“L’FBI sta dando una mano,” spiegò Dolan, mostrando il suo cartellino e guardando la targhetta con il nome del giovane agente. “Può dirci qualcosa, agente Martin?”
“Sì, signore,” rispose Martin. “La casa è affittata a due donne. Gabrielle Cantu e Claire Stanton. La Stanton è la vittima. Aveva ventitré anni. È stata trovata questa mattina presto dalla Cantu e dall’uomo con cui era uscita.”
“Dove si trova ora la Cantu?” chiese Jessie.
“A casa dell’uomo,” rispose l’agente Martin. “Vive subito dopo la collina fuori da Mulholland Drive. La ragazza non ha familiari in città, quindi lui si è offerto di ospitarla fino a che non si sentirà meglio. È chiaro che non si senta a suo agio all’idea di tornare qui, e non lo sarà per un bel po’.”
“Dove è stata trovata la Stanton?” chiese Dolan.
“Nel bagno,” disse Martin. “Vi faccio vedere.”
Mentre faceva strada lungo il corridoio, Jessie notò che gli agenti federali Murph e Toomey stavano a distanza. Sembravano meno interessati ai dettagli del caso che a osservare tutti gli altri – agenti, gente presente sulla scena del crimine – all’interno della casa. Anche in una casa piena di agenti di polizia, tutto era considerato come potenziale minaccia per un testimone sotto protezione, nella fattispecie lei.
Jessie si chiese di che genere di affari si occupassero Gabrielle e Claire per potersi permettere di affittare un posto come quello ad appena vent’anni. Pensò che fossero entrambe impiegate in aziende di alto livello.
Ma la sua esperienza maturata fino ad ora in questo lavoro le diceva che era più probabile che fossero modelle o beneficiarie di fondi fiduciari. Poteva anche darsi che fossero attrici. E anche se era uno stereotipo, il fatto che abitassero nella San Fernando Valley aumentava le possibilità che si esibissero in spettacoli di varietà per adulti.
Il salotto aveva un grande televisore mega-schermo con altoparlanti per il dolby surround, poltrone in pelle e un angolo bar. Quando imboccarono il corridoio che portava alle camere, Jessie notò che non c’era molto da dire in materie di pezzi d’arte. C’erano gingilli e dispositivi tecnologici, ma niente che suggerisse che le tenutarie avessero investito a lungo termine sulla casa.
Quando raggiunsero la prima camera da letto, l’agente Martin si fermò.
“Questa era la stanza di Claire Stanton,” disse. “Il bagno la collega alla camera dell’altra ragazza. È così che l’ha trovata. La Stanton era nella vasca.”
“La squadra che si occupa della scena del crimine ha finito qui?” chiese Jessie. “Va bene se entriamo?”
“Sì. Il corpo è stato portato via. Se vuole le posso far mandare le foto dall’investigatore della scena del crimine.”
“Grazie,” rispose Jessie, entrando nel bagno.
Il corpo era stato anche portato via, ma i resti della carneficina erano ancora lì. Mentre il resto del bagno appariva intatto, la vasca, un modello in stile antico, posizionata al centro, era ricoperta di sangue, la maggior parte del quale si era raggrumato in una pozza scura e viscosa vicino al buco di scolo.
Mentre Jessie studiava la scena, le foto le arrivarono sul telefono dal CSI. Lei le aprì mentre Dolan, che aveva ricevuto lo stesso messaggio, faceva la stessa cosa con il suo telefono.
Nella prima immagine il corpo di Claire Stanton si vedeva steso nella vasca, a faccia in su, con un braccio allungato fuori dal bordo. Aveva gli occhi sgranati e il sangue le scendeva dal collo, ricoprendole il petto e buona parte del volto.
Ciononostante, si vedeva che la ragazza era bella, anche più delle camionate di bellocce che aspiravano a Hollywood. Bionda e piccolina, con gambe e braccia toniche e abbronzate, assomigliava alla cheerleader principale di una grossa università.
Altre fotografie mostravano particolari del collo e delle ferite inferte. Anche se era difficile esserne sicuri, una prima ispezione dei tagli, irregolari e sbrindellati, dava l’impressione che non fossero stati causati da coltelli. Se Jessie avesse dovuto indovinare, avrebbe detto un cacciavite o…
“Chiavi,” disse Dolan.
“Cosa?” chiese l’agente Martin dall’angolo della stanza.
“Queste ferite al collo, sembrano fatte con delle chiavi lunghe. Gli operatori che hanno lavorato sulla scena del crimine hanno detto qualcosa al riguardo?”
“Non ero nei paraggi mentre stavano valutano la scena, agente,” ammise.
“Penso che tu abbia ragione,” disse Jessie. “È come se i colpi fossero arrivati da diverse angolazioni, affondando a profondità differenti, quasi come se l’aggressore tenesse in mano diverse chiavi e gliele abbia piantate tutte nel collo contemporaneamente.”
“Non sapevo che avessi un addestramento in analisi della scena del crimine,” disse Dolan, inarcando le sopracciglia scettico.
“Non ce l’ho. Ma ho imparato a vedere quello che ho davanti agli occhi,” ribatté lei. “E ho anche una certa esperienza in aggressioni con armi da taglio. Cosa più importante, ho una formazione in comportamento psicologico. E sulla base delle immagini preliminari che abbiamo qui, direi che stiamo probabilmente trattando una scena di crimine passionale, piuttosto che un’aggressione premeditata.”
“Come fai a dirlo?” chiese Dolan, senza mettersi a discutere.
“È difficile immaginare che uno premediti di scegliere le chiavi come metodo d’attacco. È un casino e non è certo uno strumento sicuro in termini di efficacia. A me sembra più una cosa improvvisata.
“Un crimine passionale?” ripeté Dolan con tono canzonatorio.
“È un cliché, ma sì.”
“Questo non dà grosso sostegno della teoria che si sia tratto di Crutchfield o di Thurman,” puntualizzò lui. “Da quello che ho capito, sono entrambi piuttosto meticolosi.”
“Sono d’accordo che in questo modo la cosa appaia meno probabile.”
“Quando è arrivata la chiamata?” chiese Dolan, rivolgendosi di nuovo all’agente Martin.
“Un po’ dopo le due del mattino. La Cantu e il suo compagno erano tornati da una serata fuori. Lei è andata in bagno e l’ha trovata. L’uomo, che si chiama Carter Harrington, ha chiamato il nove-uno-uno.”
Dolan girò per il bagno per qualche altro secondo, l’espressione annoiata.
“Penso che abbiamo raccolto tutto quello di cui avevamo bisogno qui,” disse, rivolgendosi a Jessie. “Che ne dici se andiamo a trovare Gabrielle Cantu e vediamo se ci può dare un po’ di dettagli in più?”
Jessie annuì. Aveva la percezione che stesse tentando di trascinare avanti le cose. Se questo caso non era collegato a uno dei suoi eccezionali serial killer, chiaramente l’agente aveva intenzione di stabilirlo rapidamente, in modo da poter scaricare tanto il caso quanto lei nel minor tempo possibile.
Anche se la cosa le pareva uno sgarbo, Jessie non poteva biasimarlo completamente. Era un agente che inseguiva dei serial killer, non vittime di goffi omicidi messi in atto con un mazzo di chiavi. E anche se odiava ammetterlo, lo era anche lei.
CAPITOLO CINQUE
Qualsiasi cosa facesse nella vita il partner di Gabrielle, Carter Harrington, certo era ben pagato. La cartella che Jessie aveva letto mentre si recavano lì lo identificava solo come ‘investitore commerciale’, il che poteva significare praticamente ogni cosa. La sua villa contornata da mura sulla Briar Summit Drive, subito fuori dalla Mulholland Drive, era una casa di tre piani con veduta sia sulla San Fernando Valley che sul lato ovest di Los Angeles. Dopo aver suonato e aver ottenuto l’accesso dal grande cancello d’ingresso, l’auto con Jessie, Dolan, Murph e Toomey percorse il viale fino al posteggio di fronte all’abitazione. Gli altri agenti rimasero fuori dalla proprietà all’interno del loro veicolo.
Carter Harrington uscì per accoglierli. Un uomo tra i quaranta e cinquant’anni, con i capelli sale e pepe e il fisico atletico che suggeriva avesse tempo a volontà per allenarsi, Harrington indossava un outfit casual, con una maglietta polo, pantaloncini da spiaggia e sandali. Sorrise, ma dai suoi occhi arrossati e annebbiati era chiaro che era stato sveglio tutta la notte.
“Carter Harrington,” disse porgendo la mano a Jessie prima e poi a Dolan. “Spiacente di fare la vostra conoscenza in circostanze simili.”
“Certo,” disse Jessie. “Io sono Jessie Hunt del Dipartimento di Polizia di Los Angeles e questo è Jack Dolan dell’FBI. Grazie per aver acconsentito a riceverci così rapidamente.”
“L’FBI?” chiese Harrington, chiaramente sorpreso. “E i detective con cui ho parlato alla casa?”
“Oh, loro sono ancora la squadra primaria in questa indagine,” disse Dolan con disinvoltura. “Ma stiamo trattando questo caso come un affare multi-giurisdizionale. Non è cosa insolita.”
Harrington parve accettare la risposta, anche se a parere di Jessie era completamente priva di significato, il che era probabilmente il motivo per cui Dolan l’aveva data.
“Dove si trova la signorina Cantu?” chiese Jessie.
“Oh, giusto,” disse l’uomo, come se avesse ricordato in quel momento il motivo della loro visita. “Gabby è in salotto a guardare la TV. Ha preso una dose di Zoloft per calmarsi, ma è sveglia. Credo siate capitati nel momento giusto. È cosciente, ma non agitata.”
“Ottimo,” disse Dolan. “Magari potrebbe darci la sua versione degli eventi mentre ci dirigiamo verso di lei.”
“Certo,” disse Harrington, prima di notare che solo Murph si univa a loro, mentre Toomey restava in auto.”
“Ehm, che succede al vostro amico lì?” chiese.
“Oh, è qui per supporto morale,” disse Dolan senza mezzi termini. “Non presti attenzione a lui o a quest’altro tizio. Siamo io e la Hunt a gestire i dettagli del caso.”
“Ok,” rispose Harrington, facendo loro strada in casa senza aggiungere altro anche se era ovviamente perplesso dall’intera faccenda.
“Allora,” disse Jessie, cercando di spostare l’attenzione altrove. “Cosa stavate facendo in casa ieri notte?”
“Giusto. Quello,” disse, improvvisamente a disagio mentre percorrevano un corridoio con le pareti rivestite di legno. “Io e Gabby eravamo stati fuori la sera. Era il nostro primo appuntamento e siamo andati a ballare in un paio di locali. Lei mi ha invitata a casa sua e io ho accettato. Mi stavo… accomodando in camera sua mentre lei andava un attimo in bagno. Di colpo l’ho sentita gridare e sono corso dentro. Ho trovato quello che hanno visto poi i vostri colleghi. La sua coinquilina era distesa nella vasca. Ho chiamato subito il nove-uno-uno. Ci siamo messi in salotto e siamo rimasti lì fino a che non sono arrivati gli aiuti.”
“Non aveva mai incontrato Claire prima?” chiese Dolan.
Harrington si fermò davanti all’ingresso di una grande stanza che Jessie ipotizzò essere il salotto. Poteva sentire il rumore della TV di sottofondo.
“No. Non sapevo neanche che Gabby aveva una coinquilina. Come ho detto, era il nostro primo appuntamento. Avevamo solo parlato al telefono e ci eravamo scambiati dei messaggi.”
“Come ha conosciuto Gabby?” chiese Jessie, cercando di assumere un tono il più indifferente possibile.
“Tramite un sito per appuntamenti,” le rispose lui.
E tua moglie lo sa?
Jessie era tentata di fare la domanda, ma decise di trattenersi per più tardi, se ce ne fosse stato bisogno. Il cerchio di pelle chiara sul dito altrimenti abbronzato di Harrington suggeriva che fosse un neo-divorziato o che si fosse tolto la fede per l’occasione.
“Le spiace presentarci?” chiese Dolan. “Non vogliamo spaventarla entrando così.”
“Certamente,” disse Harrington, conducendoli nell’ampio salotto, con il soffitto a volta e le finestre a vetri che andavano da pavimento a soffitto.
“Gabby,” disse l’uomo con voce decisa ma gentile. “C’è qui della gente che vorrebbe vederti.”
Una donna sdraiata su una chaise lounge alzò la testa. Anche se sembrava esausta e aveva gli occhi rossi, probabilmente per aver pianto per ore, era comunque bellissima. Più esotica e sensuale dell’amica Claire, che aveva un look da perfetta americana, Gabrielle aveva lunghi capelli scuri che le cadevano a cascata oltre le spalle. Mentre si tirava su sedendosi, Jessie vide che aveva quel genere di corpo voluttuoso capace di convincere uno come Carter Harrington a nascondere la propria fede nuziale.
“Chi sono?” chiese la ragazza, in parte spaventata e in parte sulla difensiva.
“Mi chiamo Jessie, Gabby,” rispose Jessie con tono gentile, prendendo l’iniziativa. “Questo è Jack. facciamo parte della squadra che indaga su ciò che è successo la scorsa notte. Sappiamo che hai già risposto ad alcune domande, ma ne abbiamo delle altre per te. Pensi di potercela fare?”
“Immagino di sì,” rispose Gabby con riluttanza.
“Grazie,” disse Jessie, avvicinandosi e sedendosi sul divano più vicino alla poltroncina. “Cercheremo di fare veloci. So che sarai distrutta.”
Gabby annuì, poi guardò verso l’angolo della stanza.
“Quello chi è?” chiese, indicando l’agente federale che si era posizionato tra l’ingresso al salotto e il corridoio che avevano appena attraversato.
“Quello è Murph,” disse Jessie. “Non è un gran chiacchierone. Ma è davvero intelligente. Per lo più lui ascolta. Saremo io e Jack a fare le domande. Perché non ti siedi, Jack?”
Lanciò a Jack la sua migliore occhiata da ‘siediti che la stai terrorizzando’. L’agente parve capire e prese posto.
“Allora, iniziamo con questo, Gabby,” cominciò Jessie. “Sai se qualcuno avesse minacciato Claire recentemente? Magari un ex o un collega con cui aveva bisticciato?”
Gabby rimase seduta un momento, rovistando nella propria memoria.
“Niente che mi venga in mente,” disse alla fine. “Era uno zuccherino. Era difficile che qualcuno si potesse davvero arrabbiare con lei.”
“Davvero?” insistette Jessie. “Una bella ragazza come lei… mi verrebbe da immaginare che probabilmente dovesse avere a che fare con pretendenti delusi.”
“Forse. Può darsi. Ma era davvero brava a mollare con facilità i tipi con cui usciva. Proprio come ieri: l’ho sentita al telefono che diceva a qualcuno che non poteva più vederlo. È stata davvero gentile.”
“Quindi ha avuto effettivamente una discussione recentemente,” sottolineò Dolan.
“Oh sì, direi di sì,” disse Gabby, sembrando accorgersi solo ora che la chiamata corrispondeva a ciò che Jessie aveva appena descritto.
“Con chi stava parlando?” chiese Jessie rapidamente, non volendo che l’atmosfera si facesse troppo accusatoria.
“Non lo so. L’altra voce sulla linea era forte. Ma io ero in un’altra stanza. Non volevo che Claire si accorgesse che stavo ascoltando. Voi non potete rintracciare questo tipo di cose?”
“Sì, Gabby, possiamo farlo,” la rassicurò Jessie. “Cos’altro ci puoi dire della scorsa notte?”
“Ho già raccontato agli altri detective dell’appuntamento che aveva quella sera. Di solito teneva tutti i dettagli nel telefono.”
“È possibile che abbia portato il tipo a casa, come hai fatto tu con Carter?” chiese Jessie.
“Ne dubito,” disse Gabby, mettendosi più comoda sulla poltrona. Sembrava che la mente le si stesse un po’ annebbiando.
“Perché no?” chiese Jessie.
“Non le piaceva portare gli uomini a casa nostra. Se si sentiva… in vena, di solito andava lei a casa loro. Non le piaceva che la gente sapesse dove viveva. Aveva avuto alcune brutte esperienze, sapete?”
“A dire il vero,” intervenne Dolan con tono scocciato, “no, non lo sappiamo. Ma sembra esattamente il genere di cosa che ci piacerebbe seguire. Puoi darci dei nomi?”
“Non me ne viene in mente nessuno,” disse Gabby,” ignara del fatto che si stava ripetutamente contraddicendo. “Non tenevo le fila di quelli con cui usciva, a meno che lei non dicesse il nome un po’ di volte. Immaginavo che se non era abbastanza importante per lei, non serviva che me lo fissassi nella memoria neppure io.”