Decisero di costruire un modello più grande in cemento per testare l’idea – facendo solo una delle sezioni. Non fu facile – in particolare per ottenere la curvatura giusta – ma non si persero d’animo ed eressero il modello vicino alla stazione aeronautica per testarlo. I primi tentativi non andarono molto bene. Scoprirono che il suono di un aereo in avvicinamento poteva essere udito altrettanto bene anche senza il dispositivo. Giuseppe si rese conto che l’ascoltatore doveva essere posto fuori dalla linea diretta del suono. Fu scavata una trincea davanti al muro e ora l’ascoltatore poteva sentire il suono riflesso senza venire distratto e muoversi lungo la trincea per valutare la direzione giudicando dove il rumore fosse più forte.
“Non va ancora bene,” disse Giuseppe. “Il suono deve essere più concentrato.” Si scervellò su questo problema per alcuni giorni.
“Di che forma ha fatto il muro?” chiese al muratore.
“È una sezione circolare – come ha disegnato lei.”
“Ma la sezione verticale dovrebbe essere parabolica.”
“Parabolica? No, è circolare, proprio come il muro stesso.”
“Ma così non concentrerà il suono nel modo giusto! Deve modificarla.”
Il muratore brontolò, e mandò via Giuseppe mentre rifletteva come sistemare la curvatura. La settimana successiva chiamò Giuseppe perché osservasse il muro revisionato. “È stato maledettamente difficile, glielo assicuro e non sono sicuro che farà alcuna differenza. Comunque, ora ha la sua parabola e c’è un aereo in arrivo. Salti dentro alla trincea e veda se riesce a sentire meglio.”
Giuseppe saltò nella trincea e si sforzò di sentire l’aereo arrivare. Un ronzio distante divenne udibile e alzò la mano per mostrare che lo aveva sentito, muovendosi lungo la trincea fino a quando era arrivato a essere il più rumoroso possibile. Alzò lo sguardo verso il muratore. Indicò nella direzione opposta al muro. “Posso sentirlo ora – sta venendo da laggiù.”
Il muratore guardò verso il mare. Ora poteva sentire l’aeroplano, ma non era esattamente sicuro dove fosse fino a quando non seguì il braccio di Giuseppe che indicava la direzione. “Bene, che Dio mi fulmini, ha ragione!” esclamò, sorpreso e compiaciuto.
Giuseppe uscì dalla trincea e il muratore si congratulò con lui. “Impressionante!” disse.
Una versione a grandezza naturale fu costruita sulla cima di Patella, nella posizione scelta da Giuseppe. Nel corso delle settimane seguenti, testò il “muro acustico” che aveva costruito, usandolo per mappare la direzione di arrivo degli aerei e delle navi – quando i loro motori erano forti abbastanza. Funzionava abbastanza bene, anche se Giuseppe fu deluso nello scoprire che il raggio non era grande quanto aveva sperato. “Se arriva un caccia veloce o un bombardiere, potrebbe essere su di noi prima che abbiamo il tempo di reagire” disse Gramatika.
“Non importa, addestriamo qualche uomo a usarlo – abbiamo altri modi per rilevare gli aerei e abbiamo parecchia forza di fuoco – inoltre, non siamo neppure in guerra!”
Marco fu eccitato per il nuovo dispositivo di suo padre. Voleva mostrarlo a Yiannis, ma la zona era vietata al personale non militare – anche Marco non avrebbe dovuto essere lì.
Nel 1935, l'Italia invase l'Abissinia, a cui seguì l’occupazione militare dell’Etiopia. Questa isolò l’Italia di Mussolini e spinse la nazione ad allearsi con la Germania. Il flusso continuo di navi militari italiane che entravano nell’ampio porto naturale di Lero testimoniava le ambizioni militari della nazione che erano chiare sia a Marco sia a Yiannis. Yiannis era eccitato per la dimostrazione di forza, senza capirne completamente le implicazioni, ma il padre di Marco era molto più ansioso. “È tutto molto bello che la nostra gente se ne vada in giro sentendosi forte e importante, ma non siamo fatti per la guerra – e perché avremmo bisogno di esserlo?”
“Ma papà,” disse Marco, “Mussolini sta promettendo di ricostruire l’impero romano! Non ti eccita tutto questo?”
“Sei eccitato allora?”
“Certo” disse Marco. Sollevando le mani per imitare un fucile immaginario, andò in giro emettendo dei rumori come se “uccidesse” dei nemici immaginari.
Giuseppe rise e schiaffeggiò scherzosamente suo figlio. “Ricorda solamente che quando uccidi le persone nella vita reale, queste non si rialzano di nuovo,” disse, “e che loro ti spareranno.”
“Lo so – ma sarebbe magnifico, no?”
Yiannis fu affascinato quando scoprì che la mamma di Marco, Maria, era tedesca. Lei parlava un buon italiano e anche un greco passabile, ma i suoi capelli biondi, che Marco aveva ereditato, erano insoliti. La Germania negli anni ’30 faceva spesso notizia. Dopo che Hitler aveva preso il potere, la nazione stava chiaramente uscendo dalla Depressione e, anche se le persone fuori dal paese erano sospettose del nuovo regime, ai Nazisti fu dato inizialmente il beneficio del dubbio. Per Yiannis, Maria era una creatura esotica, meravigliosa e sofisticata, e, anche se da adolescente, aveva decisamente una “cotta” per lei. Spesso portava la conversazione su di lei senza in realtà rendersene conto.
“Tua mamma, è tedesca, vero?”
“Lo sai che lo è. Mi hai chiesto la stessa cosa ieri” disse Marco.
“Sì, lo so” arrossì. “È solo…”
“È solo che ti piace! Ah ah – a Yiannis piace mia mamma!”
Yiannis diede un colpetto a Marco sul braccio. “Taci, non è così, sono solo interessato. Se è tedesca, perché non parli tedesco?”
“Lo parlo – beh, un poco. Abbiamo dei parenti lì – un cugino di mamma e la sua famiglia. Vivono da qualche parte nel sud, vicino al confine, credo.”
“Wow – sei mai stato lì?”
“No. Papà non approverebbe.”
“Perché no?”
“Ha paura dei tedeschi –crede che creeranno dei problemi.”
“Cosa ne pensi?”
“Beh, può essere vero, ma è eccitante. Comunque mi piacerebbe scoprirlo da solo.”
“Forse dovresti scrivere a tuo cugino – secondo cugino o quello che è – e chiedergli se puoi andare lì. Non hanno scambi scolastici?”
“Sembra una buona idea.” disse Marco. Pochi giorni più tardi avvicinò sua madre mentre era da sola. “Vorrei viaggiare un po'. Magari visitare qualche altra nazione. Hai un cugino in Germania, vero? Credi che magari potrei andare a fargli visita?”
“Non ho molti contatti con Kurt. È un uomo pieno di rabbia. Tuttavia, ho ricevuto una sua lettera qualche settimana fa dove si vantava che ora gli sta andando piuttosto bene. Mi ha scritto che ha un nuovo lavoro. Ora si è messo in proprio. In realtà suo figlio deve avere la tua stessa età. Si chiama Rolf. Kurt dice che sta studiando per diventare pilota.”
“Wow – grande! Mi piacerebbe veramente incontrarlo. Magari potrei andare a trovarlo. Cosa ne pensi?”
“Non lo so, faremmo meglio a chiedere a papI.”
Marco odiava quando lei si riferiva a Giuseppe in quel modo. Sentiva ormai di essere cresciuto, ora aveva quasi sedici anni. Chiamava suo padre ‘papà’ o ‘padre’ e questo lo sentiva molto più dignitoso, ma Maria si riferiva sempre a lui come ‘papi’ ed era scontenta quando le si rivolgeva non come ‘mami’ ma come ‘madre’.
“Non mi lascerà andare, lo so che non lo farà. È sempre a criticare i tedeschi – credo che per qualche motivo ne sia impaurito,” disse scontrosamente.
“Non credo che sia vero. Il tuo papi è uno degli uomini più coraggiosi che conosca.”
“Sì, lo so, ho già sentito quella storia. Ti ha salvato la vita.”
“Beh, lo ha fatto, non essere così critico. Se non fosse stato per lui…”
“Ma mami” si permise di dire nel modo più adulatorio possibile “dai, a te non dispiacerebbe se andassi in Germania, vero? Potremmo chiedere a zio Kurt. Può semplicemente dire ‘no’ se non ha voglia di incontrarmi – cosa hai da perdere?”
Maria fu d’accordo nel parlarne con suo marito e, quella sera, mentre Marco era fuori con Yiannis, sollevò l’argomento.
“Marco ha chiesto di andare a visitare mio cugino in Germania.”
“Non esiste, è decisamente troppo pericoloso lì.”
“Perché dici così?”
“Ci sono stati dei tumulti, ci sono molte voci sul fatto che radunino gli Ebrei e li mandino via. Hitler è un vero agitatore, così ho sentito. Presto ci saranno grossi problemi lì.”
“Oh, dai, Giuseppe, stai parlando della mia gente. Abbiamo imparato la lezione durante la guerra. Hitler è solo un politico. Mi sembra piuttosto intelligente, sta ispirando la nazione e ci sta facendo di nuovo sentire orgogliosi di essere tedeschi.”
“E sta costruendo strade e sta facendo arrivare i treni in orario e, e e… Ma dove credi che porterà tutto questo?”
“Cosa c’è di sbagliato nel riportare di nuovo in piedi la nazione?”
“Sta andando in lungo e in largo per il paese con collegamenti per poter spostare un esercito. Credimi, è un uomo pericoloso.”
“Beh, e tu? Cosa stai facendo? Sta aiutando a costruire postazioni di artiglieria, alloggi per militari e rifugi antiaerei. Non puoi parlare. Almeno Hitler non ha invaso nessuno.”
“Non ancora, ma lo farà, ricordati le mie parole.”
“Beh, prima che lo faccia, credo che dovremmo lasciare Marco andare lì e incontrare suo cugino – non ha nessun altro parente della sua età. Ed è molto eccitato per il fatto che Rolf stia studiando per diventare un pilota, lo sai quanto gli piacciono gli aerei.”
Giuseppe trovava molto difficile discutere con la sua amata Maria. Con riluttanza fu d’accordo che lei scrivesse a Kurt. “Possiamo offrirgli di ospitare il suo ragazzo qui un altr’anno, magari,” concesse, “mostragli il sole del Mediterraneo. Probabilmente gli piacerà.” Si scaldò all’idea. “Forse posso anche ottenere il permesso per mostrargli le cose che stiamo facendo qui.”
Così Maria scrisse a Kurt, e ricevette come risposta una lettera molto amichevole in cui si suggeriva che Marco venisse a trovarli nel settembre del 1936. “In quel periodo ci sarà con lui un ragazzo inglese, che in precedenza ha invitato Rolf in Inghilterra. Credo che sarà molto istruttivo per tutti i ragazzi incontrarsi.”
Maria lesse la lettera a Marco e a suo padre la sera in cui arrivò. Marco era euforico. “Wow! Meraviglioso. Non vedo l’ora! Mi domandavo se Yiannis potesse venire con me”.
“Oh, non credo proprio che sia una buona idea,” disse Giuseppe, “è greco e non sono sicuro di come lo tratteranno i tedeschi.”
“Ma in realtà non è greco, no?” disse Marco. “Parla italiano bene quanto me e in realtà ora è considerato un cittadino italiano.”
Era vero. Spiros, a causa del suo profondo coinvolgimento con i militari italiani, si era sentito obbligato a prendere la cittadinanza per lui e la sua famiglia. A tutti gli effetti, quindi, Yiannis era un cittadino della nazione più strettamente legata alla Germania nazista e aveva diritto agli stessi privilegi di tutti i cittadini italiani.
“Dovremo chiedere a suo padre” disse Giuseppe. Conosceva già la risposta probabile. Spiros era un grande italofilo, “più italiano degli italiani” come dicevano alcuni dei suoi colleghi più scettici. Aveva sfruttato al meglio l’occupazione italiana ed era rispettato dalle autorità militari per la qualità del suo lavoro.
Tuttavia, Spiros non fu del tutto felice. “Non capisco perché gli italiani si stiano legando con la Germania,” disse. “I tedeschi sono solo dei combina guai e questo Hitler e i suoi uomini sembrano un mucchio di criminali. Mi sembra che il vostro Mussolini stia cercando problemi.”
“Detto tra noi, sono piuttosto d'accordo” disse Giuseppe. “Ma questo cugino di Maria sembra a posto e dice che si prenderà cura dei ragazzi. Gli italiani in questo momento sono popolari in Germania. Dopo tutto, Hitler ha fatto tutto lui per primo. Ha corteggiato Mussolini e ha detto un sacco di cose buone su di noi. In ogni caso credo che i ragazzi saranno abbastanza al sicuro, i tedeschi sono delle persone civili, ne sono sicuro.”
Spiros sentì che non essere d’accordo poteva dispiacere i suoi datori di lavoro italiani, perciò fu d’accordo che la visita andasse avanti nonostante una dolorosa discussione con Despina. Quando le disse del progetto si rifiutò immediatamente di approvarlo. “I tedeschi sono dei barbari! Guarda questo.” Gli mostrò un giornale greco. “Dice che stanno deportando tutti gli ebrei. Nessuno sa dove li stanno portando. Si sono rimangiati tutte le promesse che avevano fatto dopo la guerra e dice che stanno ricostruendo di nuovo un esercito.”
“Non so” disse Spiros. “Chi se ne importa di pochi Ebrei? Sono tutti degli arraffatori. Non riesco a vedere il problema.”
“Questa è una cosa terribile da dire! Il tuo amico Giuseppe è d'accordo con te?”
“In realtà no, non lo è. Ma mi ha detto che le chiacchiere sono esagerate. I tedeschi probabilmente stanno solo buttando fuori gli ebrei orientali – polacchi, lituani, gente da quelle parti. I loro ebrei stanno bene. Molti di loro hanno combattuto in guerra – sono tedeschi come tutti gli altri.”
“Ne sei sicuro, Spiros? Non è quello che stanno dicendo i nostri giornali. Veramente non voglio mandare Yiannis in quel posto. Inoltre, non parla tedesco e presumo che questo ragazzo tedesco non parli italiano. Come andranno d’accordo?”
“Marco sta studiando inglese a scuola e anche Yiannis. Sembra che lì ci sarà un ragazzo inglese che parla anche tedesco. Può operare come interprete. In ogni caso, non farà loro nessun male imparare anche un po’ di tedesco, no?”
“E che se ne farà? Non avremo anche dei tedeschi qui, no?”
“Certo che no ma il mondo sta cambiando. Yiannis imparerà molto andando all'estero.”
“Se vuoi solo mandarlo all'estero perché non lo lasci andare a Roma? O anche in Inghilterra – non mi importerebbe. Ma la Germania” alzò le spalle, “no, non posso essere d’accordo.”
“Non è tuo compito essere o non essere d’accordo, Despina. Io sono il capo famiglia e ho deciso. Se Giuseppe dice che è un posto sicuro, allora lo è. Yiannis andrà. A parte tutto sarebbe un problema per gli affari se rifiutiamo.”
Despina scoppiò in lacrime. Sapeva che non aveva senso discutere con Spiros quando aveva preso la sua decisione. “Affari, affari. Tutto quello a cui pensi sono gli affari. Non ti importa di me. Non ti importa di Yiannis – ti importa solo di quanto denaro fai.”
Spiros sollevò una mano per colpirla, ma si fermò in tempo e sibilò, “ah è così? Allora me ne vado.” Uscì, sbattendo la porta dietro di sé. Despina, furiosa, gettò il suo bicchiere di vino mezzo pieno contro la porta e scoppiò a piangere.
Yiannis che era rimasto di sopra durante la lite, scese e abbracciò sua madre. “Non preoccuparti, mamma,” disse. “Sarò al sicuro. Sono in grado di badare a me stesso. Voglio veramente andare – forse posso capire di più di quello che sta succedendo lì.”
“Sei un bravo ragazzo e ti voglio bene. Non sono in grado di cambiare tuo padre, lo sai. Promettimi solo che non ti caccerai nei guai in Germania. E che tornerai sano e salvo.”
Così fu deciso, e Maria scrisse a Kurt per confermare che due ragazzi – due ragazzi italiani (non fece cenno alla nazionalità di Yiannis) – avrebbero preso i loro passaporti e viaggiato fino al Pireo, il porto di Atene, poi preso il treno – l’Arlberg Orient Express – fino a Budapest via Belgrado. Da Budapest poi avrebbero preso l’Orient Express fino a Monaco dove si sarebbero incontrati dopo quel lungo viaggio.
Rolf scrisse a sua “zia” per ringraziarla per aver organizzato la visita e per confermare che avrebbe incontrato i ragazzi a Monaco. Le chiese di dire ai ragazzi di come non vedesse l’ora di mostrare loro la sua casa. Fece cenno anche del suo amico inglese che sarebbe andato a trovare in primavera prima della loro visita e che sarebbe stato anch’esso presente. “Sarà un incontro veramente internazionale e sarà una possibilità di mostrare tutti gli sviluppi del nuovo terzo.”