Il sarcasmo, pienamente intenzionale, le uscì dalle labbra senza sforzo. Decker quasi non sbatté le palpebre.
“E se solo questa risorsa non fosse il bersaglio dell’uomo con cui lei ha familiarità, potremmo anche approfittare di tali conoscenze,” le rispose.
Si fissarono in silenzio per un momento, nessuno dei due propenso a concedere la vittoria all’altro. Jessie alla fine cedette, decidendo che alienare l’uomo della cui autorizzazione aveva bisogno non era una mossa consigliata.
“E Xander Thurman? Un po’ di fortuna in più con lui?”
“No. È completamente svanito dal radar.”
“Anche con tutte quelle ferite?”
“Stiamo monitorando da allora ogni ospedale, pronto soccorso e clinica privata. Abbiamo inviato delle allerte addirittura ai veterinari. Non abbiamo trovato nulla.”
“Allora questo significa una di due cose,” concluse Jessie. “O ha accesso a qualcun altro che abbia conoscenze mediche, o qualcuno in uno di questi posti sta mentendo, magari perché minacciato. È impossibile che si sia potuto riprendere da quelle ferite senza alcun aiuto. Non ci credo.”
“Ne sono consapevole, signorina Hunt. Ma queste sono le informazioni che abbiamo al momento.”
“E se ne aveste di più?” chiese Jessie.
“Cosa intende dire?” domandò Decker.
“So come opera, proprio come so come opera Crutchfield. Crimini che potrebbero apparire non degni di nota agli occhi della maggior parte dei detective, io li potrei collegare a uno di loro. Se potessi controllare la cartella di un caso recente e investigare sulle piste più promettenti, magari potremmo trovare qualcosa.”
Dal fondo della stanza, Murph prese la parola.
“Mi sembra una mossa poco saggia.”
Jessie era felice di sentirglielo dire. Niente istigava Decker più di un collega esterno che offriva il proprio consiglio non richiesto. Portarlo a vedere l’agente federale come un intruso poteva solo esserle di aiuto. Mentre vedeva il suo capo accigliarsi, Jessie rimase in silenzio, permettendo alla dinamica di mettersi in azione.
“Cos’aveva esattamente in testa?” le chiese Decker a denti stretti.
Jessie non aspetto che cambiasse idea.
“Potrei dare un’occhiata ad aggressioni e omicidi violenti delle ultime settimane per vedere se in qualcuno di questi ci siano i tratti caratteristici dei due assassini. Se troviamo qualcosa che combacia, potrei seguire le piste più promettenti.”
Decker rimase seduto in silenzio, apparentemente considerando l’idea. Murph però non rimase zitto.
“Non può prendere veramente in considerazione una cosa del genere dopo tutti gli sforzi fatti dal Servizio Federale per darle una casa sicura.”
Ti prego, continua a discutere. Ti stai scavando la tomba.
Decker pareva profondamente combattuto, alle prese con una guerra interiore contro se stesso. Era chiaro che, nonostante la sua irritazione nei confronti di Murph, aveva l’impressione che l’uomo stesse dicendo delle cose sensate. Ma Jessie vedeva anche che c’era qualcos’altro che gli ronzava in testa, qualcosa di cui lei apparentemente non era al corrente.
“Il fatto è questo,” disse alla fine. “Come ho già detto, abbiamo un sacco di piste, forse troppe. Solo tentare di districarsi in mezzo ad esse è stata una sfida. Abbiamo ingaggiato il dipartimento dello sceriffo e altri dipartimenti di polizia vicini. Anche l’FBI si è inserita, offrendo qualche agente su casi ritenuti da loro rilevanti. Adesso siamo davvero dannatamente sovraccarichi. Non è che gli altri criminali si siano presi una vacanza perché noi abbiamo cinque psicopatici in più a piede libero. C’è stato il colpo di una gang due giorni fa. Qualcuno sta lasciando aghi di siringa nei parchi giochi della zona. Il tuo vecchio amico Hernandez è immerso in un triplo omicidio che oggi lo vede al Topanga Canyon. E, ah, comunque siamo alla seconda settimana di un’enorme epidemia di morbillo.”
“Cosa sta dicendo, capitano?” chiese Murph. Per la prima volta, Jessie pensò di poter percepire una sfumatura di rassegnazione nella sua voce.
Decker alla fine rivelò il segreto che si era tenuto dentro fino a quel punto.
“C’è effettivamente un caso che è capitato la scorsa notte e per cui penso lei potrebbe rivelarsi utile, Hunt. È successo a Studio City, quindi se ne sta occupando la stazione di Hollywood nord. Ma l’FBI si è interessata e ha ingaggiato un agente per darci un’occhiata. Pensavo di metterla in coppia con lui.”
“Di che caso si tratta?” chiese Jessie, contenendo la voce nonostante l’eccitazione che le cresceva dallo stomaco.
“Un accoltellamento, piuttosto raccapricciante. Nessun movente né alcun sospettato per il momento. Ma tutti e due i tuoi amici sono fan dei coltelli, giusto?”
“È vero,” confermò Jessie.
“Potrebbe non avere niente a che fare,” continuò Decker, “ma è la prima aggressione in cui mi imbatto e che sembra combaciare con il profilo.”
“Quindi ha in programma di farla rientrare in campo?” chiese Murph, anche se già sapeva la risposta.
“Beh, immagino che con un agente dell’FBI come partner e diversi agenti federali che vigilano su di lei, dovrebbe essere al sicuro. È una considerazione scorretta?”
“Capitano Decker,” rispose Murph con tono neutro. “Il generale punto di vista del Servizio Federale è che nessun protetto sia mai veramente al sicuro. E la mia personale opinione è che mettere questa testimone sotto protezione sul campo, direttamente a investigare su un omicidio potenzialmente commesso da una delle persone da cui stiamo cercando di proteggerla, sia singolarmente insicuro.”
“Ma,” intervenne Jessie, finalmente pronta a tirare fuori il suo asso nella manica, “non è realmente peggio dello stato attuale. Ormai da quasi due settimane sono stata sotto protezione. Ma nessuno ha scoperto nulla sugli uomini che mi danno la caccia, che possa cambiare tale stato attuale. La cosa sta diventando un costo per la città, per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles e per il Servizio Federale, senza nessun risultato in vista. Per il modo in cui stanno andando le cose, potrei davvero trovarmi a dover assumere una nuova identità… per la seconda volta in vita mia!”
“Noi non la vediamo…” iniziò Murph.
“La prego di lasciarmi finire, agente,” lo interruppe Jessie, la sua voce ora priva di ogni traccia di sarcasmo o impertinenza. “Questa cosa deve finire. Faccio incubi ogni notte dove i miei protettori vengono assassinati. Salto per ogni rumore inaspettato e mi irrigidisco per ogni movimento improvviso. Sono una prigioniera in quella casa, anche se non ho fatto niente di sbagliato. Non è così che voglio vivere. Preferisco tentare di catturare questi uomini e finire morta, piuttosto che passare il resto dei miei giorni vivendo nella paura. Ho le abilità e le conoscenze per trovarli entrambi. Permettetemi di fare buon uso delle mie competenze. Non è una richiesta irragionevole.”
Decker e Murph si scambiarono un’occhiata. Dopo quella che parve un’eternità, l’agente federale parlò.
“Ne discuterò con Corcoran,” disse, poi aggiunse: “se accetterà certi termini.”
“Quali termini?” chiese Jessie, anche se era disposta ad accettare praticamente tutto a questo punto.
“La sua squadra di protezione rimane con lei tutto il tempo, nessun tentativo di seminarla. Lei continua a passare le notti nella casa messa in sicurezza. Lei accetta tutte le precauzioni di sicurezza sul campo, anche le manovre evasive che potrebbe considerare eccessive. Lei si sottopone al giudizio dei federali in qualsiasi scenario, indipendentemente da quanto eccessivamente cauta lei reputi la cosa. Se le diciamo di andarsene, lei se ne va, senza obiezioni. Può accettare questi termini, signorina Hunt?”
“Sì,” rispose lei senza esitazione, che accettasse realmente di aderirvi o meno.
“Allora, in attesa di autorizzazione da parte del mio superiore, potete procedere.”
Jessie guardò Decker, che pareva essere impegnato a contenere un sorriso.
“Vuole conoscere il suo collega temporaneo?” le chiese.
CAPITOLO QUATTRO
Jessie non era impressionata.
L’agente dell’FBI prestato al dipartimento per il caso di accoltellamento assomigliava a un vecchio giocatore di baseball chiamato a giocare perché tutti i migliori erano infortunati. Mentre gli andava incontro per presentarsi, Jessie notò che l’uomo, che sembrava essere – anno più anno meno – sulla quarantina, aveva una pancia piuttosto prominente per essere un agente dell’FBI.
Oltre a questo, i capelli erano lunghi e spettinati, e quasi del tutto grigi. Il volto segnato e l’odore di mare suggerivano che passasse più tempo a fare surf che a lavorare su un caso. Il soprabito che indossava aveva il colletto liso e il nodo della cravatta appariva allentato. E anche se era soltanto mattina, aveva già accumulato un’impressionante gamma di macchie di cibo sui pantaloni stropicciati.
“Jack Dolan,” disse, porgendole la mano mentre si avvicinava, ma senza aggiungere alcuna altra forma di saluto.
“Jessie Hunt,” disse lei, cercando di non sussultare per la sua stretta salda e forte.
“Ah sì, la famosa profiler forense, barra figlia di un serial killer, barra donna che sussurra agli psicopatici, che si nasconde dagli uomini che colpiscono di notte.”
“È quello che c’è scritto sul mio biglietto da visita,” rispose Jessie con tono acido, non proprio allietata dai presupposti che quel tizio stava elencando così su due piedi.
“Agente Dolan,” si intromise Decker, interrompendo il gelido scambio, “dato che il caso di accoltellamento di Studio City ha diverse potenziali caratteristiche tipiche sia di Xander Thurman che di Bolton Crutchfield, abbiamo deciso che la signorina Hunt debba unirsi a lei per valutare se ci sia la probabilità che uno di loro possa essere il responsabile.”
Dolan guardò Decker, poi Jessie e infine Murph.
“Quindi,” chiese, apparentemente confuso. “Ora sono io a farle da baby sitter? O facciamo a gara per chi arriva per primo?”
Jessie aprì la bocca, incerta su cosa poter dire senza dover ricorrere a delle parolacce. Ma prima che potesse anche solo dire una parola, Decker rispose.
“La consideri la sua collega per la durata del caso. Scommetto che lei coprirebbe le spalle di un collega, giusto, agente Dolan? Questo non è un caso diverso.”
Dolan trattenne la lingua. Con la coda dell’occhio, Jessie vide Murph che sopprimeva un sorriso. Si rivolse allora a Decker.
“Posso parlarle privatamente un secondo?” gli chiese.
Lui annuì ed entrambi fecero per uscire in corridoio.
“Aspettate,” disse Murph. “Usciamo io e l’agente. Voi due parlate qui: meno persone vi vedono e meglio è.”
Dopo che furono usciti, Jessie si voltò verso Decker con occhi di fuoco.
“È una specie di punizione? È per questo che mi sta mettendo a lavorare con questo tipo? Non potrebbe semplicemente sollevare Hernandez dal caso che sta seguendo e mettermi in squadra con lui?”
“Il detective Hernandez non è disponibile,” rispose lui con tono indifferente ma deciso. “Non andiamo a tirare fuori dei detective da un caso di triplice omicidio per accontentare i capricci di altri agenti. Non si aspetti di sentirlo a breve. Se accade, significa che non sta facendo il suo lavoro. Inoltre Dolan è più qualificato per questo caso. Ed è lui che è stato messo a disposizione dal Bureau. Quindi trovi un modo per lavorarci insieme. Altrimenti se ne può tornare alla sua casa di sicurezza. Sta a lei decidere, Hunt.”
*
Il tragitto in auto fino a Studio City fu particolarmente spiacevole.
Dolan chiaramente non era felice di dover viaggiare nel sedile posteriore di una berlina guidata da un agente federale. Murph e Toomey allo stesso modo non erano entusiasti di dover fare da autisti a due scontrosi investigatori. E Jessie era più o meno scocciata per tutto.
Nonostante quello che Dereck le aveva detto, si sentiva come se ci fossero tre baby sitter con lei nell’auto, e altri due nel veicolo che li seguiva. A quanto pareva il suo collega considerava il suo coinvolgimento nel caso solo una concessione simbolica. E gli agenti federali erano chiaramente risentiti per aver assunto quel ruolo di valletti accompagnatori. Quando arrivarono sulla scena del crimine, erano tutti tesi.
Toomey trovò facilmente la casa. Era la bella casetta a un piano in stile spagnolo con mezza dozzina di auto della polizia e infinite strisce di nastro giallo attorno. C’erano anche due furgoncini della televisione. L’agente passò oltre e parcheggiò a metà dell’isolato, dove nessuno li avrebbe visti.
“Come ci organizziamo?” chiese al resto dell’equipaggio. “Non possiamo permettere che la Hunt si faccia vedere entrare in quella casa. Se questa è opera di Thurman o di Crutchfield, staranno molto attenti se lei si fa vedere o meno. E anche se non si tratta di loro, certo non vogliamo che la sua faccia venga spiattellata su tutti i notiziari.”
Jessie aspettò che qualcuno di loro suggerisse la soluzione più ovvia. Vedendo che non lo facevano, prese la parola.
“Andiamo verso il retro,” ordinò loro. “Non c’è nessun vialetto. Significa che c’è un accesso al garage dal viale. Lì saremo alla larga dalle troupe televisive, che non riusciranno a portare i loro grossi furgoni da quella parte. In questo modo dovremmo riuscire ad entrare senza avere troppe videocamere o macchine fotografiche nelle vicinanze.”
Nessuno parve avere obiezioni, quindi Toomey rimise l’auto in moto e seguì le sue istruzioni. Avvisò via radio gli altri agenti per metterli a conoscenza del piano e disse loro di restare sulla strada principale.
In effetti lo stretto viale era bloccato da macchine di pattuglia da entrambi i lati. Loro passarono oltre e uscirono. Murph e Dolan mostrarono i badge all’agente più vicino, che li lasciò passare senza chiedere il documento né di Toomey, né di Jessie, che era ovviamente riluttante a rivelare la propria identità a chiunque, anche a un poliziotto.
Entrarono a piedi dal cancello sul retro e salirono i gradini del portico fino all’ingresso, dove un altro agente chiese le loro generalità. Questo era più riluttante a farli passare senza vedere i documenti di ciascuno. Ma Dolan si chinò in avanti e sussurrò all’orecchio dell’uomo qualcosa che Jessie non poté sentire. L’uomo annuì e fece un passo indietro per farli entrare.
Mentre varcavano la soglia, Jessie cercò di eliminare dalla propria testa tutti gli intoppi della mattinata per concentrarsi solo su ciò che la circondava. Ora si trovava impegnata in un caso e la vittima, chiunque essa sia, meritava tutta la sua attenzione.
La porta sul retro si apriva sulla cucina, che era in stile contemporaneo e ben fornita dei più moderni elettrodomestici. In effetti tutto sembrava così nuovo e intatto da sembrare che ogni cosa fosse stata messa a nuovo negli ultimi sei mesi. Qualcosa di quel posto le ricordava le ville nuove di zecca di tutte quelle ricche coppie della contea di Orange, dove lei aveva brevemente vissuto prima di venire a sapere che il suo attuale ex-marito, Kyle Voss, era un violento sociopatico.
“Chi vive qui?” chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Nell’angolo c’era agente in uniforme dall’aspetto giovane e con i capelli biondi che sentendola venne loro incontro.
“Pensavo che i detective avessero finito,” disse.