L’ascesa dei Draghi - Морган Райс 7 стр.


Nel corso di interminabili notti di allenamento da sola, Kyra aveva imparato a padroneggiare mosse che stupivano gli uomini, mosse che nessuno di loro neppure capiva. Si erano fatti sempre più interessati al suo bastone e lei aveva insegnato loro come usarlo. Nella mente di Kyra il suo arco e il suo bastone si completavano a vicenda e le erano egualmente necessari: l’arco per il combattimento a lunga distanza e il bastone per quello ravvicinato.

Kyra aveva anche scoperto di avere un innato dono che mancava a quegli uomini: era agile. Era come un pesciolino in un mare di squali che si muovevano lentamente, e mentre quegli uomini adulti avevano grande forza, Kyra poteva danzare attorno a loro, poteva balzare in aria, poteva saltarli e atterrare rotolando, o in piedi. E quando la sua agilità si incontrava con il suo bastone e la sua tecnica, la combinazione era letale.

“Cosa ci fa lei qui?” chiese una voce burbera.

Kyra, a lato dei campi di allenamento accanto ad Anvin e Vidar, udì l’avvicinarsi dei cavalli e si voltò per vedere Maltren affiancato da una manciata di amici soldati, ancora con il fiatone mentre teneva la spada, fresco di allenamento. La guardò con disdegno e lo stomaco le si serrò. Di tutti gli uomini di suo padre, Maltren era l’unico che non la apprezzava. Per qualche motivo l’aveva odiata dal primo momento che l’aveva vista.

Maltren era in sella al suo cavallo ed era furente: con il suo naso piatto e la sua brutta faccia era un uomo che amava odiare e sembrava aver trovato in Kyra il suo bersaglio. Si era sempre opposto alla sua presenza lì, probabilmente perché era una ragazza.

“Dovresti essere al forte di tuo padre,” le disse, “ad occuparti dei preparativi per la festa con tutte le altre giovani e ignoranti ragazze.”

Leo, accanto a Kyra, ringhiò contro Maltren e lei gli mise una mano rassicurante sulla testa, trattenendolo.

“E poi perché quel lupo viene lasciato entrare nel nostro campo?” aggiunse Maltren.

Anvin e Vidar lanciarono a Maltren un’occhiata seria e fredda, tirando Kyra da parte. Ma lei rimase ferma al suo posto e gli sorrise, sapendo di avere la loro protezione e che lui non poteva costringerla ad andarsene.

“Forse dovresti tornare ad allenarti,” ribatté lei con voce derisoria, “e non preoccuparti del via vai di giovani e ignoranti ragazze.”

Maltren arrossì, incapace di rispondere. Si voltò, pronto ad andarsene, ma non senza averle lanciato un’ultima frecciatina.

“Usiamo le lance oggi,” le disse. “Faresti meglio a stare alla larga dagli uomini veri che lanciano vere armi.”

Si voltò e se ne andò con gli altri. Kyra lo guardò andare: la sua gioia di essere lì era ora smussata dalla sua presenza.

Anvin le lanciò un’occhiata consolatoria e le pose una mano sulla spalla.

“La prima lezione di un guerriero,” le disse, “è di imparare a convivere con quelli che ti odiano. Che ti piaccia o no, ti ritroverai a combattere fianco a fianco con loro, la tua vita dipenderà da loro. Molto spesso i tuoi peggiori nemici non vengono da fuori, ma da dentro.”

“E quelli che non sanno combattere hanno la lingua lunga,” disse una voce.

Kyra si voltò e vide Arthfael che si avvicinava, sorridendo, giungendo velocemente al suo fianco come sempre. Come Anvin e Vidar, Arthfael, un nobile e fiero guerriero con la testa calva e una lunga e folta barba nera, aveva un debole per lei. Era uno dei migliori con la spada, veniva raramente battuto e stava sempre dalla sua parte. Fu confortata dalla sua presenza.

“Sono solo parole,” aggiunse Arthfael. “Se Maltren fosse un guerriero migliore, si preoccuperebbe di più di se stesso che degli altri.”

Anvin, Vidar e Arthfael montarono a cavallo e partirono insieme agli altri. Kyra rimase a guardarli, pensando. Perché alcune persone odiavano? si chiedeva. Non sapeva se avrebbe mai capito.

Mentre attraversavano il campo, percorrendo ampi cerchi, Kyra osservò con ammirazione i grossi cavalli da guerra, bramando il giorno in cui avrebbe potuto averne uno tutto per sé. Guardò gli uomini che facevano il giro del campo, galoppando lungo il muro di cinta con i cavalli che talvolta scivolavano nella neve. Gli uomini afferrarono delle lance che i loro scudieri gli porgevano e finendo il giro le lanciarono contro distanti bersagli: scudi che pendevano da dei rami. Quando colpivano si levava il caratteristico clangore del metallo.

Lanciare mentre si stava a cavallo era più difficile di quanto sembrasse, a quanto poteva vedere, e più di uno mancò il bersaglio, soprattutto quando cercavano di colpire gli scudi più piccoli. Di quelli che andarono a segno, pochi colpirono al centro, eccetto Anvin, Vidar, Arthfael e pochi altri. Notò che Maltren andò a vuoto diverse volte, imprecando e lanciandole delle occhiatacce, come se la colpa fosse sua.

Kyra, volendo scaldarsi, tirò fuori il suo bastone e iniziò a farlo girare e ruotare tra le mani, sopra la testa, da ogni parte attorno a sé, come fosse una cosa viva. Affrontava un avversario immaginario, bloccava colpi immaginari passando di mano in mano, al di sopra del collo, attorno alla vita: il bastone era come un terzo braccio per lei e il legno era consumato dall’uso.

Mentre gli uomini stavano attorno al campo, Kyra corse verso la sua piccola area, una piccola sezione del campo da allenamento che gli altri non consideravano ma che lei amava per sé. Piccoli pezzi di armatura penzolavano da delle funi in un gruppo d’alberi, sparpagliate tutte a diverse altezze, e Kyra vi corse attraverso e, fingendo che ogni bersaglio fosse un avversario, li colpiva tutti con il bastone. L’aria si riempì del rumore metallico dei colpi mentre lei correva tra gli alberi, tirando fendenti, ondeggiando e abbassandosi mentre i pezzi oscillavano verso di lei. Nella sua mente attaccava e si difendeva gloriosamente, conquistando un esercito di nemici immaginari.

“Hai mai ucciso qualcuno?” chiese una voce dal tono derisorio.

Kyra si voltò e vide Maltren che le si avvicinava a cavallo ridendo di gusto guardandola, per poi passare oltre. Kyra avvampò, desiderando che qualcuno lo rimproverasse chiudendogli la bocca.

Kyra fece una pausa quando vide gli uomini, che avevano finito con le lance, smontare da cavallo e formare un cerchio al centro della radura. Gli scudieri si avvicinarono e porsero loro delle spade da allenamento fatte di spesso legno di quercia, che pesavano quasi quanto l’acciaio. Kyra si tenne da parte con il cuore che batteva forte mentre guardava quegli uomini confrontarsi l’uno con l’altro. Avrebbe voluto più di qualsiasi altra cosa unirsi a loro.

Prima che cominciassero, Anvin si portò al centro e si rivolse a tutti quanti.

“In questo giorno di festa, ci battiamo per uno speciale bottino,” annunciò. “Al vincitore andrà la porzione di maggiore qualità della festa!”

Seguì un grido di eccitazione e gli uomini si lanciarono l’uno contro l’altro e i colpi delle loro spade riempirono l’aira mentre tutti andavano avanti e indietro.

I combattimenti erano inframezzati dal suono di un corno che si sentiva ogni volta che un combattente veniva colpito e doveva quindi portarsi di lato. Il corno suonava frequentemente e presto i ranghi iniziarono a ridursi: la maggior parte degli uomini ora si trovava di lato a guardare.

Kyra stava di lato con loro, ardendo dal desiderio di battersi, benché non le fosse permesso. Ma quel giorno era il suo compleanno, aveva quindici anni adesso e si sentiva pronta. Sentiva che era giunto il momento di insistere sul caso.

“Lasciami andare con loro,” implorò Anvin che le stava vicino a guardare.

Anvin scosse la testa senza mai togliere gli occhi dall’azione.

“Oggi compio quindici anni!” insistette. “Permettimi di combattere!”

Lui la guardò scettico.

“Questo è un campo d’addestramento per uomini,” si intromise Maltren che si trovava di lato dopo aver perso un confronto. “Non per ragazzine. Puoi startene qui a guardare con gli altri scudieri e portarci dell’acqua se te la chiediamo.”

Kyra avvampò.

“Hai così tanta paura che una ragazza possa batterti?” ribatté rimanendo ferma sulla sua posizione, sentendo un’ondata di rabbia dentro di sé. Era la figlia di suo padre e nessuno poteva parlarle in questo modo.

Alcuni degli uomini ridacchiarono e questa volta fu Maltren ad arrossire.

“Ha ragione,” disse Vidar intromettendosi. “Forse dovremmo lasciarla combattere. Cos’abbiamo da perdere?”

“Combattere con cosa?” ribatté Maltren.

“Con il mio bastone!” gridò Kyra. “Contro le vostre spade di legno.”

Maltren rise.

“Sarebbe proprio da vedere,” disse.

Tutti gli occhi si voltarono verso Anvin che era fermo lì, dibattuto.

“Se ti fai male tuo padre mi ammazza,” le disse.

“Non mi farò male!” lo implorò.

Rimase fermo per un tempo che sembrò infinito. Infine sospirò.

“Non ci vedo niente di male,” disse. “Se non altro starai zitta. Sempre che questi uomini non abbiano niente da obiettare,” aggiunse voltandosi verso i soldati.

“SISSIGNORE!” risposero una decina di uomini di suo padre tutti insieme, tutti entusiasti facendo il tifo per lei. Kyra li amava per questo più di quanto potesse dire. Vedeva l’ammirazione che avevano per lei, lo stesso affetto che serbavano per suo padre. Non aveva molti amici e quegli uomini significavano tutto per lei.

Maltren la sbeffeggiò.

“Lasciamo che la ragazza faccia la sua figuraccia,” disse. “Potrebbe servirle da lezione una volta per tutte.”

Suonò un corno e un altro uomo lasciò il cerchio, quindi Kyra entrò.

Si sentiva addosso gli occhi di tutti mentre gli uomini la guardavano, chiaramente non aspettandosi una cosa del genere. Si trovò di fronte il suo avversario, un uomo alto e dalla corporatura tozza, sulla trentina; un guerriero potente che conosceva da quando stava alla corte di suo padre. Solo a guardarlo si capiva che era un bravo combattente, ma anche troppo sicuro di sé, uno che si lanciava sempre davanti a tutti, un po’ avventato.

Si voltò verso Anvin lanciandogli un’occhiataccia.

“Che insulto è questo?” chiese. “Non ho intenzione di combattere contro una ragazza.”

“Insulti te stesso se hai paura di combattere contro di me,” rispose Kyra indignata. “Ho due mani e due gambe, proprio come te. Se non ti batti con me, allora dichiarati sconfitto!”

L’uomo sbatté le palpebre, poi si accigliò.

“Molto bene allora,” disse. “Non correre da tuo padre dopo che avrai perso.”

Si lanciò a tutta velocità e Kyra che capì subito che, alzando la spada di legno in alto e scendendo direttamente, avrebbe mirato alla sua spalla. Era una mossa che poteva anticipare, una che aveva visto compiere molte volte, chiaramente evidenziata dal movimento del suo braccio. La spada di legno era forte, ma anche pesante e goffa contro il suo bastone.

Kyra lo osservò attentamente, attese fino all’ultimo momento, poi si fece di lato, lasciando che il potente colpo le scendesse accanto. Con lo stesso movimento fece roteare il bastone e lo colpì alla spalla, di lato.

L’uomo sbuffò e inciampò di lato. Rimase fermo, sorpreso e scocciato per dover ammettere la sconfitta.

“Nessun altro?” chiese Kyra sorridendo e voltandosi a guardare il cerchio di uomini.

La maggior parte di essi sorrideva, chiaramente orgogliosi di lei, fieri di guardarla crescere e arrivare a quel punto. Eccetto ovviamente Maltren che si fece torvo in viso. Sembrava sul punto di sfidarla quando improvvisamente apparve un altro soldato che la affrontò con espressione seria. Era più basso e più robusto, con un’incolta barba rossa e occhi feroci. Dal modo in cui teneva la sua spada Kyra poteva capire che era più cauto dell’avversario precedente. Lo prese come un complimento: finalmente iniziavano a prenderla sul serio.

L’uomo si lanciò all’attacco e Kyra non capì perché, ma per qualche motivo le veniva facile sapere cosa fare. Era come se il suo istinto la spronasse e decidesse per lei. Si ritrovò ad essere molto più leggera e agile di quegli uomini che invece erano appesantiti dalle loro spesse armature e dalle loro spade di legno. Lottavano usando la forza e si aspettavano che i loro avversari li sfidassero e bloccassero. Kyra invece era ben felice di schivare i colpi e rifiutava di combattere secondo i loro termini. Loro combattevano con la forza, lei invece con la velocità.

Il bastone di Kyra si muoveva tra le sue mani come una sua estensione: lo faceva roteare così velocemente che i suoi avversari non avevano il tempo di reagire ed erano ancora a metà dell’azione quando lei già si trovava alle loro spalle. Il suo nuovo avversario si lanciò contro di lei diretto verso il suo petto, ma lei si limitò farsi da parte e fece roteare il bastone colpendogli il polso e facendogli cadere la spada di mano. Poi lo fece ruotare e con l’altra estremità gli diede un colpo in testa.

Suonò il corno dandole un’altra vittoria e lui la guardò scioccato tenendosi una mano sulla fronte, la spada a terra. Kyra, esaminando ciò che aveva fatto, si rese conto di essere ancora in piedi e si sentì lei stessa un poco stupita.

Era diventata la persona da battere era gli uomini, non più esitanti, si allinearono per mettere alla prova le loro abilità contro di lei.

La tempesta di neve infuriava mentre le torce venivano accese per illuminare il crepuscolo e Kyra combatteva contro un uomo dopo l’altro. Non sorridevano più: le loro espressioni erano ora tremendamente serie, perplesse, poi completamente irritate, dato che nessuno riusciva a toccarla e tutti finivano per essere battuti da lei. Contro un uomo lei balzò sopra la sua testa mentre la attaccava, ruotando e atterrando dietro di lui prima di colpirgli la spalla; per un altro si abbassò e rotolò, passò il bastone da una mano all’altra e diede il colpo decisivo inaspettatamente con la mano sinistra. Per ciascuno aveva mosse diverse, parte acrobata, parte schermidore: nessuno era in grado di anticiparla. Gli uomini si portavano vergognosi ai lati, tutti stupiti di dover ammettere la sconfitta.

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