Un Bacio per le Regine - Морган Райс 4 стр.


Kate ci pensò. Non era un argomento che fosse già stato affrontato dalle loro lezioni.

“Non lo so,” ammise.

“È stato fatto con il tradimento,” disse Lord Cranston contando le opzioni sulle sue dita. “È stato ottenuto conquistando il resto del regno, per cui non ha senso opporre resistenza. È stato fatto nel remoto passato per mezzo della magia.”

“E per mezzo della forza?” chiese Kate.

Lord Cranston scosse la testa. “Anche se un cannone potrebbe cambiare le cose, ovviamente.”

“Mia sorella ha un piano,” disse Kate.

“E sembra ben fatto,” disse Lord Cranston, “ma cosa succede ai piani nelle battaglie?”

Questo almeno Kate lo sapeva. “Si sfaldano.” Scrollò le spalle. “Allora è buona cosa che abbiamo la migliore delle compagnie libere che lavora con noi per andare a tappare i buchi.”

“Ed è una buona cosa che io abbia con me la ragazza che può sollevare le nebbie e spostarsi più veloce di qualsiasi altro uomo,” rispose Lord Cranston.

Kate doveva aver esitato un paio di secondo di troppo prima di rispondere.

“Cosa c’è?” chiese Lord Cranston.

“Mi sono separata dalla strega che mi aveva dato quel potere,” disse. “Io… non so quanto ne sia rimasto. Ho ancora qualche abilità nel leggere le menti, ma la velocità, la forza… sono sparite. Penso se ne sia andata anche quel genere di magia.”

Ne conosceva ancora la teoria, ne aveva ancora la sensazione dentro, ma i sentieri che vi portavano sembravano sepolti nell’interruzione della connessione con la fontana di Siobhan. Sembrava che ogni cosa avesse il suo prezzo, e questo era un prezzo che lei era intenzionata a pagare.

Almeno fintanto che non costasse loro tutte le loro vite.

Lord Cranston annuì. “Capisco. Sai ancora usare una spada?”

“Io… non ne sono sicura,” ammise Kate. Quella era stata una cosa che aveva imparato da Siobhan, dopotutto, eppure i ricordi del suo allenamento erano ancora lì, ancora freschi. Aveva ottenuto ciò che sapeva attraverso giorni di continua “morte” per mano di spiriti, ancora e ancora, senza sosta.

“Allora penso che dovremmo scoprirlo prima di una battaglia vera a propria, non credi?” suggerì Lord Cranston. Fece un passo indietro e si chinò in un formale inchino da duellante, gli occhi attentamente fissi su Kate, e sguainò la spada con un fruscio metallico.

“Con lame vive?” chiese Kate. “E se non ne avessi il controllo? E se…”

“La vita è piena di e se,” disse Lord Cranston. “La battaglia ancora di più. Non ti metterò alla prova con una spada da allenamento per scoprire che le tue abilità crollano quando c’è il rischio vero.”

Lo stesso sembrava un modo pericoloso per mettere alla prova le sue capacità. Non voleva fare del male a Lord Cranston per sbaglio.

“Sguaina la tua spada, Kate,” le disse.

Lei ubbidì con riluttanza, stringendo l’elsa in mano con fermezza. C’erano ancora dei resti di rune sulla lama, dove Siobhan le aveva incise, ma ora erano segni sbiaditi, quasi inesistenti, a meno che la luce non li mettesse in evidenza. Kate si mise in guardia.

Lord Cranston colpì all’istante, con tutta l’abilità e la violenza di un uomo più giovane. Kate parò a malapena in tempo.

“Ve l’ho detto,” disse. “Non ho la forza e la velocità di prima.”

“Allora devi trovare un modo per inventartele,” disse Lord Cranston, e immediatamente assestò un altro tiro diretto verso la sua testa. “La guerra è scorretta. Alla guerra non gliene frega niente se sei debole. Tutto ciò che importa è se vinci o no.”

Kate cedette terreno, tagliando d’angolo per evitare di restare schiacciata contro i parapetti della nave. Continuò a parare, tentando di proteggersi da un possibile massacro.

“Perché ti stai trattenendo,” chiese Lord Cranston. “Puoi ancora vedere ogni pensiero di attacco, no? Conosci ancora ogni mossa che può essere fatta con una spada, no? Se faccio la finta di Rensburg, sai che la risposta è...”

Fece una complessa doppia finta. Automaticamente Kate si spostò per bloccare la sua spada a metà.

“Vedi, lo sai!” disse Lord Cranston. “Ora combatti, dannazione!”

Attaccò con una tale ferocia che tutto ciò che Kate poté fare fu di ribattere con tutte le sue abilità. Guardò i suoi pensieri meglio che poté, vedendo accenni dei movimenti che stavano per arrivare, schemi di attacco. Il suo corpo non aveva la velocità di un tempo, ma sapeva ancora cosa fare, mettendo la lama dove doveva andare, colpendo e parando, disimpegnando e facendo pressione.

Kate prese la spada di Lord Cranston e sentì una leggera debolezza nella pressione mentre lui la presentava. Si mise a camminare in circolo, applicando più pressione, e la sua spada cadde sul ponte della nave. La spada di Kate scattò verso la gola dell’avversario… ma riuscì a fermarsi un secondo prima di andare a graffiargli la pelle.

Lui le sorrise. “Bene, Kate. Eccellente. Vedi, non hai bisogno di trucchetti da strega. Sei tu che hai imparato questo, e sei tu quella che farà il nemico a pezzi.”

Strinse poi la mano di Kate, da polso a polso, e Kate su sorpresa di sentire dei battiti di mani da sotto la nave. Si girò e vide altri membri della compagnia che guardavano come se lei e Lord Cranston fossero dei giocatori intenti ad intrattenerli. C’era anche Will con loro, sollevato quanto felice. Kate scese i gradini di corsa dal ponte di comando verso di lui, baciandolo non appena lo raggiunse.

Ovviamente quel gesto ottenne un diverso tipo di grido di esultazione da parte degli altri, e Kate si ritrasse rossa in volto.

“Basta così, pigroni, gridò Lord Cranston. “Se avete tempo per fare i guardoni, avete anche tempo per lavorare!”

Gli uomini là attorno sbuffarono e proseguirono con i preparativi per la battaglia. Ma il momento era passato, e Kate non voleva rischiare di baciare di nuovo Will, in caso qualcuno di loro stesse ancora guardando.

“Ero così preoccupato per te,” disse Will indicando con un cenno del capo il punto in cui si trovava Lord Cranston. “Quando stavate combattendo, sembrava che stesse davvero tentando di ucciderti.”

“Era quello che mi serviva,” disse Kate scrollando le spalle. Non era certa di poterlo spiegare a Will. Lui si era unito alla compagnia di Lord Cranston, ma c’era sempre una parte di lui che voleva tornare indietro a lavorare alla forgia di suo padre. Si era unito a loro per l’occasione di vedere il mondo, per l’occasione di andare da qualche altra parte.

Per Kate era diverso. Aveva bisogno di spingersi negli spazi dove le cose non sembravano sicure, o dove non era certa di sentirsi viva. Non aveva la sensazione di poter gestire gli estremi del mondo se non poteva uscire a farlo direttamente. Lord Cranston la capiva, e l’aveva spinta proprio nel punto in cui era stata capace di mettersi alla prova.

“Lo stesso,” disse Will, “pensavo che ci sarebbe stato sangue sul ponte prima che finiste.”

Ma non c’è stato,” disse Kate. Lo abbracciò, semplicemente perché voleva farlo. Avrebbe voluto che ci fosse sufficiente riservatezza sulla barca per qualcosa in più. “Questa è la cosa importante.”

“E tu sei stata fantastica là sopra,” ammise Will. “Forse non dovremmo preoccuparci di attaccare domani, ma mandare te a combatterli uno a uno.”

Kate sorrise a quel pensiero. “Penso che potrebbe rivelarsi un po’ stancante dopo i primi. E poi vorresti perderti l’azione?”

Vide Will distogliere lo sguardo.

“Cosa c’è?” gli chiese, resistendo all’urgenza di leggergli nel pensiero per scoprirlo.

“Onestamente? Ho paura,” le disse. “Non importa quante battaglie combattiamo, non sembra mai diventare più facile. Ho paura per me stesso, per i miei amici, se i miei genitori verranno coinvolti in tutto questo… e ho paura per te.”

“Penso che abbiamo appena scoperto che non devi preoccuparti per me,” disse Kate.

“Sei migliore con la spada rispetto a chiunque altro io conosca,” confermò Will, “ma sono preoccupato lo stesso. E se ci fosse una spada che non vedi? E se ci fosse un moschetto che spara a caso? La guerra è un caos.”

Era vero, ma era ciò per cui a Kate piaceva. C’era qualcosa nel trovarsi nel cuore della battaglia che le dava senso in un modo diverso rispetto al resto del mondo. Ma non lo disse.

“Andrà tutto bene,” affermò invece. “Io starò bene. Tu lavorerai con l’artiglieria, non nel cuore dell’attacco. Sofia non permetterebbe mai alla sua gente di saccheggiare, o di attaccare gente comune, quindi i tuoi genitori saranno al sicuro. Andrà tutto bene.”

“Solo… stai attenta,” le disse Will. “Ci sono così tante cose che vorrei avere il tempo di dirti, e di fare con te, e…”

“Avremo tempo per tutto,” promise Kate. “Ora devo andare. Sai che Lord Cranston si irrita se ti distraggo dai tuoi doveri troppo a lungo.”

Will annuì, parve essere sul punto di baciarla di nuovo, ma non lo fece. Un’altra cosa che avrebbe dovuto attendere fino alla fine della battaglia. Kate lo guardò andare, e allungò quello che era rimasto del suo talento per cogliere i pensieri dei soldati presenti.

Sentì le loro paure e le loro preoccupazioni. Ogni uomo lì sapeva che il mondo avrebbe subito un’eruzione di violenza all’alba, e la maggior parte di loro si chiedeva se avrebbero superato interi quel caos. Alcuni pensavano agli amici, altri ai famigliari. Alcuni pensavano a una possibilità dopo l’altra, come se credessero che il pericolo che avevano davanti si sarebbe potuto evitare.

Kate non ne vedeva l’ora invece. In battaglia il mondo acquistava un certo senso.

“Domani ucciderò le persone che hanno fatto del male alla mia famiglia,” promise. “Li farò a pezzi e prenderò il trono per Sofia.”

Domani sarebbero entrati ad Ashton e si sarebbero ripresi tutto ciò che doveva essere loro di diritto.

CAPITOLO CINQUE

Dai gradini del tempio della Dea Mascherata, compostamente in piedi in cima alla scalinata, in attesa dell’inizio del funerale di sua madre, Rupert guardava il tramonto. Si allargava creando tante sfumature di rosso che gli ricordavano fin troppo il sangue che aveva lui stesso sparso. Non avrebbe dovuto preoccuparsene. Lui era più forte, lui era migliore. Lo stesso ogni occhiata alle sue mani gli riportava i ricordi del modo in cui il sangue di sua madre le aveva macchiate; ogni momento di silenzio riportava il ricordo dei suoi sussulti quando l’aveva pugnalata.

“Tu!” disse Rupert indicando uno dei sacerdoti minori che affollavano la stanza attorno all’ingresso. “Cosa preannuncia questo tramonto?”

“Sangue, vostra altezza. Un tramonto come questo significa sangue.”

Rupert fece un mezzo passo avanti, intenzionato a colpire l’uomo per la sua insolenza, ma Angelica era lì pronta a bloccarlo, la mano che gli sfiorava la pelle con l’accenno a una promessa che lui sperava di avere poi il tempo di vedere esaudita.

“Lascialo perdere,” gli disse. “Non sa niente. Nessuno sa niente, a meno che tu non glielo dica.”

“Ha detto sangue,” si lamentò Rupert. Il sangue di sua madre. Il dolore gli baluginava dentro. Aveva perso sua madre, e quel dolore era quasi una sorpresa per lui. Si era aspettato di non provare altro che sollievo per la sua morte, o forse gioia per avere finalmente il trono, e invece… Rupert si sentiva spezzato dentro, vuoto e colpevole in un modo di cui non aveva mai avuto esperienza prima d’ora.

“Per forza ha detto sangue,” rispose Angelica. “Ci sarà una battaglia domani. Qualsiasi sciocco potrebbe vedere sangue nel tramonto con le navi nemiche attraccate al largo della nostra costa.”

“Sì, tanti l’hanno visto,” disse Rupert. Indicò un altro uomo, uno scrivano che sembrava usare una sorta di complesso meccanismo per scarabocchiare calcoli su un pezzo di pergamena. “Tu, dimmi come andrà la battaglia domani!”

L’uomo sollevò lo sguardo, un’espressione selvaggia negli occhi. “I segni non sono buoni per il regno. Vostra maestà. Gli ingranaggi…”

Questa volta Rupert colpì, mandando a terra l’uomo con un violento calcio. Se non ci fosse stata Angelica a trattenerlo, avrebbe potuto continuare a prenderlo a calci fino a che non ne fosse rimasto nient’altro che un mucchietto di ossa rotte.

“Considera l’impressione che puoi dare, facendo una cosa del genere al funerale,” disse Angelica.

Almeno bastò a trattenere Rupert. “Non capisco perché i sacerdoti permettono a gente del genere di entrare nel tempio. Pensavo che uccidessero le streghe.”

“Forse è un segno che questi non hanno talento,” suggerì Angelica, “e che tu non dovresti ascoltarli.”

“Forse,” disse Rupert, ma ce n’erano stati altri. Sembrava che tutti avessero un’opinione sulla prossima battaglia. C’erano sufficienti veggenti al palazzo, sia reali che normalissimi nobili a cui piaceva indovinare guardando i tramonti o il volo degli uccelli.

In quel momento però questo funerale, il funerale di sua madre, era l’unica cosa che contava.

Apparentemente c’era chi non lo capiva. “Vostra altezza, vostra altezza!”

Rupert si girò verso l’uomo che veniva verso di lui correndo. Indossava un’uniforme da soldato e si inchinò davanti a lui.

“La forma corretta per rivolgersi a un re è ‘vostra maestà’,” disse Rupert.

“Vostra maestà, mi perdoni,” disse l’uomo. Si alzò dal suo inchino. “Ma ho un messaggio urgente!”

“Di cosa si tratta?” chiese Rupert. “Non vedi che sto partecipando al funerale di mia madre?”

“Mi perdoni, vostra… maestà,” disse l’uomo, correggendosi appena in tempo. “Ma i nostri generali richiedono la vostra presenza.”

Era ovvio. Scemi che non avevano capito come sconfiggere il Nuovo Esercito e che ora volevano guadagnare il suo favore mostrando quante idee avessero per gestire la minaccia che era arrivata.

“Verrò, o anche no, dopo il funerale,” disse Rupert.

“Mi hanno detto di sottolineare l’importanza della minaccia,” disse l’uomo, come se quelle parole potessero in qualche modo spingere Rupert in azione. Spingerlo a una qualche sorta di obbedienza.

“Ne deciderò io l’importanza,” disse Rupert. Al momento niente gli pareva importante confronto al funerale che si stava per svolgere. Per quanto gli interessava, che Ashton bruciasse: lui avrebbe sepolto sua madre.

“Sì, vostra maestà, ma…”

Rupert fermò l’uomo con uno sguardo. “I generali vogliono fare finta che tutto debba accadere ora,” disse. “Che non c’è un piano senza di me. Che c’è bisogno di me per difendere la città. Ho una risposta a questo: fate il vostro lavoro.”

“Vostra maestà?” disse il messaggero con un tono che fece venire voglia a Rupert di tirargli un pugno.

“Fa’ il tuo lavoro, soldato,” disse. “Questi uomini sostengono di essere i nostri migliori generali, ma non sanno organizzare la difesa di una città? Di’ loro che andrò da loro quando sarò pronto. Nel frattempo si arrangeranno. E ora va’, prima che perda la pazienza.”

L’uomo esitò un momento, poi si inchinò di nuovo. “Sì, vostra maestà.”

Se ne andò di corsa. Rupert lo guardò andare, poi si girò verso Angelica.

“Te ne stai in silenzio,” le disse. L’espressione di Angelica era completamente neutra. “Neanche tu sei d’accordo che seppellisca mia madre?”

Lei gli mise una mano sul braccio. “Penso che se hai bisogno di fare questa cosa, devi farla, ma non possiamo neanche trascurare i pericoli.”

“Quali pericoli?” chiese Rupert. “Abbiamo dei generali, no?”

“Generali che vengono da una dozzina di eserciti diversi, cuciti insieme per formare una forza unica,” sottolineò Angelica. “Non un paio che si accorderanno su chi è responsabile, senza che qualcuno altro predisponga una diversa strategia. La nostra flotta è troppo vicina alla città, le nostre mura sono rovine di antiche difese, e il nostro nemico è pericoloso.”

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