Sophie Love
UN AMORE COME IL VOSTRO
Sophie Love
Sophie Love, autrice di best-seller, è la scrittrice della divertente serie rosa LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, che include sei libri (più altri in arrivo) e che inizia con ORA E PER SEMPRE (LA LOCANDA DI SUSNET HARBOR – LIBRO 1).
Sophie Love è autrice anche di una nuova divertente serie rosa, CRONACHE D’AMORE, che iniziano con AMORE COSÌ (CRONACHE D’AMORE – LIBRO 1).
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Copyright © 2018 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti, U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo ebook è disponibile solo per fruizione personale. L’ebook non può essere rivenduto né donato ad altri. Se si vuole condividere con altre persone, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se si intende leggere l’ebook senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per il proprio uso personale, si prega di restituirlo e di acquistare la propria copia. Grazie per il rispetto dimostrato nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright vvita, utilizzata con il permesso di shutterstock.com.
LIBRI DI SOPHIE LOVE
LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR
ORA E PER SEMPRE (Libro #1)
SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)
SEMPRE CON TE (Libro #3)
SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)
PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)
PER SEMPRE, PIU’ UNO (Libro #6)
PER TE, PER SEMPRE (Libro #7)
CHRISTMAS FOREVER (Libro #8)
LE CRONACHE DELL’AMORE
UN AMORE COME IL NOSTRO (Libro #1)
UN AMORE COME QUELLO (Libro #2)
UN AMORE COME IL LORO (Libro #3)
UN AMORE COSI’ GRANDE (Libro #4)
UN AMORE COME IL VOSTRO (Libro #5)
CAPITOLO UNO
Keira annusò l’aria. Prosciutto. Sentiva decisamente odore di prosciutto.
Aprì gli occhi, prendendosi un momento per abituarsi alla brillante luce del giorno che si rifletteva sui muri azzurro polvere. La camera da letto di Milo. Sorrise tra sé e sé.
Un’altra folata proveniente dalla cucina le raggiunse le narici. Yolanta e Nils, i genitori di Milo, con ogni probabilità erano già al lavoro al piano di sotto per preparare i piatti natalizi. Le venne l’acquolina alla bocca al solo pensiero.
Si voltò per guardare la figura addormentata del suo ragazzo. Gli ultimi giorni in Svezia insieme a lui erano stati fantastici. Magici. Aveva nevicato, coprendo i cottage sulla montagna da una densa coltre bianca, e loro avevano passato il tempo a fare escursioni, pescando nel ghiaccio e pattinando sul lago gelato. A Keira era sembrato un sogno, come se fosse stata l’eroina di un film fantasy. Il magnifico panorama diventava persino più bello quando si faceva sera e l’aurora boreale cominciava a serpeggiare nel cielo.
Voleva che non finisse mai. Purtroppo sapeva che non poteva rimanere lì in Svezia per sempre. Il suo volo di ritorno per New York era previsto per il giorno seguente. La intristiva pensare di lasciare quel posto, oltre che Milo e la sua famiglia. Tutta quell’esperienza era stata catartica per lei. Rigenerante.
Anche la relazione era stata di grande conforto in confronto allo stress delle sue ultime avventure romantiche. Era stata la prima volta che Keira si era sentita veramente capace di vivere il momento, consapevole che né lei né Milo nutrivano alcuna aspettativa, nessun piano irreale o ambizioso per un futuro insieme (come era stato con Shane), e nessuna pressione a sposarsi (come aveva avuto con Cristiano). Si rendeva conto che finalmente l’idea di tornare a casa non l’angosciava. Era solo triste, ma né il suo mondo né il suo cuore dipendevano dalla riuscita di quel rapporto.
Proprio allora Milo si svegliò. La guardò e le sorrise. “Buon Natale.”
Keira si chinò per baciarlo dolcemente. “E a te.”
L’uomo si riaccomodò sul cuscino, sbattendo le ciglia come se non fosse ancora del tutto sveglio.
“Sento odore di prosciutto,” mormorò sonnolento.
Lei ridacchiò. “Anche io. Credo che i tuoi siano in cucina.”
“Certo,” replicò Milo, sbadigliando. “Il Natale in Svezia è tempo di eccessi. Passeranno tutto il giorno a cucinare.”
“Dovremmo aiutarli,” suggerì Keira.
L’uomo scosse la testa. Aveva di nuovo gli occhi chiusi. Era ovvio che non era ancora pronto ad alzarsi per davvero.
Keira studiò il suo volto, tanto attraente e sereno. Gli sarebbe mancata quella situazione, con la sua intimità e semplicità. Non c’era mai stato niente di tanto giusto tra lei e un uomo, così privo di tensioni e di insicurezze.
Milo aprì un occhio solo. “Che cosa stai guardando?” chiese con un sorrisetto.
Lei sospirò. “Solo il tuo bel viso.”
L’uomo si accigliò e si tese a sfiorarle gentilmente un braccio. “Perché così malinconica?” Le sorrise con dolcezza per rassicurarla. “Nessuno dovrebbe essere triste il giorno di Natale.”
Keira rise ma provava una stretta allo stomaco. “Lo sai perché,” rispose mugugnando.
Milo si sollevò sui gomiti e le coperte scivolarono rivelando il suo torace muscoloso. “Stai pensando a domani,” capì. “Alla partenza. E al futuro. Quello che succederà d’ora in avanti.”
Lei annuì, abbassando lo sguardo sulle lenzuola.
Il suo innamorato le prese tra le braccia e l’attirò al suo petto caldo.
“Andrà tutto bene,” disse. “Non possiamo predire il futuro, ma qualsiasi cosa succederà, noi staremo bene. Ogni relazione, che sia romantica o meno, ci insegna qualcosa. Sull’amore, sull’amicizia, sulla psiche umana, su noi stessi. Nessun momento è perduto se ci lasciamo coinvolgere completamente. E tu lo hai fatto. Hai passato il Natale in un paese straniero lontana dalla tua famiglia per la prima volta nella tua vita. Il futuro, quello che verrà poi, non ti deve preoccupare. Ce la puoi fare.”
Keira si sentì premere un bacio sulla testa. Il suo approccio positivo alla vita e alle relazioni era rassicurante, e lei fu grata che non avesse reagito con dichiarazioni esagerate come avrebbero fatto i suoi ex. Non c’erano messinscene, nessuna promessa, solo l’ora e adesso.
Si promise di immergersi nella giornata, proprio come aveva suggerito Milo.
“Andiamo,” disse, emergendo dal suo abbraccio forte e caldo. “Vediamo che cosa stanno cucinando i tuoi. Voglio imparare altre strampalate ricette svedesi.”
Milo ridacchiò. “Come il paté di fegato fatto in casa? Credi di essere pronta?”
Keira sorrise e fletté i muscoli. “Io sono nata pronta!”
*
Al piano di sotto, in cucina, trovarono i genitori di Milo, Nils e Yolanta, e sua sorella, Regina, tutti presi in una frenesia organizzativa. A differenza della famiglia di Keira, i Nilson sembravano adorare tenersi impegnati. Se quella fosse stata la cucina di sua madre, con Mallory e Bryn, ci sarebbe stata almeno una padella rovesciata per terra, un arrosto asciutto e troppo cotto a fumare nel forno, e uno strofinaccio abbandonato avrebbe iniziato a prendere fuoco sopra un fornello dimenticato acceso.
“Buongiorno!” esclamò Nils, nel suo cantilenante e allegro accento svedese.
“Siete qui per aiutarci a cucinare?” chiese Regina. Tra tutta la famiglia, era quella meno rilassata, secondo Keira. Sembrava adorare lo stress e dare ordini in giro, mentre i suoi genitori apparivano molto più tranquilli.
“Oh, Regina, lasciali in pace,” intervenne Yolanta. “Devo ricordarti che Keira è nostra ospite? E oltretutto, sarà qui con noi solo per un altro giorno. Non deve alzare neanche un dito.”
Lei sorrise al commento gentile, ma sentì crescere il senso di malinconia. Yolanta aveva accennato al fatto che si stava avvicinando la fine del suo conto alla rovescia, e che presto avrebbe finito il suo tempo con loro.
“Però Milo deve aiutarci,” replicò Regina.
“Mi piacerebbe, cara sorella,” scherzò lui, stringendola con un braccio. “Che cosa posso fare per dare una mano?”
“Potresti iniziare con il paté di fegato,” disse la sorella, indicando un tagliere appoggiato su uno dei banconi. Accanto c’era un pezzo di carne dall’aria terrificante. Keira inorridì.
Milo si voltò verso di lei agitando le sopracciglia. “Te l’avevo detto.”
La famiglia tornò a dedicarsi alla cucina, vanificando ogni tentativo di Keira di partecipare. Alla fine, la giovane scrittrice si mise ad apparecchiare il tavolo per la colazione, preparandolo al meglio. Sistemò la sgargiante tovaglia dalla stampa a renne e vi mise sopra degli elaborati candelabri d’argento e alcune statuine di Babbo Natale. Poi riordinò la stanza e raddrizzò tutte le foto. Qualche giorno prima avevano passato un’allegra serata a decorare l’intera casa in tema natalizio con strani dipinti di ninfe dei boschi invernali, e le era stato assicurato che era così che si svolgevano tradizionalmente le feste in Svezia.
Mentre li aiutava a decorare l’albero alto e fitto di rami con bandiere svedesi, addobbi, palline colorate e luci elettriche, Keira aveva imparato che il Natale in quel paese era una faccenda divertente, vivace e spesso bizzarra. Ma non era affatto strano. C’era il classico eccesso di buon cibo: il tipico prosciutto glassato servito insieme ad altre prelibatezze svedesi come il mix di uova e alici, l’aringa (in salamoia, sotto forma di paté e di insalata), il pane di segale, le patate, le polpette, l’insalata di barbabietole, il paté di fegato e un piatto di pesce chiamato lutfisk. E anche se le ore diurne erano brevi, il cielo era sempre sereno, il sole brillava e la neve sotto i piedi luccicava e scintillava. Man mano che le lunghe sere si avvicinavano, Yolanta accendeva le candele e la loro luce era calda e confortevole. C’erano sempre dei giacinti freschi, che riempivano la casa con il loro intenso profumo.
Aveva appena finito di sistemare, quando udì un rumore alle sue spalle. Si voltò per vedere la famiglia che entrava con le braccia cariche di piatti e vassoi, che iniziarono ad appoggiare sul tavolo. Il cibo per la colazione di Natale era persino più delizioso di quanto non fosse stato negli ultimi giorni. Si leccò le labbra per l’anticipazione.
Il gruppo si accomodò e iniziò e servire la colazione. Keira si riempì il piatto di pane e formaggi, e accettò con gratitudine una tazza di caffè forte appena fatto.
“Sai già quale sarà il tuo prossimo incarico, Keira?” chiese Yolanta, mentre le passava una ciotola piena di fette di pomodoro.
Lei l’accettò e si versò qualche fetta sul piatto. “Non ancora,” rispose. Poi confessò: “Tecnicamente non ho ancora finito quello su cui sto lavorando adesso.”
“Ancora no?” ripeté Nils.
Keira scosse la testa. Non le piaceva pensare all’incarico ancora da concludere che le incombeva sulla testa. Ma la situazione con il Viatorum, la rivista per cui scriveva, si era fatta tesa, e il finale che le avevano richiesto non era quello che lei gli aveva consegnato. Stava ancora cercando di stabilire quanta libertà potesse prendersi con la sua stessa scrittura. Per il momento avrebbe accantonato il problema, dato che preferiva godersi le vacanze invece di preoccuparsi del lavoro. Tanto quella pace sarebbe arrivata bruscamente alla fine non appena fosse tornata a New York.
“Spero che la prossima volta andrai in un posto caldo,” commentò Nils. “Dovresti proporre le Bahamas. O la Nuova Zelanda. È un paese bellissimo.”
Keira sorrise, ricordando quanto il padre di Milo avesse viaggiato nella sua vita. Il completo opposto di suo figlio, in effetti. Milo le aveva confessato che di rado aveva lasciato la sua terra natale, per via della paura di volare e di una tremenda nostalgia di casa.
“Dobbiamo brindare,” decise all’improvviso Yolanta, sollevando la sua tazza di caffè. “Al Natale!”
Ridendo, Keira sollevò la propria, brindando con un tintinnio di ceramica insieme alla famiglia e augurando loro buone feste.
Mentre guardava le persone riunite attorno al tavolo, si sentì riempire d’amore nei loro confronti. Era stata davvero felice di aver passato del tempo in quella casa e lo avrebbe ricordato per sempre. Non capitava tutti i giorni di incontrare una famiglia tanto calorosa, amichevole e affettuosa, che aprisse il cuore e le braccia nel periodo natalizio. Avrebbe sentito disperatamente la loro mancanza dopo aver lasciato la Svezia.
“Ora possiamo aprire i regali?” chiese Regina, non appena ebbero svuotato i piatti.
Nils ridacchiò. “Dentro di sé ha ancora sette anni. Almeno riusciamo a farle fare la colazione di questi tempi. Quando era piccola dovevamo supplicarla perché ci lasciasse dormire fino alle cinque!”
Anche Yolanta scoppiò a ridere. “Andiamo a sederci attorno all’albero.”
Si alzarono, lasciando i piatti da riordinare in seguito, e si diressero verso il soggiorno.
“Non vedo l’ora di dare il mio regalo a Keira,” esclamò Yolanta mentre andavano. “È super speciale.”
La giovane scrittrice era commossa dall’affetto che la famiglia di Milo continuava a dimostrarle. Prima che accettasse di rimanere per Natale, le avevano consegnato i suoi regali da riportare a New York e lei era già stata sopraffatta dalla gratitudine. Ma quando aveva deciso di non prendere l'aereo, i doni si erano moltiplicati sotto l’albero, tanto da metterla in imbarazzo. Non credeva di meritare tutta quella gentilezza. In confronto al Natale a casa, si sentiva coccolata su tutti i fronti.
“Anche io ho qualcosa di speciale per Keira,” commentò Milo.
Lei arrossì. Con l’angolo della bocca borbottò: “Lo sai che non ho avuto tempo di comprare niente.”
L’uomo rise. “Lo sappiamo, ma non ci importa. Non si fanno regali per averli in cambio. Non è questo il punto dei doni.”
“Lo so,” disse Keira, “ma mi sento così in colpa. Sono stati tutti così premurosi.”
“Smettila di preoccuparti.” Milo continuò allegramente. “Ci basta la tua presenza come regalo!”
Lei roteò gli occhi a quella dichiarazione sdolcinata, ma si sentì un po’ meglio.
Entrarono nel soggiorno e si accomodarono, ognuno al proprio posto. Nils si sedette per terra, preparandosi a consegnare i pacchi dalle confezioni sgargianti. Alzò il primo, che era avvolto in una splendida carta argentata e luccicante.
“Questo è per Keira,” annunciò, leggendo la targhetta a forma di fiocco di neve. “È da parte di Yolanta.”
Lo passò per prima cosa alla moglie, che poi lo tese a Keira, seguendo chiaramente un qualche rituale di famiglia. La giovane accettò la grossa scatola rettangolare, sentendosi ancora un po’ in colpa per non avere niente da dare a sua volta.
Con attenzione, per evitare di strappare la bella carta, Keira tolse il nastro adesivo e aprì il regalo. La scatola all’interno era bianca e sopra c’era il nome di una marca svedese che lei non sapeva leggere. Ma il resto della famiglia emise un verso come se sapesse di cosa si trattava.
Keira sollevò il coperchio e ripiegò all’indietro i lembi della confezione. Con sua sorpresa e gioia, scoprì che dentro c’era una tuta da neve. La tirò fuori, sollevandola e scoppiando a ridere insieme agli altri. Fino a quel momento aveva preso in prestito una tuta di riserva di Yolanta che era troppo grande per lei, oltre che di colore rosso acceso. La sua nuova era scura, dalla linea elegante, e della giusta misura.