Un Amore come Quello - Софи Лав 2 стр.


“Keira,” la fermò Shane.

Lei chiuse la bocca di scatto, interrompendo il flusso di coscienza in cui sapeva si stava buttando come tattica diversiva, per rimandare ciò che temeva sarebbe avvenuto, un modo per fermare la tremenda inevitabilità di quello che stava per dire Shane.

“Non posso venire da te,” affermò. “Mai.”

Keira sentì le mani che iniziavano a tremare. Improvvisamente il telefono le sembrò scivoloso tra le dita, come se non potesse stringerlo adeguatamente.

“Allora verrò io in Irlanda,” disse piano lei. “Per me non è un problema viaggiare, se tu non te la senti. Ho adorato l’Irlanda. Posso tornare da te.”

“Non è quello che volevo dire.”

Keira sapeva che cosa aveva voluto dire, ma non voleva crederci. Non aveva intenzione di rinunciare a Shane alla prima difficoltà. Il loro amore era più forte di così, più importante e più speciale. Doveva fargli cambiare idea, anche se significava sembrare disperata o diventare, per usare le parole di Bryn, troppo dipendente da lui.

Ascoltò Shane che prendeva un lungo e triste sospiro. “C’è bisogno di me alla fattoria, e con la famiglia. L’Irlanda è la mia casa. Non mi posso trasferire da un’altra parte.”

“Nessuno ha mai parlato di trasferirsi,” rispose Keira.

“Ma lo dovremo fare, presto,” disse Shane. “Se vogliamo che la nostra relazione funzioni, a un certo punto dovremo vivere nello stesso paese. Io non posso trasferirmi lì da te, e tu non ti trasferirai qui da me.”

“Potrei farlo,” balbettò Keira. “Sono sicura che potrei. A un certo punto.”

Pensò al magnifico paese di cui si era innamorata. Era certa che avrebbe potuto vivere lì se fosse servito per stare insieme a Shane.

“In una fattoria?”

“Certo!”

L’incantevole cottage pieno di amore e vita familiare la attirava moltissimo. La sua famiglia era frammentata, con Bryn sempre impegnata, sua madre a miglia di distanza e suo padre completamente assente dalle loro vite. Che cosa c’era di meglio della famiglia istantanea che Shane poteva darle?

“Con i miei parenti? Le mie sorelle? I miei genitori?” Le domandò Shane. “E tutte quelle pecore?”

Keira ripensò alle feci di pecore in cui si era trovata immersa fino alle ginocchia. Pensò alle sei sorelle di Shane, che erano tutte adorabili ma vivevano ancora a casa. Sarebbero stati stretti. Sarebbe stato molto diverso da quello che aveva voluto per sé, ma lo era anche dormire sul divano di Bryn. Se poteva sopportare di vivere con sua sorella, avrebbe potuto decisamente resistere vivendo con tutte e sei quelle di Shane! E non era forse quello il senso della vita, riuscire a superare le sfide che lanciava? Il punto non era proprio accogliere ogni assurdità a braccia aperte?

“Shane,” rispose Keira, cercando di sembrare rassicurante. “Non dobbiamo decidere tutto proprio adesso. La vita cambia. Chi lo sa, le tue sorelle potrebbero sposarsi e trasferirsi altrove. I tuoi genitori potrebbero decidere di vendere la fattoria e viaggiare per il mondo su uno yacht. Non puoi prevedere il futuro quindi smettiamo di preoccuparcene.”

“Ti prego, ascoltami,” disse Shane, con voce rotta dall’emozione. “Sto cercando di farla finita adesso, così in futuro non diventerà ancora più doloroso di quanto non sia già.”

Le parole farla finita rimbombarono nella mente di Keira, come un martello sul ferro. Sussultò, e il groppo doloroso che aveva in gola diventò più grande di prima.

Per la prima volta si rese conto che Shane aveva già preso la sua decisione. Non avrebbe fatto marcia indietro. Niente che poteva dire gli avrebbe fatto cambiare idea.

“Non farlo,” supplicò Keira. All’improvviso stava piangendo, singhiozzava apertamente, inconsolabilmente, mentre si rendeva conto che Shane non avrebbe ceduto. Che la stava davvero lasciando. Il Vero Amore. L’uomo della sua vita.

“Mi dispiace,” anche lui stava piangendo. “Devo farlo. Ti scongiuro, devi comprendermi. Se non ci fosse stato un oceano tra di noi, io sarei voluto rimanere con te per sempre. Ti avrei anche sposata.”

“Non dirlo!” singhiozzò Keira. “Così rendi tutto più difficile.”

Shane esalò bruscamente. “Ho bisogno che tu sappia quanto sei importante per me, Keira. Non devi pensare che io abbia avuto paura. Se non ci trovassimo in una situazione del genere non lo farei mai. Non è quello che voglio. Neanche lontanamente. Lo capisci?”

“Sì,” rispose Keira, mentre le scendevano lacrime amare lungo le guance. Lo capiva bene. L’uomo dei suoi sogni, l’uomo che la amava e che la faceva ridere ogni singolo giorno, stava rinunciando a lei solo perché le cose si erano fatte un po’ complicate. L’uomo di cui si era profondamente innamorata nel mese più trasformativo della sua vita si stava arrendendo alla prima difficoltà. In fin dei conti non voleva impegnarsi nella loro relazione. Quel pensiero le aleggiò tetro nella mente.

“Quindi immagino che questo sia un addio?” disse Keira, freddamente.

Shane doveva aver notato il suo tono improvvisamente sconfortato. “Non fare così,” disse. “Possiamo rimanere in contatto. Possiamo essere amici. Ci sono sempre i social media. Non voglio allontanarti del tutto dalla mia vita.”

“Ma certo,” rispose lei tristemente, sapendo che nonostante le migliori intenzioni, era molto raro che una relazione d’amore si trasformasse in un’amicizia platonica. Semplicemente non era così che funzionava. Una volta che l’amore era finito, il sentimento svaniva per sempre, per le meno nella sua esperienza.

“Sei arrabbiata con me?” chiese Shane, sembrando giovane e fragile.

“No,” rispose Keira, rendendosi conto che era vero. Le ragioni per cui Shane aveva deciso di chiudere la loro relazione erano nobili. Stava dando la priorità alla sua famiglia. Erano esattamente le qualità che lei cercava in un partner, quindi sarebbe stato ingiusto da parte sua fargliene una colpa. “Penso che adesso dovresti andare e stare insieme alla tua famiglia,” aggiunse. “Dai a tutti un abbraccio da parte mia, va bene?”

“Okay,” disse lui.

Keira non ne era certa, ma il modo in cui lo pronunciò le diede la sensazione che Shane pensasse che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero parlati. Sembrava devastato.

Seguì un lungo momento di silenzio.

“Addio, Keira,” fu il suo saluto finale.

Prima ancora di avere la possibilità di rispondergli, la chiamata si chiuse. Si allontanò il telefono dall’orecchio e lo fissò, tenendolo tra le dita. Come poteva quel minuscolo ammasso di metallo e microchip farla sentire come se tutto il suo mondo le fosse caduto sotto i piedi? Come aveva potuto una sola conversazione ribaltare la sua vita? Era come se ogni briciola di felicità che avesse mai provato fosse stata risucchiata attraverso il microfono del telefono per essere risputata in un abisso oscuro, e mai più ritrovata.

E peggio ancora, Keira non poteva nemmeno arrabbiarsi. Shane non era stato un bastardo come ogni altro ragazzo con cui si era lasciata. Non c’erano stati tradimenti, bugie, litigi o colpi deliberati sotto la cintura. Forse era per quello che faceva molto più male. Forse era perché si era permessa di pensare che Shane potesse essere il Vero Amore, che fosse possibile trovarlo.

Ancora in lacrime, uscì dal bagno e gettò il telefono sul divano. Bryn, che era al bancone della cucina a preparare il caffè, sussultò per la sorpresa.

“Che cosa è successo?” chiese lei. “Stai piangendo?”

Ignorando le domande di Bryn, Keira afferrò il suo itinerario autunnale dal tavolino, scorrendo rapida con lo sguardo la lista di eventi che aveva organizzato per sé e Shane, luoghi dove avrebbero dovuto creare ricordi preziosi da raccontare ai nipotini, e lo strappò bruscamente a metà.

CAPITOLO DUE

Bryn strinse un braccio attorno alle spalle di Keira, mentre la minore delle due sorelle singhiozzava amaramente.

“Hai fatto la cosa giusta,” la consolò Bryn. “Lo so che subito non ti sembrerà così, ma fidati di me. Ti stavi facendo coinvolgere troppo. Hai ventotto anni, Keira, non è il momento di accasarsi.”

Le sue parole non le furono di gran conforto. Come faceva Bryn a saperlo? La sua vita era stata segnata da una serie di relazioni disastrose. Non aveva idea del tipo di amore che Keira e Shane avevano trovato, e che adesso avevano perduto per sempre. I singhiozzi le squassarono tutto il corpo.

“Dai,” continuò Bryn, “Andiamo a prendere un caffè. Io chiamo la mamma. Lo sai quanto è brava con queste cose.”

Keira non avrebbe potuto essere più in disaccordo. Sua madre, a differenza di Bryn, sembrava aver fretta di vederla sistemata e con dei figli. Le aveva persino detto che non aveva molto senso che lei mettesse tutta quell’energia nella sua carriera, dato che tanto vi avrebbe rinunciato di lì a qualche anno per cominciare a sfornare bambini.

Scosse la testa. “Non posso, devo andare a lavoro.”

Bryn fece una smorfia. “Tesoro, sei un disastro. Non ti vorranno in questo stato. Così non sei utile a nessuno.”

“Grazie,” borbottò Keira. “Ma non posso non andare. È il primo giorno dopo le ferie. Ho una nuova posizione importante. Elliot sarà in ufficio e si aspetterà che faccia del mio meglio.”

Mentre spiegava le sue ragioni, Bryn si allungò e le sfilò il telefono dalle mani.

“Ehi!” protestò Keira.

Bryn pigiò alcuni pulsanti e poi riappoggiò trionfante il cellulare sul tavolino da caffè. “Fatto.”

“Cosa?” gridò lei, inorridita, riprendendolo subito. “Hai richiesto un giorno di malattia per me? Non ho mai preso un giorno di malattia! Non sei per niente professionale, non riesco a credere che tu lo abbia fatto.”

Ma quando controllò gli ultimi messaggi del telefono, scoprì che Bryn non aveva contattato il suo ufficio, bensì Nina, l’amica di Keira ed editrice della rivista. Lesse il messaggio che le aveva mandato.

Shane mi ha mollato. La mia vita è finita. Aiuto.

Keira fece una smorfia poco felice, e lanciò un’occhiataccia alla sorella. Bryn si limitò a scrollare le spalle con insolenza. Un secondo più tardi, il cellulare di Keira vibrò con l’arrivo della risposta di Nina.

Andrà tutto bene. Dirò a Elliot che faremo una riunione fuori dall’ufficio. Un caffè alle dieci?

L’espressione di Keira si addolcì. Forse Bryn non era del tutto deleteria.

“Nina viene a trovarmi,” disse, mettendo via il telefono. “Adesso sei contenta?”

“Sì,” rispose Bryn. “Ora devo solo dire al mio capo che oggi non vado a lavoro.”

“Non sei costretta a farlo.”

“Oh, ti prego, ogni scusa è buona,” ribadì Bryn.

Keira si arrese. A volte discutere con sua sorella era inutile. Anche se non era la persona migliore con cui sfogarsi, era brava a mettersi al primo posto e occasionalmente quell’abitudine giocava a favore degli altri.

Qualche tempo più tardi le sorelle uscirono insieme dall’appartamento avvolte in caldi indumenti autunnali, e si avviarono in strada fino al bar in cui avevano deciso di incontrare Nina. Era ancora molto presto. Quando arrivarono, il locale aveva appena aperto per la giornata. Furono le prime a entrare.

Bryn ordinò cappuccini e muffin dietetici per entrambe e guidò Keira fino al morbido divano in pelle. Un momento più tardi entrò anche Nina.

“Keira,” esclamò, con espressione addolorata.

Si accomodò e abbracciò stretta l’amica, dandole subito conforto. Forse dopo tutto saltare il lavoro era stata una buona idea, anche se si fece un appunto mentale di non prendere quell’abitudine. Non era assolutamente professionale, anche se Bryn e Nina non sembravano pensarlo. Ma tanto con ogni probabilità non le sarebbe mai più capitato, dato che stava per iniziare una vita di celibato e quindi non avrebbe avuto altre occasioni di prendersi un giorno per curare il proprio cuore ferito…

“Dio, non riesco a credere che Shane sia stato tanto stronzo,” iniziò Nina.

Keira scosse la testa. “Non è così.”

L’amica le lanciò un’occhiata impassibile. “Come fa a non essere così? Ti ha fatta innamorare di lui, e poi una settimana prima del vostro ritrovo ti molla?”

“Beh, se la metti così,” disse Keira. “Ma credimi, non è così che è andata. Suo padre si è ammalato. Si è trovato, non lo so, a riconsiderare la nostra situazione.” Si sentì di nuovo sull’orlo delle lacrime. “Per favore, possiamo non parlarne? Non voglio trovarmi a dover difendere l’uomo che mi ha spezzato il cuore.”

Nina si interruppe e sembrò riflettere sulle sue parole. “Forse è stato meglio così,” disse. “In ogni caso presto Elliot ti manderà all’estero per un nuovo incarico. Forse incontrerai un altro uomo. Uno anche meglio Shane.”

“È l’ultima cosa che voglio, adesso,” rispose Keira tristemente, appoggiando con pesantezza il mento su una mano. “Non so cos'altro potrebbe sopportare il mio cuore. Passare direttamente da Zach a Shane, e poi a qualcun altro che magari mi tratterà da schifo? Non credo proprio. Avevo ragione a volermi concentrare solo sulla carriera. Il mio lavoro non mi dirà mai che se le cose fossero state diverse avrebbe anche potuto sposarmi.”

Nina sussultò. “Shane ha detto così?”

Keira annuì, sentendosi più depressa e demoralizzata che mai.

Nina le strinse di nuovo il braccio attorno alle spalle. “Sei giovane. Troppo giovane per sistemarti. C’è un mondo enorme là fuori e tu ne hai visto solo una piccolissima parte.”

“Grazie,” concordò Bryn. “È quello che le ho detto anche io. Ha meno di trent’anni, santo cielo. Aspetta almeno di aver superato la trentina.”

Nina sollevò un sopracciglio. “Facciamo la quarantina,” disse seccamente. “E poi qualche altro anno per buona fortuna. Io non ho alcuna fretta di mettere su famiglia, nonostante quello che dicono i media sul mio orologio biologico.”

“I media?” intervenne scherzosa Keira. “Vuoi dire quelli come noi? Siamo giornaliste dopo tutto. È il nostro lavoro dire alla gente che cosa deve desiderare. Come l’amore,” aggiunse amaramente.

Nina scoppiò a ridere e Keira si sentì un po’ meglio. Lanciò un’occhiata fuori dalla vetrina, verso le strade affollate di New York, piene di gente diretta a lavoro, persone di ritorno a casa dopo feste durate tutta la notte, alcune in abiti costosi, altre con magliette decorate da slogan buffi. Vide moltissime razze e nazionalità, e ogni capigliatura immaginabile. Tutti si affrettavano, lottando contro i venti freddi portati dall’autunno.

Studiandoli, Keira si rese conto di quanto amava la sua città. Non sarebbe mai stata felice di vivere in Irlanda. Shane aveva ragione. Non si sarebbe mai trasferita altrove. Lei era una newyorkese, al cento percento. La città le scorreva praticamente nelle vene.

Riportò la sua attenzione su Nina e Bryn.

“Quindi, come ha preso Elliot la mia assenza dall’ufficio, oggi?” chiese a Nina, più che pronta a cambiare l’argomento di conversazione.

Nina mescolò il suo caffè. “A dir la verità, mi è sembrato un po’ distratto. L’ho sentito nel mezzo di una discussione accesa a telefono l’altra sera, mentre lavoravo fino a tardi. Credo che qualcuno stia cercando di acquistare la rivista.”

Keira sollevò le sopracciglia per la sorpresa. “Ma non può succedere. Elliot non lo farebbe mai. Lui ama il Viatorum. A volte anche troppo.”

Nina si limitò a scrollare le spalle e a prendere un sorso del suo caffè. “A volte non c’entra quanto si ama una cosa. Se una delle maggiori società crea una rivista rivale della nostra, copiandoci il modello ma usando tutte le sue risorse economiche e contatti per promuoversi e sopraffarci, Elliot non potrà fare altro che vendere. A volte l’unico modo in cui un indipendente come il Viatorum può rimanere in attività è che il capo, Elliot, accetti un compromesso sulla proprietà.”

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