Quattro Destini - Favaro Alberto 9 стр.


Gli spettatori sul molo applaudirono quando Yiannis tirò il ragazzo a riva dove Giuseppe e il guidatore del camion stavano aspettando per aiutarli a uscire.

“Che diavolo stava facendo?” urlò Giuseppe al guidatore mentre abbracciava suo figlio. “Avrebbe potuto ucciderci. E chi ha caricato quei blocchi? Avrebbero dovuti essere legati!”

Yiannis alzò lo sguardo “Li ho caricati io. Mi dispiace veramente, quelle persone ci si sono parate davanti all'improvviso.”

“Tu? Chi sei tu?” Si rivolse al ragazzo greco piuttosto trasandato, che vide essere robusto ma più piccolo di suo figlio di una testa.

“Sono Yiannis Raftopoulos. Mio papà sta costruendo i nuovi alloggi militari laggiù” indicò lungo il molo. “Mi ha detto di consegnare questi blocchi.”

“Spiros. Sei il figlio di Spiros?”

“Sì.”

“Lo conosco, è un brav'uomo. Ma non dovrebbe permettere a un ragazzo di fare questo tipo di lavoro. Quei blocchi non erano messi in sicurezza adeguatamente.”

“Lo so, mi dispiace, non me ne ero reso conto.” Yiannis trattenne una sensazione infantile che poteva farlo scoppiare in lacrime. “Non sarebbe caduto se non avessimo dovuto sterzare così improvvisamente.”

Giuseppe ora si stava calmando. “Beh, stai più attento la prossima volta. Comunque, devo ringraziarti. Almeno hai salvato Marco.”

Marco, a cui era stata data una coperta da uno degli steward dell’idrovolante, disse “grazie. Credo che sia giunto il momento di imparare a nuotare!” Porse la mano a Yiannis, “Sono Marco e lui è mio papà.”

“Potrei insegnarti se ti va. Prometto che non ti getterò in mare.”

Giuseppe, ora completamente calmo disse “Sembra una buona idea. Stai bene ora figliolo?”

“Sì, sto bene.”

“Bene, andiamo a casa. Possiamo parlarne domani quando Spiros sarà qui.”

Spiros voleva incoraggiare Yiannis a fare amicizia con i figli degli italiani con cui aveva a che fare. Stava incoraggiando Yiannis a imparare la lingua in modo che non avesse lo svantaggio che lui aveva provato quando gli italiani erano arrivati per la prima volta a Lero, quindi fu felice che Yiannis avesse incontrato il figlio di Giuseppe, nonostante le circostanze. Il giorno successivo i padri e i loro figli si incontrarono. Spiros si scusò molto ma Giuseppe lo riassicurò. “Va tutto bene, siamo stati fortunati, nessuno si è fatto male e il suo ragazzo avrà imparato una lezione.”

“Sì. Lo so. Gli ho dato una bella ripassata di botte. In futuro starà più attento.”

Giuseppe si allarmò un po’ nel sentirlo. “É stato solo un incidente.”

“Certo, ma il piccolo bastardo deve imparare. Non succederò ancora.”

“Bene, vorrei accettare la sua offerta. Può dare a Marco qualche lezione di nuoto?”

“Non so. Abbiamo molto lavoro e per farlo mi serve Yiannis.”

“Guarda, quanti anni ha il ragazzo?”

“10 – perché me lo chiedi?”

“La stessa età di Marco – ma non è un po' troppo giovane per lavorare così duramente? Sono affari tuoi, credo, ma suppongo che imparerebbe meglio la lezione se dovesse fare qualcosa per rimediare. Ecco perché vorrei che desse qualche lezione a Marco. Cosa ne pensi?”

A denti stretti, Spiros acconsentì e si accordarono affinché i ragazzi si incontrassero più tardi alla spiaggia della baia.

Yiannis si dimostrò un insegnante bravo quasi quanto suo padre e aiutò velocemente Marco a superare le sue paure e a imparare a nuotare. Dopo le lezioni, se Yiannis non era desiderato da suo padre per produrre o consegnare i blocchi, andavano a pescare, portando il pesce dal mare sul molo usando dei fili cu cui avevano legato sottili spilli piegati come ami. Come esca mettevano dei pezzi di pane o, se li trovavano, i corpi magri dei mitili che crescevano sugli scogli. Yiannis insegnò a Marco come uccidere velocemente un pesce mettendo le dita nelle branchie e spezzandogli il collo e come rimuovere la lisca e sviscerarlo.

Quando crebbero, cominciarono a “fare le vasche” lungo l’ampia strada sul lungomare della città nuova, flirtando con le ragazze che incrociavano e unendosi agli altri giovani per pavoneggiarsi. La città si stava sviluppando rapidamente ed era piuttosto diversa rispetto a qualsiasi altra città greca. Grandi strade curve ci correvano attorno, racchiudendo futuristici edifici di cemento, curvi a loro volta per adattarsi alle strade. Grandi isolati erano stati costruiti, sia a Porto Lago sia dall’altra parte della baia, per ospitare il personale della base navale e aeronautica. Marco, visto che suo padre lavorava per i militari italiani aveva maggiore accesso alle nuove strutture rispetto agli altri ragazzi e introduceva di nascosto Yiannis per vedere le aree proibite – la postazione antiaerea, il cannone, le torri di avvistamento sulle colline e i tunnel che erano stati costruiti per proteggere il personale militare in caso di guerra.

Marco cominciò ad appassionarsi al volo. Guardava gli idrovolanti andare e venire dal porto ed era in grado di identificarli tutti. Desiderava diventare un pilota – sembrava una vita così esotica. Gli aerei portavano passeggeri dall’Italia verso l’isola e spesso da e per le nuove colonie italiane che si stavano aprendo in Africa.

Venne in possesso di un libro americano che descriveva come costruire un modellino di aliante fatto di balsa e le ali coperte di carta “truccata”. Era piuttosto difficile procurarsi della balsa, ma suo padre ne aveva alcuni fogli rimasti dai suoi modelli di architettura e permise a Marco di usarli. Marco con fatica tagliò il legno nelle forme necessarie per fare le ali, i supporti e la fusoliera. All’inizio lo trovò un lavoro piuttosto frustrante perché, se non stava attento quando tagliava il morbido legno, lo rompeva lungo la venatura e rovinava il pezzo modellato costringendolo a gettarlo via e a ricominciare di nuovo.

Una volta che ebbe tagliato tutte le forme di cui aveva bisogno, chiese a Yiannis di aiutarlo a incollarle. “Vedrai come state tagliati i pezzi delle ali. Devono essere uniti a questo lungo pezzo. Si adatta ai buchi che ci sono in cima.”

Yiannis cercò di mettere i pezzi insieme, ma era troppo maldestro. “Che senso ha tutto questo comunque?” chiese.

“Stiamo costruendo un modellino di aliante” spiegò Marco pazientemente.

“Ma perché? A che scopo? Perché non andiamo a pescare?”

“OK, levati dalle palle Yiannis, lo farò da solo. Va’ a pescare.”

Yiannis, del tutto annoiato, non volle litigare con il suo amico, perciò si fece da parte e guardò mentre Marco fissava insieme con attenzione i vari pezzi prima di incollarli al loro posto. Poi mise una carta rinforzata sulle ali e la fissò usando una colla odorosa chiamata “dope”. Lasciarono il modellino ad asciugare e il giorno successivo Marco invitò Yiannis a venire a farlo volare con lui.

Diede a Yiannis un lungo pezzo di elastico attaccato a un gancio sul fondo del modellino e gli disse di tenere l’altro capo sopra la testa mentre lui camminava all’indietro con l’aliante. Poi si girò, disse “pronto?” e lasciò il modellino. Volò dritto verso Yiannis che dovette accucciarsi per evitare di essere colpito. Ma, una volta passato si alzò in aria, passò sopra di loro facendo un ampio cerchio sopra le loro teste prima di fermarsi e cadere su una roccia per poi andare in pezzi.

Marco corse verso il modellino imprecando mentre Yiannis rideva. “Tecnologia italiana, eh? Si torna al tavolo da disegno, allora?” disse, mentre Marco raccoglieva tutti i pezzi del suo prezioso modellino.

“Merda, merda, merda” disse, cercando di rimettere insieme i pezzi. Rendendosi conto che non sarebbe stato in grado di farlo fino a quando non fosse tornato a casa, disse, “Va bene, andiamo a pescare.” Era depresso e allo stesso tempo eccitato – dopo tutto, prima che si schiantasse, era riuscito a farlo volare.

****

Quando Giuseppe ebbe terminato di lavorare sui grandi hangar per gli idrovolanti, fu chiamato da Gramatika per avere i dettagli del suo incarico successivo.

“Stiamo progettando di posizionare una grossa postazione di artiglieria all’entrata di Porto Lago.” Indicò il punto sulla mappa che era distesa sul tavolo davanti a loro. “Come puoi vedere l’entrata meridionale è molto ripida. Lì abbiamo un faro, ma non c’è un modo agevole per arrivarci se non con la barca. Sull’altro versante c’è una mulattiera che conduce attorno all’isola e c’è una zona pianeggiante vicino all’entrata e questa collina molto alta qui” indicò sulla mappa. “È chiamata Patella e ha una cima ragionevolmente piatta dove possiamo costruire le nostre postazioni di artiglieria. Cosa ne pensi?”

Giuseppe guardò la mappa, osservando le isoipse delle colline. “È piuttosto ripida – potremmo avere dei problemi a costruire una strada fino alla cima.”

“Questo è il motivo per cui voglio che tu vada lì e faccia delle indagini – sappimi dire cosa ne pensi.”

Giuseppe si incontrò quella sera con il suo amico Spiros. “Conosci la collina a Patella – vicino all’entrata della baia?”

“Sì, credo di sì. Abbiamo pescato nella baia al di sotto.”

“Devo andare a vedere – stiamo pensando di costruire una strada lì. Vuoi venire a dare un'occhiata con me?”

Spiros fu d’accordo e il mattino successivo partirono in groppa a un cavallo lungo la strada sterrata che si dirigeva a nord della baia. La strada saliva fino a un punto e poi svaniva in un sentiero sterrato che conduceva lontano dalla baia. Proprio in quel punto c’era un sentiero che risaliva ripidamente sulla collina. Presero quel sentiero. La traccia del sentiero procedeva a zig-zag, restringendosi man mano che si procedeva. Alla fine, raggiunsero un altopiano. Da lì c'era una vista meravigliosa – a sud verso Calimno, a nord verso Patmo, a ovest verso le Cicladi e a est verso le isole che andavano verso la costa turca.

“Wow, una postazione di artiglieria quassù avrebbe un campo di fuoco libero su tutta l’area – nulla potrebbe entrare in porto” disse Giuseppe.

In quel momento un idrovolante arrivò da ovest, planando verso la baia per atterrare e dirigersi verso la stazione aeronautica. “Tranne un aeroplano” disse Spiros. “arriverebbe qui prima che tu possa accorgertene.”

“Ma se potessimo vedere abbastanza lontano, sapremmo che sta arrivando e potremmo abbatterlo con la contraerea.”

“Sì, ma la visuale non è sempre così buona – è spesso nebbioso qui, come oggi e, se l’aereo uscisse dal sole, saresti accecato.”

“Ma potremmo sempre sentirlo, no?”

“Forse, ma quanto distante sarebbe prima di sentirlo?”

Giuseppe si rese conto che Spiros aveva ragione. Ispezionarono comunque la zona e presero nota di dove le armi avrebbero dovuto essere posizionate per avere il miglior raggio di tiro. Poi tornarono in ufficio e Giuseppe riferì quello che avevano trovato. “Avevi ragione, è ideale. Possiamo allargare il sentiero che sale e c’è una grande area in cima dove potremmo installare le armi e costruire degli alloggi per i fucilieri. Si riesce a vedere per miglia – navi e aerei. L’unico problema è che potremmo non vedere quest’ultimi fino a quando non saranno quasi sopra di noi – ma questo è sempre un problema con gli aerei. Vanno semplicemente troppo veloci.”

Gramatika gli ordinò di produrre un piano di costi per fortificare la collina. Successivamente, quando fu approvato dalle autorità militari, fu fatto responsabile dei lavori. Per tutto il tempo, però, continuava a domandarsi come intercettare gli aerei che attaccavano. Ogni giorno andava sulla collina, portando qualche volta con sé il suo giovane figlio. Un giorno stava lavorando sul luogo di un cannone di grande calibro quando notò che suo figlio lo stava salutando con la mano mentre stava salendo l’ultima parte del nuovo sentiero che ora era stato allargato per far passare i camion. Salutò anche lui e poté vedere che Marco stava urlando qualcosa che non era in grado di sentire. Urlò a Marco di parlare più forte, poi si mise le mani dietro alle orecchie per cogliere quello che stava dicendo. Ora era in grado di sentirlo chiaramente – ma all’improvviso non fu più interessato a quello che veniva detto. Si girò, le mani ancora dietro le orecchie. Si rese conto che poteva sentire quasi tutto quello che veniva detto in quel posto.

Guardò verso il mare e notò un idrovolante in lontananza che si stava avvicinando all’isola. Con le mani dietro alle orecchie era in grado di sentire il suo motore, ma quando le tolse il suono scomparve.

Marco arrivò. “Non mi sentivi, papà?”

“Sì, forte e chiaro. Incredibile” disse Giuseppe, distrattamente.

“Incredibile? Bene, allora posso?”

“Puoi cosa?”

“Papà, ti stavo chiedendo se potevo portare Yiannis quassù per vedere quello che stiamo facendo?”

“Cosa? Sì, certo – no. No, è una zona militare, lo sai” disse, quando capì cosa stava dicendo Marco. “Ma torna lì, voglio fare un esperimento. Voglio che tu mi parli. A bassa voce prima – poi che mi parli più ad alta voce che puoi quando te lo dico.”

Marco andò dove gli indicava suo padre, piuttosto confuso. “Cosa vuoi che dica?” disse, mentre suo padre si metteva di nuovo le mani dietro alle orecchie.

“Continua solo a parlare – di' quello che vuoi” disse Giuseppe, e cominciò a girarsi, le mani ancora a coppa. “Ora va’ laggiù” disse, indicando una piccola salita poco distante. Marco fece come gli era stato detto, ancora parlando, recitando una poesia che aveva imparato a scuola. Suo padre gli indicò che doveva muoversi sotto alla salita poi gli urlò di parlare a voce più alta. Alla fine, terminò e senza spiegargli quello che aveva fatto mandò via Marco prima di prendere un taccuino e di cominciare a disegnare pieno di eccitazione.

Un paio di giorni più tardi fece rapporto a Gramatika. “Credo che abbiamo la risposta per rilevare gli aerei” disse, aprendo il taccuino su cui aveva disegnato immagini di sezioni di cerchi che davano verso l’esterno con linee che puntavano indietro verso il punto centrale di ogni sezione. “Questi sono specchi acustici. Metteranno a fuoco il suono di un aereo che vola verso l’isola. Se ti poni di fronte a essi qui” indicò il centro focale di una delle sezioni,” il suono sarà riflesso verso di te. Sarà amplificato in modo che tu possa sentirlo piuttosto chiaramente. Ora, se ti muovi attorno in un semicerchio davanti allo specchio, avrai il suono più rumoroso quando sarai in linea con la direzione dell’aereo. Possiamo usarlo per rilevare gli aerei ed essere pronti a sparar loro prima che siamo sopra di noi.”

“Funzionerà?”

“Credo di sì, ma ho bisogno di un po’ più di tempo per ottenere la giusta configurazione. Credo che dovremmo fare le sezioni paraboliche in verticale in modo che il suono venga amplificato.”

“In realtà non capisco molto, ma se credi che funzionerà, procedi e decidi quello di cui hai bisogno. Mi serve una stima dei costi. Se veniamo attaccati, è piuttosto probabile che ci saranno aerei e non solo navi, perciò sembra un’idea interessante.”

Anche se si dimostrò complicato, alla fine Giuseppe era fiducioso che il suo progetto avrebbe funzionato. Propose tre sezioni orizzontali a forma circolare disposte a triangolo con le parti di mezzo curve verso l’interno e ogni punta che toccava la successiva, per permettere il rilevamento degli aerei da ogni direzione. Le sezioni erano curve verso l’interno anche sul piano verticale per concentrare il suono verso un ascoltatore davanti. Fece poi un modello in cartapesta per presentarlo agli altri ingegneri, architetti e costruttori che lo avrebbero creato fisicamente.

Назад Дальше