Quasi morta - Блейк Пирс 2 стр.


“Sei qui in vacanza? O per lavoro, studio?” le chiese.

“A dire il vero, sono venuta qui per cercare una persona”.

La confessione fu dolorosa, ora che Cassie temeva che non l’avrebbe mai trovata.

Le spesse sopracciglia di lui si unirono in una smorfia.

“Cosa intendi con cercare? Devi trovare qualcuno in particolare?”

“Sì, mia sorella”.

“Lo fai sembrare come se l’avessi perduta”, le disse.

“Lo è. Ho seguito un indizio che speravo mi avrebbe aiutato a trovarla. Un po’ di tempo fa, ha chiamato una mia amica negli USA, e abbiamo rintracciato il numero”.

“Perciò hai identificato il numero e sei venuta qui? Questo è proprio un lavoro da detective”, disse Vadim con ammirazione, mentre il cameriere le posava il caffè davanti, sul bancone.

“No, sono stata troppo lenta. Sai, ha chiamato due volte, cercandomi. Il primo numero non ha funzionato per niente. Mi sono resa conto solo la settimana scorsa che la seconda telefonata poteva essere stata fatta da un altro numero”.

Vadim annuì comprensivamente.

“E ora è troppo tardi, Cartoleria è chiuso”, gli disse Cassie.

“Il negozio qui accanto?”

“Sì, mi aveva chiamato da lì. Sto cercando di scoprire chi fosse il proprietario”.

Lui aggrottò la fronte.

“So che Cartoleria fa parte di una catena di negozi. Ce ne sono altri in giro per Milano. Si tratta di un internet café e vende anche – penne, matite, quelle cose lì”.

“Cancelleria”, suggerì Cassie.

“Sì, esatto. Forse se riesci a trovare un altro negozio, potrebbero aiutarti a trovare il responsabile di questo”.

Il cameriere tornò indietro e le posò di fronte un piatto. Cassie iniziò a mangiare affamata.

“Hai viaggiato fin qui tutta sola?” chiese Vadim.

“Sì, sono venuta qui da sola, sperando di trovare Jacqui”.

“Perché sei tu a cercarla e non è anche lei a cercare te?”

“Abbiamo avuto un’infanzia difficile”, rispose lei. “Mia madre è morta quando eravamo piccole e mio padre non ha sopportato la sua mancanza. Da quel momento è sempre stato molto arrabbiato ed era intenzionato a distruggere la vita di chiunque gli stava intorno”.

Vadim annuì con comprensione.

“Jacqui era più grande di me, e un giorno se ne è semplicemente andata. Credo che non riuscisse più a sopportarlo. La sua rabbia, le urla, i bicchieri infranti sul pavimento quasi tutte le mattine. Aveva numerose fidanzate, e la casa era sempre piena di estranei”.

A Cassie tornò alla mente uno spaventoso ricordo di se stessa, nascosta sotto il letto a tarda sera, mentre ascoltava i pesanti passi provenire dalle scale e il rumore di qualcuno che armeggiava con la sua porta. Jacqui l’aveva salvata. Aveva urlato talmente forte che i vicini erano arrivati di corsa, e l’uomo era furtivamente sceso nuovamente per le scale. Cassie ricordava bene il terrore che aveva provato quando aveva sentito l’uomo far sbattere la sua porta. Jacqui era stata la sua protettrice, finché non era fuggita.

“Dopo che lei se ne fu andata, mi sono trasferita, e poi mio padre è stato sfrattato e ha dovuto trovare un nuovo posto per vivere. Ha cambiato numero di telefono. Non c’era modo per lei di mettersi nuovamente in contatto con noi. Ora credo che stia cercando di farlo. Ma è spaventata, e non so perché. Forse crede che mi arrabbierò, dato che è scappata”.

Vadim scosse la testa.

“Perciò sei tutta sola al mondo?”

Cassie annuì, sentendosi nuovamente invasa dalla tristezza.

“Posso offrirti un bicchiere di vino?”

Cassie scosse la testa.

“Grazie mille, ma devo guidare”.

La sua automobile si trovava a quarantacinque minuti a piedi. E da lì, non aveva idea di dove andare. Non aveva pianificato nulla per la notte. Aveva sperato di arrivare presto, e che il negozio le avrebbe fornito un indizio sulla posizione di Jacqui, così che potesse fare il passo successivo nella sua ricerca. Ora era buio, e lei non aveva idea di dove trovare un albergo economico. Si rese conto che sarebbe potuta finire a dormire nella propria auto, nel garage di cemento.

“Hai un posto dove stare per la notte?” chiese Vadim, come se le stesse leggendo nel pensiero.

Cassie scosse la testa.

“Devo ancora pensarci”.

“C’è un alloggio per viaggiatori qui vicino. Una pensione, come la chiamano qui in Italia. Potrebbe esserti utile. Ci passo davanti sulla via verso casa; posso farti vedere dove si trova”.

Cassie fece un sorriso forzato, preoccupata per il prezzo e anche per il fatto che tutti i suoi bagagli erano ancora nella sua vettura. Ciononostante, un posto per dormire lì vicino sembrava molto più allettante della lunga camminata per tornare al parcheggio. C’era anche una possibilità che Jacqui avesse pernottato nello stesso posto, e in quel caso, Cassie avrebbe almeno dovuto controllare.

Scolò il caffè e mangiò le ultime briciole del suo panino, mentre Vadim finiva il suo vino e mandava alcuni messaggi col telefonino.

“Vieni con me. Da questa parte”.

Fuori stava ancora piovendo, ma il ragazzo aprì un grosso ombrello e Cassie gli camminò accanto, grata per il riparo. Chiaramente di fretta, Vadim camminò spedito, così che Cassie dovette affrettarsi per rimanere al passo con lui. Cassie era felice che non stessero perdendo tempo, ma al contempo si chiese se questa pensione non fosse fuori strada e lui non stesse allungando il proprio percorso per darle una mano.

Diede un’occhiata ai palazzi che li circondavano, cercando di farsi un’idea di dove fossero. Nomi di ristoranti, negozi, e attività commerciali brillavano e lampeggiavano nella pioggerella nebbiosa; la lingua poco familiare fece sentire Cassie come se i suoi sensi fossero sovraccarichi.

Attraversarono una strada e lei si rese conto che il traffico si era diradato. Anche se era un po’ che non controllava l’orologio, suppose che fossero passate da un pezzo le sette. Si sentì esausta, e si domandò quanto potesse essere lontano quella pensione, e che cosa avrebbe fatto se non avessero avuto letti disponibili.

Il cartello alla loro destra era quello di un supermercato, ne era certa. Sulla sinistra, era forse un luogo di intrattenimento di qualche tipo. L’insegna era fatta col neon. Non era il quartiere a luci rosse – sempre che ci fosse una cosa simile a Milano – ma non ci andava neanche molto lontano.

Improvvisamente Cassie si rese conto che erano andati troppo distante, troppo velocemente, e sempre in silenzio.

Dovevano aver camminato per più di un chilometro, una distanza maggiore di quella che chiunque avrebbe considerato vicina.

Fu allora che iniziò a ricordare.

Dopo il primo incrocio, aveva guardato a sinistra. Distratta e con la pioggia negli occhi non aveva memorizzato il cartello che aveva visto – non si trattava di un’enorme insegna luminosa, ma un piccolo cartello nero con una scritta bianca.

“Pensione”.

Quella era la parola che aveva usato Vadim. Era il termine italiano per chiamare un ostello per viaggiatori, o in ogni caso, qualcosa di molto simile.

“Perché stai rallentando?” chiese lui, e in quel momento il suo tono divenne tagliente.

Di fronte a lei, Cassie vide il lampo di luci di sosta. C’era un furgoncino bianco parcheggiato dall’altro lato della strada. Sembrava che Vadim si stesse dirigendo proprio lì.

Lui allungò la mano, e in un secondo di puro terrore, Cassie si rese conto che aveva percepito la sua esitazione e stava per afferrarle il braccio.

CAPITOLO TRE

Cassie capì troppo tardi di essere stata stupida, chiacchierona e di essersi fidata decisamente troppo. Nel suo bisogno di compagnia, aveva rivelato a questo sconosciuto di essere completamente sola al mondo e che nessuno aveva idea di dove si trovasse.

Le vennero alla mente scenari di rapimenti, traffico di persone, e abusi. Doveva scappare.

Mentre la mano di Vadim le si stringeva intorno al polso, Cassie tirò indietro il braccio, e lui riuscì ad afferrarle solo la manica della giacca.

Fragile e rovinato, il tessuto si ruppe, lasciando nella sua presa solo un lembo di poliestere. Cassie era libera.

Si girò e iniziò a correre a perdifiato nella direzione da cui erano arrivati.

Con la testa inclinata in direzione opposta alla pioggia, attraversò la strada di corsa mentre stava scattando il semaforo. Urla e insulti alle sue spalle le rivelarono che il grosso ombrello di Vadim si stava per lui rivelando più un ostacolo che un aiuto. Cassie svoltò rapidamente a sinistra proprio mentre un autobus le passava alle spalle, pregando che lui non avesse visto dove era andata, ma un altro urlo dietro di lei le fece sapere che non era così, e che lui la stava ancora inseguendo.

Svoltò a destra, in una strada affollata, e mentre passava attraverso i pedoni in movimento, si tolse la giacca e il berretto, per evitare che i loro colori aiutassero il ragazzo a trovarla. Si arrotolò i vestiti sotto il braccio, e una volta raggiunto un altro incrocio, si guardò alle spalle mentre girava nuovamente a sinistra.

Sembrava che nessuno la stesse seguendo, ma lui avrebbe ancora potuto raggiungerla – o, peggio ancora, prevedere dove lei si stesse dirigendo e aspettarla direttamente lì.

Davanti a lei, come un faro di speranza e sicurezza, vide l’insegna “Pensione” che aveva notato in precedenza. Non vide Vadim da nessuna parte.

Cassie corse verso l’ostello, pregando di poter riuscire ad entrare in tempo, per essere al sicuro.

*

La musica a tutto volume proveniente dall’edificio si sentiva dalla strada, dove si trovava un fragile cancello di sicurezza dipinto di bianco, socchiuso.

Dopo averlo aperto, Cassie salì una stretta scalinata di legno. Fu accolta da voci, risa e fumo di sigaretta.

Si diede un’occhiata alle spalle, ma non c’era nessuno.

Forse il ragazzo si era arreso. Ora che era riuscita a fuggire, Cassie si domandò se non avesse esagerato. Il furgone parcheggiato poteva essere stato solo una coincidenza. Vadim magari voleva solo portarla a casa sua.

In ogni caso, non era ciò che le aveva promesso, e aveva cercato di afferrarla non appena lei aveva esitato. Cassie fu invasa da puro terrore quando si ricordò come fosse riuscita a malapena a scappare.

Era stata una vera stupida a blaterare che era da sola, che nessuno aveva idea di dove si trovasse, che si era imbarcata nella ricerca senza speranza di una persona che avrebbe potuto non trovare mai. Respirando profondamente, Cassie si rimproverò per la sua incredibile stupidità. Era stato per lei un enorme sollievo poter raccontare la storia di Jacqui a uno sconosciuto che non l’avrebbe giudicata. Non si era resa conto di cos’altro stava rivelando.

Il cancello di sicurezza in cima alle scale era chiuso. Portava in un piccolo ingresso, vuoto, ma vi era un pulsante sul muro con un cartello attaccato sotto di esso.

Le parole erano scritte in lingue diverse, con l’inglese in cima.

“Suonare per essere serviti”.

Cassie premette il pulsante, sperando che qualcuno sentisse, visto che lassù la musica era assordante.

Per favore, rispondete, pregò.

Poi la porta dall’altra parte dell’atrio si aprì, ed entrò una ragazza bionda di età simile alla sua. Sembrò sorpresa nel vedere Cassie in piedi lì fuori.

“Buona sera”, la salutò.

“Parli inglese?” chiese Cassie, pregando che la donna parlasse la sua lingua e capisse che aveva bisogno di entrare al più presto.

Con suo sollievo, la ragazza passò ad un inglese dall’accento tedesco.

“Come posso aiutarti?”

“Ho urgente bisogno di un posto dove stare. Avete una stanza libera?”

La bionda rifletté per un momento.

“Non abbiamo camere”, disse, scuotendo la testa, e Cassie fu invasa dal disappunto. Si guardò alle spalle, preoccupata di aver sentito un tonfo sulle scale, ma doveva essere la musica che proveniva da qualche parte all’interno dell’atrio.

“Per favore, posso almeno entrare?” chiese.

“Certo. Stai bene?”

La donna premette un pulsante che fece scattare la serratura. Cassie sentì il freddo metallo vibrarle tra le mani, mentre la serratura scattava, e chiuse il cancello saldamente alle sue spalle, con un fragore metallico.

Finalmente era al sicuro.

“Ho avuto una brutta esperienza. Un uomo mi ha detto che mi avrebbe accompagnato qui, ma poi siamo finiti con l’andare in una direzione completamente diversa. Mi ha afferrato il braccio quando mi sono resa conto che c’era qualcosa che non andava, ma sono riuscita a liberarmi”.

La donna sollevò le sopracciglia, sembrando sconvolta.

“Sono felice che tu sia riuscita a fuggire. Questa parte di Milano può essere pericolosa di notte. Per favore, entra nell’ufficio. Credo di aver frainteso la tua domanda. Non abbiamo stanze libere; tutte le camere singole sono prenotate. Ma ho un letto disponibile nel dormitorio condiviso, se ti va”.

“Grazie, mille. Sì”.

Debole per il sollievo di non dover tornare nuovamente nelle strade buie, Cassie seguì la donna attraverso l’ingresso e in un minuscolo ufficio con un cartello sulla porta: “Direttore dell’ostello”.

Lì, Cassie pagò la stanza. Si rese conto nuovamente di quanto i prezzi fossero scomodamente alti. Milano era una città costosa e non sembrava possibile viverci senza spendere troppo.

“Hai del bagaglio?” le chiese la ragazza.

Cassie scosse la testa. “È in macchina, a chilometri da qui”.

Con sua sorpresa, l’altra ragazza annuì, come se fosse una risposta che riceveva abitualmente.

“Visto che sei in un dormitorio condiviso, ti servirà un pacchetto di articoli da bagno”.

Lo spazzolino, il dentifricio, il sapone e una maglietta di cotone per dormire sembrarono un salvavita per Cassie, che dovette consegnare altri Euro in cambio.

“La tua stanza è in fondo al corridoio. Il tuo letto è il più vicino alla porta e hai una cassetta di sicurezza”.

“Grazie”.

“Il bar è da quella parte. Possiamo offrire ai nostri clienti la birra più economica di Milano”. La ragazza sorrise mentre posava la chiave della cassaforte sul bancone.

“Mi chiamo Gretchen”, aggiunse.

“Io sono Cassie”.

Ricordandosi del motivo per cui si trovava lì, Cassie chiese “Avete un telefono? Internet?”

Trattenne il fiato mentre Gretchen considerava la domanda.

“Gli ospiti possono usare il telefono dell’ufficio solo in caso di emergenza”, disse. “Ci sono molti posti nelle vicinanze dove è possibile fare telefonate e usare un computer. Sono elencati in bacheca vicino alla libreria, e troverai anche una mappa”.

“Grazie”.

Cassie si guardò alle spalle. Aveva notato la bacheca entrando, sulla mensola più in alto. Era una grossa lavagna, ricoperta da pezzi di carta.

“Mettiamo anche annunci di lavoro in bacheca”, spiegò Gretchen. “Facciamo ricerche giornaliere su tutti i siti e stampiamo gli annunci. Alcuni ci contattano direttamente se hanno bisogno di qualcuno part-time, come per esempio per fare il cameriere, riempire gli scaffali, o pulire. Quei lavori solitamente vengono pagati in contanti, giornalmente”.

Sorrise a Cassie con affetto, come se sapesse bene cosa volesse dire essere in un Paese straniero con pochi soldi.

“La maggior parte dei nostri ospiti riesce a trovare lavoro, se vuole, perciò se te ne serve uno, fammi sapere”, aggiunse.

“Grazie ancora”, rispose Cassie.

Si diresse subito verso la bacheca.

C’era un elenco di cinque posti nei dintorni dove si potevano usare telefono e internet, e Cassie trattenne il respiro quando vide che vi era il nome della Cartoleria, ma che recentemente era stato coperto da una croce con un appunto, “Chiuso”.

Назад Дальше