“Papà, hai fatto i tramezzini con le uova”.
“Ed è un problema?” chiese Ryan, con le sopracciglia sollevate.
“Sai come la penso sulle uova. È come avere vomito dentro un panino”.
Con attenzione, scelse un muffin dalla parte opposta del piatto.
“Vomito dentro un panino?” La voce di Ryan univa sdegno e divertimento. “Maddie, non dovresti dire certe cose di fronte ad un’ospite”.
Fai attenzione, Cassie, quel ripieno all’uovo si attacca a tutto”, la avvertì Madison, facendo un’espressione penitente al padre.
Cassie percepì immediatamente una strana sensazione di appartenenza. Quel tipo di prese in giro era esattamente ciò che aveva sperato di trovare. Fino a quel momento, sembrava si trattasse di una famiglia normale e felice, con persone che si prendevano in giro l’una con l’altra, ma che al contempo si proteggevano l’un con l’altro. Era certa però che ognuno di loro avesse le proprie peculiarità. Si rese conto di quanto era stata inutilmente nervosa, e come si fosse aspettata che qualcosa sarebbe andato storto.
Cassie non aveva mangiato ancora niente, perché si sentiva in imbarazzo a farlo di fronte a Ryan. In quel momento si rese conto di quanto avesse fame, e decise che sarebbe stato meglio mangiare qualcosa prima che il suo stomaco la facesse imbarazzare con brontolii udibili.
“Ho deciso che proverò ad essere coraggiosa, e assaggerò un tramezzino”, si offrì.
“Grazie. Sono sollevato per il fatto che qualcuno possa apprezzare la mia eccellenza culinaria”, disse Ryan.
“Se vogliamo chiamarla così”, lo corresse Madison, facendo ridere Cassie.
Girandosi verso Cassie, disse “Papà cucina sempre. Ma odia pulire”.
“Verissimo”, confermò Ryan.
Maddie fece un altro respiro profondo e si rivolse verso la porta della cucina.
“Dylan”, urlò.
Poi, con tono normale, aggiunse “Oh, eccoti”.
Un ragazzo alto e smilzo entrò nella stanza. Aveva gli stessi lucidi capelli castani della sorella e Cassie si chiese se si fosse alzato in statura di recente, perché sembrava essere un fascio di nervi.
“Ciao, piacere di conoscerti”, disse a Cassie, senza prestarle molta attenzione.
La ragazza potè notare nei lineamenti giovanili del ragazzo, la sua somiglianza col padre. Avevano la stessa mascella forte e gli zigomi ben definiti. Nel bel volto ovale di Madison riusciva a vedere meno somiglianza con il padre, e Cassie si chiese che aspetto avesse la madre dei bambini. C’erano fotografie di famiglia da qualche parte in casa? O il divorzio era stato talmente brutto che erano state tutte rimosse?
“Bisogna stringere la mano”, Ryan ricordò al figlio, e Dylan la tese, così che Cassie potè notare come fosse sporca di grasso per biciclette.
“Oh-oh, vieni qui”.
Ryan si affrettò verso il lavello, aprì il rubinetto e versò una grossa quantità di liquido per i piatti sulle mani del figlio.
Mentre Ryan era distratto, Cassie prese un altro panino.
“Che problema aveva la bicicletta?” chiese Ryan.
“La catena saltava ogni volta che cambiavo una marcia”, spiegò Dylan.
“Sei riuscito a sistemarla?” il padre osservava i progressi della pulizia con preoccupazione.
“Sì”, rispose Dylan.
Cassie si aspettava che il ragazzo spiegasse meglio, ma non fu così. Ryan gli passò un asciugamano e lui si asciugò, strinse la mano di Cassie per un rapido saluto formale e poi rivolse l’attenzione agli spuntini.
Dylan non disse molto mentre mangiava, ma Cassie fu colpita dall’enorme quantità di cibo che il ragazzo riuscì ad ingerire in pochi minuti. Il piatto era quasi vuoto quando Ryan lo mise al suo posto in frigorifero.
“Non avrai più fame a cena, se continui a mangiare, e ho deciso di fare gli spaghetti alla bolognese”, disse.
Tranquillo, che mangerò anche quelli”, promise Dylan.
Ryan chiuse il frigorifero.
“Bene, ragazzi, Ora voglio che andiate a cambiarvi, altrimenti vi prenderete un raffreddore”.
Quando furono usciti, Ryan rivolse l’attenzione verso Cassie, e lei si rese conto che sembrava ansioso.
“Che ne pensi? I bambini sono come te li aspettavi? Sono dei bravi ragazzi, anche se possono avere i loro momenti no”.
A Cassie i bambini erano piaciuti dal primo momento. Madison, in particolare, sembrava essere una ragazzina semplice da gestire, e Cassie non riuscì ad immaginarsi una situazione in cui si potesse rimanere senza niente da dire, con la bimba chiacchierona nei paraggi. Dylan pareva una persona più calma, introversa e complessa. Ma questo poteva anche essere dovuto alla sua maggiore età, e al fatto che stesse entrando nell’adolescenza. Aveva senso il fatto che non avesse molto da dire alla ragazza alla pari di ventitré anni.
Ryan aveva ragione, parevano bambini semplici, e cosa ancora più importante, lui sembrava un padre che l’avrebbe aiutata in caso di qualunque problema.
La decisione era presa, dunque. Avrebbe accettato il lavoro.
“Sembrano adorabili. Sarei felice di lavorare per voi per le prossime tre settimane”.
Il volto di Ryan si illuminò.
“Oh, fantastico. Sai Cassie, dal primo momento in cui ti ho vista - anzi, da quando abbiamo parlato al telefono - ho sperato che accettassi. C’è qualcosa riguardo la tua energia che mi intriga. Mi piacerebbe molto sapere che cosa hai passato, cosa ti ha formato, perché sembri - non so come descriverlo. Saggia, matura. In ogni caso, sento che i miei figli saranno in ottime mani”.
Cassie non sapeva cosa dire. Le lodi di Ryan la misero a disagio.
Ryan aggiunse “I bambini saranno felicissimi; posso vedere che gli piaci di già. Lascia che ti mostri la tua stanza e la casa, così puoi sistemarti. Hai le tue valigie con te?”
“Sì, ho tutto”.
Sfruttando un attimo di tregua dalla pioggia, Ryan la accompagnò alla macchina e sollevò le pesanti valigie senza difficoltà, trasportandole nell’atrio.
“Abbiamo un solo garage, dimora della Land Rover, ma parcheggiare sulla strada è totalmente sicuro. La casa è abbastanza semplice. Abbiamo un salotto sulla destra, la cucina di fronte, e sulla sinistra vi è una sala da pranzo che non usiamo quasi mai e che, quindi, è diventata una stanza per fare puzzle, leggere e giocare. Come puoi vedere”.
Ryan sospirò, guardando all’interno della stanza.
“Chi è l’appassionato di puzzle?”
“Madison. Ama usare la mani, fare lavoretti, e qualunque cosa la tenga occupata”.
“E ama anche lo sport?” Chiese Cassie. “Ha un sacco di talenti”.
“Temo che, con Madison, il problema siano i compiti. Ha bisogno di supporto dal quel punto di vista, soprattutto in matematica. Perciò tutto l’aiuto che potrai offrirle, anche se si trattasse solo di supporto morale, sarebbe fantastico”.
“E Dylan?”
“È un ciclista appassionato, ma non gli interessa nessun altro sport. Ha una mente molto meccanica, e ha ottimi voti a scuola. Non è molto socievole però, e con lui bisogna stare sempre molto attenti, perché se si sente sotto pressione può essere molto lunatico”.
Cassie annuì, grata per i consigli ricevuti in merito ai suoi nuovi doveri.
“Questa è la tua stanza. Mettiamo giù i bagagli”.
La piccola camera aveva una meravigliosa vista sull’oceano. Era decorata di bianco e turchese e sembrava in ordine ed accogliente. Ryan posò la valigia più grande ai piedi del letto, e quella piccola sulla poltrona a righe.
“Il bagno degli ospiti è lungo il corridoio. C’è la camera di Madison sulla destra e quella di Dylan sulla sinistra. E in fondo c’è la mia. Poi c’è un altro luogo che voglio mostrarti”.
La accompagnò ritornando indietro lungo il corridoio, ed entrarono nel soggiorno. Dall’altro lato dello stesso, dietro le porte finestre di vetro, Cassie notò un terrazzo arredato con mobili in ferro battuto.
“Wow”, sospirò Cassie. La vista sul mare da quel punto panoramico era meravigliosa. C’era un drammatico precipizio che dava sull’oceano, e poteva sentire le onde che si infrangevano contro le rocce.
“Questo è il mio luogo di pace. Mi siedo qui ogni sera dopo cena per rilassarmi, di solito con la compagnia di un bicchiere di vino. Sei la benvenuta ad unirti a me qualunque sera tu ne abbia voglia - il vino non è obbligatorio, ma di sicuro sono necessari vestiti caldi e anti-vento. Il balcone ha un tetto solido, ma non ha vetrate di protezione. Ho pensato di metterle, ma mi son reso conto di non riuscirci. Quando sei lì fuori, con il rumore del mare e anche una spruzzata occasionale nelle sere di tempesta, ti senti davvero connesso all’oceano. Dai un’occhiata”.
Ryan aprì la porta scorrevole.
Cassie uscì sul balcone e si diresse verso il bordo, afferrando la ringhiera di metallo.
Non appena compì quel gesto, si sentì invasa da capogiri e, improvvisamente, non stava più guardando la spiaggia di Devon.
Si stava sporgendo oltre un parapetto di pietra, mentre guardava con orrore il corpo accartocciato molti metri più in basso, inondata dal panico e dalla confusione.
Poteva sentire la pietra, fredda contro le sue dita.
Si ricordò la parvenza di profumo che poteva ancora sentire all’interno dell’opulenta camera da letto, e il modo in cui la nausea l’aveva invasa, e come le sue gambe erano diventate così deboli da farle credere che sarebbe collassata. Come era stata incapace di ricordare gli avvenimenti accaduti la sera precedente. I suoi incubi, che erano sempre stati abbastanza brutti, erano peggiorati ed erano diventati più vividi dopo quella vista scioccante, e lei era diventata incapace di distinguere i sogni dai suoi stessi ricordi.
Cassie credeva di essersi liberata di quella persona terrorizzata, ma in quel momento, mentre l’oscurità la stava avvolgendo, capì che quei ricordi, infine, erano diventati parte integrante di lei.
“No”, provò ad urlare, ma la sua stessa voce pareva venire da un luogo lontanissimo e tutto ciò che potè far uscire fu un sospiro rauco e incomprensibile.
CAPITOLO QUATTRO
“Tranquilla, rilassati. Respira. Dentro, fuori, dentro, fuori”.
Cassie aprì gli occhi e si ritrovò a fissare le assi di legno massiccio del pavimento del terrazzo.
Era seduta sul morbido cuscino di una delle sedie in ferro battuto, con la testa poggiata sulle ginocchia. Delle mani ferme le reggevano le spalle, supportandola.
Era Ryan, il suo nuovo datore di lavoro. Le sue mani, la sua voce.
Cosa aveva combinato? Aveva avuto un attacco di panico e aveva fatto una figuraccia terribile. Si raddrizzò velocemente.
“Piano, fai con calma”.
Cassie ansimò. La testa le girava vorticosamente, e si sentì come se stesse vivendo un’esperienza extra corporea.
“Hai avuto un serio attacco di vertigini. Per un attimo ho temuto che stessi per cadere oltre il parapetto”, disse Ryan. “Sono riuscito a prenderti prima che svenissi. Come ti senti?”
Come si sentiva?
Gelida, con la testa leggera, e mortificata per l’accaduto. Voleva disperatamente fare una buona impressione e confermare le lodi che Ryan le aveva fatto. Invece, aveva rovinato tutto e avrebbe dovuto spiegarne le motivazioni.
Ma come poteva farlo? Se lui avesse saputo gli orrori che lei aveva passato, e che il suo ex datore di lavoro stava affrontando un processo per omicidio in quello stesso momento, avrebbe potuto cambiare idea nei suoi confronti e ritenere che Cassie fosse troppo instabile per potersi prendere cura dei suoi figli in un momento in cui avevano assoluto bisogno di stabilità. Anche un attacco di panico poteva essere motivo di preoccupazione.
Sarebbe stato meglio lasciarglielo credere - e dire che si era trattato di un attacco di vertigini.
“Mi sento molto meglio”, gli rispose. “Mi dispiace moltissimo. Mi sarei dovuta ricordare che soffro terribilmente di vertigini se non sono stata in luoghi alti per un po’ di tempo. Migliora col tempo. Tra un paio di giorni non avrò più alcun problema”.
“Buono a sapersi, ma nel frattempo cerca di stare molto attenta. Riesci a stare in piedi ora? Continua ad appoggiarti al mio braccio”.
Cassie si alzò, reggendosi a Ryan finché non fu certa che le gambe la sostenessero, e poi si diresse lentamente dentro il soggiorno.
“Sto bene ora”.
“Sei sicura?” Lui resse il suo braccio ancora per un momento prima di lasciarla andare.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve per disfare i bagagli; riposati, sistemati, e io preparerò la cena per le sei e mezza”.
*
Cassie si prese il suo tempo per svuotare le valigie, assicurandosi che i suoi averi fossero sistemati ordinatamente nel bianco armadio antico, e che le sue medicine fossero riposte in fondo al cassetto della scrivania. Non credeva che un membro della famiglia sarebbe andato a guardare tra le sue cose mentre si trovava lì, ma non voleva trovarsi nella situazione di dover rispondere ad alcuna domanda imbarazzante riguardo ai suoi medicinali contro l’ansia, soprattutto dopo l’attacco di panico che aveva appena avuto.
Per lo meno ci aveva messo poco tempo a riprendersi da quell’episodio, perciò la sua ansia era sotto controllo. Decise di prendere le pillole per la notte prima di unirsi alla famiglia per cena, giusto per sicurezza.
Un delizioso aroma di aglio e carne in fase di cottura iniziò a diffondersi per la casa molto prima delle sei e mezza. Cassie attese fino alle sei e un quarto, poi indossò uno dei suoi top migliori, con delle perline intorno al collo, mise del lucida labbra e un tocco di mascara. Voleva che Ryan la vedesse al meglio. Disse a se stessa che doveva dare una buona impressione dopo l’attacco di panico che aveva avuto poco prima, ma quando ripensò a quei momenti sul terrazzo, si rese conto che la cosa che ricordava meglio era la sensazione delle braccia toniche e muscolose di Ryan che la reggevano.
Iniziò a sentirsi nuovamente stordita al pensiero di quanto fosse stato forte e gentile allo stesso tempo.
Quando uscì dalla sua stanza, Cassie quasi si scontrò con Madison, che si stava dirigendo verso la cucina con entusiasmo.
“La cena ha un odore delizioso”, la ragazzina disse a Cassie.
“È il tuo piatto preferito?”
“Beh, adoro gli spaghetti alla bolognese che fa papà, ma non mi piacciono quando li mangiamo al ristorante. Non li fanno allo stesso modo. Quindi direi che questo è il mio piatto casalingo preferito, il secondo è il pollo arrosto, e il terzo è il “Rospo nel buco”. Quando usciamo invece, adoro fish and chips, che puoi trovare ovunque qui intorno, e amo la pizza, mentre odio gli hamburger, che invece sono il piatto preferito di Dylan, ma secondo me gli hamburger al ristorante fanno schifo”.
“Cos’è il rospo nel buco?” Chiese Cassie con curiosità, intuendo che si trattasse di un piatto tipico inglese.
“Non l’hai mai mangiato? È una salsiccia cotta in una specie di tortino, fatto con uova latte e farina. Va mangiato con un sacco di salsa. E intendo davvero tanta. E con piselli e carote”.
La conversazione le aveva intrattenute fino alla cucina. Il tavolo di legno era apparecchiato per quattro persone, e Dylan era già seduto al suo posto, e si stava versando un bicchiere di succo d’arancia.
“Gli hamburger non fanno schifo. Sono il cibo degli Dei”, contraddisse la sorella.
“La mia insegnante dice che non sono altro che cereali e scarti di animali che non verrebbero mangiati altrimenti, tutto macinato insieme”.
“La tua insegnante si sbaglia”.
“Come potrebbe sbagliarsi? Sei uno stupido a dire queste cose”.
Cassie stava per intervenire, ritenendo che l’insulto di Madison fosse troppo personale, ma Dylan rispose a tono prima che potesse farlo.
“Ehi, Maddie”, Dylan le puntò un dito contro. “Sei con me o contro di me”.
Cassie non riuscì a capire cosa intendesse, ma Madison alzò gli occhi al cielo e gli fece una linguaccia prima di sedersi.