Un Amore come Quello - Софи Лав


UN AMORE COME QUELLO

(LE CRONACHE DELL’AMORE—LIBRO 2)

S O P H I E L O V E

Sophie Love


La scrittrice di bestseller #1 Sophie Love è l’autrice della serie romantica LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, che fino a oggi include sei libri e inizia con ORA E PER SEMPRE (LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR - LIBRO 1) .

Sophie Love è anche autrice della nuova serie romantica LE CRONACHE DELL’AMORE, che inizia con UN AMORE COME IL NOSTRO (LE CRONACHE DELL’AMORE - LIBRO 1).

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Copyright © 2017 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti, U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo ebook è disponibile solo per fruizione personale. L’ebook non può essere rivenduto né donato ad altri. Se si vuole condividere con altre persone, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se si intende leggere l’ebook senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per il proprio uso personale, si prega di restituirlo e di acquistare la propria copia. Grazie per il rispetto dimostrato nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright solominviktor, utilizzata con il permesso di shutterstock.com.

LIBRI DI SOPHIE LOVE


LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR

ORA E PER SEMPRE (Libro #1)

SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)

SEMPRE CON TE (Libro #3)

SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)

PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)

PER SEMPRE PIÙ UNO (Libro #6)

FOR YOU, FOREVER (Libro #7)

LE CRONACHE DELL’AMORE

UN AMORE COME IL NOSTRO (Libro #1)

UN AMORE COME QUELLO (Libro #2)

UN AMORE COME IL LORO (Libro #3)

INDICE


CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO VENTITRE

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO VENTOTTO

CAPITOLO VENTINOVE

CAPITOLO TRENTA

CAPITOLO TRENTUNO

CAPITOLO UNO

Keira si svegliò sul divano bitorzoluto di Bryn con il collo irrigidito e i piedi ghiacciati. La temperatura a New York stava scendendo per via dell’arrivo dell’autunno. Nonostante il divano scomodo e i brividi, era di ottimo umore.

Quel giorno, il 22 di ottobre, Keira sarebbe tornata a lavoro alla rivista Viatorum con un nuovo ruolo di maggior livello e anche meglio pagato. Non vedeva l’ora di riabbracciare Nina, la sua amica ed editrice alla rivista, e smaniava dal desiderio di rimettersi a scrivere. Quale sarebbe stato il suo prossimo incarico, ancora non lo sapeva, ma era certa che non sarebbe stato eccitante come il suo ultimo mese in Irlanda.

Dava per scontato che quella volta Elliot le avrebbe affidato qualcosa di meno rilevante e a lei andava assolutamente bene. Quasi non aveva avuto il tempo di reinserirsi nella sua vita a New York, di rivedere i suoi amici e sua madre. E oltretutto, di lì a una settimana Shane sarebbe andato a trovarla e la sua visita le premeva molto di più che girare per il mondo.

Proprio in quel momento Bryn, sua sorella maggiore, entrò di corsa nel soggiorno, con i capelli in disordine, saltellando con una scarpa infilata e una no.

“Sono in ritardo per il lavoro,” farfugliò la ragazza. “Perché non mi hai svegliata?”

Keira controllò l’orologio.

“Perché sono le sette. Hai ancora un’ora prima di dover uscire.” Scoppiò in una risata davanti alla perpetua sbadataggine della sorella.

Bryn si fermò e fissò l’orologio, per rimanere a bocca aperta. “Oh, già.” Si sfilò la scarpa con un calcio e andò a sedersi sul divano accanto a Keira. “Ero davvero sicura che sarei stata un’adulta migliore una volta arrivata ai trent’anni,” rimuginò.

Keira sorrise. “Non succederà mai.”

A nessuna delle due sorelle Swanson interessava molto crescere.

Bryn le si avvicinò e la sgomitò. “Quindi… primo giorno di lavoro dopo la pausa. Come ti senti?”

“Sto bene,” rispose lei. “Sarà tutto diverso senza Joshua a rovinare l’atmosfera. Soprattutto non vedo l’ora di rivedere Nina. E ovviamente sono in ansia di scoprire quale sarà il prossimo progetto che Elliot mi affiderà.”

“Sarà un altro viaggio all’estero?” ipotizzò Bryn.

“Ne dubito,” commentò Keira. “Anche se un po’ di sole mi farebbe bene!” Scoppiò a ridere e lanciò uno sguardo fuori dalla finestra verso il cielo autunnale di New York, carico di nubi.

“E anche tornare al tuo letto,” scherzò Bryn, dando una pacca sul divano.

“A questo proposito…” esordì Keira. “Voglio assicurarti che non ho intenzione di rimanere qui per sempre. È solo che ci sto mettendo un po’ più di quanto avevo pensato per trovare un appartamento. E prima mi servirebbe anche riavere la cauzione della casa che dividevo con Zach. Lo sai quanto la sta tirando per le lunghe.”

“Non è un problema,” disse Bryn, accantonando la sua giustificazione. “Rimani tutto il tempo che ti serve. Basta che non mi giudichi per gli uomini che mi porto a casa.” Fissò la sorella con uno sguardo severo. “Ho visto come mi guardi certe volte.”

Keira scoppiò a ridere. “Credo solo che se riuscissi a vedere quanto sei bella veramente, non perderti tutto questo tempo con degli uomini orrendi.”

Bryn roteò gli occhi. “Lasciamo perdere. Dunque, perché pensi che non ti manderanno di nuovo all’estero?”

“Non lo so.” Keira alzò le spalle. “Perché non sarebbe giusto nei confronti degli altri scrittori, tanto per iniziare. Sembrerebbe favoritismo.”

“Non dimenticarti che ormai sei a un livello più alto.” Le sottolineò Bryn. “E favoritismo è una parola molto infantile da usare. Si tratta di lavoro. Se sei più brava degli altri, allora è così e basta. Impara ad accettarlo.”

Keira non condivideva la sicurezza di sua sorella. Si agitò a disagio. “Beh, in ogni caso, anche se fosse all’estero, non potrei andarci.” Pensò a Shane e sorrise con aria sognante. “Ho dei progetti qui.”

“Ah, sì,” disse Bryn, sogghignando. “Il fidanzato. Tra quanto arriverà?”

La mente di Keira evocò l’immagine dell’affascinante volto di Shane, la barba incolta sulla sua mascella scolpita, i meravigliosi occhi blu, e fluttuò attraverso una miriade di fantastici ricordi del mese che avevano passato a innamorarsi l’uno dell’altra.

“Una settimana,” rispose con un sospiro estatico, ripensando alla sensazione delle sue labbra sulle proprie, il tocco di quelle dita sulla pelle. “E a questo proposito, devo proprio chiamarlo.”

Doveva essere quasi mezzanotte in Irlanda, dove viveva Shane, e quindi sarebbe stata la sua ultima possibilità di parlare con lui prima che andasse a dormire. Così avrebbe dovuto sopportare otto ore senza Shane, mentre il ragazzo dormiva. Nessuna comunicazione, niente messaggi provocanti o battute buffe. Quelle otto ore erano quasi insopportabili per Keira, tanto era intensa la sua voglia di lui al momento.

“Lo chiami tutte le mattine?” chiese Bryn, sorpresa.

Keira percepì un accenno di disprezzo nella voce della sorella. Era una single perenne e una maniaca degli appuntamenti, cosa che la rendeva immediatamente sospettosa di chiunque dichiarasse di aver trovato l’amore.

“Già,” rispose Keira. “Di solito stai ronfando e quindi non te ne accorgi.”

“Beh, secondo me non è sano,” iniziò Bryn. “Dipendi già troppo da lui.”

Keira si alzò roteando gli occhi verso il cielo. L’attività preferita di Bryn era dare aria alla bocca, nonostante fosse un modello di comportamento tremendo. Invece lei era convinta che se solo avesse saputo, se solo avesse visto, ciò che condivideva con Shane, non sarebbe stata tanto sicura di sé.

Keira si chiuse in bagno con il telefono, consapevole che quello fosse l’unico luogo dove avrebbe potuto avere un po’ di privacy nel minuscolo appartamento di Bryn, e fece il numero di telefono di Shane. Un familiare brivido di eccitazione la attraversò tutta mentre aspettava, ascoltando il segnale di libero, in attesa di sentire di nuovo la sua voce affascinante. Non vedeva l’ora di raccontargli delle cose interessanti che aveva organizzato per la sua visita, tutte le attrazioni di New York che voleva svelargli, dagli assaggi di cibo lungo il Restaurant Row alle passeggiate sul fiume a Tribeca, per poi passare al Tenement Museum, ai giardini a Battery Park, al frutteto fuori città e le gallerie d’arte a Chelsea. L’itinerario era strapieno e sapeva che Shane sarebbe stato emozionato dalla sua visita della città quanto lei lo era di mostrargliela.

Finalmente rispose alla chiamata e il cuore di Keira prese a battere forte. Invece della solita voce allegra, Shane aveva un tono provato. E piuttosto che iniziare la chiamata con un nomignolo esagerato e buffo, come coniglietta o fiorellino, usò il suo vero nome.

“Keira, ehi,” disse, sembrando esausto, come se avesse avuto la giornata peggiore che si potesse immaginare.

La gioia di Keira si trasformò subito in angoscia. In lontananza sentiva suoni poco familiari, diverse conversazioni sovrapposte e telefoni che squillavano.

“Che cosa è successo?” chiese, iniziando a spaventarsi. “Dove sei?”

“All’ospedale.”

“Oh, mio Dio, perché?” Il cuore di Keira perse un colpo per la paura, e una miriade di possibilità le riempì la mente. “Sei ferito? Malato?”

“Non è per me,” rispose lui. “Io sto bene. È per mio padre.”

Un’immagine del padre di Shane, Calum Lawder, le apparve davanti agli occhi. Era una delle persone più gentili e dolci che avesse mai avuto la fortuna di incontrare. L’idea che gli fosse successo qualcosa era agghiacciante.

“Sta bene? Dimmi che cosa sta succedendo!”

Shane fece un profondo sospiro. “Starà bene adesso che è stato operato.”

A Keira si gelò il sangue nelle vene. “Operato?” ripeté in uno strillo.

“Sono stato tutto il giorno al Pronto Soccorso. Ha avuto un attacco di cuore. Gli hanno dovuto mettere uno stent. È un miracolo che sia ancora vivo. Se non ci fosse stato un chirurgo cardiaco qua all’ospedale per un altro appuntamento, non ce l’avrebbe fatta.”

“Oh, Shane, mi dispiace così tanto,” disse Keira, con il petto stretto dall’ansia. Avrebbe voluto poter attraversare la linea telefonica e raggiungere Shane, per stringerselo al cuore e dimostrargli tutto il suo affetto. “Come sta tua madre? E le tue sorelle?”

“Stiamo bene,” rispose Shane. “Siamo ancora tutti sotto shock, a dir la verità. Specialmente Hannah.”

Keira ripensò alla sua sorella minore, la sedicenne dai capelli dorati a cui si era tanto affezionata. “Povera ragazza,” disse. All’improvviso quello non le sembrò il momento giusto per discutere della sua futura visita a New York. Non era corretto parlare di progetti emozionanti dopo la giornata spaventosa che doveva aver appena passato. “E ora come adesso Calum?”

“È sveglio e fa delle battute, ma si capisce che sta fingendo di essere coraggioso per tutti noi.“

“Mi dispiace così tanto, tesoro,” disse Keira. “Vorrei essere lì con te per sostenerti, ma immagino di dover conservare tutti i miei abbracci per quando arriverai, la prossima settimana.”

Dall’altro capo del telefono, Shane rimase in silenzio. Gli unici suoni che Keira riusciva sentire erano gli squilli dei telefoni dell’ospedale in piena attività, i bip delle macchine, il rumore lontano delle sirene e il viavai generale dello staff medico che si dedicava ai propri compiti.

“Sembra molto caotico lì,” aggiunse, quando Shane continuò a non rispondere.

“Keira,” disse lui, non appena ebbe finito di parlare.

Alla ragazza non piacque il tono della sua voce. Ebbe la netta sensazione che Shane stesse per darle una pessima notizia.

“Cosa c’è…?” sussurrò la domanda, come se la facesse soffrire.

“Dovrò cancellare il mio viaggio,” annunciò Shane.

Keira capì dal suo tono quanto era devastato. La sua stessa voce si abbassò in un bisbiglio afflitto. “Davvero?”

“Mi dispiace,” continuò lui, “ma devo rimanere qui. Per mamma e le ragazze. Sono a pezzi e io mi sentirei uno stronzo se me ne scappassi a New York e le abbandonassi.”

“Ma manca ancora una settimana,” insistette Keira. “Le cose andranno meglio per allora. Calum sarà di nuovo in forma. E tu non staresti via tanto. Solo una settimana. Non è un mese o un periodo assurdo di tempo. Non avranno problemi senza di te per qualche giorno. Voglio dire, riescono a resistere senza la tua presenza una volta all’anno, quando fai il tuo lavoro di guida turistica a Lisdoonvarna.”

Si rendeva conto che stava parlando a vanvera, e che doveva sembrare decisamente disperata. Aveva atteso con tanta ansia il momento in cui avrebbe rivisto Shane, in cui lo avrebbe portato nel proprio mondo come lui aveva fatto in Irlanda. L’attesa era stata così difficile, la sua assenza tanto dolorosa da sopportare. Senza parlare dei soldi che aveva già speso per il suo volo, e tutto il resto per cui aveva speso una fortuna, le attività che aveva prenotato e che non poteva cancellare per farsi rimborsare. Avrebbe potuto usare il bonus in denaro che aveva ricevuto da Elliot per trovare casa invece che rimanere sul divano di Bryn, a rovinarsi la schiena. Sarebbero riusciti a rinviare il viaggio? Shane non aveva molti soldi per contribuire.

“Mio padre è quasi morto, Keira,” disse seccamente Shane. “È una situazione completamente diversa da un viaggio di lavoro di un mese all’anno.”

“Lo so,” rispose umilmente lei. “Non volevo essere egoista. È solo che mi manchi così tanto.”

“Anche tu mi manchi,” replicò Shane, con un profondo sospiro.

A Keira venne un nodo alla gola per l’infelicità. Ma non voleva insistere, specialmente perché a finire all’ospedale non era stato un suo parente. Decise di farsi forza.

“Immagino che non ci sia altro da fare,” dichiarò, con più calma di quanto non provasse. “Decidiamo subito un’altra data così non lasciamo il viaggio in sospeso. Non so come potrei resistere senza fare il conto alla rovescia fino al momento in cui ci rivedremo.” Ridacchiò, cercando di dare l’impressione di stare meglio di quanto non fosse.

Ancora una volta, da Shane non venne alcuna risposta. Al posto della sua voce, Keira sentì solo il suono di una receptionist che spiegava a qualcuno come andare verso il reparto dialisi.

“Shane?” lo chiamò timidamente, quando non riuscì più a sopportare il suo silenzio.

Alla fine lui rispose.

“Non credo di poter fissare un’altra data,” le disse.

“Per via di tuo padre? Shane, si riprenderà in un batter d’occhio. Si rimetterà in piedi e potrà tornare alla fattoria. Ti prometto che per novembre sarà tornato tutto come prima. Oppure se preferisci potremmo fare per dicembre. Così avrà avuto tutto il tempo per tornare a lavoro.”

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