“Con tutta la squadra di poliziotti?” chiese lei con tono scherzoso. Pochi mesi prima i suoi genitori si erano trasferiti da casa loro a una struttura abitativa popolata per lo più da pensionati del dipartimento di polizia di Las Cruces, del Dipartimento dello Sceriffo e dell’FBI.
“No, solo noi due. Stavo pensando a una cenetta a lume di candela. Ma in un posto dove sia possibile metterle affianco un secchio in caso le venga da vomitare.”
“Sei veramente un romanticone, pa’.”
“Ci provo. E a te come va? Mi pare di capire che hai passato l’addestramento dell’FBI.”
“Cosa te lo fa capire?”
“Perché sapevi che te l’avrei chiesto, e non mi avresti chiamato se non ci fossero state buone notizie in merito.”
Questa Jessie doveva concedergliela. Per essere un vecchio lupo, era ancora piuttosto sveglio.
“Sono passata,” gli confermò. “Ora sono di nuovo a Los Angeles. Ricomincio a lavorare domani e sto… svolgendo delle commissioni.”
Non voleva preoccuparlo con la sua attuale reale destinazione.
“Mi pare di cattivo auspicio. Perché ho la sensazione che tu non stia facendo la spesa?”
“Non intendevo farla apparire così. Mi sa che sono solo ancora frastornata dal viaggio. Sono quasi arrivata,” mentì. “Meglio che chiami di nuovo stasera o aspetto domani? Non voglio rovinare la tua seducente cena con secchio del vomito al seguito.”
“Magari domani,” le consigliò lui.
“Ok, di’ ciao a ma’. Vi voglio bene.”
“Anch’io ti voglio bene,” le disse, e riagganciò.
Jessie cercò di concentrarsi sulla strada. Il traffico stava peggiorando e il tragitto verso la struttura del DNR, che richiedeva generalmente circa tre quarti d’ora, le lasciava ancora una buona mezz’ora di guida.
Il DNR, acronimo di Divisione Non Riabilitativa, era una speciale unità isolata affiliata all’Ospedale di Stato-Metropolitano di Norwalk. L’ospedale principale era la sede di una vasta gamma di esecutori malati di mente, ritenuti incapaci di essere detenuti in una prigione convenzionale.
Ma l’annesso del DNR, sconosciuto al pubblico e quasi alla maggior parte del personale della polizia e dei medici addetti alla salute mentale, ricopriva un ruolo più clandestino. Era progettato per ospitare un massimo di dieci malviventi tenendoli isolati dalla rete. In questo momento c’erano solo cinque persone trattenute lì, tutti uomini, tutti stupratori o assassini seriali. Uno di loro era Bolton Crutchfield.
La mente di Jessie andò con il ricordo all’occasione più recente in cui era stata lì a fargli visita. Era stato il loro ultimo incontro prima di partire per l’Accademia Nazionale, anche se non gliel’aveva detto. Jessie aveva fatto visita a Crutchfield regolarmente dall’ultimo autunno, quando aveva ottenuto il permesso di interrogarlo come parte del suo tirocinio di laurea specialistica. Secondo il personale lì presente, quasi nessun medico o ricercatore era mai riuscito a parlargli. Ma per motivi che non le erano stati chiari se non verso la fine, lui aveva acconsentito a parlarle.
Nel corso delle ultime settimane avevano raggiunto una sorta di accordo. Lui avrebbe discusso i particolari dei suoi crimini, inclusi metodi e moventi, se lei avesse condiviso con lui alcuni dettagli della propria vita. Inizialmente era sembrato un baratto onesto. Dopotutto l’obiettivo di Jessie era diventare una profiler criminale specializzandosi nei serial killer. Averne uno propenso a discutere dei dettagli di ciò che aveva fatto poteva rivelarsi un tesoro senza prezzo.
E si era poi presentato anche un vantaggio aggiunto. Crutchfield aveva un’abilità alla Sherlock Holmes nel dedurre le informazioni, anche se si trovava chiuso a chiave nella cella di un ospedale psichiatrico. Era riuscito a cogliere dettagli della vita di Jessie solo guardandola in faccia.
Aveva usato quella sua abilità, insieme alle informazioni sul caso che lei aveva condiviso, per darle indizi su diversi crimini, incluso l’assassinio di una ricca filantropa di Hancock Park. Le aveva anche messo la pulce nell’orecchio che il suo stesso marito potesse non essere affidabile come sembrava.
Sfortunatamente per lei, le sue abilità deduttive lavoravano anche contro di lei. Il motivo per cui aveva voluto inizialmente incontrare Crutchfield era che aveva notato come avesse modellato i suoi omicidi su quelli di suo padre, il leggendario serial killer Xander Thurman, mai catturato. Ma Thurman aveva commesso i suoi crimini nelle campagne del Missouri oltre vent’anni prima. Sembrava una scelta oscura e fatta a caso per un killer con pianta stabile nella California meridionale.
Ma era venuto fuori che Bolton era un grande ammiratore di suo padre. E quando Jessie aveva iniziato a fargli domande sul suo interesse per quei vecchi omicidi, non gli ci era voluto molto per mettere insieme i pezzi del puzzle e capire che la giovane donna che aveva davanti era personalmente collegata a Thurman. Alla fine aveva ammesso di sapere che lei era sua figlia. E le aveva anche rivelato un tassello in più: due anni prima aveva incontrato suo padre.
Con voce gioiosa l’aveva informata che suo padre era entrato nella struttura sotto le mentite spoglie di un medico ed era riuscito ad avere una lunga conversazione con il prigioniero. A quanto pareva stava cercando sua figlia, che aveva cambiato nome e che era stata inserita nel Programma Protezione Testimoni dopo l’uccisone della madre. L’uomo sospettava che un giorno lei sarebbe andata a trovare Crutchfield, dato che i loro crimini erano simili. Thurman voleva che Crutchfield gli facesse sapere se lei si sarebbe fatta viva, fornendogli poi nome e luogo in cui si trovava.
Da quel momento in poi la loro relazione aveva avuto una disparità che l’aveva messa incredibilmente a disagio. Crutchfield le forniva ancora informazioni sui suoi crimini e dettagli sugli altri. Ma entrambi sapevano che era lui ad avere tutte le carte in mano.
Sapeva il suo nuovo nome. Sapeva che aspetto aveva. Conosceva la città in cui viveva. A un certo punto era venuta a sapere che aveva addirittura scoperto che abitava nell’appartamento dell’amica Lacy. E a quanto pareva, nonostante fosse incarcerato in una struttura ipoteticamente segreta, era in grado di dare a suo padre tutti quei dettagli.
Jessie era piuttosto certa che quello fosse almeno parte del motivo per cui Lacy, un’aspirante stilista di moda, aveva colto al volo l’occasione di un lavoro a Milano per sei mesi. Era un’opportunità grandiosa, ma era anche mezzo mondo di distanza dalla vita pericolosa di Jessie.
Quando Jessie uscì dall’autostrada, pochi minuti prima di raggiungere il DNR, ricordò come Crutchfield avesse tirato alla fine il colpo decisivo della tacita minaccia che era sempre rimasta sospesa durante i loro incontri.
Forse l’aveva fatto perché sentiva che lei se ne sarebbe andata per diversi mesi. Forse era solo per dispetto. Ma l’ultima volta che lei aveva guardato attraverso il vetro fissando i suoi occhi infidi, lui le aveva scagliato addosso una bomba.
“Farò una piccola chiacchierata con tuo padre,” le aveva detto con quel suo raffinato accento meridionale. “Non voglio rovinare le cose dicendo quando, ma sarà una cosa adorabile, ne sono certo.”
Lei era riuscita a malapena a pronunciare la parola: “Quando?”
“Oh, non preoccuparti di questo, signorina Jessie,” le aveva risposto con tono mirato a darle sollievo. “Sappi solo che quando parleremo, mi assicurerò di portargli i tuoi saluti.”
Mentre entrava nella proprietà dell’ospedale, Jessie si pose la stessa domanda che l’aveva divorata da allora, quella che era capace di levarsi dalla testa solo quando si concentrava intentamente su altri lavori: l’aveva fatto davvero? Mentre lei era stata via a imparare come catturare gente come lui o suo padre, i due si erano veramente incontrati una seconda volta, nonostante tutte le precauzioni di sicurezza progettate per prevenire proprio quel genere di cose?
Aveva la sensazione che quel mistero fosse sul punto di essere risolto.
CAPITOLO CINQUE
Entrare nell’unità DNR era proprio come ricordava. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione all’accesso nel campus interno all’ospedale attraverso un cancello sorvegliato, portò l’auto dietro all’edificio principale avvicinandosi a una struttura più piccola e anonima sul retro.
Era uno stabile in cemento e acciaio a un solo piano, in mezzo a un parcheggio asfaltato. Si vedeva solo il tetto da dietro un’altra recinzione in filo spinato colorato di verde che circondava l’intera proprietà.
Jessie passò attraverso il secondo cancello sorvegliato per accedere al DNR. Dopo aver parcheggiato, proseguì a piedi fino all’accesso principale, fingendo di ignorare le numerose videocamere di sicurezza che seguivano ogni suo passo. Quando arrivò alla porta esterna, aspettò che venisse aperta per farla entrare. Diversamente dalla prima volta che era stata lì, ora la conoscevano e la ammettevano solo vedendola.
Ma questo valeva solo per la porta esterna. Dopo aver attraversato un piccolo cortile, raggiunse l’ingresso principale della struttura, che aveva delle spesse porte in vetro antiproiettile. Strisciò la sua carta personale e la luce del pannello divenne verde. Poi l’agente addetto alla sicurezza dietro al bancone, che poteva vedere a sua volta il colore della luce, la fece entrare completando così il processo.
Jessie si trovava ora in un piccolo vestibolo in attesa che la porta esterna si chiudesse. L’esperienza le aveva insegnato che la porta interna si poteva aprire solo quando quella esterna si era chiusa del tutto. Quando si sentì il sonoro scatto della serratura, la guardia di sicurezza sbloccò la porta interna.
Jessie entrò, e qui trovò ad attenderla un secondo agente armato. L’uomo raccolse i suoi effetti personali, che erano minimi. Aveva imparato nel tempo che era meglio lasciare quasi tutto in macchina, dove non c’era nessun pericolo che qualcuno facesse irruzione.
La guardia la perquisì e poi le fece cenno di andare verso lo scanner a onde millimetriche in stile aeroporto che dava una visione dettagliata del suo corpo. Dopo esservi passata attraverso, i suoi oggetti le venivano restituiti senza una parola. Era l’unica indicazione che le era consentito proseguire.
“Incontrerò l’agente Gentry?” chiese all’agente dietro al banco.
La donna sollevò lo sguardo e la guardò con espressione di completo disinteresse. “Esce tra un momento. Aspettala vicino alla porta dell’Area preparatoria di transizione.”
Jessie seguì le istruzioni. L’Area preparatoria di transizione era la stanza dove tutti i visitatori andavano a cambiarsi prima di interagire con un paziente. Una volta entrati, veniva loro richiesto di indossare un camice grigio stile ospedale, togliersi ogni gioiello e levarsi eventuale trucco dal viso. Come le avevano raccomandata, questi uomini non avevano bisogno di ulteriori stimoli.
Un momento dopo l’agente Katherine ‘Kat’ Gentry uscì dall’area preparatoria per salutarla. Era bello vederla. Sebbene non fossero esattamente andate d’amore e d’accordo da subito quando si erano conosciute la scorsa estate, ora le due donne erano amiche, unite dalla condivisa consapevolezza dell’oscurità che si celava dentro a certe persone. Jessie era arrivata a fidarsi così tanto di lei che Kat era una delle cinque o sei persone al mondo che sapevano che lei era la figlia del Boia dell’Ozarks.
Mentre Kat veniva verso di lei, Jessie notò ancora una volta la perfezione del capo della sicurezza del DNR. Fisicamente imponente nonostante fosse alta poco più di un metro e settanta, il suo corpo da 65 chili era quasi interamente fatto di muscoli e volontà d’acciaio. Ex Ranger dell’esercito, aveva eseguito due tour in Afghanistan e portava i resti di quei giorni stampati sul volto, butterato per le bruciature da frammenti di proiettile e con una lunga cicatrice che partiva subito sotto l’occhio sinistro e percorreva il volto verticalmente fino al lato della guancia. Gli occhi grigi erano misurati, attenti nell’osservare ogni minimo dettaglio e valutare se fosse o meno una minaccia.
Chiaramente non considerava tale Jessie. Sorrise e la strinse in un solido abbraccio.
“Da quanto tempo, signora FBI,” le disse con entusiasmo.
Jessie annaspò per riprendere fiato dopo quella stretta possente, parlando solo quando se ne fu liberata.
“Non appartengo all’FBI,” le ricordò. “Ho solo preso parte al programma di addestramento. Sono ancora affiliata al Dipartimento di Polizia di Los Angeles.”
“Come vuoi,” disse Kat chiudendo il discorso. “Stavi a Quantico, hai lavorato con le autorità del tuo campo, hai imparato belle cose sulle tecniche dell’FBI. Se ho voglia di chiamarti signora FBI, lo faccio.”
“Sei significa che non mi spaccherai la schiena a metà, puoi chiamarmi come ti pare.”
“Detto questo, penso che non potrò più farlo,” puntualizzò Kat. “Mi sembri più forte di prima. Mi pare di capire che non ti hanno fatto lavorare solo di cervello mentre stavi lì.”
“Sei giorni alla settimana,” le raccontò Jessie. “Lunghe corse, percorsi a ostacoli, autodifesa e addestramento con le armi. Diciamo che mi hanno veramente fatto il culo dandomi una forma piuttosto decente.”
“Mi devo preoccupare?” chiese Kat con finta preoccupazione, facendo un passo indietro e sollevando le braccia sulla difensiva.
“Non penso di essere una minaccia per te,” ammise Jessie. “Ma mi sento in grado di potermi proteggere contro qualsiasi persona sospetta, cosa che non era decisamente possibile prima. In retrospettiva, sono stata fortunata ad essere sopravvissuta ad alcuni dei miei più recenti incontri.”
“È meraviglioso, Jessie,” disse Kat. “Magari dovremmo allenarci un giorno o l’altro. Giusto un paio di round per tenerti in forma.”
“Se con un po’ di round intendi un po’ di round di spari, ci sto. Così potrei prendermi una piccola pausa dalla corsa e ginnastica quotidiana.”
“Ritiro tutto quello che ho detto,” disse Kat. “Sei sempre la solita pappamolle di sempre.”
“Oh, ecco la Kat Gentry che ho imparato a conoscere e ammirare. Sapevo che c’era un motivo per cui eri la prima persona che volevo vedere quando sono tornata in città.”
“Sono lusingata,” disse Kat. “Ma penso che entrambe sappiamo che non sono io la persona per cui sei venuta qui. La finiamo con le chiacchiere e andiamo dentro?”
Jessie annuì e seguì Kat nell’Area preparatoria di transizione, dove sterilità e silenzio misero fine allo slancio giocoso del loro incontro.
*
Quindici minuti dopo, Kat condusse Jessie alla porta che connetteva l’ala di sicurezza del DNR ad alcune delle persone più pericolose del pianeta. Erano già state nel suo ufficio per un aggiornamento riguardante gli ultimi mesi, che erano stati sorprendentemente privi di eventi.
Kat l’aveva informata che non appena Crutchfield l’aveva minacciata di un imminente incontro con suo padre, la già serrata sicurezza era stata aumentata ancora di più. La struttura aveva aggiunto ulteriori videocamere di sicurezza e ancora più verifiche dell’identità dei visitatori.
Non c’erano prova che Xander Thurman avesse tentato di fare visita a Crutchfield. I suoi soli ospiti erano stati il medico che veniva ogni mese a controllare le sue funzioni vitali, lo psichiatra con cui non parlava quasi mai e un detective del Dipartimento di Polizia di Los Angeles che aveva sperato, inutilmente, che Crutchfield condividesse informazioni su un caso congelato su cui stava lavorando, e il suo avvocato d’ufficio che si era presentato solo per assicurarsi che non lo stessero torturando. Aveva a malapena dialogato con tutti loro.