Per Te, per Sempre - Софи Лав 5 стр.


Sottovoce Yvonne sospirò, “Spero che non la inviti a giocare a casa nostra, però. Stamattina ho conosciuto la madre. Ha un’aria acida come la figlia. E la bambina si chiama Laverne.”

Emily non poté evitare di ridacchiare. Era bellissimo essere tornata con le sue amiche madri, di nuovo ai cancelli della scuola. L’ultima volta che l’aveva fatto era stato tutto nuovo e strano. Chantelle era sbucata dal nulla e aveva stravolto la vita di Emily. Ma adesso non avrebbe cambiato nulla. Diventare madre era stata l’esperienza migliore della sua vita, e adorava quella sensazione, le opportunità che le aveva dato, e le persone che così aveva conosciuto.

Allungò lo sguardo e vide avvicinarsi Suzanna, il piccolo Robin assicurato al petto, i piedini che sobbalzavano a ogni passo che faceva. Così sarebbe stata presto lei, realizzò Emily, il cuore che si gonfiava al pensiero – sia di entusiasmo che, anche, di ansia. Charlotte avrebbe cambiato di nuovo tutto, proprio come aveva fatto Chantelle. E non ci sarebbe stato Roy a sostenerla attraverso tutto quanto. Ma facendo passare lo sguardo da Suzanna a Yvonne a Holly, seppe di avere le migliori persone al mondo accanto, a guardarle le spalle. Poteva farcela. Poteva fare tutto con le sue amiche a sostenerla.

A quel punto si accorse di essersi fatta assorbire così tanto dalla riunione con tutte le sue amiche da aver perso il senso del tempo.

“Farei meglio ad andare a conoscere la nuova insegnante,” disse loro voltandosi per andare alle scale.

Però, proprio facendo così, si accorse che Daniel le veniva incontro. Stava guardando l’orologio con espressione allarmata.

“Daniel!” esclamò Yvonne entusiasta.

“Ciao a tutte,” disse arrivando furtivo al gruppo di mamme. “Temo di non poter fermarmi a chiacchierare, devo tornare al lavoro.” Si voltò verso Emily. “Ti porto ancora da Joe?”

“Posso presentarmi all’insegnante prima?” chiese Emily.

Daniel guardò teso l’orologio. “Uhm… be’…” disse, un po’ confuso.

Emily percepì che chiaramente voleva fare una buona impressione con la sua nuova posizione più importante al lavoro. Decise di lasciar perdere e di non far clamore.

“Non ti preoccupare,” gli disse cedendo. “Posso conoscere la nuova insegnante quando la vengo a prendere.”

Salutò ognuna delle amiche, triste di essere strappata via dalla loro meravigliosa compagnia, e andò al pick-up con Daniel.

“Ci aggiorniamo presto,” urlò dietro una spalla salutandole con la mano mentre montavano.

Chiudendo la portiera, Emily si voltò verso Daniel. “Ricordami di non prendere appuntamenti con Amy nei giorni in cui c’è scuola. Almeno non finché non riesco a rimettermi dietro al volante della mia macchina!”

Le mancava la libertà che aveva prima della gravidanza. Perdere l’incontro con l’insegnante la faceva sentire malissimo. Sperò che la cosa non le avesse fatto fare una brutta impressione. Non voleva sembrare un genitore non interessato, distratto ed egocentrico.

Daniel uscì dal parcheggio, puntando alla città.

“Allora, l’insegnante com’è?” gli chiese Emily.

“Signorina Butler,” la informò Daniel. Si strinse nelle spalle, come se non vi avesse fatto molta attenzione. “Sembra un po’ più severa rispetto alla signorina Glass. Un po’ più vecchia, un po’ più spigolosa.”

“Mi chiedo come la prenderà Chantelle,” meditò Emily. La piccola a volte aveva difficoltà con le figure autoritarie. L’approccio dolce con lei funzionava bene, ma la cosa più importante per Chantelle erano in realtà i confini. Fin quando sapeva cosa ci si aspettava da lei poteva eccellere. Sperava solo che questa nuova, più severa insegnante avesse la pazienza necessaria per arrivare a quel punto.

“C’era anche Gail,” disse Daniel. “Sarà la consulente di Chantelle anche quest’anno.”

“È un sollievo,” rispose Emily ripensando a suo padre. Quest’anno Chantelle avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di Gail più che mai. Non solo per la costanza che Gail le dava, ma per le esperienze di vita attraverso le quali quest’anno avrebbe avuto bisogno di essere guidata.

“Allora, di cosa chiacchierate oggi tu e Amy?” chiese Daniel.

La domanda distolse Emily dalla sua angosciosa fantasia. “Non ne sono certa, ma penso Harry. Hai notato qualcosa di strano tra di loro sull’isola?”

“Per niente,” disse Daniel perplesso.

Non sorprendeva Emily che Daniel non avesse colto le sfumature del comportamento di Amy. Amy era la sua migliore amica, dopotutto; la conosceva alla perfezione e riusciva a leggerle nell’espressione i più piccoli segnali.

“Faranno meglio a non rompere,” disse Daniel severamente svoltando in una via secondaria. “Stiamo per aprire il ristorante. Non voglio che Harry sali troppo la zuppa con le sue lacrime!”

Emily ridacchiò. “Sono sicura che non si tratta di questo. Probabilmente è il contrario, penso. Amy è pronta a sposarlo, ma vuole che io le dica che non sta correndo troppo. Ti ricordi cos’è successo con Fraser?”

“Come posso dimenticarlo,” disse Daniel con una smorfia.

Arrivarono al ristorantino di Joe, e Daniel accostò. Baciò Emily, e lei uscì dal furgone scivolando sul sedile, ormai incapace di saltar giù vivacemente come faceva prima di mettere su i sei chili abbondanti della gravidanza.

“Buona giornata, al lavoro,” gli disse.

Lui sorrise e la salutò con la mano, poi se ne andò. Emily entrò nel ristorante.

“Ma guarda un po’, Emily Mitchell!,” esclamò Joe quando entrò. “Non ti vedo da molto tempo!”

Lei lo abbracciò per salutarlo. “Sono Emily Morey adesso, non te ne dimenticare,” gli disse.

“Certo,” disse Joe ridendo. “E pensare che qui ci siete venuti per il primo appuntamento.” Si illuminò. “Caffè?”

Emily si diede una pacca sullo stomaco. “Decaffeinato, per piacere.”

Joe andò a preparare del caffè mentre Emily trovò il posto dove Amy sedeva già.

“Proprio come ai vecchi tempi, vero?” disse Amy dandole un bacio per salutarla. “Bere un caffè prima del lavoro, quando potevamo, ovvio. Colazioni, pranzi e cocktail la sera.”

“Cocktail!” esclamò Emily dandosi una pacca sullo stomaco. “Non me li ricordare.” Rise. “È bellissimo averti qui più spesso. E hai ragione, è come ai vecchi tempi, però senza i grattacieli e i taxi gialli.” Sorrise riportando alla memoria le loro vecchie vite a New York. Sembrava tantissimo tempo prima, ormai. “Allora, che succede?” chiese a Amy. “Come vanno le cose?”

Amy si morse il labbro come valutando l’opportunità di aprirsi. Chiaramente decise di non nascondere nulla, e si lanciò subito nel cuore della questione. “Si tratta di Harry. Stiamo litigando.”

“Oh,” disse Emily tristemente. “È un peccato. Mi dispiace.”

Amy si strinse nelle spalle e si portò il liscio caschetto biondo dietro alle orecchie. “È inevitabile, no? La distanza. Il fatto che veniamo da mondi diversi. Cioè, faccio battute dicendo che è come se fossimo ancora a New York, ma le cose non potrebbero essere più diverse. Non so se posso impegnarmi a vivere qui. Tu come hai fatto?”

Emily ponderò sulla questione. “Onestamente perso che New York non avesse più nient’altro da offrirmi.”

“Oh, grazie,” disse Amy mettendo il broncio.

“Non volevo dire te!” esclamò Emily facendo dietrofront. “Voglio dire nel senso della carriera e delle relazioni. Le cose con mia mamma erano terribili. Poi Ben era un idiota, e mi è sembrato giusto andarmene. Venire qui mi ha costretta a confrontarmi con molte cose. Sai, con mio padre e la morte di Charlotte. Ha senso che abbia trovato me stessa qui. Poi c’era Daniel.” Sorrise tra sé ricordando il loro primo incontro. L’esitazione che aveva provato, la resistenza a permettersi di affezionarsi a qualcuno di nuovo. Ma i rischi erano stati tutti ripagati.

“Perciò fondamentalmente stai dicendo che devo sistemare una vecchia casa, aprire un’attività e trovare me stessa,” disse Amy con una risatina.

“E innamorarti,” aggiunse Emily. “Perciò hai spuntato una casella.”

Amy sospirò. “Lo so. Ciò rende solo le cose più difficili. Non voglio scappare da ciò che ho con Harry, ma non so se qui posso essere felice.”

Emily si allungò sul tavolino per tenere la mano dell’amica. “È per quello che è accaduto con Fraser? Non voglio proprio che quell’unica esperienza negativa rovini tutto. Perché sono sicura che lo sai che è del tutto diverso. Quello che avete tu e Harry è mille volte meglio di quello che avevate tu e Fraser.”

“Dici che è così?” disse Amy con voce tirata. “Almeno io e Fraser venivamo dallo stesso mondo. Volevamo cose simili. Vacanze e carriere e proprietà. Bambini, ma ci sarebbe stata una tata ad aiutare, ovviamente. Harry è tutto il contrario. È… non lo so. Rustico? È…”

“.... è Sunset Harbor,” disse Emily con un cenno deciso del capo. Sapeva esattamente dove stesse andando a parare Amy. “Ma c’è bisogno che ti ricordi che Fraser era un imbroglione? Harry non farebbe mai una cosa del genere. È onesto e gentile e leale. È questo che ottieni con un uomo di Sunset Harbor.”

Joe arrivò con i loro waffle e il caffè per Emily. Le due amiche abbassarono la testa, continuando la conversazione.

“Il fatto è,” aggiunse Amy, “che tu non ti sei mai dovuta preoccupare di questa roba. Cioè, tu e Daniel non avete dovuto discutere sulla distanza o su chi si sarebbe trasferito dove. Sarebbe sempre stato qui. Ma io e Harry sembriamo parlarne incessantemente. Potremmo avere una relazione a distanza? Posso davvero lasciami la mia vita alle spalle, la mia attività, per un uomo? Va contro a tutto ciò per cui mi batto!”

Emily sorrise e sospirò. “Amy, è davvero questo che ti trattiene? O è qualcos’altro?”

Amy masticò lentamente il suo waffle. “Onestamente non lo so. Sono molto titubante.”

“Non pensi che potresti solo essere spaventata?” chiese Emily. “Lo so che tu non ti spaventi, che sei una donna d’affari pratica e sicura, ma c’è una piccolissima possibilità che forse tu sia spaventata dal fatto che Harry ti adora e che potrebbe essere quello giusto, e che se trasferissi la tua vita qui e ti accollassi il rischio potresti essere felice?”

“Immagino di sì,” disse Amy. “Ma non è la felicità che mi spaventa. È la soddisfazione. È… la noia.”

Guardò Emily con aria di scusa. Emily sapeva che Amy stava insinuando che la vita a Sunset Harbor era noiosa, ma non le importava. Non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo. Se questa era la noia, l’aveva finita con l’eccitazione per sempre!

“Magari dovrei tornare in città per un po’,” disse Amy. “Schiarirmi le idee. Controllare l’attività. Ricordarmi le mie radici, sai?”

“Se credi che aiuterà,” disse Emily. Diede una forchettata al waffle e se ne portò un pezzetto alla bocca. “Cavolo, non torno a New York da secoli.”

Amy allora sgranò gli occhi. “Oddio! Vieni con me!”

Emily la guardò, sorpresa. “Uhm…”

“Per favore, Em,” aggiunse Amy. “Possiamo fare un weekend lungo insieme. Darò in tuo onore un baby shower per il corredino, dato che l’ultimo è stato un disastro.”

Emily arrossì ricordando com’era fuggita in modo imbarazzante dal baby shower che Amy le aveva organizzato. Non poté evitare di esitare.

“Ti prego, ti prego, ti prego,” continuò Amy. “Ti meriti un po’ di pausa. E il trambusto estivo è finito. Sono sicura che la locanda può sopravvivere senza di te per qualche giorno.” A quel punto Amy schioccò le dita. “E se facciamo il baby shower a New York, può venire tua mamma!”

Emily balzò subito indietro. “Okay, adesso proprio non voglio venire,” disse ricordando la grossa litigata che lei e Patricia avevano avuto l’ultima volta che avevano parlato. Anzi, ogni volta che avevano parlato.

“Em,” disse Amy con tono materno. “Sta per diventare nonna per la prima volta. Quanto durerà ancora questo screzio tra voi due?”

“Per sempre,” disse cupamente Emily. “Non hai mai conosciuto mia mamma?” aggiunse sarcasticamente.

Ma pensandoci meglio si accorse che c’era una cosa importante di cui doveva parlare a sua madre, una cosa che non poteva essere fatta al telefono. Ed era la malattia di Roy. Doveva sapere.

“A dire il vero,” disse Emily, “un viaggio a New York dovrei farlo da tempo. Magari mia mamma sarà meno una peste nel suo territorio.”

Amy batté le mani. “Davvero? Questo weekend?”

Emily si strinse nelle spalle. “Immagino di sì.”

Qual era il momento buono per dire alla propria madre che il suo ex marito stava per morire? Non sembrava esserci risposta, perciò quel weekend era buono come qualsiasi altro momento.

Amy saltò su e giù al suo posto. “Sarà divertentissimo. Lo dico a Harry.”

Afferrò il cellulare e digitò il suo numero. Nello stesso momento prese a suonare il telefono di Emily.

Lo estrasse dalla tasca e rispose nello stesso momento di Amy. Era davvero come i vecchi tempi di New York!

“Signora Morey?” chiese la voce all’altro capo.

“Sì, chi parla?”

“Sono la signorina Butler, l’insegnante di Chantelle. Mi dispiace disturbarla, ma c’è stato un incidente. Penso che dovrebbe venire qui.”

Emily balzò su. “Che tipo di incidente? Chantelle sta bene? Si è fatta male?”

“Sta bene,” rispose la signorina Butler. “È un incidente di natura comportamentale.”

Emily si accigliò. Che cosa significava?

“Arrivo,” disse riappendendo e gettando il telefono nella borsa.

Amy stava chiacchierando con Harry al telefono, ma alzò lo sguardo su Emily, usando le sue favolose abilità multitasking per portare avanti una muta conversazione con la sua amica senza perdere una parola della telefonata.

“Chantelle,” disse Emily muovendo solo le labbra. “Scuola.” Fece il gesto di guidare. La macchina ce l’aveva Daniel, perciò Amy costituiva il suo unico modo per arrivarci.

Amy annuì e indicò i waffle. Li avevano a malapena assaggiati. Ma Emily scosse la testa. Doveva andare subito.

Senza farle domande, Amy si alzò, raccolse la borsa e, sempre parlando con Harry, uscì dal ristorante e andò alla macchina, Emily a rimorchio.

Mentre andavano, Emily sperava che tutto si sistemasse tra Amy e Harry, perché era in momenti come questi, quando Daniel era occupato e la vita mandava tutto all’aria, che Emily aveva bisogno più che mai dei suoi amici.

CAPITOLO CINQUE

Mentre Amy la riaccompagnava alla scuola, Emily sentiva il nervosismo crescere. Odiava quando Chantelle aveva questi accessi perché le sembrava un passo indietro, e le ricordava il terribile inizio che la ragazzina aveva avuto nella vita, le cicatrici che portava ancora nonostante il suo atteggiamento felice.

“Vuoi che entri con te?” chiese Amy guardando il viso pallido di Emily sul sedile del passeggero.

Emily solitamente non si mangiava le unghie, ma l’ansia glielo stava facendo fare. “No, no, probabilmente è meglio che ci sia solo io,” disse tutta agitata, il viso legnoso dal panico.

Raggiunsero il parcheggio, ora vuoto, e Amy si fermò sul posto più vicino alle porte della scuola. “Be’, aspetto qui e ti riporto a casa quando hai finito.”

Emily aveva già una mano sulla maniglia della portiera, e scosse la testa. “Grazie dell’offerta, ma non ho idea di quanto ci vorrà.”

“Come torni a casa?”

“Ci penserò dopo. Sul retro del furgone delle consegne di Raj? Sul manubrio della bici di Cynthia?” Stava facendo battute, ma solo per distrarsi dall’ansia che aveva.

Amy sorrise teneramente. “Sei sicura?”

“Giuro,” disse Emily spalancando la portiera e scendendo svelta.

Sbatté la portiera e mandò un bacio a Amy correndo più forte che le permetteva di fare il pancione su per i gradini di pietra. Premette il pulsante del citofono e la receptionist rispose, salutandola con un crepitio.

“Signora Morey,” disse Emily nel microfono d’argento. “La madre di Chantelle.”

Ci fu un ronzio. Aprì la porta e corse alla scrivania. Era la stessa ragazza dell’anno precedente, si accorse Emily, giovane, lentigginosa, con un dolce sorriso che mostrava una fessura tra i denti.

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