Un Amore come il Nostro - Софи Лав 2 стр.


Fu in quell’istante che alzò lo sguardo e si rese conto che Elliot era in piedi sulla porta della sala conferenze, intento a osservarli mentre accorrevano attorno a Joshua come tante galline senza cervello. Non sembrava affatto colpito. Keira notò l’ora. La riunione sarebbe iniziata in meno di un minuto.

Capì di avere un’occasione. Joshua non avrebbe potuto occuparsi dell’incarico sull’Irlanda, Elliot lo aveva detto esplicitamente. Il che significava che si sarebbero tutti accapigliati per farsi notare. Non era la migliore tra le mansioni, ma era più di quanto avesse mai avuto. Doveva dimostrare a Elliot quanto valeva. Aveva bisogno di quell’incarico.

Lasciandosi i colleghi alle spalle, Keira si diresse verso la sala conferenze. Superò Elliot all’ingresso e si sedette vicino alla postazione che l’amministratore delegato avrebbe presto occupato.

Duncan fu il primo a notarla. Vederla seduta nella sala conferenze vuota sembrò fargli capire ciò che Keira aveva già realizzato, che l’incarico sull’Irlanda era disponibile e che se ne sarebbe occupato uno di loro. Corse (cercando di nascondere la rapidità del suo passo) per essere il secondo a entrare nella sala. Gli altri lo videro, e improvvisamente tutti si affrettarono verso la sala conferenze, scusandosi educatamente l’uno con l’altro per gli“accidentali” spintoni ai colleghi dati nella fretta di entrare, per fare colpo su Elliot, e per conquistare l’ambito incarico.

Il che lasciò Joshua completamente solo nel bel mezzo dell’ufficio open space, dove i paramedici lo stavano caricando su una barella e portando via, mentre una sala conferenze piena del suo staff si preparava alla guerra per ottenere il suo incarico.

*


“Sono certo che ormai avrete capito tutti,” esordì Elliot, “che lo sfortunato incidente di Joshua mi ha messo in una situazione un po’ difficile.”

Giunse le grandi mani sopra al tavolo delle conferenze e guardò il gruppo di scrittori seduti davanti a sé.

Keira rimase in silenzio, aspettando il momento giusto. Aveva un piano: avrebbe lasciato che gli altri si sfinissero domandando che gli venisse assegnato l’incarico e poi avrebbe attaccato all’ultimo minuto.

“L’articolo sull’Irlanda,” continuò Elliot, “avrebbe dovuto essere il nostro articolo di punta. La rivista Viatorum sta prendendo una nuova direzione. Pezzi personali e racconti in prima persona. Una narrazione sospinta dallo scrittore, che crea una storia nella quale il luogo è il personaggio chiave. Avevo spiegato la questione a Joshua. Non so se c’è qualcuno tra di voi con l’abilità per farlo, per comprendere la mia visione.” Abbassò lo sguardo sul ripiano del tavolo, tanto accigliato che sulla fronte gli pulsava persino una vena. “L’aereo parte domani,” si lamentò, come se davanti non avesse avuto nessuno.

“Se posso,” intervenne Lisa. “Ho quasi finito il mio articolo sulla Florida. Potrei concluderlo in aereo.”

“Assolutamente no,” rispose Elliot. “Nessuno può occuparsi di due incarichi alla volta. Chi è libero?”

In massa, quasi tutti gli scrittori al tavolo sembrarono deprimersi quando si resero conto che erano già fuori dai giochi.

“Io sono libero,” annunciò Duncan. “Sarei dovuto partire per Madrid oggi, ma il lavoro viene prima. A Stacy non dispiacerà rimandare la vacanza.”

Keira si trattenne a fatica dall’alzare gli occhi al cielo sentendo l’affermazione ben collaudata di Duncan. Si chiese quanto stesse davvero bene a Stacy che la loro vacanza fosse cancellata.

Elliot studiò Duncan attraverso il tavolo. “Tu sei Buxton, giusto? Quello che ha scritto il pezzo su Francoforte?”

“Sì,” confermò Duncan, sorridendo con orgoglio.

“Ho detestato quell’articolo,” replicò Elliot.

Keira la sentì ribollire dentro di sé, l’eccitazione. Quello era il suo momento. Stava a lei.

Ignorando il proprio nervosismo, alzò la mano con forzata sicurezza. “Io sono disponibile a scrivere l’articolo.”

Tutti si girarono per guardarla e lei dovette lottare contro la tentazione di nascondersi dietro la sedia.

“E tu saresti?” chiese Elliot.

La donna deglutì. “Keira Swanson. Sono la scrittrice junior di Joshua. Mi ha incaricata di svolgere le ricerche preliminari per questo articolo.”

“Ha incaricato te, eh?” domandò Elliot, apparentemente poco soddisfatto dalla scoperta che Joshua affidava i propri compiti ai sottoposti. Si accarezzò il mento, pensieroso. “Non sei mai stata all’estero per scrivere un articolo, prima?”

Keira scosse la testa. “Non ancora,” rispose. “Ma sarei felice di farlo.” Sperava che non percepisse il lieve tremito nella sua voce.

Era consapevole dell’irritazione di colleghi tutti intorno a lei. Probabilmente ritenevano che fosse molto ingiusto, che Keira non meritasse quell’incarico. Di certo si stavano pentendo amaramente di essersi offerti volontari per scrivere articoli molto meno importanti nelle settimane precedenti, perché a quel punto non potevano più liberarsene. L’unica che le stava dimostrando un minimo di supporto era Nina, che le lanciò un sorriso d’intesa. Dentro di sé, anche Keira si sentì sorridere. Era il suo momento. Era rimasta in attesa al Viatorum, ripulendo i casini di Joshua, riscrivendo gli articoli per lui, lavorando a tutte le ore in cambio di poco o niente. Finalmente poteva farsi notare.

Elliot tamburellò le dita sul ripiano del tavolo. “Non sono sicuro,” disse. “Ancora non hai dimostrato quanto vali. E questo è un compito importante.”

Nina intervenne coraggiosamente dall’altro capo della sala. L’amica lavorava da tempo in quell’industria, e si era guadagnata fiducia e rispetto. Anni come editore in riviste di lusso l’avevano temprata. “Non credo che tu abbia altra scelta.”

Elliot si fermò, come per assimilare quelle parole. Poi il suo cipiglio iniziò a rilassarsi e con una sorta di consenso riluttante disse: “Va bene. Swanson, l’articolo è tuo. Ma solo perché siamo disperati.”

Non era il modo migliore per ricevere una notizia tanto bella, ma a Keira non importava. Aveva ottenuto il pezzo. Era tutto ciò che voleva. Si costrinse a non alzare un pugno in segno di vittoria.

“È un viaggio di quattro settimane,” spiegò Elliot. “Al Festival di Lisdoonvarna, in Irlanda.”

Keira annuì; sapeva già tutto. “Il Festival dell’Amore,” disse sardonica.

Elliot sogghignò. “Quindi sei una cinica?”

Improvvisamente nervosa, Keira temette di aver detto la cosa sbagliata, di aver lasciato trapelare il suo disprezzo per errore. Ma poi notò che l’espressione di Elliot in realtà esprimeva approvazione.

“È esattamente la prospettiva che stavo cercando,” disse lui.

Attorno al tavolo sembrò che tutti avessero mangiato un limone. Lisa le lanciò uno sguardo di aperta gelosia.

“La verità,” aggiunse Elliot, con gli occhi che brillavano per l’eccitazione improvvisa. “è che voglio che smitizzi questa sciocchezza del romanticismo in Irlanda. Sfata il mito che si può trovare la propria anima gemella solamente grazie a un festival smielato. Ho bisogno che tu sia coraggiosa e che dimostri che sono tutte sciocchezze, che l’amore non funziona così nel mondo reale. Voglio tutti i dettagli, nel bene o nel male.”

Keira annuì. Era una cinica newyorkese, e la prospettiva dell’incarico le si adattava bene. Era come se le fosse caduta tra le braccia l’opportunità giusta al momento giusto. Era la sua occasione per dimostrare quanto valeva, di sfoggiare la sua voce e il suo talento, di far vedere che meritava il suo posto al Viatorum.

“La riunione è finita,” annunciò Elliot. Mentre Keira si alzava, aggiunse: “Non per te, signorina Swanson. Dobbiamo discutere i dettagli con la mia assistente. Prego, andiamo nel mio ufficio.”

Mentre gli altri uscivano dalla sala conferenze, Nina colse il suo sguardo e sollevò i pollici in segno di vittoria. Poi Keira attraversò tutto l’ufficio, fianco a fianco con Elliot, seguita dal ticchettio dei tacchi e dagli sguardi invidiosi del resto dello staff.

*

Non appena la porta dell’ufficio di Elliot si richiuse, Keira capì che stava per iniziare il lavoro vero e proprio. L’assistente di Elliot, Heather, si era già accomodata. Si accigliò confusa quando capì che era stata scelta lei per l’incarico, ma non disse niente.

Farò ricredere anche te, pensò Keira.

Si sedette e così fece Elliot. Heather le tese una cartella.

“I tuoi biglietti dell’aereo,” spiegò. “E i dettagli su dove alloggerai.”

“Spero che tu sia mattiniera perché dovrai partire molto presto,” aggiunse Elliot.

Keira sorrise, anche se le vennero in mente tutti gli eventi che aveva in programma, eventi che avrebbe dovuto cancellare o perdersi. Le venne in brivido quando si rese conto che si sarebbe persa il matrimonio di Ruth, la sorella di Zachary, che sarebbe stato proprio il giorno seguente. Il suo fidanzato si sarebbe infuriato!

“Non è un problema,” disse, abbassando lo sguardo sui biglietti nella cartella, che erano per il volo delle 6 del mattino. “Assolutamente nessun problema.”

“Ti abbiamo prenotato una stanza in un caratteristico Bed & Breakfast a Lisdoonvarna,” spiegò Elliot. “Niente fronzoli. Vogliamo che ti godi ogni esperienza.”

“Fantastico,” rispose lei.

“Non fare stupidaggini, va bene?” disse Elliot. “Sto correndo un grosso rischio a fidarmi di te. Se sbagli questo incarico i tuoi giorni qui sono finiti. Hai capito? Ho cento altri scrittori in lizza per il tuo lavoro.”

Keira annuì, cercando di non lasciare trapelare l’ansia nella propria espressione, e di apparire audace, sicura di sé e con i piedi per terra, mentre dentro si sentiva tutta sottosopra.

CAPITOLO DUE

Più tardi quella sera, quando Keira ritornò all’appartamento che condivideva con il suo fidanzato, si ritrovò ancora fremente per l’eccitazione e l’incredulità. Le tremavano le mani mentre cercava di infilare la chiave nella serratura della porta.

Alla fine riuscì ad aprire ed entrò. L’aria era pervasa dai profumi della cucina, insieme all’odore dei detergenti per la casa. Zachary si era dato alle pulizie. Significava che era furioso.

“Lo so, lo so, lo so,” iniziò a dire ancora prima di vederlo. “Sei arrabbiato. E mi dispiace.” Lanciò le chiavi nel vassoio a fianco della porta e la richiuse con una spinta. “Ma, piccolo, ho delle grandi notizie!” Si sfilò le scarpe con il tacco e si massaggiò i piedi doloranti.

Zachary apparve all’ingresso del soggiorno, con le braccia incrociate. I suoi capelli erano scuri quanto la sua espressione.

“Ti sei persa il brunch,” esordi. “Dall’inizio alla fine.”

“Mi dispiace!” lo implorò Keira. Gli gettò le braccia attorno al collo ma si accorse che le resisteva, quindi decise di cambiare tattica. Tirò fuori la sua voce più sensuale. “Che ne dici se ne discutiamo e poi mi faccio perdonare?”

Zachary si scrollò violentemente le sue braccia di dosso e si diresse a passo pesante verso il soggiorno, dove si lasciò cadere sul divano. La stanza era pulita. Persino la Playstation era stata spolverata. Keira si accorse che quella volta doveva essere più arrabbiato del solito.

Si sedette accanto a lui e gli appoggiò delicatamente una mano sul ginocchio, accarezzando la stoffa ruvida sotto la punta delle dita. Zachary puntò lo sguardo sulla televisione spenta.

“Che cosa vuoi che faccia, Zach? ” gli chiese dolcemente. “Devo lavorare. Lo sai.”

Lui sospirò e scosse la testa. “Capisco che tu debba lavorare. Anche io lavoro. Tutto il mondo lavora. Ma non tutti hanno un capo che schiocca le dita e fa accorrere il suo staff come dei robot!”

Non aveva tutti i torti.

“Aspetta, non sarai geloso di Josh, vero?” domandò Keira. La sola idea era ridicola. “Se solo l’avessi visto!”

“Keira,” esplose Zachary, guardandola finalmente. “Non sono geloso del tuo capo. Almeno non in quel senso. Sono geloso di tutto il tempo, dell’energia e della concentrazione che ottiene da te.”

A quel punto fu il turno di Keira di sospirare. Da una parte capiva il punto di vista di Zachary, ma dall’altra desiderava che il suo ragazzo la incoraggiasse di più nella sua scalata verso il successo. Avrebbe voluto che lasciasse correre quel momentaccio in cui si trovava al gradino più basso. Poi le cose sarebbero diventate più semplici, non appena avesse fatto un passo avanti nella sua carriera.

“Anche io preferirei che non fosse così,” concordò Keira. “Ma non smetterò di dedicare tutto il tempo e la mia energia alla carriera. Almeno non nel prossimo mese.”

Zachary si accigliò. “Che cosa vuoi dire?”

Keira avrebbe voluto contenere la sua eccitazione per rispetto verso Zach, ma non riuscì a trattenersi. Quasi strillò annunciando: “Andrò in Irlanda!”

Ci fu una lunga, lunghissima pausa mentre Zach assorbiva la notizia.

“Quando?” chiese con calma.

“È questo il punto,” rispose lei. “È una sostituzione dell’ultimo minuto. Josh si è rotto una gamba. È una lunga storia.”

Lei parlava a ruota libera e Zach la fissava corrucciato, come in attesa del colpo di grazia.

Keira si strinse tra le spalle sul divano, cercando di apparire più piccola possibile. “Parto domani.”

L’espressione di Zachary mutò con la velocità di un cielo estivo. Se prima c’erano state solo le avvisaglie di una tempesta, ora regnavano tuoni e lampi.

“Ma il matrimonio è domani,” disse.

Keira gli strinse le mani tra le proprie. “Il momento non è dei migliori, sono la prima a dirlo. Ma ti giuro che a Ruth non importerà.”

“Non le importerà?” scattò Zach, allontanandosi di colpo da lei. “Fai parte del corteo nuziale!”

Si alzò in piedi all’improvviso, iniziando a camminare avanti e indietro e infilandosi le mani tra i capelli. Keira balzò su e corse da lui, cercando di placarlo con l’affetto fisico. Ma quella volta Zach non volle sentire ragioni.

“Non posso crederci,” esplose. “Ho passato tutta la giornata a un brunch con la tua famiglia, ad ascoltare Bryn che parlava all’infinito di quanto fosse sexy il suo nuovo insegnante di meditazione e tutte le sue opinioni idiote…”

“Ehi!” Lo interruppe Keira. Non era giusto criticare la sua sorellona.

“E invece di ringraziarmi,” continuò Zach, “mi lanci addosso questa bomba! Come diavolo dovrei dirlo a Ruth?”

“Glielo dirò io,” suggerì Keira. “Farò io la parte della cattiva, va bene così.”

“Tu sei la cattiva!” esclamò Zach.

Abbandonò il soggiorno come una furia. Keira lo seguì impotente. Stavano insieme da due anni e non lo aveva mai visto tanto arrabbiato.

Lo rincorse fino alla camera e lo guardò tirare fuori la valigia da sotto il letto.

“Che cosa stai facendo?” gli chiese esasperata.

“Prendo la valigia,” replicò lui altrettanto irritato. “Non puoi partire senza, giusto?”

Keira scosse la testa. “Lo so che sei arrabbiato, ma stai davvero esagerando.”

Gli tolse la valigia dalle mani e la gettò sul letto. Si aprì subito, come invitandola a iniziare a riempirla. Keira dovette lottare contro la tentazione di impilarvi dentro i suoi vestiti.

Zach sembrò perdere momentaneamente la sua energia. Si sgonfiò, sedendosi a un capo del materasso con la testa tra le mani.

“Scegli sempre il lavoro al mio posto.”

“Mi dispiace,” disse Keira, senza guardarlo mentre prendeva il suo maglione preferito da terra e lo lanciava discretamente nella borsa. “Ma questa è l’opportunità di una vita.” Si avvicinò al comodino e frugò tra le sue bottigliette di lozioni e profumi. “Tanto Ruth mi odia comunque. Mi ha messa nel corteo nuziale solo perché glielo hai chiesto tu.”

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