potresti non volermi stare vicino. Le persone che mi seguono saranno presto qui.”
“Non può essere tanto peggio di quello con cui ero occupata poco fa.”
Di nuovo Tano scosse la testa. “Mi spiace, ma non ti conosco. Potresti essere su quest’isola per qualsiasi ragione. Per quanto ne so, potresti pugnalarmi alla schiena non appena te ne darò l’occasione.”
La donna parve sul punto di poter discutere, ma un rumore dagli alberi le fece sollevare lo sguardo come un cervo sorpreso, quindi scattò nel fitto della foresta.
Tano seguì il suo esempio, scivolando di nuovo in mezzo agli alberi. Vide Elsio apparire nella radura con l’arco teso. Tano allungò la mano verso quello che aveva preso e si rese conto di non avere altre frecce. Senza migliori opzioni, uscì dal nascondiglio dietro all’albero.
“Pensavo fossi una preda migliore,” disse Elsio.
“Vieni più vicino e scoprirai subito quanto pericoloso so essere,” rispose Tano.
“Oh, non è così che funzionano le cose,” rispose Elsio, ma fece comunque un passo avanti.
Tano sentì lo schiocco della trappola e vide Elsio che veniva tirato verso l’alto. Le frecce caddero dalla sua faretra. Tano le raccolse e tornò in mezzo agli alberi. Sentiva già il rumore di altri che si avvicinavano: Abbandonati o guardiani, non aveva importanza.
Tano corse in mezzo agli alberi, capace finalmente di dirigersi verso la sua barca, adesso che non era più seguito. Gli parve di scorgere delle figure tra il fogliame e dietro di sé udì un grido che poteva solo essere di Elsio.
Uno degli Abbandonati sbucò di colpo dagli alberi vicino a Tano, lanciandosi in avanti. Tano avrebbe dovuto sapere che non poteva sperare di evitarli tutti. L’uomo fece roteare un’ascia che sembrava essere fatta con la gamba di un nemico morto. Tano si portò all’interno della traiettoria del colpo e lo pugnalò, spingendolo a terra e continuando poi a correre.
Ora poteva sentirne di più, grida di caccia che provenivano dagli alberi. Scattò in pieno terreno aperto e vide un gruppo di guardie di Elsio che si avvicinavano dalla parte opposta. Il cuore gli martellava nel petto mentre almeno una decina di altre figure vestite di armatura uscivano dagli alberi. Tano tagliò a destra, si abbassò sotto una figura che lo assaliva e continuò a correre mentre i due gruppi andavano a sbattere uno contro l’altro.
Altri continuarono a rincorrerlo, ma Tano ne vide altri fermarsi a lottare tra loro. Vide gli Abbandonati andare a sbattere contro le guardie in un’ondata distruttiva. Avevano dalla loro la ferocità, ma quelli che provenivano dalla fortezza indossavano una vera armatura e avevano armi migliori. Tano dubitava che avessero alcuna possibilità di vittoria, e non era certo di volere che ce la facessero.
Sfrecciò attorno alle rocce dell’isola cercando di trovare la via di ritorno alla barca. Se fosse riuscito ad arrivare lì… beh, sarebbe stato difficile dato che i trafficanti l’avevano tradito, ma avrebbe comunque trovato un modo per andarsene da quell’isola.
La parte difficile era tentare di trovare la strada. Se fosse corso direttamente lungo la traiettoria che aveva seguito all’inizio, ripercorrendo i propri passi, sarebbe stato facile trovare la strada, ma non ci sarebbe stata possibilità di sfuggire agli uomini che gli stavano dando la caccia. Tano non osò neppure fermarsi del tutto, anche se i rumori di inseguimento alle sue spalle erano stati sostituiti da suoni di battaglia.
Gli parve di riconoscere l’inizio del sentiero che portava alla spiaggia e si affrettò a raggiungerlo, tenendo gli occhi ben aperti per possibili imboscate. Sembrava non esserci nessuno lì. Solo un po’ di strada ancora e sarebbe arrivato alla barca, e sarebbe riuscito a…
Svoltò l’angolo alla spiaggia e si fermò. Lì c’era uno degli Abbandonati, massiccio e muscoloso. Stava sulla barca di Tano, o almeno sopra a ciò che ne rimaneva. Anche sotto agli occhi di Tano il prigioniero la stava colpendo con una spada che sembrava un fiammifero nelle sue mani, smembrando le tavole che restavano.
Tano si sentì sprofondare il cuore nel petto.
Ora non c’era nessuna via di fuga.
CAPITOLO NOVE
Quando Lucio tornò al castello le esecuzioni stavano ancora continuando. Era proprio comedoveva essere. Non voleva che i suoi uomini vi mettessero fine troppo rapidamente. Voleva essere lì per godersi lo spettacolo.
Più di tutto voleva che ci fosse Ceres e che vedesse la scena per quanto tempo fosse possibile. Lucio guardò verso l’alto, verso la finestra dove sapeva che lei si trovava incatenata immobile, costretta a guardare tutto. C’era una certa soddisfazione in questo.
Ancora di più ce n’era nel guardare il cortile dove le esecuzioni avevano luogo. Lì uomini e donne erano inginocchiati in file precise mentre i boia si muovevano tra loro con le asce. Anche mentre guardava ne vide uno spingere un uomo a terra, sollevare l’ascia in alto e farla scendere disegnando un arco preciso che fece rotolare la testa della vittima a terra.
“Cosa c’è?” chiese Lucio con voce che si faceva rabbiosa. Era stato via per un’ora o due al massimo. Ma già sembrava che un’intera riga di uomini di Lord West fossero stati uccisi, praticamente tutti decapitati.
“Stiamo solo facendo ciò che avete ordinato, vostra altezza,” disse il boia. “Giustiziando queste persone.”
“E state facendo un caos pazzesco!” rispose seccato Lucio. O piuttosto, non stavano facendo abbastanza caos. “Li decapitate? Voglio che soffrano! Voglio che siate un po’ creativi. Non vi ho forse detto di usare ogni mezzo di esecuzione che vi venga in mente?”
“Molti degli uomini di Lord West hanno puntualizzato di essere nobiluomini,” spiegò il boia. “E in quanto tali hanno il diritto di scegliere la morte per spada o ascia invece di…”
Lucio allora lo colpì, facendo affondare il pugno ricoperto di armatura nello stomaco dell’uomo. Il boia era grande e grosso, ma Lucio lo colpì talmente forte da farlo piegare in due. Poi gli strappò l’ascia di mano e con un rapido movimento la fece roteare colpendoloalla schiena. Quando l’uomo cadde gridando, Lucio tirò estraendo la lama.
“Non hanno alcun diritto oltre a quelli che dico io! E anche con un’ascia, dovreste essere capaci di fornire loro una morte che sia orribile. Qui, lasciate che vi faccia vedere!”
Colpì di nuovo, e di nuovo ancora, inveendo sul boia fino a che fu certo che tutti gli altri capissero cosa avrebbero affrontato se non avessero obbedito.
Quando ebbe finito, Lucio si guardò attorno alla ricerca di un bersaglio adatto da cui cominciare. Forse se avesse dato loro un esempio, quei bifolchi avrebbero finalmente capito cosa voleva da loro.