“Buon pomeriggio. Sì, esatto. Mi chiamo Cassie Vale. Sono in anticipo, lo so. La signora con cui ho parlato ha detto alle due e mezza, ma ero preoccupata di arrivare tardi”.
Cosciente del fatto di star blaterando nervosamente, Cassie chiuse la bocca di fretta.
Ma la donna parve apprezzare la sua gestione del tempo. La bocca dal rossetto perfetto si curvò in un sorriso.
“Puntualità è cortesia. Io insisto su di essa, per me stessa e chiunque lavori con me. Perciò ti ringrazio per la gentilezza. Sono Ottavia Rossi. Prego, entra”.
Sopraffatta all’idea di aver già fatto una buona impressione, soprattutto dato che trovava la donna intimidente, Cassie la seguì.
Camminando nello spazioso ingresso, Cassie notò un certo numero di colorati pezzi d’arte in esposizione. I dipinti luminosi, i vasi e i tappeti colorati spiccavano e facevano sembrare la casa una moderna ma accogliente galleria d’arte.
Di fronte a lei, vi era un’alta scalinata in marmo bianco, che portava ai piani superiori.
L’attenzione di Cassie fu attirata da un modello ad altezza bacino di un paio di décolleté rosse poste su un piedistallo a destra della scalinata. Il modello era arditamente delizioso.
La Sig.ra Rossi sorrise quando vide la direzione dello sguardo di Cassie.
“Quello è il nostro modello ‘Nina’, che ha portato Rossi Shoes al successo internazionale negli anni Settanta. Il modello era decenni avanti e per quanto riguarda il colore, la gente ne fu scioccata – ma non troppo scandalizzata per comprarlo”.
“È bellissimo”, disse Cassie.
Intuì che Ottavia Rossi doveva essere la proprietaria di questa azienda internazionale che, se era già operativa negli anni Settanta, era probabilmente un’attività familiare consolidata.
La Sig.ra Rossi la condusse attorno alla scalinata e lungo un corridoio. Allungando il collo, Cassie notò degli archi che portavano in un moderno salotto, e una cucina luccicante in cui c’era un cuoco al lavoro.
Più giù lungo il corridoio vi era una porta chiusa. La signora la aprì e fece entrare Cassie di corsa.
Quello spazio elegante era lo studio della Sig.ra Rossi. Si sedette al curvo tavolo bianco, e indicò a Cassie di sedersi dal lato opposto.
Cassie improvvisamente si rese conto di essersi presentata a mani vuote. Non aveva preparato un curriculum, e nemmeno stampato i dettagli delle sue informazioni personali, né fatto una copia del passaporto o della patente. Questa era una donna d’affari e sicuramente si aspettava qualcosa del genere. Cassie si sentì inorridita per il fatto di essersene dimenticata.
“Mi spiace”, iniziò. “Sono appena arrivata in Italia e non ho ancora aggiornato il mio curriculum. Questa offerta di lavoro è stata così inaspettata che sono venuta qui di corsa per vedere di cosa si tratta”.
Con suo enorme sollievo, la Sig.ra Rossi annuì.
“Capisco. Io stessa ho viaggiato molto, poco dopo i vent’anni – sembra che tu abbia quell’età ora, se non mi sbaglio?”
Cassie annuì. “Sì. Ho il mio passaporto con me, se vuole dare un’occhiata”.
“Grazie”.
La Sig.ra Rossi prese il documento e ne sfogliò le pagine brevemente prima di restituirlo a Cassie.
“Ora, potresti farmi un breve riassunto delle tue esperienze lavorative”, disse.
Sentendo queste parola, Cassie si sentì male, perché si rese conto di non poter dare alcuna referenza per i lavori che dichiarava di aver svolto da quando era arrivata in Europa. Il suo primo datore di lavoro era coinvolto in un processo per omicidio e non avrebbe avuto nulla di buono da dire nei suoi riguardi – a dire il vero, Cassie era certa che avrebbe immediatamente cercato di darle la colpa, e insistere di essere stato accusato ingiustamente.
Il suo secondo datore di lavoro era morto, ucciso mentre Cassie era una sua dipendente. Nessuno in quella famiglia poteva farle da referente. Non era solo un disastro, era una catastrofe.
CAPITOLO SEI
Cassie rimase seduta in silenzio, con la mente che correva a mille all’ora. Sapeva che la Sig.ra Rossi stava attendendo che parlasse, e che la sua esitazione avrebbe fatto sorgere delle domande, ma non aveva idea di cosa dire.
La parola “omicidio” sarebbe stata sufficiente per scoraggiare qualunque datore di lavoro. Indipendentemente dalle circostanze, avrebbero deciso che non ne valeva la pena.
Cassie non poteva biasimarli. Stava cominciando a chiedersi se non fosse lei stessa ad attirare la cattiva sorte – o se le sue decisioni avessero causato quegli incidenti.
La sua unica possibilità era quella di sorvolare sulle sue recenti esperienze, e concentrarsi sul lavoro che aveva svolto negli Stati Uniti.
Si schiarì la voce e iniziò a parlare.
“Ho lasciato casa quando avevo sedici anni, e ho frequentato il college, lavorando perlopiù come cameriera”, disse.
Non spiegò le ragioni per cui se ne era andata, ma sperò che l’essere indipendente e autosufficiente funzionasse a suo favore agli occhi della Sig.ra Rossi. Con suo sollievo, l’imprenditrice annuì in approvazione.
“Durante quel periodo ho dato lezioni, aiutato ragazzini coi compiti, e per un breve periodo ho lavorato in un asilo nido, come sostituzione maternità. Sono stata autorizzata e ho tutti permessi per lavorare, che le posso mostrare sul mio telefono. Ho anche delle referenze dal ristorante dove ho lavorato per due anni, in cui dicono che sono una persona affidabile e una gran lavoratrice, che fa di tutto per rendere i clienti felici”.
Fortunatamente, quei documenti avevano fatto parte della sua prima candidatura come ragazza alla pari, e aveva delle copie salvate in rete. Anche se il lavoro al ristorante non era rilevante, era la sua unica vera referenza.
“Eccellente”, disse la Sig.ra Rossi.
“Da quando sono in Europa ho viaggiato un po’. Ho cominciato come ragazza alla pari per una famiglia a Parigi. I bambini si sono trasferiti nel sud della Francia, perciò io ho trascorso del tempo nel Regno Unito a dicembre”.
Cassie si sentì il volto in fiamme. La sua storia era piena di buchi. Se la Sig.ra Rossi le avesse fatto delle domande, avrebbe scoperto velocemente che Cassie non aveva detto tutta la verità. Ma, con sua sorpresa, l’imprenditrice parve soddisfatta, e fu il suo turno di parlare.
“Ti darò alcune informazioni sulla mia situazione. Ho divorziato qualche mese fa, e sebbene io sia stata in grado di lavorare da casa per un po’, il lavoro è diventato molto più impegnativo ora. Ci stiamo espandendo in nuovi mercati, e stiamo acquisendo nuovi marchi. Era una crescita già in programma, ovviamente, ma sta succedendo più velocemente del previsto. Mia madre si trasferirà qui per occuparsi dei bambini, ma le serve tempo per prepararsi e fare le valigie. Perciò avrò bisogno di te per tre mesi. Vivrai qui, ovviamente. Le bambine sono molto educate, e abbiamo un cuoco e un autista, quindi non dovrebbe essere una responsabilità troppo gravosa”.
Cassie deglutì.
“Come sono le bambine? Può dirmi qualcosa in più di loro, per favore?”
“Due bambine, di otto e nove anni. Nina è la più grande, e Venetia la piccola. Sono molto educate”.
Dato che la Sig.ra Rossi non sembrava avere molto da dire sulle figlie, Cassie raccolse il coraggio per chiedere.
“Potrei conoscerle, magari? Vedere se andiamo d’accordo, prima di decidere?”
Non aveva idea se la Sig.ra Rossi potesse trovare questa richiesta scortese, visto che aveva garantito per il loro comportamento.
La donna annuì.
“Certamente. Saranno tornate da scuola ormai. Seguimi”.
Si alzò ed uscì dalla stanza, con Cassie che la seguiva di corsa.
Cassie fu colpita dall’aria autorevole di questa donna. Se ciò era quel che serviva per dirigere una multinazionale di successo, non riusciva neanche a immaginare se stessa fare lo stesso. Neanche in un milione di anni. Non era una persona di quel calibro e non aveva la stessa presenza autoritaria.
Per fortuna sentì di piacere alla Sig.ra Rossi. In ogni caso, la donna non sembrava provare un implicito disprezzo nei suoi confronti, cosa che invece Cassie aveva provato con i suoi datori di lavoro francesi.
Si diressero verso le scale di marmo e al piano di sopra. La casa era costruita a forma di ferro di cavallo, con due ali principali. Le camere dei bambini erano al piano di sopra, sul lato destro.
Il ticchettio dei tacchi di Ottavia Rossi sul pavimento piastrellato era talmente alto da informare le bambine del suo arrivo, e Cassie fu impressionata nel vedere le due bimbe dai capelli scuri uscire dalle loro stanze e posizionarsi fianco a fianco, in attesa, mentre loro si avvicinavano.
Indossavano due abiti eleganti a maniche lunghe, che parevano essere identici, ad eccezione del colore – uno era giallo, l’altro blu. I loro mocassini dai colori accesi portarono Cassie a domandarsi se Rossi Shoes avesse anche una linea per bambini, e in caso, se questi ne facessero parte.
“Bambine, vorrei presentarvi Cassie”, disse la Sig.ra Rossi. “È qui per un colloquio, e potrebbe prendersi cura di voi nelle prossime settimane. Vi va di salutarla e rispondere a qualche domanda?”
“Buon pomeriggio, piacere di conoscerti”, dissero le bimbe in coro, e Cassie fu sorpresa nel sentire che il loro accento inglese era perfetto.
La ragazzina più alta fece un passo in avanti.
“Sono Nina”.
Tese una mano e Cassie la strinse, sorpresa dalla formalità del saluto.
“Io sono Venetia”, disse la più piccola.
Cassie strinse la sua piccola mano calda. Anche se la situazione pareva abbastanza imbarazzante, e stare in piedi in modo formale in corridoio non era il modo ideale per chiacchierare e rilassarsi, Cassie sapeva di dover dimostrare di essere una persona amichevole e piacevole.
Sorrise alle bambine.
“Avete dei bellissimi nomi”.
“Grazie”, disse Nina.
“Siete andate a scuola oggi?”
Venetia sembrava voler rispondere.
“Sì. Di pomeriggio facciamo i compiti. È quello che stiamo facendo ora”.
“Wow, siete davvero delle brave bimbe. Qual è la vostra materia preferita a scuola?”
Le due bambine si scambiarono uno sguardo.
“Inglese”, si offrì volontaria Nina.
Venetia fece una pausa.
“A me piace la matematica”.
Cassie fu meravigliata. Certamente, questi erano gli ingredienti per il successo – disciplina e amore per lo studio, sin dalla tenera età. Poteva già vedere che queste ragazze stavano seguendo i passi materni e riusciva già ad immaginarsi il sentiero dorato che costituiva il loro futuro.
Intuì che queste ragazze avrebbero avuto opportunità che lei non era neanche mai stata in grado di immaginare. Per un momento, Cassie si chiese come potesse essere nascere con un amore innato per lo studio, ed essere l’erede di un impero della moda.
“E per quanto riguarda le vostre attività? Cosa vi piace fare fuori da scuola?”
Le ragazze si scambiarono di nuovo un’occhiata.
“A me piacciono le lezioni di canto”, disse Nina.
“A me piace andare a cavallo. Abbiamo lezione la domenica”, aggiunse Venetia.
“Sembra meraviglioso”, disse Cassie, ed ebbe una più ampia impressione delle loro vite. Non solo queste ragazzine erano determinate, motivate, e portate per gli studi, ma avevano la possibilità di fare attività che Cassie aveva sempre solo sognato di potersi permettere.
Si rese conto che questa famiglia, nella casa moderna ma graziosa, era simile a quelle di cui lei aveva letto nelle riviste patinate dal parrucchiere. Erano l’elite della società, e l’idea di essere associata a loro era eccitante e intenso.
L’unica pecca nella loro vita perfetta doveva essere stato il divorzio, e Cassie si chiese come fosse il marito della Sig.ra Rossi. Presumibilmente, dato che l’impero Rossi era proprietà del suo lato della famiglia, o lei aveva ripreso il nome da nubile dopo il divorzio, o non aveva mai usato il nome del marito. Cassie si chiese se le bambine fossero rimaste traumatizzate dal divorzio, e se passavano del tempo col padre. Queste erano tutte domande che doveva porre alla sig.ra Rossi, o anche direttamente alle bimbe, ma non in quel momento.
Con sorpresa, Cassie si rese conto di star guardando avanti, come se nella sua mente avesse già deciso di accettare il lavoro.
Le bambine la stavano osservando con ansia. Non si erano mosse dalla loro posizione. Era come se stessero aspettando il suo permesso per andarsene, e Cassie fu nuovamente impressionata dal loro autocontrollo.
“Grazie mille per aver parlato con me”, disse. “È stato un piacere conoscervi. Dovete continuare a fare i compiti ora?”
“Andate, bambine”, disse la sig.ra Rossi, e le due sparirono nelle loro stanze.
Mentre tornava indietro lungo il corridoio, Cassie non potè fare a meno di lodarle.
“Sono fantastiche. Non ho mai conosciuto bambini piccoli così obbedienti e disciplinati. E con un tale amore per lo studio, anche, deve essere molto fiera di loro”.
La sig.ra Rossi parve compiaciuta mentre rispose.
“Sono dei lavori in corso, come credo ogni bambino”, rispose. “Dovranno ereditare l'azienda un giorno, perciò sto cercando di inculcare in loro i giusti valori”.
Scesero l’alta scalinata e tornarono nello studio.
“Perciò, ora che hai conosciuto la famiglia, ti parlerò della posizione”, disse. “Sei la prima ad arrivare – dopo la confusione che ha fatto Abigail col lavoro, non siamo riusciti a contattare molti altri candidati. Sembri in gamba, e le bambine sembrano interagire bene con te. Se vuoi il lavoro, sono disposta ad offrirtelo. Ti verrà richiesto di trascorrere tempo con loro dopo scuola e alla domenica. La scuola va dalle otto all’una e mezza, a meno che non abbiano attività pomeridiane”.
Cassie fece un respiro profondo. Si sentì orgogliosa per il fatto che la sig.ra Rossi la ritenesse una persona di un calibro abbastanza elevato per potersi prendere cura delle sue figlie eccezionali. Non le aveva neanche chiesto un numero di telefono per controllare le sue referenze.
“Credo che ogni opportunità apra delle porte”, continuò la sig.ra Rossi. “Se ti dimostrerai capace in questa posizione, potrebbero esserci altre possibilità nel tuo futuro. Abbiamo posizioni di tirocinio che si aprono regolarmente, perciò se dopo il termine di questo incarico vorrai rimanere in Italia per altro tempo, e lavorare nel campo della moda, probabilmente si potrà fare”.
Cassie sentì un tuffo al cuore. Si trattava di più di un lavoro temporaneo. Poteva persino diventare una futura carriera, e un modo per migliorare le sue possibilità di trovare e ricongiungersi con Jacqui.
Immaginò se stessa e la sorella, entrambe con lavori di successo nell’industria della moda, affittare un fantastico appartamento in un quartiere suggestivo e lussuoso. Alla sera, avrebbero potuto chiacchierare delle loro giornate lavorative e fare a turno per cucinare, prima di andare in centro a ballare e divertirsi.
Più Cassie ci pensava, e più era contenta che le si fosse presentato questo incarico. Dato che si trattava molto più di un semplice lavoro come ragazza alla pari, non poteva certo rifiutare. Doveva metterci anima e cuore, e assicurarsi di svolgere il lavoro al meglio, perché rappresentava un’opportunità che avrebbe potuto cambiarle la vita.
“Un tirocinio sembra stupendo ed è qualcosa che mi piacerebbe fare in futuro. Sarei felice di accettare la posizione come ragazza alla pari per ora. Grazie per avermela offerta”, disse.
La sig.ra Rossi le fece un piccolo sorriso.
“In questo caso, sei assunta. Hai con te le tue cose?”
“Sono nella mia macchina”,
“Una delle domestiche ti aiuterà a portare tutto nella tua stanza. Stasera, io e le bambine andiamo a far visita a mia madre, perciò mangeremo da lei. È la serata libera della cuoca, ma abbiamo a disposizione un servizio di consegna a domicilio. Ci sono i menù nel cassetto della cucina. Ordina ciò che preferisci e chiama dalla linea fissa. Consegnano in mezz’ora, e lo aggiungeranno al nostro conto”.