“Fantastica,” esclamò. “Sembra così comoda. La userò moltissimo.”
Ma le si strinse il cuore, rendendosi conto che forse non avrebbe potuto farlo. I suoi giorni in Svezia erano quasi finiti.
“Per la tua prossima visita,” la rassicurò Yolanta, come se avesse intuito il suo sottile cambio d’umore.
“Grazie,” rispose lei con profonda gratitudine.
Da sotto l’albero, Nils tese un regalo a Milo, tramite Regina, e lui lo aprì trovando un nuovo orologio.
“Grazie, sorellina,” commentò, ammirandolo al polso.
“Il prossimo regalo,” continuò Nils dal suo posto sul pavimento, circondato da aghi di pino, “è per… Keira. Da parte di Milo.”
Porse il regalo dalla forma piatta e rettangolare a Milo, che lo tese a Keira.
Lei sollevò un sopracciglio. Non aveva idea di che cosa potesse essere.
Iniziò ad aprirlo, intuendo che si trattava di un dipinto. Strappò in fretta il resto della carta e girò il riquadro perché fosse rivolto dalla parte giusta. Sobbalzò quando lo vide. Era l’immagine di un lago gelato, su cui sfrecciava una slitta trainata da cani. Era splendida, e un gesto davvero toccante.
“È lo stesso lago su cui siamo andati a pescare,” spiegò Milo. “È opera di un famoso pittore svedese. Ho pensato che ti avrebbe aiutato a ricordare la Svezia.”
Keira si sentì gonfiare il cuore per l’emozione. Gli gettò le braccia al collo. “È bellissimo!” esclamò, stampandogli dei baci sulla guancia.
Nils riprese la consegna dei regali, tendendone uno a Yolanta per Regina, e un altro a Regina perché la figlia glielo restituisse.
“Quello che volevo prenderti davvero,” le confessò Milo all’orecchio mentre la famiglia era impegnata con i doni, “era una autentica corsa su una slitta trainata dai cani.”
Lei scoppiò a ridere.
“Purtroppo non abbiamo avuto il tempo,” continuò. “Quindi invece ti ho comprato questo.”
Prese qualcosa da dietro di sé. Keira sussultò, sorpresa di trovarsi davanti un ennesimo regalo, e anche perché quello non era passato per i canali ufficiali della famiglia Nilson.
“Un regalo segreto?” chiese, con tono di voce cospiratorio.
Milo annuì. “Aprilo,” disse ansiosamente.
Commossa oltre ogni misura, Keira tolse con attenzione la carta. Si ritrovò in mano una piccola scatola nera di forma rettangolare, e capì subito dalla confezione che doveva trattarsi di gioielli. La aprì e rimase a bocca aperta. All’interno c’era una collana in oro bianco e zaffiri chiari.
“Oh, Milo, è bellissima,” disse senza fiato.
Tese una mano e si sollevò il gioiello al collo, appoggiandosi il delicato oggetto sulle clavicole.
“Fai fare a me,” si offrì lui.
Keira si girò, spostandosi i capelli da sopra una spalla, e Milo gliela chiuse. Le sue dita erano calde sulla pelle della donna, e la fecero rabbrividire per tutto il corpo.
“Anche se saremo lontani migliaia di chilometri,” le sussurrò all’orecchio, “ora avrai qualcosa di mio, e della Svezia, che potrai tenere con te in ogni momento.”
Lei si voltò verso di Milo, senza parole per l’emozione. “La conserverò per sempre,” rispose, fissandolo negli occhi. “Grazie per aver reso questo Natale il migliore di sempre.”
“No, grazie a te,” disse Milo con profonda sincerità.
Poi rise e l’attirò tra le braccia, mentre la famiglia continuava ad aprire i regali attorno a loro.
*
Il resto della giornata fu impegnativo e gioioso, ma fu con una punta di sollievo che Keira si ritrovò sulla veranda a tarda notte, con tutta la famiglia di Milo a letto, e solo il giovane innamorato a farle compagnia. Per quanto adorasse i suoi parenti, sentiva la necessità di passare qualche momento sola con lui.
Sedettero fianco a fianco, condividendo silenziosamente una bottiglia di alcolico per riscaldarsi, guardando le montagne per quella che per Keira sarebbe stata l’ultima volta. Il loro primo momento da soli in tutta la giornata sarebbe anche stato l’ultimo per chissà quanto tempo, e ciò la devastava.
La Stella Polare brillava sopra di loro, e la neve alta dava l’impressione che i cottage fossero incastonati come gioielli nel fianco della montagna. Dal limitare della foresta, Keira osservò i pini scuri che svettavano maestosi nel loro habitat naturale invernale.
Milo le strinse una mano. Lei gli lanciò uno sguardo, la visione del suo volto splendida come la scena da cui aveva appena distolto gli occhi. Sentì le sue dita calde avvolte attorno alle proprie.
“Non credevo di potermi innamorare tanto in fretta,” disse lui, nel suo solito modo sincero. “Davvero, ero sicuro che tutta la faccenda dell’amore a prima vista fosse un mito. Che la gente confondesse l’amore con la lussuria.”
Keira arrossì. Lei ci era cascata di certo. Ma nel corso del suo viaggio di auto scoperta, aveva anche accettato che la lussuria a prima vista era un’esperienza valida quanto l’amore. Non ogni relazione era destinata a durare, ma quella non era un motivo per girare le spalle alle opportunità che la vita presentava.
“Tu hai dimostrato che mi sbagliavo,” continuò Milo. “È reale. A me è successo.”
Lei gli sorrise con dolcezza, e annuì in segno di assenso. Non perché anche lei avesse cambiato idea sull’amore a prima vista—ricordava bene con quanta facilità avesse donato il proprio cuore in passato—ma perché condivideva i suoi sentimenti.
Tuttavia quella riflessione le fece pensare che, anche se al momento era convinta che Milo fosse l’Uomo Giusto, l’esperienza le aveva insegnato che le cose potevano cambiare con grande facilità. E ciò la spinse direttamente a un’altra rivelazione. Per la prima volta, Keira non vedeva l’ora di tornare a casa, di essere indipendente nel suo nuovo appartamento. Per quanto avesse amato visitare la Svezia e stare insieme a Milo, sapeva che quel periodo della sua vita doveva concludersi.
Proprio allora, si accorse che il suo innamorato la stava guardando con attenzione. Era rimasta in silenzio troppo a lungo. Lui le aveva confessato il suo amore e tutto ciò che Keira aveva fatto era stato annuire!
“A che cosa stai pensando?” la chiese, con espressione un po’ avvilita.
“A dire la verità, sto pensando a domani,” ammise la donna. “Alla mia partenza.”
Milo sospirò. “Temevo che fosse così.”
Keira gli strinse le dita, che erano ancora avvolte nelle sue. “Mi spiace deluderti.”
“No,” rispose lui rapidamente, guardandola dritta negli occhi. “Non voglio farti sentire in colpa perché devi partire né perché vuoi farlo. Anche io so che la nostra storia deve finire. È solo che è stata un’esperienza davvero magica. Tu mi hai insegnato moltissimo sull’amore e su me stesso.”
Keira si tese e lo baciò teneramente. “Vale lo stesso per me.”
CAPITOLO DUE
Una sveglia acuta e sgradevole tirò Keira giù dal letto il mattino seguente. La giovane donna si coprì la testa con un cuscino, cercando di ignorarla, ma presto si sentì scuotere un gomito da Milo. Lentamente, allontanò il cuscino dal volto e sbirciò fuori. Il sole era appena sorto. L’innamorato le sorrideva, ma c’era tristezza nel suo sguardo.
“È il momento,” disse.
Con un gemito rassegnato, Keira tirò via il cuscino e si alzò a sedere. Scoprì che Milo era già vestito. Accanto a lei, sul comodino, c’era un vassoio con il caffè e la colazione.
“Me l’hai preparata tu?” chiese, commossa.
“Non volevo che ti venisse fame sull’aereo,” rispose lui scrollando le spalle imbarazzato.
Keira si sporse per accarezzargli una guancia ispida e baciarlo con dolcezza. “Grazie,” disse con profondo affetto. Fu di nuovo assalita dalla tristezza che l’attanagliava dal giorno precedente. Aveva lo stomaco sottosopra al pensiero che quello sarebbe stato il loro ultimo giorno insieme. Rapidamente spinse via la coperta, non volendo scoppiare in lacrime davanti a Milo, e prese a raccogliere i vestiti sparsi sul pavimento.
“Keira,” lo udì dire con cautela.
“Che c’è?” rispose senza guardarlo, per evitare che le tremasse la voce.
“La tua colazione.”
Keira radunò i propri prodotti da bagno e li gettò alla rinfusa nella valigia. “Devo fare i bagagli.”
“Non c’è nessuna fretta,” disse Milo. Il suo tono era misurato come al solito, in totale contrasto con quello che lei provava. “Abbiamo il tempo per sederci e bere un caffè.”
“Prima vorrei finire questo,” rispose lei, percependo la tensione nelle proprie parole.
Alle sue spalle, sentì Milo che si alzava. Lui le si avvicinò e la prese per le spalle. Si irrigidì, incapace di sopportare qualsiasi gesto di gentilezza in quello stato di grande vulnerabilità emotiva. Ma era troppo tardi. Bastò la sensazione di vicinanza per spezzare le sue barriere. Dai occhi le scivolarono grosse lacrime.
Si voltò e si lasciò avvolgere dal suo abbraccio. Rimasero fermi in quella posizione a lungo, mentre Keira dava libero sfogo alle emozioni represse. Con una certa sorpresa, scoprì che concedersi di essere vulnerabile e di piangere indeboliva il loro potere. Si riprese on fretta, molto più velocemente di quanto non avrebbe fatto di solito, e poi si sentì molto meglio.
“Caffè?” chiese allora, allontanandosi dall’abbraccio.
Lui annuì e si risedettero insieme sul letto, condividendo un’ultima colazione. Le lacrime sulle guance di Keira si asciugarono.
“Non ho una gran voglia di dire addio ai tuoi,” confessò la giovane donna tra un sorso dalla tazza e l’altro. “Voglio dire, ormai è come se foste la mia famiglia. Farò la figura della scema piagnucolosa.”
Milo alzò le labbra in un sorrisetto. “Andrà tutto bene. Non è un addio definitivo. O almeno non deve esserlo.”
Keira rimase in silenzio, riflettendo. Ancora non era certa di che cosa volesse da quel rapporto, né di come la storia sarebbe proseguita. Non sapeva nemmeno se c’era davvero una relazione tra di loro.
Milo dovette notare la sua esitazione.
“Ma non dobbiamo parlarne adesso,” le assicurò, distogliendo lo sguardo.
Finirono le bevande calde e la colazione, poi Keira si lavò e si vestì per prepararsi al lungo volo che avrebbe preso di lì a poco. In passato non le era piaciuto viaggiare, ma ormai si era tanto abituata che quasi non ci pensava più. Aveva fatto il callo allo stile di vita da viaggiatrice. E con una piccola scintilla d’eccitazione ricordò che a New York l’aspettava il suo nuovo appartamento, il suo primo vero passo verso la totale indipendenza.
Con le valige pronte, lei e Milo scesero al piano di sotto. La famiglia era riunita in cucina, anche loro a metà della colazione. Keira sapeva che avevano fatto lo sforzo di svegliarsi presto solo per salutarla, e fu commossa dal gesto.
Regina fu la prima ad alzarsi. Le si avvicinò per abbracciarla stretta, e la sua espressione normalmente severa si addolcì.
“Mi mancherà la presenza di un’altra donna in questo posto,” disse. “È stato bello avere una sorella per una settimana.”
“Chiamami ogni volta che vuoi,” le promise Keira.
Nils prese il posto di Regina, torreggiando sulla giovane scrittrice dal suo metro e novanta d’altezza. Le diede una solida pacca sulla spalla.
“Sei la benvenuta quando vuoi,” disse. “Non farti problemi.”
“Grazie,” rispose lei.
Poi l’attirò in un goffo abbraccio. Keira si sentì come una bambina, avvolta dalle sue grandi braccia.
Si allontanò dall’uomo e spostò l’attenzione su Yolanta. Tra tutti i familiari di Milo, la madre era quella a cui si era avvicinata di più durante le vacanze, e salutarla sarebbe stato doloroso.
Yolanta le accarezzò una guancia in un gesto materno.
“Stupenda ragazza piena di talento,” mormorò. “Tornerai a trovarci, non è vero?”
Keira arrossì. “Lo farò.”
La donna annuì, soddisfatta, e poi le due si abbracciarono forte.
“Faremo meglio ad andare,” disse Milo dietro di loro.
Keira si allontanò dall’abbraccio e si gettò un’occhiata alle spalle. Il suo innamorato era in piedi alla porta, con il bagaglio ai piedi. Poi riportò lo sguardo sulla famiglia.
“Credo di sì,” asserì, con un lungo sospiro. “Mi mancherete. Grazie per la vostra ospitalità. È stato il miglior Natale che abbia mai avuto. Custodirò per sempre questi ricordi.”
“È stato bellissimo averti con noi,” disse Nils.
“Torna quando vuoi,” aggiunse Regina.
“Ci vedremo presto,” promise Yolanta, enfatizzando l’ultima parola.
Keira annuì. Poi si voltò e si unì a Milo, prendendo una delle sue borse dal mucchio. Il giovane uomo aprì la porta e lei rabbrividì, colpita da una folata gelida del vento invernale svedese. Il compagno uscì nella giornata fredda, diretto verso l’auto. Keira deglutì il groppo che aveva in gola, salutandoli per l’ultima volta con un cenno della mano.
“Arrivederci!” replicarono tutti all’unisono.
Poi seguì Milo, chiudendosi piano la porta alle spalle. Percorse il sentiero innevato attraverso il giardino, godendosi ancora una volta il panorama montuoso, cercando di imprimerlo nella mente. Non voleva dimenticarselo mai, né quel luogo né quella famiglia. Voleva che ogni dettaglio le rimanesse per sempre nella testa.
Infilò la borsa nel bagagliaio dell’auto e salì sul lato passeggero del piccolo veicolo di Milo, che girò la chiave nell’accensione.
“Pronta?” le chiese.
“Pronta,” rispose lei con un gesto deciso.
Mentre si allontanavano, Keira si guardò indietro un’ultima volta, studiando il paesaggio per non dimenticarlo mai più.
Non appena ebbe perso di vista la casa, udì lo squillo del suo cellulare. Lo ripescò dalla borsa e scoprì che aveva ricevuto un messaggio da Elliot. Si accigliò. Non era da lui scriverle; di solito manteneva le loro comunicazioni a un livello molto formale.
Lo aprì e lo lesse.
Buon Natale, Keira! Spero che tu abbia avuto il tuo lieto fine…
Sorrise, commossa dal fatto che si fosse ricordato di farle gli auguri. Ma poi fece scorrere il testo e lesse il resto:
Volevo solo ricordarti che il termine per la consegna del tuo articolo è domani. Hai già avuto un’estensione, quindi è la data definitiva.
Gemette tra sé e sé. Elliot conosceva l’orario della sua partenza e aveva scelto ugualmente di contattarla in quel momento, con il mezzo più personale e diretto che aveva, invece che con una email come al solito. Era tutto un modo per rubarle il poco tempo che le rimaneva con Milo. Spense il cellulare e lo rigettò nella borsa.
“Va tutto bene?” chiese Milo.
“Sì,” rispose con un sorriso noncurante.
In verità sentiva di star tornando rapidamente alla realtà. Il suo fantastico viaggio era finito. Doveva riportare i piedi a terra.
*
Keira e Milo erano una di fianco all’altro, mano nella mano, davanti al suo gate d’imbarco. Il numero del suo volo stava lampeggiando sullo schermo, e una voce si alzava dagli altoparlanti:
“Chiamata d’imbarco per il volo Swedish Air uno quaranta cinque dalla Svezia a New York. Si pregano tutti i passeggeri di dirigersi verso il gate dieci.”
Keira si girò verso Milo. “È il mio.”
Lui annuì. La sua espressione era più cupa che mai mentre si chinava a baciarle la fronte.
“Buona fortuna con tutto, Keira,” le augurò.
“Sembra così definitivo,” mormorò lei in risposta.
“Mi dispiace,” rispose Milo. “È tutta la mattina che mi dai la sensazione che una volta che te ne sarai andata, sarà tutto finito.”
Keira alzò le sopracciglia. Era insolito che una persona tanto diretta quanto Milo si lasciasse guidare dalle sensazioni. Ma non si sbagliava.
Sospirò.
“È solo una questione di praticità,” spiegò. “Lo sai, vero? Tu non vuoi prendere l’aereo o lasciare la Svezia, e io non voglio andare via da New York. È così che stanno le cose, anche se non avrei voluto essere così fredda e calcolatrice.”
“No, va tutto bene,” disse Milo annuendo. “Lo sai quanto apprezzo l’onestà. È solo che è un peccato. Ci siamo divertiti così tanto insieme.”